venerdì 27 febbraio 2009

DAGLI OGM AI TVM

Prendendo spunto da quanto letto su un blog sull’influenza esercitata dalla TV, vorrei puntualizzare un aspetto.
Da parte di alcuni si dice, credo con una certa dose di ragione, che il risultato delle elezioni, storicamente, non sembra granchè influenzato dalla TV.
Bisogna però intendersi. Le elezioni non avvengono nel vuoto assoluto, chi va a votare non è un alieno, appena sbarcato sul nostro pianeta da chissà quale galassia.
Una certa alternanza in questi ultimi 15 anni c’è effettivamente stata, e questo potrebbe apparentemente confermare la tesi dell’ininfluenza della TV.
Ciò però non affronta il problema centrale: la capacità tremenda che ha la TV di influenzare i nostri comportamenti. Non so chi di voi si ricorda la canzone di Gaber “Si può” (non so se questo sia il titolo), ma davvero sintetizza il meccanismo micidiale con cui la TV agisce, confermandoci nei nostri peggiori comportamenti. Prima credevamo che fosse proibito urlare contro gli altri, ma se lo fanno in TV…
Io credo davvero che esista ormai il tipo di persona tvm, cioè TV-modificato, incapace direi di vivere, cioè di essere protagonista della propria stessa vita: piuttosto si vegeta, emulando i vari personaggi che passano sullo schermo.
A quel punto, il gioco è bello e fatto: votare berlusconi (ma anche PD direi ormai) è una conseguenza spontanea dell’essere un tvm.

SPUNTI DAL CASO MENTANA

Perchè Mentana è stato allontanato da Mediaset? Mentana è forse un pericoloso comunista, un anti-berlusconiano, un estremista anti-governativo? Nessuno potrebbe credere a simili favole.
Ebbene, Mentana è stato licenziato perchè ha parlato, ha cioè ritenuto di dovere manifestare pubblicamente il suo aspro dissenso dalla decisione di canale 5 di non cambiare la programmazione in occasione della morte di Eluana. Il caso Mentana è, in questo senso, emblematico della nostra misera Italia che ci ritroviamo nell'anno di grazia 2009, e della sua classe dirigente, mediocre e collusa. Mediocre, perchè incapace di affrontare i veri problemi della nazione, e collusa, perchè si regge su una fitta ragnatela di rapporti di interesse, in cui le opinioni espresse hanno finito di avere rilevanza alcuna sulla base del loro effettivo contenuto, e di assumere importanza invece sulla base di chi le esprime. In questo tipo di organizzazione della classe dirigente, non c'è spazio per la libera espressione delle opinioni. Puoi certo brigare per i tuoi interessi, puoi porre le più varie e le più meschine condizioni per appoggiare questa o quella iniziativa, ma devi farlo bisbigliando nelle orecchie di quelli che contano, senza che altre orecchie possano sentire. Per questo sostengo che il sistema mass-mediatico è parte di questa scellerata alleanza del silenzio. Certo, notiziari e quotidiani ci riportano giornalmente notizie, indiscrezioni, tantissime informazioni, tranne però quelle realmente importanti.
Questa atmosfera di omertà sta portando la nostra nazione verso un degrado inarrestabile. E' un po' quello che avviene all'Università, di cui scrissi recentemente, ma senza destare grande interesse, e me ne meraviglio. I docenti nepotisti, fannulloni, corrotti, sono una piccola minoranza, e gli altri docenti, pur lavorando sodo (il settore della ricerca è estremamente competitivo), senza aver mai chiesto favori per familiari ed amici, peccano tuttavia nel tacere: questo silenzio assordante che ci trascina, apparentemente ineluttabilmente, verso il baratro.

giovedì 26 febbraio 2009

L'ultimo uomo sulla terra: E’ meglio il blog o Facebook?#links

L'ultimo uomo sulla terra: E’ meglio il blog o Facebook?#links

LE RADICI DELL'EUROPA

Trascrivo qui un commento a un post sul problema delle radici cristiane dell'Europa.
Ciò che mi disturba in questa discussione sulle radici è l’ambiguità del modo in cui avviene. per me la discussione è perfino banale.Un albero ha le radici, e queste radici ne determinano l’aspetto esteriore. Se io guardo una quercia, non ho alcun dubbio sul fatto che quell’albero ha le radici di una quercia.Allora, perchè riproporre il problema delle radici? Si dice: se son rose fioriranno, se è quercia farà le ghiande.
Così, se la nostra società ha radici cristiane, queste si manifesteranno, e, del resto, non c’è alcun dubbio che elementi importanti di cristianesimo stiano nella nostra società contemporanea: mi pare un fatto fin troppo evidente. Insomma, ciò che la storia pregressa ha determinato, è lì davanti a noi , in tutta la sua evidenza.
E allora perchè stare tanto a discutere di radici? Ma perchè la Chiesa ha ingaggiato una formidabile lotta di potere, di cui un aspetto è quello sulle radici, un altro i fatti di Eluana, un altro ancora l’insegnamento della religione nella scuola, un altro ancora le forme di esenzione fiscale di cui gode la chiesa: di questo stiamo parlando, non del lento deposito culturale della storia nella nostra società.

CONSIDERAZIONI SUI TREMONTI BONDS

Due semplici questioni sui cosiddetti "Tremonti bonds", entrambi a partire dall'alto costo degli interessi previsti: 7,5-8,5 %.

Prima questione: chi pagherà di fatto questi interessi? Se il fine è quello di sollecitare le banche a prestare denaro per le attività produttive, sarà allora l'imprenditore a pagarli. Ma allora, non bisogna fissarli più bassi per renderli favorevoli e fare ripartire l'economia?

Seconda questione: perchè lo stato chiede tassi così alti? L'unica spiegazione sembra che siano prestiti ad alto rischio. Ma allora, qui succede che una banca richiedendoli, dichiara il suo incipiente stato di insolvenza (effetto annuncio negativo), e contemporaneamente viene gravata di interessi: a primo acchito, non mi pare che come mezzo di salvataggio possa funzionare!

