venerdì 29 maggio 2009

TAM TAM PER L'AQUILA

SABATO 30 MAGGIO 2009
MANIFESTAZIONE DEGLI AQUILANI PER L'AQUILA

Programma:

ore 10.30 ci si ritrova in Piazza della Fontana Luminosa (da lì si parte per poi raggiungere il centro storico del capoluogo)

Ore 15.00 Parco Unicef, Via Strinella Riunione Comitato Cittadini Centro Storico

UN PROGETTO PER LA SCUOLA

Un proponimento, che però non è una promessa: tenterò di non parlare più di elezioni e di referendum fino al loro svolgimento. Forse però la tentazione di tornarci sarà troppo forte, vedremo…

Spero stavolta di resistere alle tentazioni che la lettura di post in giro mi induce, e di tacere sulle questioni attinenti le votazioni a cui siamo prossimamente chiamati.

Non dico che le polemiche in cui mi sono fatto coinvolgere non siano state istruttive: mi hanno fatto notare come un certo stile che definirò sinteticamente “spiccio” si sia propagato un po’ in tutta la società: una certa sobrietà di linguaggio, una capacità di stabilire dei limiti che nessuna polemica dovrebbe mai violare, una capacità di dialogo, comprendendo prima di tutto cosa stia esattamente dicendo il tuo interlocutore ci sono senz’altro, ma certo una dichiarata collocazione politica non sembra poter funzionare come garanzia in questa direzione.

Ancora una volta, mi confermo nelle mie convinzioni che si debba partire dalla base, io direi dal linguaggio, perché come esseri sociali, nel linguaggio abitiamo. C’è davvero ben poco che si possa utilmente adoperare nella mentalità comune: una rivoluzione culturale è davvero all’ordine del giorno.

Sto sempre più maturando la convinzione che si possa partire solo dalla scuola pubblica, o almeno da quello che ne è rimasto dopo i vari provvedimenti legislativi che ne hanno intaccato l’efficacia e la sua stessa natura, probabilmente allo scopo prevalente di ridurne i costi: come se l’istruzione fosse un lusso, e non una necessità primaria per una società che si voglia civile e tecnicamente preparata.

Mi chiedo se ci siano insegnanti che sarebbero interessati a intraprendere un percorso comune, che dovrebbe partire dall’elaborazione collettiva di una strategia di intervento educativo con punti di riferimento condivisi. La possibilità di comunicare facilmente e in tempo reale tramite la rete potrebbe collegare persone geograficamente distanti, riducendo al massimo spostamenti e incontri di presenza.

Finora, non ho aderito a nessun network sociale, ma, ove se ne verificasse l’utilità, mi potrei fare promotore di un gruppo di FB proprio costruito su questo specifico progetto. Ciò che mi manca, come insegnante universitario, è la capacità tecnica di tradurre la sostanza delle cose che ho esposto nel mio libro in un’articolazione di contenuti adatti per l’intervento, prima nei confronti degli altri insegnanti, e dopo, naturalmente verso gli alunni.

Preferisco fermarmi qui, senza entrare nel merito delle questioni: adesso, vorrei verificare eventuali disponibilità, generiche s’intende, da verificare costruendo assieme ipotesi di percorsi comuni.

mercoledì 27 maggio 2009

UN PUNTO DI VISTA SUL REFERENDUM

Avevo iniziato a scrivere tutt’altro post. L’inizio suonava così:
“Un proponimento, che però non è una promessa: tenterò di non parlare più di elezioni e di referendum fino al loro svolgimento. Forse però la tentazione di tornarci sarà troppo forte, vedremo…”
Il tono da parte di alcuni bloggers parlando di referendum è divenuto subito polemico, e mi sento pesantemente tirato dentro una discussione su cui pensavo altri avessero le idee più chiare delle mie: ora so che non è vero, e allora tenterò di fare un ragionamento che ha una sua logica, chissà che non possa costituire un suggerimento per qualcuno.
Conseguenze istituzionali del referendum: passaggio del premio di maggioranza dalla coalizione maggioritaria al partito maggioritario. Dato l’attuale peso dei partiti, è presumibile che questo premio alle prossime elezioni parlamentari vada interamente al PDL, rispetto alla situazione attuale in cui gli alleati del PDL, in particolare la Lega, ne hanno anche usufruito.
Partendo da questo dato tecnico, bisogna ora chiedersi quali possano essere le conseguenze politiche sulla situazione italiana attuale.
Maggioranza di centro-destra: cosa cambia? Il PDL diventa indipendente dalla Lega, può perfino tenerla fuori dal governo. Ciò, secondo qualcuno rende più forte B. e la sua corte dei miracoli? A me pare davvero di no. Anzi, non credo proprio che B. ne voglia approfittare per staccarsi completamente dalla Lega. D’altra parte, per me la Lega è davvero il partito più pericoloso sulla scena politica italiana, a causa della sua compattezza ideologica che la rendono efficiente e pericolosa in base a quelle che sono le sue parole d’ordine, sostanzialmente razziste e scissioniste (non dimentichiamo cosa diceva e faceva la Lega quando si trovava all’opposizione). La pericolosità del PDL si identifica con la pericolosità del suo leader, ma la Lega, avendo avviato una politica di collaborazione su una logica di scambio (del tipo: tu dammi questi provvedimenti e io, su tutto il resto, ti lascio fare tutto quello che tu vuoi), non mostra di potere costituire alcun argine allo strapotere di B.: su questo personaggio, purtroppo, possiamo solo sperare che si liquidi da sé, o per delirio di onnipotenza o per semplici ragioni anagrafiche. Infine, i danni che B. poteva fare, li ha già fatti: è difficile immaginare un ulteriore avvilimento della democrazia da parte sua. Ricordiamo che egli è anche un imprenditore, e che non potrebbe mai sposare un regime apertamente fascista, senza tagliarsi l’erba sotto i piedi propri e dei suoi ricchi sostenitori, senza peraltro avere alcun vantaggio in termini di potere, pressoché sconfinato già oggi.
Il successo del referendum potrebbe in realtà costituire perfino un vantaggio nel creare uno scontro tra PDL e Lega. B. sa che la Lega gli può fare tanto male, come successe nel lontano 1995.
Per i partiti che non facciano parte della maggioranza, invece, non cambia assolutamente nulla: prenderanno la percentuale che gli spetta una volta tolto il premio di maggioranza, che già esiste, sia chiaro.
Detto questo, non vedo particolari rischi. Ricordo che, se B. vuole, anche con l’attuale legge elettorale, può decidere di non fare coalizione con la Lega. In tal caso, la situazione sarebbe da tutti i punti di vista assimilabile a quella che verrebbe fuori da un referendum vittorioso. E’ un vantaggio per noi che B. goda di questo potere discrezionale? Non sarebbe per noi vantaggioso che la situazione obiettiva ponga maggiori possibilità di dissidio tra i due partiti di centro-destra?
La questione non sarebbe considerata nella sua interezza se non considerassi l’ipotesi che i referendari si augurano: che, a seguito dell’esito positivo del referendum, si approvi una nuova legge elettorale. La vorrebbe la Lega, la vorrebbe l’IDV, la vorrebbe perfino l’UDC. In particolare, la Lega potrebbe decidere di fare cadere il governo se B. rifiutasse di riformare la legge: è un’ipotesi così malvagia per tutti noi che non aspettiamo altro che toglierci il B. dalle scatole?
Riassumendo, ho deciso di votare sì al referendum, sperando in questo tipo di sbocco, non scontato, lo ammetto, di far decadere la legge elettorale vigente, che credo di non esagerare nel considerare incompatibile con un sistema democratico. Seppure quindi ciò che io mi auguro sia un’evenienza aleatoria, pur se abbastanza probabile, non vedo controindicazioni, in quanto la situazione sfavorevole, che rimanga in vigore l’attuale legge elettorale emendata in accordo al referendum, non peggiora la situazione attuale: toglie solo a B. la scelta su cosa fare della Lega, il premio di maggioranza se lo dovrà beccare tutto da solo anche se politicamente gli dovesse risultare indigesto.
Ecco, adesso ho proprio finito di “pettinare le bambole”: speriamo almeno che siano carine.

