lunedì 28 febbraio 2011

OMISSIONI E BUGIE SUI FATTI DEL NORD AFRICA

Oggi tornerò sulla questione della situazione, ma stavolta dal punto di vista dell’informazione. Non so voi, ma io sono basito di fronte al clima del dibattito che si legge in materia. Abbiamo la prova provata che, soprattutto per quanto riguarda la Libia, siano state dette delle emerite stupidaggini. La vicenda delle sepolture sulla spiaggia è stato forse l’episodio più clamoroso, o forse soltanto quello su cui si ha evidenza completa delle idiozie che ci siamo dovuti sorbire sui mass media. L’ultima in ordine di tempo sarebbe il rastrellamento che Gheddafi avrebbe fatto compiere a Tripoli uccidendo tutta intera la popolazione, non solo quelli scesi in strada, ma addirittura casa per casa. Risultato di questa operazione: tre uccisi, evidentemente una frazione importante dell’intera popolazione di Tripoli!

Accanto a queste evidenti baggianate, ci sono altre notizie di dubbia veridicità, quali i bombardamenti aerei ordinati da Gheddafi e la presenza di mercenari tra i sostenitori di Gheddafi, e che non hanno avuto conferme definitive. Tutto in realtà avviene secondo dinamiche del tutto ignote a noi. Non sappiamo nulla ad esempio sulla situazione in Cirenaica. Si dice che ci sia un governo provvisorio, ma chi avrebbe davvero liberato questa regione? E’ credibile che senza una parte almeno dell’esercito dalla propria parte, si sia potuto rovesciare il vecchio regime in maniera così definitiva e completa da consentire l’insediamento di un proprio governo? Come si può conciliare queste dinamiche con la proclamata ferocia di un dittatore che a tanti di noi appare la controfigura di Berlusconi, un patetico buffone anche lui che non sa andare oltre l’arringare le folle, ma poi evidentemente incapace, o perché privo di potere, o per altre ragioni a noi ignote a massacrare i propri concittadini. In particolare, se davvero avesse avuto l’intenzione di bombardare la sua stessa nazione, perché adesso non lo fa sulla Cirenaica dove ha perso ogni e qualsiasi controllo, e soprattutto se, come dicono i nostri giornali, Tripoli è assediata dall’esterno da frotte di suoi oppositori, come mai non li bombarda proprio adesso, senza il pericolo di danneggiare la capitale? D0’altra parte, ci si chiede come mai gli insorti dovrebbero starsene fuori da Tripoli senza ancora attaccare: cosa aspetterebbero costoro?

Non ho prove sufficienti per supportare la mia ipotesi ma la avanzo lo stesso. I fatti di Libia stanno avvenendo con uno spargimento di sangue ben minore di quello che ci vorrebbero fare credere, e probabilmente solo la polizia e forse qualche pattuglia personale di Gheddafi ha partecipato agli scontri, da cui è uscita sconfitta. Non v’è stata una vera e propria partecipazione dell’esercito per motivi ad oggi ignoti.

Vorrei infine riflettere sul fatto che tanti giornalisti, la Annunziata per ultima ieri a “Mezzora”, si affidano per ottenere informazioni ad esuli libici. Ora, dovrebbe essere evidente a tutti che costoro, per definizione direi, non possono essere obiettivi, è un’informazione interessata, di parte, che merita certo di essere conosciuta, ma non può essere assunta certo come fonte di informazione. Intanto stanno qui e non sul posto, e se anche per via telefonica o telematica sapessero qualcosa, riporterebbero inevitabilmente ciò che conferma la loro personale posizione.

Analogamente, ieri è avvenuto un evento importante anche in Tunisia, le dimissioni del premier pro tempore, e di questo sappiamo davvero poco, o forse potrei dire nulla. E come è finita in Bahrein? Forse proprio lì la repressione è stata più sanguinosa, ma trattandosi di un dittatore pro occidente, non se ne sa più nulla e non si esecra il sangue lì versato: evidentemente il sangue ha un valore differente a seconda della mano che ha ucciso.

L’impressione complessiva è quindi quella che il dibattito in corso su questi importantissimi avvenimenti che avvengono nel nostro stesso cortile-mare, il Mediterraneo, si svolga senza il supporto di fatti accertati, e quindi nella confusione più totale. In particolare, si tace sul possibile ruolo giocato dagli USA e forse anche da qualche paese europeo su quello scacchiere.