mercoledì 25 febbraio 2009

ENERGIA E NUCLEARE

Alcune questioni che riguardano il problema energetico.
Innanzitutto, le fonti rinnovabili. Mi pare ci sia accordo generale sul fatto che vadano incentivate al massimo, almeno:
- il solare termico (riscaldamento diretto per esposizione ai raggi del sole del fluido, quasi sempre acqua)
- il fotovoltaico (generazione di energia elettrica per esposizione al sole di particolari materiali)
- l’eolico (generazione di energia elettrica mediante turbine che ruotano per effetto dell’azione del vento)
C’è poi il capitolo delle rinnovabili come bio-combustibili. In sostanza, la produzione mediante coltivazione, di prodotti in grado come tali, o per fermentazione, di fornire combustibili. Qui, c’è un’obiezione importante, legata ai limiti delle superfici coltivabili. Ciò che potrebbe accadere, e pare sia in parte già avvenuto, che tali coltivazioni vadano a rimpiazzare le coltivazioni necessarie per l’alimentazione umana. Sarebbe cioè un modo da parte del mondo sviluppato di fregare (ancora una volta) i poveri della terra, togliendo loro il cibo per ottenere il combustibile che a noi serve. Una versione compatibile potrebbe essere di tipo marginale, utilizzando residui che si ottengono già dalle coltivazioni ad uso prevalentemente alimentare, oggi sprecate.
E’ possibile con le tre fonti rinnovabili citate, escludendo quindi i bio-combustibili, far fronte ai bisogni energetici? Certamente no, non almeno ai livelli di consumo energetico anche dieci volte più ridotti degli attuali.
Questa limitatezza oggi ipotizzabile per le energie rinnovabili viene utilizzata come motivazione per il nucleare.
Cosa possiamo dire oggi del nucleare?
- Sicurezza degli impianti: oggi soddisfacente per impianti piccoli e a neutroni termici (vedi sotto)
- Il problema delle scorie non ha tuttora alcuna soluzione reale (sicurezza insufficiente)
Vorrei qui affrontare il problema economico, e dovrò perciò chiarire preliminarmente alcuni aspetti tecnici.
Come si produce in un reattore nucleare l’energia? L’energia si ottiene mediante un processo nucleare chiamato “fissione nucleare”, cioè rottura del nucleo: in sostanza un nucleo atomico grande, per azione di neutroni, si scinde in due pezzi più piccoli e, la cosa che poi interessa, un certo numero di neutroni e una certa quantità di energia: è cioè un processo fortemente esotermico. I neutroni sono un prodotto fondamentale della fissione perché debbono garantire la continuità del processo: visto che la fissione viene indotta dal bombardamento con neutroni, è necessario che quelli originalmente utilizzati si mantengano costanti nel tempo. Se crescessero, si potrebbe innescare una reazione a catena, come nelle bombe atomiche, se decrescessero, il reattore si spegnerebbe.
Il tipo di combustibile nucleare, cioè il tipo di atomi da fissionare, dipende essenzialmente dalla velocità media dei neutroni. Da questo punto di vista, si sono sviluppate due distinte tecnologie, quella a neutroni termici, e quella a neutroni veloci, e tutto dipende sostanzialmente dalla temperatura di esercizio del reattore. Nei reattori a neutroni termici, la temperatura è sufficientemente bassa, da consentire un raffreddamento mediante acqua, e quindi la temperatura dev’essere inferiore alla temperatura critica dell’acqua, quindi intorno a 200°C. Nei reattori a neutroni veloci invece, si usa sodio metallico fuso, ed hanno temperature di esercizio dell’ordine di 700°C. Ciò implica una tecnologia molto più sofisticata e un livello di sicurezza obiettivamente inferiore.
Allora, perché si usano anche reattori a neutroni veloci? Per un motivo squisitamente economico, che tenterò di spiegare. Il punto è che i neutroni termici hanno una capacità fissionante molto inferiore a quelli veloci, nel senso che richiedono dei combustibili più sofisticati, cioè dei nuclei più instabili. In sostanza, un reattore a neutroni termici deve contenere almeno il 4% di uranio-235 o di plutonio-239. L’uranio-235 si trova in natura come componente dell’uranio naturale, ma in una percentuale inferiore (1-2%). Tramite processi di arricchimento, l’uranio viene portato a questa percentuale. L’alternativa è il plutonio-239, che però non si trova in natura.
La cosa interessante è che i reattori a neutroni veloci possono essere alimentati con uranio-238, che costituisce la massima parte dell’uranio naturale (98-99%). Ma la cosa ancora più interessante, ed è il motivo per cui questi reattori si dicono auto-fertilizzanti, è che a seguito della fissione di uranio-238, si ottiene, oltre come sempre neutroni ed energia, anche il plutonio-239. Un reattore auto-fertilizzante è cioè come la pietra filosofale: trasforma un materiale a basso valore (uranio-238), in un materiale molto più pregiato (plutonio-239).
Tornando ora agli aspetti economici, non c’è dubbio che il costo del combustibile sia oggi basso, perché in realtà si può utilizzare, invece dell’uranio-235, il plutonio-239 che l’altro tipo di reattori producono in grande quantità. Per inciso, la produzione di plutonio-239 costituisce uno dei più alti fattori di rischio per la diffusione di armamenti nucleari, anche perché la resa di produzione non può essere quantificata con sufficiente approssimazione.
La conclusione ovvia è che l’economicità della produzione di energia tramite reattori convenzionali (a neutroni termici) è strettamente correlata al funzionamento dei reattori auto-fertilizzanti: se questi dovessero essere dismessi per motivi di sicurezza, il combustibile verrebbe a costare molto più di adesso.
Intraprendere oggi un piano di sviluppo di reattori nucleari, per il duplice effetto dell’enorme investimento finanziario necessario e per l’incertezza sul prezzo del combustibile a così lunga distanza temporale, sembra un azzardo su un piano squisitamente economico, senza considerare gli aspetti irrisolti relativi allo smaltimento delle scorie nucleari.
Cosa dovremmo allora fare nel frattempo?
1. Risparmio energetico: le nazioni sviluppate utilizzano una quantità di energia pro capite enorme: basti pensare che gli Stati Uniti, con una popolazione di circa il 5% della popolazione mondiale, utilizza più di un terzo di tutta l’energia prodotta. Ciò richiederà anche un cambiamento delle nostre abitudini di vita. Qui, il problema non è di avere macchine che consumino di meno, ma piuttosto di averne un minor numero, e di evitarne, da subito, l’utilizzo nelle zone urbane, dove l’uso dei mezzi privati risulta assolutamente sconsiderato. Inoltre bisognerebbe migliorare l'isolamento termico degli edifici.
2. Sviluppare il più possibile le energie rinnovabili del primo tipo, cioè escludendo i bio-combustibili, come già detto.
3. Si potrebbe ipotizzare un incremento nell’uso del carbone in centrali termo-nucleari situate in siti remoti. La tecnologia di purificazione del carbone ha anch’essa subito una favorevole evoluzione, in particolare riguardo alla riduzione nella formazione di ossidi di zolfo. Rimane il problema della produzione di anidride carbonica e del connesso effetto serra, e quindi l’uso del carbone dovrebbe comunque essere adeguatamente limitato, ma non vedo ragioni per escluderlo del tutto. Almeno da un punto di vista strettamente economico, l’energia prodotta a partire del carbone è molto economica,e tale resterà, data la grande disponibilità esistente.
4. Ridurrei il più possibile l’uso dei derivati del petrolio, che inquinano quasi quanto il carbone, ma sono molto più costosi. Ciò passerebbe tramite la riduzione maggiore possibile dell’uso dei mezzi di trasporto individuali. Il metano può dare un suo contributo, ma soprattutto per quanto attiene il riscaldamento degli ambienti.
5. Incrementare infine l’uso dell’energia elettrica rispetto alle energie per combustione diretta. Si eviterebbe nei centri urbani lo smog fotochimico e le polveri sottili. La produzione di energia elettrica può essere centralizzata,e quindi si può scegliere dove produrla. Anche per il riscaldamento, l’uso delle pompe di calore, dato il loro alto rendimento, dovrebbe essere incentivato.
6. Concludendo, possiamo continuare a fare a meno del nucleare,ed anzi a livello internazionale si dovrebbe sviluppare un piano di dismissioni
.

martedì 24 febbraio 2009

PD NEO-IDEOLOGICO !

Evviva! Il vecchio Bersani infine l’ha pronunciata la tanto vituperata parola: ideologia!!! Nel corso del talk-show “ottoemezzo” ha affermato chiaramente che Berlusconi e Lega hanno ideologizzato a loro modo la società italiana, e che fronteggiare tale ideologia con una propria ideologia è necessario. Magari si dovrebbe meglio chiarire il concetto di ideologia, e dubito fortemente che io e Bersani siamo davvero d’accordo, ma almeno qualcuno collabora a sdoganare un termine che erano riusciti a fare uscire aldifuori della politica.