domenica 24 maggio 2009

ELEZIONI EUROPEE: LA VERA OPPORTUNITA'

Lo scrissi già in un commento: vedrei bene il PD sotto il 20% alle europee. Sembra un desiderio paradossale: Franceschini ormai l’ha ripetuto in TV almeno una decina di volte, è per lui una specie di ossessione, l’esito delle elezioni si misurerà dalla distanza tra PDL e PD. Per Franceschini, non v’è alcun dubbio che io lavori per il PDL. Per voi che mi leggete, almeno per quelli che mi leggono con una certa costanza, spero proprio di no.
Franceschini dovrebbe smetterla di prendere in giro gli Italiani coniando slogan che hanno l’unica funzione di parare il posteriore a lui e ad altri dirigenti del PD.
Io dico: quale migliore occasione delle europee, in cui, non nascondiamoci dietro un dito, data la sostanziale assenza di poteri del parlamento europeo, il risultato è esclusivamente simbolico? E’ il momento giusto per far ruzzolare giù un gruppo dirigente sedicente di opposizione, del tutto autoreferenziale, ingombrante in modo ormai intollerabile. Del resto, mi pare che questi gaglioffi non si rendano ancora conto della gravità della situazione italiana e loro personale, continuano imperterriti a beccarsi di brutto. Bisogna seppellirli politicamente.
Questa mia animosità nei loro confronti deriva da un’analisi, che condivido, che riconosce il successo di B. fondamentalmente dovuto all’incapacità dell’opposizione di presentarsi come portatrice di valori alternativi, di approvare provvedimenti legislativi fondamentali per il nostro paese, alcuni di questi a costo zero. Tra l’altro, alcuni di questi provvedimenti avrebbero dovuto contrastare lo strapotere di B. in campo economico e mediatico, sia attraverso un’equa legge sul conflitto d’interessi, che applicando le sentenze che avrebbero dovuto far chiudere Rete 4 (ve lo ricordate ancora, sembra ormai una cosa del passato…).
Davvero, votare oggi questi figuri non può che rappresentare un atto francamente masochistico. Lo scenario che si presenterebbe a seguito delle elezioni, sarebbe del tutto inedito. Non sono così ingenuo da non cogliere i rischi dell’operazione, ma davvero mi pare che l’unico che può far male a B. sia B. stesso, come pare abbia fatto con la vicenda della famiglia Letizia, che comincia a intaccare la sua posizione, forse. Eppoi, avere formazioni di opposizione alternative al PD mi pare un’ipotesi molto interessante: votiamo a sinistra, ma per favore, non il PD: domani ritroverete il solito baffetto di D’Alema che ci spiegherà perché B. sia un caso politico anomalo, lo stesso B. che proprio lui ha più volte salvato, scegliendoselo come avversario, e finendo nella terribile situazione odierna.
D’Alema e i suoi accoliti hanno avuto tutte le opportunità di mostrarci quanto siano bravi a governare e a contrastare B., adesso è il caso di dare questa stessa opportunità ad altri.

giovedì 21 maggio 2009

ULTIMORA: I LICENZIAMENTI DI MARCHIONNE

Dunque, la notizia mi pare recentissima e della massima importanza, anche se non inaspettata: il piano Marchionne prevede la chiusura della fabbrica di Pomigliano d'Arco nel 2012 e di quella di Termini Imerese nel 2016. L'ho trovata a questo link: http://www.thepopuli.com/2009/05/vietato-fiatare/ , dove riportano la copia fotostatica della pagina corrispondente del progetto Marchionne. Mi pare pertanto, per quanto possa dedurne, assolutamente affidabile.
Ecco a cosa servono i soldi che noi contribuenti diamo, come incentivo di stato all'acquisto di una nuova autovettura, alla FIAT: non creare lavoro in Italia, ma distruggerlo. Non aggiungo alcun ulteriore commento, penso che sia una notizia che si commenta da sè.