A questo proposito, voglio citare il solito Enrico Letta, ormai onnipresente sulle TV a dettare la linea del PD a colpi di interviste secondo un costume a questo partito consueta, che ha avanzato un teoria alquanto bizzarra. Secondo lui quindi, dato che è essenziale che il Mediterraneo riacquisti un’importanza strategica di primo livello, visto che il Nord Europa sembra disinteressarsene, allora è bene che se ne occupino gli americani. Insomma, se l’Europa non è in grado di assumersi il peso strategico della gestione del Mediterraneo, allora che vengano gli USA a farlo per noi, Immagino che a casa sua il Letta si comporti alla stessa maniera, se i figli non badano a tenere in ordine il cortile condiviso con altre famiglie, allora che venga il bullo (o nella versione più soft il poliziotto) del quartiere a farlo per noi, tesi invero molto interessante. Giustamente la Annunziata faceva notare al nostro, che nessuno spreca risorse strategiche senza averne un vantaggio, e che questo corrisponde appunto a chiudere definitivamente l’esperienza dell’ENI di Mattei, di conquistarsi una propria indipendenza nel reperimento delle fonti energetiche, finendo nuovamente totalmente nelle mani delle sette sorelle o di quello che di queste è rimasto, sempre più sudditi dell’impero americano: a Letta tutto ciò non interessa, basta che il cortile venga pulito adeguatamente, darebbe la sua donna al bullo di turno come contropartita.

Un’ultima parola sul ruolo giocato sinora dal nostro governo: non solo la conversione è stata tardiva, ma essa appare tuttora inadeguata perché reticente. Dire che Gheddafi non controlla più il paese, sembra una constatazione di fatto più che un giudizio. Non credo di essere il solo a credere che un premier come Berlusconi che si è piegato a soddisfare tutti i desideri, perfino veri e propri capricci, del leader libico, e che ancora una settimana fa era così delicato d anon volerlo disturbare, oggi deve condannare esplicitamente quel dittatore, a lui, proprio a lui con i suoi trascorsi, non basta constatare, deve fare una scelta di campo esplicita e senza possibili fraintendimenti.

giovedì 24 febbraio 2011

L'EUROPA DI FRONTE AL FUOCO CHE DIVAMPA IN NORD AFRICA

E’ difficile scrivere su quanto sta accadendo in queste ultime settimane nel nord africa, una regione così prossima a dove io abito, in maniera adeguata all’importanza degli eventi. Che si tratti di vere e proprie rivoluzioni, credo sia difficile negarlo. Detto ciò, ci mancano troppi dati, sappiamo troppo poco per potere analizzare correttamente il fenomeno, e temo che i grandi mezzi di comunicazione di massa non abbiano poi questo grande interesse a farci sapere davvero come stanno le cose, troppi interessi in gioco per non tentare di influenzare l’opinione pubblica mondiale con silenzi e palesi falsità. Quantomeno, dovremmo attendere un lasso di tempo non trascurabile, il diradarsi di nebbie di ogni tipo e di ogni provenienza perché i fatti si mostrino nella loro evidenza.

Quello che mi pare di osservare è che alla base della protesta ci stia essenzialmente quello che è l’ingrediente principale, piaccia o non piaccia, delle rivoluzioni, la fame. Questi vergognosi regimi dittatoriali che sono succeduti all’epoca coloniale, che tanto sono stati graditi e in fondo favoriti dall’occidente sviluppato, non solo hanno tradito le rivoluzioni di allora nella distribuzione del potere, ma non hanno esitato a costituire uno stato fondato sulla corruzione, spinta al punto da affamare il loro popolo.

Una seconda cosa che osservo è che a livello squisitamente politico non vi sia un’unicità di ispirazione, che cioè convivano all’interno dei rivoltosi differenti ispirazioni, in cui si potrebbero individuare una di matrice occidentale, quella su cui si è tanto scritto del ruolo svolto dalla comunicazione e dal desiderio stesso di comunicare, ed un’altra di matrice musulmana. Detto questo, non è che si dica ancora granchè, perché dovremmo sapere che dimensione numerica ognuna di esse abbia, la specifica tipicizzazione di ciascuna di queste e se non ci siano altre ispirazioni che magari ci sfuggono.

In particolare, rimane da capire che ruolo potrebbe svolgere il fondamentalismo islamico, ma soprattutto se le categorie che utilizziamo nell’analizzare la politica occidentale possano applicarsi tal quali a quei paesi. Insomma, la nebbia è tuttora fitta anche per quanto riguarda Tunisia ed Egitto, le uniche che sono venute già fuori dal passato dittatoriale.