MENU' DI OGGI: UNIVERSITA'

Stavolta parliamo di Università, che tra l’altro è il mio luogo di lavoro. In un post certo non è possibile trattare esaurientemente l’argomento. Vorrei però dire qualche cosa chiara in proposito.
La stampa, soprattutto di destra, ha condotto un’aspra campagna su comportamenti viziosi nell’Università, suscitando le reazioni indignate degli operatori dell’Università. Io dico: è vero o no che esista un problema di nepotismo all’Università? Sì, non possiamo certo negarlo. E’ vero che l’organizzazione della didattica risente di un punto di vista di parte dei docenti? E’ vero, neanche questo si può obiettivamente negare. E’ vero che ci sono state nel decennio passato troppe promozioni, e che oggi abbiamo all’Università una specie di piramide capovolta, stretta alla base e larga al vertice? Anche questo è innegabile.
Da cosa dipende questa situazione? Certamente la causa prima e più importante è costituita dalle decisioni assunte dal legislatore, in particolare per quanto riguarda le promozioni. Con i concorsi indetti da una legge del 1998, si stabiliva la famigerata ternatura. Si stabiliva cioè che, a fronte di un posto da ricoprire, la commissione di concorso dovesse indicare una terna di vincitori. Questo meccanismo è famigerato, perché innesca un processo di scambio: tu impegni una certa somma e indici un concorso, terni uno dei miei e io, a mio volta, indico un concorso e ti permetto di avere un altro promosso. In sostanza, con il badget di due posti, se ne potevano chiamare sei.
Per il resto, direi che la responsabilità maggiore è tutta del mondo accademico, perché il nepotismo si attua dirigendo in maniera falsata i concorsi.
Detto questo, rimane tutto intero il problema dell’Università, nel senso che stiamo parlando di una struttura vitale per una società. Quando la Gelmini afferma di tagliare i fondi per l’Università per eliminare gli sprechi, dice le bugie. I fattori di spreco sono già operanti nell’Università. Se ho promosso a professore ordinario uno che non lo merita, il Ministro o riesce a farlo dimettere, oppure tagliando semplicemente i fondi, non elimina per niente il problema. L’Italia già spende per il settore dell’istruzione superiore e per la ricerca molto meno di paesi con economie confrontabili alle nostre: meno, anzi di parecchio.
Quindi, se il governo dice che taglia i fondi perché ci sono stati sprechi, è come dire che, poiché l’Università sta male, tanto vale ucciderla del tutto!
Vogliamo allora chiarire un concetto che mi pare fondamentale, e che mi pare dimentichino sia il governo, che, su versanti opposti, i miei colleghi? L’Università è un bene di tutta la nazione, e dovrebbe essere cura massima di chi governa renderla migliore possibile. E’ della nazione, e non di chi ci lavora, o almeno non solo di chi ci lavora. Io credo che in molti casi gli operatori dell’Università si siamo comportati come se l’Università dove lavorano fosse un loro bene personale. Del resto, il processo di autonomizzazione delle Università, iniziato negli anni novanta, ha obiettivamente favorito una visione particolare da parte di quegli stessi che le leggi indicavano come coloro che dovevano progressivamente andare a gestire l’Università. Oggi, la legge assegna quasi tutte le decisioni alle singole Università, salvo ovviamente il punto fondamentale: le entrate, che provengono tuttora quasi esclusivamente dallo Stato.
Nella mente del legislatore, ciò doveva favorire un virtuoso processo di sana competizione tra i differenti Atenei, inducendo quindi un processo di miglioramento dei servizi didattici e della ricerca. La storia dimostra che le cose non stanno affatto così, e questa vicenda dell’Università ricalca sostanzialmente una moda imperante ormai a tutti i livelli, la moda del decentramento. Io trovo che questa ipotesi del decentramento, portata avanti adesso anche attraverso una serie di modifiche costituzionali, sia infausta. Anche qui, il PD, buon ultimo, si è acriticamente accodato alle iniziative della Lega, con la differenza che la Lega sa bene quali sono i vantaggi che ne può ottenere, il PD non capisce invece, come al solito, le conseguenze obiettive che ne deriveranno.
Ma questo è un altro discorso. Nel presente contesto, io vorrei lanciare l’ipotesi di accentramento dei poteri sull’Università: una provocazione che vorrei fosse raccolta da tutti i sapientoni che pontificano sull’Università.

lunedì 23 febbraio 2009

FRANCESCHINI PRIMO ATTO

Questo Franceschini, davvero un innovatore..che idee ragazzi, che originalità!!!
Davvero pensa che sia possibile fare una politica basata soltanto sull’antiberlusconismo? E anche la Conchita De Gregorio, direttrice de “L’Unità”, afferma che il gesto di giurare sulla Costituzione ha ribaltato il giudizio inizialmente sfavorevole sul web: ma dove li prende Conchita i dati statistici? Anche lei dentro questo gruppo di potere. D’altra parte, tiene famiglia anche lei…
Recenti sondaggi danno il PD al 25-26%: visto che pretendono il riconoscimento del loro ruolo sulla base dei dati elettorali, almeno ci dicano, di grazia, qual è la soglia aldisotto della quale si dimetteranno in massa? Sotto il 20% avremo qualche speranza di non avere più i baffi di D’Alema tra le scatole, e per sempre? Temo di no, questi non si schiodano neanche morti…