mercoledì 20 maggio 2009

LE MIGRAZIONI (PARTE TERZA)

I dati che Aleph c’ha gentilmente fornito, mi sollecita a un ulteriore intervento.
Dirò preliminarmente che ho provato a consultare direttamente il dossier citato, ma purtroppo non l’hanno reso disponibile in rete, è necessario acquistare il libro (e soprattutto leggerlo…): dobbiamo contentarci della sintesi giornalistica di Repubblica che ritroviamo nel commento di Aleph.
La prima cosa che mi ha colpito dell’articolo, lo confesso, è l’espressione “entrambi i genitori stranieri”: possibile che il giornalista ignori che in italiano dovrebbe dirsi “genitori entrambi stranieri”? E’ una questione di chiarezza, l’entrambi deve riferirsi a stranieri, non a genitori. Mah, magari in un tema in classe qualche insegnante l’avrebbe segnato, ma a un signor giornalista lo perdoniamo…
Andiamo alle cose serie. Dunque, alcuni numeri ci sono, magari non tutti quelli che servirebbero, altri li ho estrapolati di persona, e infine altri li ho appresi da una trasmissione Tv (e poi parlo male della Tv…).
Sul totale di circa 4 milioni di immigrati regolari o regolarizzabili, gli africani sono circa 920.000. Di questi poi, più di metà vengono dal Nord Africa, dall’Africa araba. Dall’Africa nera, non dovrebbero esserci più di 400.000 presenze, probabilmente un po’ meno (350.000 ?). Perché tento di quantificare questa tipologia di immigrati? Perché i miei post erano rivolti proprio a quei casi di migranti che giungono alla costa libica attraverso il deserto, provenendo da paesi più a sud. Per quanto ne posso dedurre, si tratta di una fascia sub-sahariana che attraversa tutto il continente da ovest ad est. E’ questa la tipologia statisticamente prevalente tra i migranti via mare che partono dalla Libia per sbarcare prevalentemente sulle coste delle isole Pelagie. Queste migrazioni sembra che nel 2008 abbiano coinvolto circa 20.000 persone, mentre l’anno precedente (2007) soltanto 10.000. Quindi, il numero che avevo azzardato, meno di 50.000, è perfino sovrastimato. Probabilmente, i casi realmente disperati sono significativamente minori, ma consideriamo pure per prudenza una media di 30.000 arrivi l’anno.
Adesso, è evidente a tutti che un numero di arrivi di veri disperati che non possiamo, come dicevo, dissuadere, ma solo mandare verso una morte quasi certa, rappresenterebbe una percentuale dello 0,05% dell’intera popolazione italiana, e circa lo 0,75% del totale di immigrati presenti in Italia. Questi numeri non alterano in maniera significativa la situazione demografica italiana, costituiscono quindi un’inapprezzabile alterazione della nostra popolazione.
Rimane il problema di stabilire dei criteri in qualche misura obiettivi per valutare il numero augurabile di abitanti che l’Italia debba avere. Molti dicono che gli attuali 61 milioni sono troppi, ma non mi pare che portino argomentazioni per sostenere questa tesi, a meno di considerare un’argomentazione dire che le città sono affollate, o impressioni soggettive di questo tipo. Ricordo come, oltre che al numero complessivo di abitanti, sia necessario considerare l’andamento demografico in funzione dell’età.
Spero prossimamente di scrivere su questo blog su alcuni dei problemi italiani, mostrando come essi siano annosi e causati da una classe dirigente incapace e corrotta, e che non possono essere attribuiti al fenomeno dell’immigrazione.

domenica 17 maggio 2009

LE MIGRAZIONI (PARTE SECONDA)

