venerdì 28 settembre 2012

E' UN CORO UNANIME: IMPUNITA' PER I DIFFAMATORI!



Che coro di giornalisti di ogni tendenza che si è stretto attorno a Sallusti, condannato a una pena detentiva!...

Perfino Travaglio dalle pagine de “Il Fatto” non si è astenuto dal manifestare il suo dissenso su questa prospettiva che taluni giudicano perfino assurda, che un giornalista possa andare in prigione per ciò che ha scritto.
Facciamo adesso un esempio ipotetico, immaginiamo che un tizio che è riuscito a farsi iscrivere all’ordine dei giornalisti, e che sia un ambizioso, uno a cui piace il potere ed il denaro, e mi pare che ce ne siano tanti così. Supponiamo adesso che ci sia uno degli uomini più ricchi d’Italia, e che magari è pure impegnato in politica che abbia un impero editoriale. Non sembra anche a voi che per un tizio così la tentazione di diventare un servo di questo riccone in cambio di potere e denaro possa essere fortissima? Che quindi ci possa essere uno pseudogiornalista pronto a fare il salto verso la figura di diffamatore professionale? Badate, la diffamazione fa danni, lascia tracce pressoché indelebili nella vita dei diffamati, e nella contesa politico-mediatica una diffamazione ben assestata al momento opportuno può rivelarsi la mossa vincente nelle contese di potere.
Non credete voi che i vantaggi di diffamare consapevolmente possano superare qualsiasi eventuale pena pecuniaria? Basta che il riccone di cui si diceva sia disposto a sborsare di più, e la cosa è fatta. Bene, la mia opinione è che se vogliamo evitare che si venga a costituire la figura del diffamatore di professione, bisogna che il reato di diffamazione sia mantenuto e sia altresì mantenuta la possibilità che la colpa sia di tipo detentivo.
Nel caso di Sallusti, mi pare che almeno alcune delle condizioni ipotetiche che elencavo siano soddisfatte. Nel caso in esame, Sallusti sapeva perfettamente che non era il giudice diffamato ad avere costretto una ragazza all’aborto, numerosi avvertimenti a ritrattare gli erano stati fatti presenti lungo l’intero procedimento giudiziario, ma Sallusti aveva rifiutato di ritrarre, aveva quindi scelto deliberatamente di comportarsi da diffamatore. I titoli sparati da “Il Giornale” durante la sua direzione sono tristemente noti, e sono sempre sopra le righe, scelti proprio per gettare fango sugli avversari di turno del suo padrone: come sia può difendere allora un tizietto così, se non come membro della casta dei giornalisti?
Badate che i giornalisti sono una casta molto affine a quella dei politicanti, e difatti c’è anche una grande permeabilità tra i due settori. Lo stesso Sallusti, oltre a ciò che ho detto, ha anche un sodalizio forse anche di natura sentimentale con la Santanchè, che è un personaggio politico molto (tristemente) noto, ed è evidente la sovrapposizione tra queste due caste. Che Travaglio, anche lui giornalista, anche lui condannato per diffamazione anche se solo pecuniariamente, si schieri contro la detenzione di Sallusti non gli fa certo onore, perché non può che essere letto come una difesa della propria casta, come se essere giornalista dovesse tradursi nell’essere intoccabili. E’ una visione romantica di una professione che ha smesso da tempo di essere una missione ed è diventata un business come qualsiasi altro, o forse un po’ peggio a voler essere espliciti.
Ora perfino Napolitano corre in soccorso di Sallusti, la Severino, l’intero governo, tutti uniti per evitare la detenzione di Sallusti: che egli possa rimanere libero di potere gettare fango sul prossimo potenziale oppositore del suo padrone, viva la casta dei potenti e guai a chi tenta di fare loro rispettare la legge!

4 commenti:

  1. La atoria è tutta strana. Adesso si è dimesso e verrà ospitato in ogni dove per essere consolato. Non mi stupirei se uscisse qualche candidatura.

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  2. Aggiungo qui, perchè l'avevo dimenticato: siamo certi che ciò che dice Farina sia conforme al vero? Da un simile individuo mi aspetto di tutto, anche una scialuppa di salvataggio per Sallusti.

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  3. grazie di non farmi sentire solo.
    massimo

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    1. Naturalmente, vale il reciproco (nel non fare sentire soli, non ci sentiamo noi stessi soli).

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