domenica 22 febbraio 2009

NON ESISTE UNA BIOETICA SENZA IDEOLOGIA

Ieri sera, ho seguito, parzialmente, l’intervista a Beppe Englaro a “Che tempo che fa”, e ho capito che non sono d’accordo con lui. Così, poiché sono convinto che egli rappresenti un’opinione largamente diffusa, trovo l’esigenza di ribadire quello che già anticipai in un precedente post.
C’è in Italia un libertarismo strisciante che, a quanto pare, contagia un po’ tutti. Lo chiamo libertario perché mette al centro l’individuo. Secondo questa teoria, che poi è una teoria politica, la società è il risultato dell’aggregazione di un insieme di individui, naturalmente esseri liberi e razionali, che, come dire, preesistono alla società. E’ insomma come sul pianeta Giove si diano dati appuntamento un venusiano, un terrestre, un marziano, due “gioviani” e un saturniano. Hanno l’esigenza di convivere tra loro per un certo tempo, e così, come primo atto, mettono su un regolamento. Tale regolamento sostanzialmente sarebbe di tipo libertario: ognuno si fa i cavoli propri, tentando, per quanto possibile, di evitare di condizionare gli altri.
Bene, per la situazione descritta, non v’è dubbio che una tale regolamentazione sarebbe del tutto appropriata.
Trasferiamola ora alla nostra società. Siamo forse venuti da un altro pianeta, o invece, sin dal giorno della nascita, la società, tramite l’educazione materna, c’ha plasmato? Siamo cioè davvero convinti che prima venga l’individuo e poi venga la società? Io credo invece di non essere un individuo, quasi casualmente finito in questa società, ma che al contrario il mio modo di essere è il frutto del condizionamento sociale, certamente in qualche misura in interazione con i miei caratteri genetici.
Questo è invece chiarissimo alla Chiesa, e finchè noi continueremo a sostenere che ognuno deve comportarsi come crede, la Chiesa l’avrà vinta, perché ad esempio controlla molti ragazzi tramite oratori e simili strutture. Noi blateriamo di libero arbitrio, ed essi praticano il condizionamento delle menti, come del resto fanno i pubblicitari e i politici. La pratica del potere già da secoli non è più riposta nella coercizione di individui che la pensano diversamente, ma nella manipolazione delle menti.
Per questo, io sostengo che non ci si può rifiutare di condurre una battaglia del tutto ideologica, similmente a quello che il marxismo tentò di fare per secoli.
Ora, per quanto riguarda la bioetica, io sono fermamente convinto che non sia lecito, non che non possa essere obbligatorio, ma che non sia neanche lecito, utilizzare trattamenti medici per usi impropri. Bisognerebbe quindi disciplinare i trattamenti medici, il cui fine dovrebbe essere quello di guarire. Di qui, la natura transitoria che dovrebbero avere. Qualsiasi uso di trattamenti ed ausili medici per usi diversi dovrebbero comportare una richiesta esplicita da parte dell’interessato, e comunque essere sempre di natura reversibile. Un uso come quello attuato nel caso di Eluana dovrebbe essere escluso, perché crea una forma di vita che la natura non contempla, di cui non sappiamo nulla. Questa dimensione del mistero, tanto invocata dalla Chiesa, dovrebbe in realtà indurre a conclusioni opposte: se non sappiamo, seguiamo la natura.
Per questo dicevo, e lo ribadisco, a me il testamento biologico può anche stare bene come soluzione di compromesso, ma non è la mia opzione, che sarebbe invece quella di proibire le pratiche mediche che comportino un prolungamento di stati di coma, non perché si speri in un’uscita, ma solo perché il battito del cuore è un bene in sé da preservare in ogni caso. Anche quindi se si opta per il testamento biologico, lo si deve fare senza tacere su come si concepisca la vita e la morte: in caso contrario, avremo ancora delegato alla Chiesa certi aspetti ideologici che hanno anche un riflesso nei comportamenti quotidiani di tutti noi.

sabato 21 febbraio 2009

PARTITO DEMOCRATICO, ULTIMO ATTO

Ecco, ci risiamo, questi dirigenti del PD, cialtroni ed inetti, non si smuovono. Niente azzeramenti, hanno perfino eletto Franceschini, il vice di Veltroni. Dovrebbero spiegare come sia possibile che una linea politica possa essere valutata come fallimentare dal suo massimo esponente, che ha avuto almeno il buon gusto di dimettersi, ma non coinvolge il secondo responsabile cioè il vicepresidente. Il punto è che l’unico obiettivo di questo vergognoso gruppo dirigente è quello di perpetuare sé stesso. Fa rabbia vedere come il corpo del partito sia sostanzialmente ostaggio del proprio gruppo dirigente. Come possiamo allora stupirci del consenso che ha Berlusconi? La capacità dei dirigenti PD di autoperpetuarsi senza che la propria base sia in grado di metterne in forse il potere è l’altra faccia del consenso a Berlusconi, la povera sorte di un’Italia ormai preda di una classe dirigente che si è plasmato il paese a proprio uso e consumo. Per questo, per la subdola, ma non meno efficace ideologia che pervade ormai le nostre menti, è necessario che una nuova ideologia, alternativa a quella dominante si faccia avanti.

@Aldo: se mi leggi, prova ora che per l'inserimento di commenti ho selezionato l'opzione "provenienza anonima".

giovedì 19 febbraio 2009

ANCORA SUL PD (E SUI GIORNALISTI)

Alcuni articoli apparsi stamane sulla stampa nazionale sulle vicende del PD, m’inducono a riintervenire sull’argomento. Si tratta di due differenti articoli che, scritti da differenti giornalisti, e partendo da fatti indipendenti, infine convergono nel diagnosticare la malattia del PD. I medici si sono pronunciati: si tratta di carenza di realismo, questi dirigenti non hanno capito cosa vogliono gli italiani. Vorrei ora dire a questi emeriti giornalisti che si sono persi un pezzo della realtà che pretendono di descrivere: che i giornalisti, la stampa è parte del problema. Come ho detto in un altro post, c’è in Italia un gravissimo problema di classe dirigente, intesa come questa ragnatela di interessi individuali che si sono venuti a saldare tra loro, fino ad avviluppare e a paralizzare la società italiana. Insomma, a politici, a giornalisti, ad industriali, a pezzi importanti della magistratura, di cosa pensino gli italiani non importa proprio nulla. La democrazia in Italia è una recita, i politici vendono la loro immagine agli elettori, così come si vende un prodotto mediante la pubblicità. Come a chi vende il prodotto, non importa nulla delle reali esigenze dei consumatori, e la pubblicità serve proprio ad ingannarlo, facendogli credere che quell’oggetto reclamizzato gli sia indispensabile, così, allo stesso identico modo, i politici devono farsi scegliere, facendo credere agli elettori che i provvedimenti che saranno in grado di assumere serviranno a rispondere alle loro esigenze. Ma qui sta il punto: è possibile definire in maniera obiettiva cosa la gente voglia? O invece l’abilità sta proprio non tanto nel promettere qualcosa che egli vuole, ma nel fargli volere quello che a noi fa comodo che voglia? C’è insomma una traboccante retorica della libertà, che circola ampiamente in tutto il mondo occidentale. Neanche i blogs ne sono immuni. La parola libertà la usa la destra, che addirittura l’ha assunta perfino nel nome del proprio partito (il PDL), come a sinistra, come da parte di ognuno di noi che pretende di essere libero di scegliere. Io vorrei vi fermaste un attimo a riflettere di come, a fronte di questa plebiscitaria richiesta di libertà di scegliere, nessuna società storicamente è stata mai così conformista, i comportamenti individuali non sono mai stati così simili, come oggi. Una libertà di scelta non esercitata non è libertà, il problema non è se potenzialmente io potrei comportarmi differentemente da come faccio, ma se nella realtà dei fatti esercito questa libertà. Perché allora, dovrei spiegarmi perché non l’ho esercitata, non dico io e oggi, ma statisticamente perché le libertà che pure abbiamo non vengano esercitate. A me pare ovvio che il punto fondamentale sta in quello che la società attorno a me è in grado di provocare nel mio cervello, di come l’esproprio di noi stessi avviene nella maniera più intima e per noi meno controllabile. Se noi dimentichiamo questa capacità di condizionamento che la società esercita su di noi, ci perdiamo il momento fondamentale, e rischiamo di non riuscire a capire nulla di ciò che avviene davvero nelle società.
Ora, tornando all’argomento iniziale, se davvero ciò che la gente pensa non è il dato di partenza, perché è possibile condizionarla proprio su questo punto, il punto fondamentale da chiedere al politico non è di interpretare cosa la gente voglia, ma sapere cosa serve alla società. La politica dovrebbe cioè essere programmatica, io mi propongo perché sono convinto che per l’interesse collettivo bisognerebbe fare questo e quello, ed io vi dico che ho un percorso per giungere a questi obiettivi che mi propongo. Il politico dev’essere onesto, competente e convincente, non uno che ogni mattina, come Berlusconi, si legge i sondaggi demoscopici. La critica che io faccio al PD è proprio questa: vi proponete per fare qualcosa? E cosa, di grazia? O invece vi proponete perchè, pur essendo stati superati dalla storia, avete adottato la politica come professione e non sapreste fare altro della vostra vita? Secondo me, nessuno interpreta il vuoto totale di prospettiva ideale e programmatica come questi dirigenti del PD, sopravvissuti a loro stessi e alle loro vecchie formazioni politiche. La loro ingombrante presenza sulla scena politica serve solo ad impedire ad altri di occupare lo spazio dell'opposizione, e in questo senso, l'unica cosa sensata che dovrebbero fare, è andare a casa.