In questa seconda parte, tenterò di affrontare le tematiche dell’attualità. Vorrei ricordare brevemente alcune conclusioni a cui ero giunto nella prima parte.
Le migrazioni vanno considerate come parte integrante ed ineliminabile della stessa storia dell’umanità. Fino ad un certo punto, date le enormi difficoltà di comunicazione, la migrazione di un popolo era ostile e si confondeva anzi con un’azione militare verso l’altro popolo di cui non si conosceva nulla, e che naturalmente aveva una cultura del tutto difforme. Nella fase post-coloniale e fino a tutti gli anni settanta, si sviluppò un tipo specifico di migrazione che andava selettivamente dal paese liberato al paese ex-colonizzatore. Ricordo perfettamente che già nel 1971 a Londra, c’erano già molti neri: lo ricordo così bene perché fu una cosa che mi colpì, non avendo mai prima avuto confidenza con la stessa vista di quel colore della pelle (ero molto giovane, tengo a sottolinearlo… :-d ). Questo fenomeno della migrazione specifica conferma ancora una volta quanto sia importante l’informazione: si va verso nazioni di cui quanto meno si deve conoscere l’esistenza. L’altra motivazione consiste nello stato di disagio nel luogo di provenienza. Successivamente, nel post precedente, sviluppavo questa seconda motivazione per le migrazioni provenienti dall’Africa. Sottolineavo, concludendo, che chi ha coinvolto gli africani sono proprio i paesi sviluppati, tentando di sfruttarne le risorse, anche, naturalmente, quelle minerarie, e, per raggiungere tale obiettivo, non abbiamo evitato di favorire l’insediamento di governi dittatoriali e a volte perfino sanguinari, e di sconvolgere l’agricoltura locale.
La prima considerazione che si dovrebbe trarre da queste premesse è che le migrazioni sono una realtà con cui fare i conti, piuttosto che un fenomeno da eliminare: abbiamo bisogno di elaborare una strategia di gestione della migrazione.
Tutti coloro che pensano che sia un problema da risolvere una volta per tutte, magari con provvedimenti paramilitari come i leghisti, prima ancora di mostrarsi inumani, attuano una strategia che non potrà funzionare. Di fatto, chi puntasse a una politica di respingimenti, dovrebbe intanto riuscire ad intercettare tutte le imbarcazioni. In quei numerosi casi poi in cui c’è già in corso un naufragio, o ci sono prospettive realistiche che un naufragio possa avvenire a breve, trarre in salvo i naufraghi è un obbligo.
Pertanto, i respingimenti possono solo costituire degli atti dimostrativi e non sistematici. Difatti, la motivazione che viene addotta è che essi hanno un valore dissuasivo. Le motivazioni però che conducono questa gente fin sulle nostre coste sono molto forti, la vita è molto difficile in Africa, e a volte si sfugge a morte certa. Tanti, per giungere alle coste libiche, attraversano il deserto nelle condizioni più difficili, e tanti in questo percorso trovano la morte. Sono persone disperate: chi può ragionevolmente credere che sia possibile dissuaderli?
Torniamo quindi al punto: qui non si tratta di arrestare un fenomeno di dimensioni enormi e che si basa su motivazioni fortissime, si tratta piuttosto di gestirlo nella maniera più conveniente e umana possibile. Per gestirlo appropriatamente, il fenomeno dev’essere conosciuto in tutti i suoi aspetti.
Io mi chiedo come sia possibile condurre un dibattito su queste questioni senza mai riportare numeri: quanti stranieri abbiamo nel nostro paese con visto di soggiorno regolare, che tentativo di quantificazione del fenomeno dei clandestini possiamo stimare, come questi numeri si collocano nella situazione demografica italiana, quali sono i flussi principali, attraverso quali percorsi arrivano…
I numeri sono certamente ragguardevoli. Vorrei dire subito: possibile che questi disperati che arrivano via mare in numero certamente inferiore a cinquantamila unità l’anno possano mettere a rischio gli equilibri demografici dell’Italia? Stiamo parlando di una percentuale di ingressi inferiore all’un per mille dell’attuale popolazione italiana, a meno di un decimo dei nati in Italia, chi può considerare questi numeri come in grado di stravolgere la situazione italiana.
Andiamo adesso ad un’altra argomentazione che trovo spesso anche sui blogs. Persone apparentemente ragionevoli mettono in guardia dall’immigrazione facile. Sembrano portare argomentazioni razionali, siamo troppi, non c’è spazio, non si respira, esercitiamo una pressione demografica incompatibile con una politica rispettosa dell’ambiente.
Sono argomentazione note, portate avanti anche da coloro, enon sono pochi, che ritengono che vada imposta una politica di denatalità.
Io, ovviamente, riconosco che tali motivazioni non sono prive di fondamento, ma siamo certi di essere in grado di quantificare quale sia il numero di uomini giusto per il nostro pianeta? Io vorrei sommessamente ricordare che gli USA, da soli, consumano qualcosa dell’ordine di un quarto del totale dell’energia consumata sul nostro pianeta, con una popolazione di solo il 5% del totale. Dal punto di vista energetico quindi, se i sette miliardi raggiunti fossero, come alcuni affermano, il massimo compatibile con gli equilibri naturali, ne deriverebbe che la terra potrebbe sopportare meno di un miliardo e mezzo di uomini USA. Allo stesso modo, si potrebbe considerare il caso opposto: il consumo energetico di un africano è così basso, che svariate decine di miliardi di loro consumerebbero meno energia di quanto oggi ne consuma la popolazione di sette miliardi.
Quando mi sollevano obiezioni di tipo demografico, io faccio l’esempio dell’autobus. Stiamo su un autobus, e una persona bussa chiedendo di salire a bordo. Non dovremmo prima di dirgli di no verificare se stiamo tutti seduti al proprio posto e non ci sia qualcuno che piuttosto, sdraiandosi, ne occupi tre o perfino quattro da solo?
I problemi che l’immigrazione ci pone sono per la gran parte nostri problemi che ci portiamo da sempre. Potrei brevemente ricordare il problema del rispetto delle regole e quella collegata della criminalità. Potremmo anche parlare del sovraffollamento delle areee urbane: sono problemi che non hanno atteso l’immigrazione per porsi prepotentemente. Chissà che questi problemi siano risolvibili più facilmente di come la storia recente ci suggerirebbe!
Prima di chiudere, non posso tacere l’opinione di altri che, al contrario, sostengono che un flusso adeguatamente elevato di immigrati sia essenziale per mantenere l’equilibrio demografico. In particolare, la nostra popolazione, per l’effetto duplice di una natalità decrescente e un allungamento della vita media, diventa sempre più vecchia. Questo si vede nelle nostre città ma, aldilà di un aspetto che potremmo definire estetico, può comportare, come linea di tendenza, difficoltà a pagare la pensione agli anziani.
Se un provocatore leghista sembra disinteressarsi del tutto della probabile morte dei respinti, cosa direbbero tanti se un altro provocatore proponesse di diminuire le cure fornite ai più anziani: una volta depotenziato il valore della vita umana, la cosa può diventare contagiosa.
Vorrei qui citare un bel post (
http://lamentepersa.blogspot.com/2009/05/oggi-ho-trovato-una-lettera-sotto-la.htm ) per poter rispondere qui ad alcune obiezioni che sono state lì sollevate. Io non mi trovo d’accordo con tali obiezioni, perché ritengo che la politica dei respingimenti sia, oltre che inumana, inefficace. In questi casi, lasciare accumulare la pressione di migranti è una strategia pericolosa, non per una volontà di rappresaglia da parte dei migranti, ma lo è per motivi obiettivi, come sarebbe se aumentassimo sempre più la quantità di gas presente in un contenitore.

sabato 16 maggio 2009

LE MIGRAZIONI (PRIMA PARTE)

Vorrei ritornare sull’argomento migrazione,e stavolta partirò da lontano.
La prima domanda che vorrei pormi è: quali sono le condizioni che stanno alla base delle migrazioni a cui assistiamo?
Che popolazioni umane si siano spostate nel corso dell’umanità da una zona ad un’altra, è cosa nota, come è anche noto che esistono popoli che posseggono una cultura nomade, e per cui quindi la migrazione non costituisce un evento puntiforme, ma una consuetudine di vita. In ogni caso, l’uomo ha potuto popolare l’intero globo proprio migrando: in base ai reperti di preominidi, sembra certo che l’evoluzione verso l’uomo sia avvenuta in uno specifico luogo soltanto, e da lì, probabilmente alla ricerca di condizioni di vita più favorevoli, si è diffuso colonizzando ogni più remoto angolo del pianeta.
Abbastanza presto nella storia dell’umanità, la destinazione della migrazione non fu più verso un luogo disabitato, ma anche verso zone già popolate da altri popoli. Tralasciando i grandi imperi dell’antichità, quali quello persiano, macedone e poi romano, che in realtà riguardavano conquiste militari mediante eserciti, le notizie che vanno più indietro nel tempo riguardano i cosiddetti “barbari”. L’impero romano, che per secoli costituì praticamente l’universo del mondo civilizzato, quanto meno di quello occidentale, e comunque così si autoconcepiva, subì una serie di incursioni da parte di popoli che provenivano dal Nord Est: non me lo chiedete, non capisco neanch’io perché in quelle lontane terre si facessero a quel tempo tanti e tanti figli, da riuscire a popolare mezza Europa! Queste incursioni erano certamente armate, ma si qualificavano soprattutto perché, o erano accompagnate, o erano seguite a breve termine dalla loro intera popolazione, donne e piccoli compresi. Le migrazioni erano fenomeni ostili, erano la conseguenza principalmente di pressioni di carattere demografico, e avvenivano tra popolazioni del tutto estranee l’una all’altra.
Facciamo ora un bel salto ed arriviamo ai nostri tempi. Anche oggi, naturalmente mi verrebbe da dire, le migrazioni continuano. Ciò conferma la loro natura di fenomeno permanente. Cosa è cambiato da allora? E cosa è cambiato rispetto a un recente passato, la mia giovinezza senza andare tanto lontano, quando questi fenomeni non avvenivano o quanto meno erano più ridotti?
Se si guarda in modo tendenzialmente obiettivo al fenomeno, alle sue modalità e dimensioni, alle sue articolazioni temporali, ci si accorge che la pressione verso l’immigrazione nei paesi ricchi, ha alcuni presupposti essenziali, che ovviamente ne condizionano il modo in cui si manifesta.
Il primo elemento direi che sia l’informazione: tu fai un progetto di vita perché sai che esiste un mondo in cui abbondano quei beni che dove sei nato mancano. Quest’informazione, necessariamente sommaria e in definitiva deformata fino a divenire sostanzialmente falsa, proviene da noi stessi: la prima cosa che il mondo sviluppato diffonde è la stessa propria immagine. Essa viaggia soprattutto tramite le TV satellitari, anche se certamente internet da’ anche il suo contributo.
Il secondo elemento è il disagio della situazione in cui si vive nel proprio paese. Tale disagio può avere più cause. Fondamentalmente, si potrebbero dividere in due tipologie: cause politico-ideologiche, e cause di scarsità di risorse vitali, in primis quelle alimentari.
La situazione politica dell’Africa appare in verità caratterizzata dalla presenza di numerose dittature, spesso di tipo golpista-militare, a volte apertamente sanguinarie. La qualità dei governi africani è mediamente pessima, se evitiamo di usare inutili eufemismi.
Dal punto di vista agro-alimentare, la situazione è forse perfino peggiore. Malgrado in Africa la mancanza di attrezzi agricoli rendesse sempre faticosa la cura dei campi e bassa la produzione unitaria, c’era cibo sufficiente per sfamare le popolazioni locali, tranne in casi specifici di carestia da siccità o da cavallette, o altre calamità. Ciò che ha reso drammatica la situazione alimentare è stata la diffusione della monocoltura. Si tratta di questo: una multinazionale alimentare va da questi poveri produttori, e chiede loro di riconvertire le loro colture da sopravvivenza in colture specializzate. Naturalmente, la multinazionale mette a disposizione i mezzi tecnologici e garantisce l’acquisto integrale del prodotto: chiede solo ai produttori di mettere a disposizione il loro terreno e la loro opera.
E’ così che sorgono enormi zone coltivate tutte per lo stesso prodotto. Si può trattare di banane, caffè, cacao, o altri prodotti che possono usufruire delle alte temperature locali. Questa è la monocoltura, il cui scopo finale, mediato dal profitto a beneficio della multinazionale, è l’approvvigionamento dei nostri mercati con tali prodotti, acquistati a prezzi più alti o non ottenibili affatto nelle nostre condizioni meteorologiche. Come si comprende, il produttore locale che, in assenza dell’intervento delle multinazionali, operava in una situazione di equilibrio, magari precario, ma comunque in grado di autoregolarsi, diventa ostaggio “nostro”. Deve solo sperare che il suo terreno venga ancora utilizzato dalla multinazionale. Se per qualunque ragione, sia essa di mercato finale, sia di individuazione di situazioni più favorevoli per l’azienda alimentare che funge da committente, il suo terreno non serve, egli ha perso ogni possibilità di sopravvivenza. Non è così facile riconvertire un terreno in breve tempo, e nel corso dei decenni certi procedimenti di cura e risparmio potrebbero essersi persi nel suo patrimonio culturale.
Infine, anche i regimi politici dominanti in Africa sono sostanzialmente determinati dal mercato delle armi. Questo è saldamente in mano al mondo sviluppato che ne trae margini di profitto difficilmente conseguibili in altri settori. C’è in verità un fattore culturale indigeno: l’Africa è organizzata territorialmente in etnie e non in Stati. Gli Stati esistenti sono il frutto del post-colionalismo, cioè ricalcano i confini delle colonie che, fino alla seconda guerra mondiale, coprivano quasi tutto il continente. Il fattore armamenti ha reso l’Africa un inferno. Persone senza scrupoli hanno armato specifiche etnie scatenandoli verso etnie vicine, magari sfruttando vecchie ruggini inevitabili tra popoli separati e contigui territorialmente. Dobbiamo essere consapevoli che esistono persone per cui la vita degli altri uomini, fossero anche bambini inermi, non conta nulla di fronte alla prospettiva concreta di arricchirsi. Guerre interetniche ci sono sempre state, ma ciò che le rende così spregevoli è la loro capacità di uccidere, e ciò a sua volta è appunto dovuto ai facili affari fatti da rappresentanti delle nostre società (continua).