mercoledì 18 febbraio 2009

SULLE VICENDE DI VELTRONI E DEL PD

Vorrei intervenire sulla crisi che si è aperta nel PD, ma non so ancora, adesso che mi accingo a scrivere, come riuscirò a sintetizzare nel formato atteso per un post: forse dovrei scrivere un libro sull’argomento!
Partirò dalla fine: le responsabilità personali attribuibili a Veltroni. Enormi direi, non ha capito, o almeno così appare, che doveva sfruttare al massimo il potere che l’elezione diretta con le primarie gli aveva dato. Invece ha cincischiato, dicendo che è bene che ci siamo opinioni diverse in un partito. Ma insomma, se il problema dell’ulivo e quindi delle politiche di Prodi, era che metteva assieme cose troppo diverse, diciamo da Mastella a Ferrero, in che senso il PD era un superamento se decideva di continuare a vivere con tali contraddizioni? E in ogni caso, in un partito, si vota sulle questioni importanti, e poi si fa ciò che la maggioranza ha scelto. Subito dopo le elezioni politiche, doveva essergli chiaro che lo aspettavano tempi difficili, con questo berlusconismo montante. In queste condizioni, che vantaggio aveva a tirare la carretta senza comandare? Mi avete voluto? Bene, ora si fa come dico io, oppure mi ripresento davanti ai miei elettori (quelli delle primarie) e vediamo se scelgono me o i vari capetti con le loro confraternite del potere! Possibile che non abbia capito che questa politica della mediazione ad ogni costo lo avrebbe logorato? E’ arduo crederlo, è più probabile che egli davvero non sapesse immaginare una politica. Questa è alla fine la mia diagnosi, il vuoto mentale totale, l’incapacità di immaginare un tipo di società più o meno ideale. Ancora ieri, ad ottoemezzo, ho sentito la Bindi, che mi pare davvero patetica ormai, che apparentemente commossa, recitava a memoria il discorso d’insediamento di Obama, affermando che anche il PD vuole quelle cose lì! Ma davvero, secondo la Bindi, il compito di un politico è quello di scopiazzare il discorso del leader di un altro paese, senza neanche tenere conto delle differenze di ogni tipo tra una nazione e l’altra? La Bindi è chiaramente un esempio di una classe politica ormai superata, col suo senso comune da DC, senza ormai riferimenti ideali, tutta compresa da questo suo ruolo di mediatrice politica…. E la Bindi è una delle migliori, lascio a voi trarre le conclusioni sulla generalità del ceto politico del PD.
Questi dirigenti del PD ormai sono prigionieri del loro ruolo, non sono portatori di progetti di nessun genere, uniti solo dall’essere contro Berlusconi, come se ciò potesse bastare a fare un partito e una politica!
Del resto, questo famoso progetto del PD era una cavolata sin dall’inizio. Prendiamo due forze politiche, che tra l’altro sono entrambe fatte da ex, ex comunisti da una parte, ed ex DC dall’altra, decidiamo di unirle in un’unica formazione. Bene, uno direbbe, fatelo! Convocate i rispettivi congressi e sancite lo scioglimento. Contemporaneamente, si apre la campagna d’iscrizione al nuovo partito. Definito un termine, gli iscritti, organizzati territorialmente, avrebbero proceduto all’elezione degli organi costituenti, i soli evidentemente abilitati a decidere. Ma no, invece nominano un gruppo di costituenti, mi pare presieduti da un docente di politica, e gli dicono: diteci voi come dev’essere fatto questo nuovo partito. Ma dico, siamo matti? I partiti adesso si fanno a tavolino? No, non sono matti, sono solo dei professionisti della politica, poveri di idee, ma potenti, come lo si è in questo tipo di politica, cioè per le conoscenze e le amicizie che hanno. Allora, non è che davvero volessero fare un nuovo partito, il che implicava un azzeramento dei poteri, no, era solo sommare due partiti in uno. Con l’aggravante della delega ad alcuni sedicenti esperti dello stabilire tipo di strutture, percorso formale e, udite, contenuti ideali del partito: i contenuti ideali dettati da esperti? Ma come poteva mai riuscire un simile progetto?

martedì 17 febbraio 2009

LA CHIESA ALL'ASSALTO DEL POTERE

Per anni, ho sostenuto che l’anticlericalismo non fosse all’ordine del giorno. La disperata lotta di Giovanni Paolo II contro alcuni aspetti deprecabili del capitalismo mi aveva convinto che si trattasse di polemiche ottocentesche ormai superate: altri i nemici con cui confrontarsi. Adesso lo devo ammettere: avevo torto. Non solo storicamente sono le religioni monoteiste ad avere contribuito maggiormente allo sviluppo dell’ideologia occidentale, ma oggi, il problema della religione cattolica è più che mai d’attualità. Ormai non c’è alcun dubbio: sotto la regia di Ratzinger, la chiesa si è scatenata in una lotta di potere su tutti i fronti. Il fronte principale rimane quello sulla vita e sulla morte, come l'episodio di Eluana illustra ampiamente. Una religione che si è fatta istituzione non può accettare di non controllare il momento culminante per ogni essere umano: è una lotta, come si comprende, totalmente ideologica. Ma quanto trapelato sulle assunzioni di insegnanti col solo titolo di cattolici, avvenuta a Milano, è uno dei tanti esempi di come la chiesa non disdegni nel darsi una dimensione economica, e nell’aspetto tra l’altro più delicato: in una situazione in cui il problema dell’occupazione è sempre più drammatico, poter assicurare il lavoro, significa controllare, anzi direi legare mani e piedi un gran numero di persone a sé. Del resto, quel Saladino che si trova al centro dell'inchiesta "why not", sembrerebbe avere lavorato in stretta combutta con Comuniione e Liberazione. Così, vedete, da una parte una lotta tutta ideologica, dall’altro la solita moda italica dell’occupare pezzi di stato per succhiare risorse pubbliche.