mercoledì 13 maggio 2009

SESSISMO TRA I BLOGS

Qui, andando per blogs, non c’è una grande differenza tra maschi e femmine. Addirittura, mi è capitato di rivolgermi a un maschio usando il femminile perché ne avevo equivocato il sesso. Però, c’è un punto, o forse dovrei dire un momento, in cui l’appartenenza di genere viene fuori prepotentemente. Magari voi penserete: quando e se capita di conoscersi di persona. Errore, l’appartenenza di genere viene fuori, non dico certo in tutte le donne, ma in alcune senz’altro, quando capita di parlare dei rapporti tra i sessi.
E’ davvero sorprendente come certe donne possano cambiare completamente atteggiamento, quando ci si incammini verso un argomento in qualche misura sessista. Naturalmente, il modo specifico di porsi varia in ogni caso da donna a donna, ma è per me sorprendente con quale foga e a volte come in modo apertamente villano, qualcuna si spinga ad esprimersi.
C’è una specie di conformismo che considera del tutto lecito in talune occasioni non adottare da parte delle donne verso i maschi quei criteri di buona creanza che in altre occasioni sembrano perfino ovvii. Ciò che è più interessante è che tale conformismo viene soggettivamente vissuto dalle protagoniste come un atto di anticonformismo, come un coraggioso atto di lotta per la causa delle donne in un mondo dipinto come maschilista.
Altrettanto interessante è l’atteggiamento dei maschi, che sembrano non trovare non so se motivazioni o energie per reagire: si beccano tutto in totale silenzio, quasi fossero convinti di meritare tutte le contumelie del caso, ma io so perfettamente che non è vero che siano convinti: direi che sono succubi, questo sì.
Un’altra cosa che si nota è una certa tendenza delle donne ad ostentare un atteggiamento molto sfrontato di apprezzamento per fisici maschili giovani e prestanti. Non dico ovviamente che sia sorpreso che alle donne piacciano dei bei maschi giovani, questo è abbastanza ovvio. Ciò che mi sorprende è la volontà evidente di ostentazione. Naturalmente, la componente scherzosa è in questi casi prevalente, ma non è significativo che si scelga di scherzare a questo modo?
Questo atteggiamento da parte delle donne si confronta con un atteggiamento dei maschi totalmente diverso: nessun maschio, almeno nei blogs che io frequento, si permetterebbe di ostentare la sua ammirazione, per dirla eufemisticamente, per una strafiga tra tante che l’attualità ci pone, anzi direi, ci impone.
La cosa poi non cambia quando, da discussioni superficiali, si tenta un certo approfondimento: il minimo che può capitare a un maschio è di sentirsi dire che non sa neanche di cosa stia parlando!
Insomma, una cosa ho imparato andando per blogs: meglio non parlare di questioni sessiste con donne.
Io ne parlo in questo post perché faccio sempre la scelta peggiore :-D

lunedì 11 maggio 2009

RESTIAMO UMANI

A tutti i dirigenti della Sinistra Italiana

Un secondo barcone di sventurati è stato respinto e ricondotto in Libia. Quanti erano? Non è importante. 100,… 20… ,…1, non ha importanza. sono stati violati dei diritti e a violarli è stato il governo del nostro paese. Questi diritti violati costeranno a povera gente che sfuggiva a guerre massacri e fame in alcuni casi tortura e morte. Ho fatto una carellata veloce e più o meno tutti i dirigenti della sinistra , con toni più o meno diversi, hanno parlato, scritto, condannato.
Non Basta!!! A fronte di questa infamia c’è un’esigenza precisa, ineludibile, che la sinistra dia una risposta unica e compatta antirazzista . Non possono esserci distinguo e non può essere una campagna elettorale che spegne il nostro sdegno.
Chiedo che questo appello venga raccolto e si concretizzi nel giro di poco tempo nella risposta della Sinistra italiana contro al razzismo, contro l’intolleranza e per ristabilire i diritti di asilo e di accoglienza.



PS. Chi condivide questa richiesta copi e incolli sul proprio blog il post senza aggiungere o togliere nulla. E’una richiesta minima ma di enorme significato. Facciamoci sentire tutti insieme in un’unica manifestazione o in cento città contemporaneamente.
Loris