SULLE ELEZIONI IN SARDEGNA

L’esito delle elezioni in Sardegna costituisce un evento politicamente molto rilevante. In sostanza, si conferma la predominanza della destra, mentre il declino della sinistra si conferma aldilà di ogni più fosca previsione. E’ interessante verificare le modalità con cui ciò è avvenuto: partecipazione al voto in declino, grande quantità di voti non espressi (schede bianche e nulle), come pure risulta interessante considerare chi è stato eletto, un politico pressoché ignoto, e infine il fatto che lo sconfitto non potesse essere considerato un uomo della nomenclatura politica del PD, si può dire di tutto su Soru, ma non v’è alcun dubbio che sia un uomo con un suo proprio profilo politico. Quindi, la sconfitta della sinistra è avvenuta nelle condizioni potenzialmente a lei più favorevoli. Io interpreto l’esito del voto come il proseguo di una crescente disaffezione verso i politici da parte degli elettori, come anche testimoniato dalla scarsa partecipazione al voto. A sinistra, mi pare che l’influenza prevalente sia stata dettata dalla critica al quartier generale: in sostanza, a mio parere, Soru ha pagato il prezzo dell’insoddisfazione per la politica del PD a livello nazionale. A destra invece, gli elettori sembrano di stomaco buono, non vanno tanto per il sottile, la faccia di Berlusconi, evidentemente, paga ancora, malgrado tutto, aggiungerei io. Come dice Veltroni, è nella, crisi che si cambia, ed evidentemente sarebbe il caso di cambiare molte cose a sinistra, Veltroni incluso, naturalmente. Purtroppo, c’è una classe politica a sinistra, da una parte ben puntellata all’interno di una solida trama di potere, estesa anche ad altri poteri dello stato e della finanza, dall’altra, com’è ovvio, per niente disposta a suicidarsi. Ci vorrebbe una capacità organizzativa dei dissensi che si manifestano nella società, e proprio tra gli elettori della sinistra in prevalenza. Invece, vedo tante brave e generose persone impegnate nel sociale su tante iniziative, alcune davvero da incoraggiare, ma senza una capacità di incidere, perché per incidere si paga un prezzo enorme. In fondo, per cambiare la politica, si dovrà almeno provvisoriamente utilizzarne alcuni dei suoi mezzi, che a molti di noi fanno schifo. Qualcuno però, magari indossando dei solidi guanti, questa robaccia che infetta la nostra società, dovrà toglierla. Secondo me, spetterà a giovani, quelli che più pagano il marcio che sta in giro, e che, potenzialmente, dovrebbero avere più energie e più resistenza per tale ardito compito.

domenica 15 febbraio 2009

ALCUNE CONSIDERAZIONI SULLA CRISI ECONOMICA

Tremonti mi pare abbia detto alcune cose giuste sulla crisi economica, e le abbia detto con un certo anticipo. Non v'è dubbio che la globalizzazione finanziaria che si è avuta soprattutto negli ultimi due decenni è stata condotta in maniera dissennata, in definitiva in assenza di regole. Egli dice: nella finanza si è verificata la crisi e nella finanza stessa va risolta. Questa affermazione però mi pare discutibile. Nei fatti, la finanza non è un universo isolato. Se così fosse, la gran parte delle persone non ne sarebbe coinvolta, in quanto le attività finanziarie sono molto limitate per chi dispone di poco denaro. La finanza in definitiva è un affare da ricchi: solo se hai una certa quantità di denaro in più di quello che serve per il sostentamento della tua famiglia, ti poni il problema di cosa farne. Il fatto è, e credo che la situazione attuale ce ne dia alcune evidenze, che la finanza ricade sempre all'interno dell'universo economico, ne è, potremmo dire, un sotto-insieme. Visto che si tratta di un'osservazione abbastanza ovvia, è difficile credere che davvero i responsabili dell'economia non si rendano conto delle ovvie ricadute della crisi finanziaria su quella che viene definita l'economia reale. A me pare invece che nessuno sappia bene che pesci pigliare.
Le conclusioni del G7 che si è tenuto ieri non sembrano suggerire alcun percorso organico che possa portare fuori dalla crisi. L'unica cosa, apparentemente, che è stata riaffermata è stat l'esigenza di evitare il protezionismo: insomma, si è stabilito coasa non fare, ma non cosa fare. Certamente, alcune nazioni hanno deciso di investire grandi quantità di denaro per sostenere l'economia, ma possiamo dire che sia stata chiaramente tracciato un percorso coerente? Questo richiederebbe dire di sì ad alcune misure e dire di no ad altre, cioè scegliere alcune, io credo che dovrebbero essere poche, direzioni specifiche che possano portare fuori dalla crisi. Essendo le risorse limitate, non sembrerebbe opportuno ipotizzare un intervento a pioggia, come a me pare invece si configuri nelle politiche fin qui annunciate nei paesi più industrializzati.
In Italia poi, davvero il governo sembra impaurito, come paralizzato, investendo qua e là risorse limitatissime senza enunaciare uno straccio di strategia generale. Tremonti dice di non essere un economista, e se ne fa un vanto perchè egli disprezza gli economisti, invitandoli anzi a tacere dopo aver constatato la loro capacità nulla di prevedere la crisi. Ebbene, potremmo dire a Tremonti che ce ne siamo ben accorti della sua incompetenza in economia: Tremonti balbetta e tutto il governo balbetta. Siamo come messi alla finestra ad assistere a cosa succede nel resto del mondo, sperando che ci tirino fuori dalla crisi. Ma se è scoppiato un incendio in casa, forse sarebbe opportuno, prima ancora che arrivino i vigili del fuoco, che provassimo a far qualcosa per aiutarci Anche le misure auspicate dal PD ed enunciate ieri mi sembrano appartenere allo stessa tipologia: sparare nel mucchio, sperando di colpire almeno uno dei bersagli.
A me pare che questa incapacità della politica ad affrontare i problemi economici è dovuta paradossalmente a una visione sostanzialmente economicista della politica, e quindi in una visione così ristretta delle proprie competenze, da dovere alla fine affidarsi alla scienza economica. Ma questa scienza economica soffre di un peccato originale, quello di essere una scienza a tesi. Viene infatti definita come la scienza che serve a massimizzare la ricchezza. Questa definizione tuttavia implica una finalità che le scienze non possono avere. La fisica, la chimica non hanno finalità, organizzano mediante un loro linguaggio la realtà nella maniera più comoda (razionale). La scienza economica quindi dovrebbe a rigore essere chiamata la disciplina economica. Nel contesto di questa discussione l’avere una certa finalità implica un’incapacità ad avere una visione “obiettiva”. Se poi la politica abdica ai propri compiti affidandoli all’economia, capite come si diventi prigionieri di un meccanismo che ci espropria dall’assumere decisioni davvero innovative, costringendoci a seguire una via già tracciata, già sperimentata, e in verità, per nulla desiderabile.

sabato 14 febbraio 2009

UN'OPINIONE DIFFERENTE

Ho espresso ripetutamente la mia opinione sul caso di Eluana, non soltanto su questo blog, ma anche in commenti lasciati su altri blog. A questo proposito, potrei consigliarvi di leggervi il dibattito che c’è stato su http://ariemme.wordpress.com .
In genere, mi sembrava di essere in sintonia con gran parte dei navigatori, ma davvero non era poi proprio così. Sì, sul fatto che fosse lecito interrompere nel caso specifico l’alimentazione, mi pare che ci sia una solida maggioranza di consensi. Bisogna tuttavia leggere le motivazioni dei blogger per potere concludere sulla concordanza di opinioni.
Ebbene, cosa dicono i blogger? Mi pare ci sia un coro in favore del testamento biologico. In sostanza, si dice, che ognuno decida da sé cosa vuole si faccia in un caso come questo di coma irreversibile.
La mia opinione in proposito è diversa. Io penso che utilizzare la scienza medica e i suoi ritrovati tecnologici per un uso diverso da quello della guarigione, sia un abuso. Qui insomma, non è che si adotti una terapia necessaria a superare una criticità, quale potrebbe essere, ad esempio, una terapia post-operatoria. No, in questi casi, il sondino viene usato per prolungare uno stato che sarebbe arduo chiamare vitale. E’ un uso del tutto improprio, per me perfino illecito, basato su un’ideologia del prolungamento al massimo ed ad ogni costo del battito del cuore, come enunciato esplicitamente dalla chiesa cattolica e da altri. Quindi, per me non è opportuno per nessuno, neanche per chi lo vorrebbe, utilizzare un tale trattamento medico. Ciò dovrebbe essere affermato con chiarezza: il torto non sta in chi rivendica di potere subire un trattamento come si è da sempre fatto, ma in chi introduce nuove tecniche, preziose in talune situazioni ma qui utilizzate assolutamente in maniera impropria.
Allora, ciò che voglio dire è che mi pare un compromesso accettabile questo del testamento biologico, e che comunque è davvero difficile per me e, credo per tutti, imporre a qualcuno di far cessare di battere il proprio cuore quando si è in grado di prolungarlo.
Quindi, in questo contesto, la rivendicazione di una visione giusta in nome della naturalità non è per imporre una soluzione uguale a tutti, ma perché su questi punti si combatte una battaglia di idee di carattere generale, ideologica appunto.
Io, insomma, non sono tra quelli che credono che ognuno debba decidere a suo modo. Questa continua rivendicazione di una dimensione individuale non mi trova per niente d’accordo, perché credo profondamente nella nostra dimensione sociale. In verità, non c’è nulla nei nostri atti che possa essere davvero considerato del tutto privato. Così, cosa sia lecito e cosa non lo sia non può risolversi a partire da un principio generale di “non ingerenza”, ma piuttosto penso che debba essere valutato caso per caso analizzandolo nel merito.

giovedì 12 febbraio 2009

SILENZIO ANCHE SUL WEB SU "WHY NOT"?

Posso chiedervi di spostare la vostra attenzione su argomenti diversi dai conflitti istituzionali berlusconeschi e dalla bioetica ad altro? Non finiamo, se possibile, con lo scimmiottare il comportamento dei giornali o delle TV, che concentrano le loro attenzioni su due, tre fatti, e poi il resto è come se neanche accadesse.
Scusatemi, ma io non riesco a dimenticare la sporca vicenda collegata all'inchiesta "Why not".
Riasumiamo brevemente i fatti: su iniziativa del Ministro della giustizia, il pubblico ministero di Catanzaro De Magistris, titolare dell'inchiesta "Why not",à stato dal CSM esonerato dall'incarico e trasferito ad altra sede. L'inchiesta è stata quindi affidata alla Procura Generale di Catanzaro. Il Procuratore di Salerno Apicella ha aperto un'indagine sul comportamento della PG di Catanzaro in merito a queste inchieste. Va premesso, a beneficio di chi lo ignorasse, che, per un ovvio motivo di garanzie, comportamenti illeciti di magistrati nell'esercizio delle proprie funzioni vanno indagate ed eventualmente perseguite in una sede differente. Tale sede è definita da norme. Ad esempio, i magistrati di MIlano furono a suo tempo indagati da Brescia, come certo ricorderanno quelli meno giovani di voi. Analogamente, le stesse norme hanno stabilito che la sede competente nei confronti dei magistrati di Catanzaro è Salerno.
Perchè questa lunga premessa? Perchè, sebbene nessuno di noi, non avendone competenza istituzionale e neanche conoscenza adeguata delle inchieste, può stabilire la fondatezza delle motivazioni formulate da Apicella riguardo la richiesta di sequestro del materiale dell'inchiesta "Why not" alla PG di Catanzaro, tutti però dobbiamo sapere che tutto ciò, non solo rientra nelle sue competenze istituzionali, ma anzi dovrebbe essere considerato un vero e proprio atto dovuto.
A seguire, come forse saprete, il PG di Catanzaro ha disposto un contro-sequestro degli stessi incartamenti. Ora, non occorre essere un giurista per capire che, mentre il sequestro, pur potendo essere considerato non sufficientemente motivato, era formalmente comunque lecito, il contro-sequestro da parte dell'indagato, configura un evidente e lampante illecito: nessuno dovrebbe poter abusare del proprio ruolo di magistrato per procedere a provvedimenti che gli servano ad impedire di essere indagato.
Ebbene, il CSM ha disposto dei provvedimenti disciplinari molto più pesanti nei confronti di Apicella che rispetto al PG di Catanzaro. L’ultima puntata (finora) di questa telenovela è stata la decisione del tribunale del riesame di Salerno, a cui il PG di Catanzaro si era rivolto, di confermare e quindi di concordare con la decisione assunta da Apicella.
Quindi, i giudici di merito trovano il comportamento di Apicella del tutto corretto e il sequestro da lui disposto del tutto giustificato, mentre il CSM vi ravvisa gravi elementi di violazione dei suoi compiti di magistrato.
Ora, può ben essere che alla fine sia proprio il CSM ad avere ragione, ma in tal modo quest’organo si sovrappone ai giudici di merito, è in un certo senso come aver istituito un supertribunale, come per certi aspetti i tribunali speciali esistenti duarante il regime fascista.
La cosa perfino più grave è l'inspiegabile silenzio di tutti gli organi di informazione sull’accaduto, o meglio, sull’accaduto a partire da quando se ne cominciò ad occupare il CSM: quando la stampa tutta tace, quando partiti di tutti i tipi tacciono, allora qui ci potrebbe essere qualcosa di grossissimo che coinvolge un po’ tutta la nostra classe dirigente (vedi il post corrispondente). Ringrazio i giornalisti di Annozero che, unici, ne hanno parlato, e mi hanno consentito di non esserne del tutto all’oscuro.

sabato 7 febbraio 2009

A PARTIRE DAL CASO DI ELUANA

Mi trovo quasi costretto a rintervenire sul problema di Eluana, anche se in realtà Eluana non c'entra ormai davvero per nulla, e sarebbe bene lasciarne in pace anche il nome.

Intervengo perchè giorno dopo giorno si consuma la trasformazione di quello che ci ostiniamo ancora a chiamare un paese democratico, e che in verità diviene sempre più una specie di dittatura mass-mediatica.

Ci siamo messi in un bel ginepraio, a partire dalle farneticazioni sulla cosiddetta società aperta. Insomma, pretendiamo di potere vivere in una società non ideologica, e poi, naturalmente il capetto di turno, ben fornito di poteri istituzionali e di mezzi finanziari ha tutto lo spazio per forgiare la società a sua immagine e somiglianza, e a suo personale profitto, naturalmente.

Chi mai lo contrasterà? Non la cosiddetta opposizione parlamentare, che è indaffarata a fare i conti in casa, l'un contro l'altro armato, e mai per favore dividersi sulle idee: bastano gli interessi a dividerli!!!

Non l'informazione, in parte comprata e in parte collusa, anch'essa impegnata con le proprie beghe di potere.