Da Repubblica - (Audio) il dramma dalle carceri libiche

Da Repubblica - testimone nigeriano

Dall'Unità - Le leggi razziali ci sono gia

Dall'Unità - Berlusconi : no all'italia multietnica

Da La Stampa - La Cei: l'Italia è già multietnica

domenica 10 maggio 2009

LA RIVOLUZIONE CULTURALE DELLA DE FILIPPI

Finora, mi sono astenuto dall’avanzare critiche esplicite al marxismo. So che per molti tra voi che mi leggete, la vita si è intrecciata con il pensiero e la tradizione marxista, e del resto io stesso ne sono stato profondamente influenzato nelle mie vicende personali. Oggi infine, ho deciso di rompere il silenzio su questo argomento, perché vedo che la speranza delle persone per bene, sì, le voglio chiamare proprio così, si è ridotta al lumicino. Di fronte a un prevalere così netto del centrodestra, tra il razzismo neanche più occultato della Lega, e il proporsi e il riproporsi di modelli di vita tutta lustrini e festini per i diciotto anni di B. e il suo PDL, bisogna alla fine chiedersi cosa mai sarà successo a questo disgraziato paese, che ha dilapidato in una ventina di anni esperienze di solidarietà, lotta e capacità di proposizione politica.
La mia tesi, che nel corso dei miei post dovrebbe già essere apparsa nei suoi elementi essenziali, è che B. e il suo gruppo di potere ha operato nel corso degli ultimi decenni una vera e propria rivoluzione culturale, veicolandola soprattutto attraverso le TV, sia quelle sue che quelle di stato. I risultati delle elezioni non vengono influenzati tramite una diretta capacità di propaganda delle sue liste, ma in maniera indiretta e ciononostante estremamente efficace: ha cambiato il modo in cui la gente concepisce sé stessa e la realtà attorno a sé. E’ qui, sul piano squisitamente culturale, che la destra trionfa senza alcuna apparente capacità di resistenza di quel poco che rimane della sinistra. La vera grande elettrice di B. è la De Filippi e i suoi talk-shows estremamente diseducativi. L’analisi dei dati elettorali disaggregati mostra senza alcun dubbio che importanti parti dell’elettorato operaio del Nord ha votato alle ultime politiche per la Lega. Su un blog leggevo un commento in cui si diceva che l’operaio è la persona cosciente del suo ruolo nella società, consapevole della sua collocazione di classe. In un successivo commento, un altro blogger aveva facilmente gioco a dire, con facile ironia, che egli invece, ingenuo, credeva che l’operaio fosse quello che lavorava in fabbrica.
Prendendo spunto da queste battute, io penso che dobbiamo, tutti, domandarci se la netta divaricazione che Marx introduce tra struttura e sovrastruttura alla fine regga. Il marxismo ha già subito, a partire dagli anni trenta, una prima smentita teorica sulla teoria del progressivo impoverimento, quando, a seguito della crisi del ’29, si fece strada sempre più nel capitalismo la necessità di sostenere la domanda anche attraverso il bilancio statale. Nessuno, neanche il più fazioso marxista, potrebbe negare che i proletari, quanto meno nei paesi sviluppati, abbiano avuto a disposizione una capacità di acquisto di merci come mai era successo nel corso della storia dell’umanità.
L’aspetto che però a me sembra più importante è il progressivo processo di omologazione, prima a livello nazionale, ormai a livello globale, delle società occidentali.
La situazione è tale che soggettivamente il ruolo lavorativo nella nostra società non rappresenta più un elemento d’identità, l’identità te la da’ la De Filippi, nominandoti d’ufficio e senza chiederti il permesso TVM, come scrissi in un post, cioè televisione-modificato.
Un ulteriore ed importantissimo elemento di omologazione è quella che ha investito pressoché tutta la classe dirigente italiana, nella sua articolazione politica, economica, finanziaria, amministrativa, giornalistica, giudiziaria. I meccanismi di promozione nei partiti di sinistra sono sostanzialmente identici a quelli della destra. Attraverso il meccanismo della cooptazione, la classe dirigente ha espulso da sé ogni elemento che potesse in qualche misura risultare disomogeneo.
La situazione è quindi a mio parere effettivamente molto grave. In questi casi, il problema non è, come vorrebbero farci credere questi dirigenti pusillanimi del PD, reggere la prova elettorale, ma creare un’area di resistenza per una lotta di lunga durata. Questa ipotesi a sua volta richiede che si crei un gruppo che condivida al suo interno certi valori, quegli stessi che lo differenziano dall’esterno. Realisticamente cioè, io ritengo che il pericolo maggiore sia quello di inquinamenti, di incapacità ad essere alternativi: tale è la pervasività del sistema culturale globale.

giovedì 7 maggio 2009

LA SINISTRA DEL PD

C’è una sinistra molto variegata e litigiosa, come ormai da tradizione consolidata. Per le europee, se non me ne sono persa qualcuna, per tutta l’aria a sinistra della maggioranza, avremo almeno quattro liste. Ciò che è davvero sorprendente è il fatto che due di queste quattro liste sono delle aggregazioni ufficiali…!!!!
In realtà, anche il PD, a volere essere chiari, sembra più un’aggregazione, piuttosto che un partito, ed anzi un’aggregazione un po’ sgangherata che non riesce apparentemente ad esprimere sulle questioni più spinose una linea che sintetizzi la molteplicità delle anime di cui si compone.
Oggi, in mezzo a tutta questa sinistra, mi vorrei occupare dell’area più a sinistra tra quelli che si ritrovano nel PD. Come spesso capita nel mondo dei blogs, il motivo del postare un argomento o un altro è spesso funzione di aspetti contingenti: in questo caso, la lettura di certi post.
La sinistra del PD è un’area di grande rilevanza e significato. E’ un’area che a me appare di grande spessore etico, e tale etica risulta anche il suo limite, nel senso che si viene a generare uno squilibrio tra atteggiamento morale ed atteggiamento politico a favore del primo. Nel post di ieri, ho riportato un mio commento che rispondeva a uno degli amici di blog in quest’area che molti conoscerete. Seguendo una prassi discutibile, ometterò di specificare di chi si tratti per una specie di eccesso di riservatezza, anche se in verità una volta subii una inutile polemica con una blogger proprio perché non avevo citato esplicitamente la fonte…!!!
Qui vorrei invece riportare alcune frasi di un noto esponente del PD di area di sinistra che ho ritrovato sempre in giro per blogs: seguirò anche qui la prassi più comune di non specificare di chi si tratti.
“Non è il PD in sè, come organismo definito, che contiene gente di merda: è che la gente di merda è maggioranza, ovunque, in modo trasversale, indipendentemente da come dichiari di pensarla: lo si vede alfine da come agisce (o, meglio ancora, da come NON agisce). Non c'è verso di salvare delle entità, qualunque esse siano, da questo tipo di contaminazione. Per quello tocca salvare le persone, le singole persone: aiutarle a pulirsi, a lavarsi, a credersi capaci di esistere. Non è importante che ci si incontri nel PD (anche se io lo faccio ANCHE e sono fortunato), l'importante è che ci si incontri, davvero, ovunque capita, sotto qualsiasi bandiera, convento:-), sigla, motivo, purchè lo scopo sia voler bene, fare bene, dare bene.“
Mi pare che queste poche frasi sottolineino proprio questa buona volontà non supportata da contenuti adeguati, dal capire dove si vuole arrivare, e come ci si voglia arrivare. Il partito, nella filosofia tracciata nelle frasi citate, è quella di vedere il partito a cui si aderisce come una parte organica della società in cui si vive. Questo mi pare l’errore più rilevante: il partito deve invece necessariamente essere la sede delle differenza, il luogo dove, liberi dal frastuono della mentalità dominante, si possa ricostruire un’identità alternativa, e su questa suscitare una battaglia per l’egemonia culturale con l’intero corpo della società. Ci deve essere un dentro e un fuori, sennò scompare il concetto stesso di partito, che andrebbe sostituito più correttamente con “gruppo di interesse”: si sta in quella congrega perché si condividono interessi, forse privilegi, forse strutture di interesse economico. Certo, se non si condivide un profilo ideale, non stiamo allora parlando di partito.
A meno che…: c’è una situazione in cui si può accettare di stare in un partito di persone che condividono ben poche cose tra loro. Questa situazione può configurarsi se il partito politico diventa una struttura istituzionale. Questa ipotesi è quella che ho tracciato in un post su questo stesso blog, intitolato “PROPOSTE PER L’OGGI”, a cui rimando per i dettagli. Riassumendo, lì proponevo l’ipotesi di andare verso il bipartitismo perfetto, imponendo due condizioni indispensabili.
La prima riguardava l’imposizione di un modello istituzionale di partito, vincolato a norme di garanzia “erga omnes”. La seconda riguardava l’attivazione di forme di democrazia diretta, cioè la predisposizione di strumenti istituzionali che consentissero a tutti, e quindi anche a chi non si sentiva rappresentato in parlamento, di agire politicamente lungo percorsi istituzionalmente riconosciuti, seppure fuori dalle camere legislative.
Io quindi, magari come parte di un gruppo politicamente e ideologicamente omogeneo, potrei scegliere tra l’accettare di stare nello stesso partito con persone a me disomogenee se lo stesso stato mi garantisce la trasparenza negli atti di questa aggregazione più ampia, in modo che le istanze del mio gruppo siano adeguatamente rappresentate, e tra lo stare fuori del parlamento senza che l’attività di tale gruppo risultino prive di effetti politici, come sostanzialmente risulta verificarsi adesso.