Non la magistratura mi pare ormai, dopo la vergognosa vicenda di "why not", che ha visto l'ANM prima difendere i membri della propria giunta, e il CSM poi sanzionare nella massima misura Salerno, che aveva il dovere istituzionale di indagare, e dare una pacca sulla spalla al PG di Catanzaro, che aveva chiaramente abusato delle proprie prerogative per autodifendersi. Rimangano i blog che ci leggiamo l'un l'altro, illudendoci magari che basti scrivere la verità perchè questa trionfi, o forse magari scriviamo solo per consolarci. Quando ci sarà qualcuno, non che va verso i sessant'anni, come me, ma che si trovi nel fiore della gioventù, e prenda un'iniziativa collettiva, per cambiare qualcosa in questo nostro disastrato paese?

mercoledì 4 febbraio 2009

IL CASO DI ELUANA

Vorrei fare alcune considerazioni sul caso di Eluana, la donna in coma ormai da 17 anni.
La prima osservazione riguarda il merito della questione. Ho letto che chi si schiera per il suo mantenimento in vita, sostiene che non si tratta di interrompere una terapia, ma piuttosto l'alimentazione, e argomenta che, pertanto, se non si alimenta una persona, la si sta di fatto uccidendo.
Nel mio libro, che poi da’ il titolo a questo blog, ho dedicato un capitolo alla bioetica. Lì sostengo un punto che non mi pare molto frequentato nei commenti sulla vicenda che affollano i mass media. Dico che lo sviluppo tecnologico ci porta a disporre di mezzi sempre più raffinati ed efficaci anche in medicina. Qui non si tratta di decidere e dividerci tra chi parla di terapia e chi di alimentazione, ma di riflettere sul fatto che il tipo di trattamento a cui possiamo sottoporre chi si trova in stato di coma è il frutto abbastanza casuale di un certo sviluppo tecnologico. Ciò, d’altra parte che oggi si può fare, ieri non lo si poteva fare. Che importa a questo punto chiamarla terapia o alimentazione? Non possiamo nasconderci dietro un dito, ed equiparare la soluzione fisiologica che viene iniettata in vena ad Eluana al bicchiere d’acqua che non va rifiutato a chiunque ne abbia bisogno. L’alimentazione per via endovenosa non era possibile fino ad alcuni decenni fa. Allora, ci si dovrebbe chiedere: come possiamo affidare a uno sviluppo tecnologico che non controlliamo, ma che subiamo, lo stabilire i confini della vita? La categoria che ad esempio la chiesa cattolica utilizza del massimo prolungamento della vita, a qualsiasi costo e con qualsiasi mezzo, anche contro la volontà contraria consapevolmente espressa dall’interessato, non somiglia al mito di Faust, non dovrebbe apparire come una bestemmia, come una violazione di una legge naturale a cui siamo sottoposti per il fatto stesso di essere nati? La natura è saggia, l’uomo purtroppo raramente. La natura non prende in considerazione lo stato di coma irreversibile, quello stato che stentiamo a decidere se appartiene alla morte o alla vita. Il problema di Eluana è un problema della contemporaneità, in natura questo problema non esiste: esso esiste perché l’attività antropica dell’uomo ha predisposto dei mezzi che permettono questo stato che non sentiamo come umano, come nostro. Non sappiamo cioè, nessuno sa, come si possa definire uno stato con un cuore che batte e l’attività elettrica cerebrale totalmente assente. In altre parole, si potrebbe dire che qui il problema sta in uno sviluppo tecnologico che non controlliamo, e che quindi chi tiene a rispettare la nostra natura, e la Chiesa ne dovrebbe teoricamente far parte, dovrebbe evitare di creare queste situazioni così lontane da ciò che abbiamo da sempre considerato umane.
Mi vorrei ora soffermare su un altro aspetto che la vicenda porta con sé. Riguarda la profonda carenza di senso dello stato nella nostra società che questa vicenda manifesta. Partirei dalla mozione approvata in Parlamento qualche mese fa a questo proposito. Il Parlamento rivendicava le proprie competenze in materia, nei confronti di una magistratura che, secondo la mozione, la magistratura si arrogava a torto. Ma vorrei chiedere a questi nostri rappresentanti (sigh!): chi vi ha impedito di legiferare in materia? C’è un altro potere dello stato che vi ha impedito di svolgere l’attività legislativa che siete chiamati a svolgere? Siamo in pieno paradosso, un organo accusa altri delle proprie negligenze, siamo davvero alla frutta! I magistrati non possono esentarsi dal dare una risposta, se interrogati, ed accusarli di invadere un campo altrui è insensato, viola qualsiasi dimensione logica delle argomentazioni. I cattolici poi si sono scatenati in una campagna, che non esiterei a definire infame, contro l’esecuzione di una sentenza confermata in tutti i gradi di giudizio, non disdegnando di usare dei vocaboli roboanti, e, come dice Adriano Sofri in un articolo che appare oggi, svuotandone il senso: io sono d’accordo con lui. Davvero, con questa classe dirigente, con questa Chiesa, la situazione della nostra società è pressoché disperata.

lunedì 2 febbraio 2009

IL PROBLEMA DELLA CLASSE DIRIGENTE

Episodi tratti dalla cronaca giornaliera ci riportano atti di violenza, spesso del tutto gratuita, che mettono in risalto come perfino le norme più elementari di comportamento, indispensabili per una degna convivenza civile, vengano violate da un percentuale crescente di popolazione. Ci chiediamo cosa possiamo fare perchè nell'animo di tutti noi alberghi un senso del rispetto che dobbiamo a tutti coloro che ci stanno attorno, indipendentemente da chi specificamente egli sia.
Io credo nelle teorie "utilitaristiche", cioè credo che il fondamento dell'organizzazione sociale degli uomini, sia il vantaggio che ne deriva ai singoli. Non sono un classico "utilitarista", nel senso che non credo che sia mai esistito un tempo in cui gli uomini siano vissuti da soli, senza essere inseriti in un gruppo comunque costituito e strutturato: in fondo, noi mammiferi , abbiamo sempre una mamma che ci ha allattato ! Se guardiamo agli scimpanzè, dobbiamo concludere che i primati sono esseri sociali, non vivranno da soli come fanno invece alcuni felini, ad esempio il leopardo.
Tuttavia, sono utilitarista nel senso che qualunque norma morale abbiamo introiettato in noi, è in sostanza dovuta all'adattamento sociale a norme di comportamento sociale. Potrei quindi concluderne che la politica è il fondamento della morale.
Questa premessa serve a spiegare perchè ritengo che la morale individuale di questi nostri concittadini, che si danno alle violenze più gratuite senza neanche essere in grado di percepirne la gravità, sia un problema essenzialmente politico.
In Sicilia diciamo che il pesce comincia a puzzare dalla testa. In altre parole, non abbiamo alcuna possibilità di imporre anche le più elementari norme morali, quando la classe dirigente di questo nostro paese è messa così male come io credo. Notate che non dico classe politica, perchè la mia critica riguarda non soltanto questi, ma anche il settore dell'informazione, i magistrati, gli industriali, tutti coloro in poche parole che esercitano un potere significativo nella nostra società. A me pare che si siano costituiti dei gruppi di potere che abbiano come loro finalità esclusivamente quella di mantenere il proprio potere ed eventualmente di accrescerlo, senza più alcun riferimento al famoso bene comune, che io comunque preferisco chiamare più laicamente interesse generale.
Il pesce comincia a puzzare dalla testa, ma da lì la puzza si propaga rapidamente in tutto il pesce. Gli esempi di malcostume pubblico hanno ormai portato ad ottundere quella che definirei la nostra sensibilità morale. siamo in fondo una società di corrotti. Pensate alla influenza delle istituzioni scolastiche in tale contesto, pensate quanto un insegnante demotivato, con l'unico scopo di ridurre il proprio impegno lavorativo, possa causare effetti disastrosi sui propri alunni. Pensate anche a tutti noi genitori, non in grado di dare alla nostra vita quei caratteri di coerenza che costituiscono l'unico reale mezzo educativo verso i nostri figli. Mi fermo qui. A presto.