lunedì 4 maggio 2009

A PARTIRE DALLA VICENDA LARIO



Mi convinco sempre più che ci voglia il partito, e che questo partito si basi coerentemente su un’ideologia. Ormai, sono più di tre mesi che ho aperto il mio blog. Rimango ancora uno dei bloggers più giovane (l’unico aspetto che mi rende più giovane di altri, a quanto pare :-D ), e ho una grande stima dei bloggers con cui ci scambiamo visite.

Ebbene, seppure sia evidente che stiamo comunque parlando di un gruppo di persone particolarmente colte e attente, non posso fare a meno di notare aspetti negativi che qui proverò ad elencare, assieme ad esempi che mi appaiono siginificativi.

Tendenza a farsi attirare dagli avvenimenti, piuttosto che sceglierli in base a criteri personali di selezione: caso Veronica Lario.

Coazione a ripetere: messaggi per le festività.

Uso improprio dei commenti: semplici saluti postati come commenti.

Mescolanza dei bloggers, coi cosiddetti networks sociali, tipo FB. Certi atteggiamenti sui blogs possono essere spiegati soltanto a partire dal fatto che tu puoi essere dentro il network o esserne fuori, e questo fa la differenza.

Ritrosia verso gli approfondimenti e una certa tendenza a privilegiare la facoltà di esprimersi rispetto all’esprimersi in modo ottimale.

Nulla di grave, s’intende: visto che l’uomo è un animale sociale, un certo conformismo è inevitabile. Così come appare inevitabile che fattori affettivi possano far velo verso aspetti più razionali. La cosa diventa d’interesse perché conferma e mi conferma che politicamente ci vuole un progetto coerente e sistematico e la pratica della disciplina. Per i nostri avversari non occorre: basta sollecitare gli aspetti più istintuali, e il gioco è fatto.

Qui, potrei riportare un commento scritto a proposito della vicenda Lario-Berlusconi, per esemplificare il primo punto.


“Mi dispiace, ma temo di non poter concordare con te. Dobbiamo, qualcuno che reputa di avere cervello, decidere cosa debba essere la politica, non cosa sia di fatto oggi la politica.

Se non mi piace la politica di oggi, non farò la politica dello struzzo fingendo di non vedere, ma in ogni caso, se voglio essere davvero propositivo ed alternativo, devo sapere a che politica devo arrivare.

La vicenda Lario - Berlusconi, essendo una vicenda coniugale, è per definizione privata. Non sono ovviamente così stupido da non sapere che, data la notorietà del personaggio, essa avrà ricadute politiche: mi rendo conto che siano inevitabili e già ne vediamo alcune.

Rendersi conto di ciò, non significa che dobbiamo assecondarle, come dovrebbe risultare chiaro. Che la gente circoli in strada armata è importante saperlo, ma non può automaticamente tradursi nell'armarsi anche noi.

Il caso della Lario è eccezionale perchè solo lei, tra tutte le donne vittime della società, è sposata col premier, non è forse così? E quindi si ritorna, indirettamente stavolta tramite la Lario al nostro e al problema della sua centralità.

Dobbiamo ricominciare a fare politica partendo dalle cose, e sapendo dove vorremmo arrivare. Devo confessare che la lettura di blogs che pure considero amici, non mi da' molto ottimismo. Adesso, anche in questi commenti, avremmo i famosi poteri forti e un B. da questi manovrato. Spero che stiamo scherzando, B. ha scompaginato i poteri forti che comandavano in Italia, possibile che non ve ne siete accorti? La maggior parte di chi comandava è sceso a patti con lui, alcuni sono semplicemente usciti dal gioco. Il vostro avversario sta lì, davanti ai vostri occhi, cosa state ancora cercando? Sempre il famoso burattinaio che giustifica le cattive sorti della sinistra?

Finiamolo una buona volta con le favole, diventiamo adulti. Anche la vicenda del terremoto: gli Aquilani hanno poi costituito un comitato, qualche organismo da cui si sentono rappresentati? Non mi pare, e finirà male anche questa vicenda, ma siamo sempre pronti a prendercela con qualcun altro.

Ecco, finchè saremo così, nulla potrà cambiare: se non cambiamo noi stessi, nulla potrà cambiare in meglio.”