Di fronte alla drammaticità degli avvenimenti in corso, da questa sponda del Mediterraneo ci confrontiamo con una politica vergognosa da parte del nostro ducetto, che ancora fino a ieri non ha sentito il bisogno di condannare gli atti criminali compiuti da Gheddafi (non bisogna disturbarlo quando stermina la sua popolazione), e, a fronte di una generica condanna della violenza, ha sentito l’unica e sola esigenza di agitare il pericolo islamista. Del resto, cosa potevamo onestamente aspettarci dal nostro governo, da un uomo ormai preda delle sue ossessioni senili, e da un ministro degli esteri inesistente, che interpreta il suo ruolo come supporto al suo capo e ai suoi personali interessi?

Stamane ho sentito un passo della conferenza stampa di Maroni, e devo dire che le due proposte che ha avanzato all’Europa sui problemi dell’esodo di massa che dovremmo attenderci a seguito degli avvenimenti di cui parliamo, mi sembrano del tutto ragionevoli, una distribuzione dei profughi tra le nazioni europee, e lo stanziamento di un fondo finalizzato a questo specifico problema. Non sono certo tenero verso la Lega e neanche specificamente verso Maroni, ma non posso non convenire che queste due iniziative, seppure probabilmente insufficienti da sole ad affrontare un problema di queste dimensioni, sarebbero opportune e darebbero almeno uno spiraglio di soluzione alla situazione che con tutta verosimiglianza dovremo presto affrontare (giustamente, si è detto che le condizioni meteo c’hanno concesso tempo per predisporre un piano d’emergenza).

Il punto centrale riguarda secondo me l’Europa, apparentemente incapace di affrontare con la necessaria tempestività ed a un livello quantitativamente adeguato questi avvenimenti. L’Europa balbetta, condanna senza minacciare, guarda con fiducia ma non predispone soluzioni, e, naturalmente è più che mai divisa, ognuno a soppesare vantaggi e svantaggi per la propria nazione. Leggevo che a Modane, al confine tra Italia e Francia, sono stati mandati per rinforzo un gran numero di guardie di confine, e che nei fatti il trattato di Schengen è stato sospeso unilateralmente dalla Francia, la cui prima preoccupazione appare quello di non farsi invadere da nord-africani, con lo scopo evidentemente di lasciarli tutti qui in Italia: come politica collettiva europea non mi sembra male!!!

In realtà, questa manifesta inadeguatezza dei governi europei a fronteggiare le situazioni che si vanno sviluppando nel mondo è ormai palese, e corrisponde a comportamenti ripetuti nel tempo in una pluralità di occasioni. L’Europa, nata come partner critico degli USA, così orgogliosa del suo welfare, in grado di offrire ad altri paesi una propria visione della società, è ormai incamminata in un processo di declino che appare inarrestabile. La politica è diventata l’ancella dell’economia, e la politica economica ormai la UE la scrive sotto dettatura da parte della cupola affaristico-mafiosa che domina il mondo. Incapace di rappresentare una qualsivoglia alternativa all’economia globalizzata dei titoli-spazzatura, all’interventismo dell’America di Bush a cui lo stesso Obama non è in grado di offrire svolte significative, trova il suo massimo equilibrio in un immobilismo in definitiva masochistico.

Sarà vero ciò che alcuni scrivono, che il fattore anagrafico è quello fondamentale per definire la vitalità di un popolo, e che l’Europa dei vecchi (e non la vecchia Europa…) dovrà inevitabilmente soccombere a nazioni di giovani, come quelli che ci stanno di fronte a meno di mille chilometri di distanza?

mercoledì 23 febbraio 2011

SANREMO ED ALTRE STORIE

Ebbene, lo confesso, non ho visto Sanremo, ad eccezione dell’esibizione di Benigni. Sulle canzoni, non so nulla, ma la mia dequalificata opinione musicale è che oggi, dopo decenni di canzonette, sia difficile farne di nuove che non siano decisamente brutte o che magari scopiazzino vecchie melodie. In particolare, neanche conosco la canzone di Vecchioni che come musicista non mi è mai piaciuto.

Partendo dunque da questa base di sostanziale ignoranza dei fatti, ciononostante credo che l’edizione di quest’anno di Sanremo sia comunque un dato interessante dal punto di vista politico.

Lo è innanzitutto per il successo che ha avuto Benigni, lo è anche per la vittoria di Vecchioni. Mi rendo conto che sarebbe inappropriato esagerare l’importanza di questi fatti, ma forse sarebbe perfino più sbagliato ignorarli del tutto, considerarli come avvenimenti soltanto di spettacolo. Galelei diceva “eppur si muove”, e con un pizzico di ottimismo possiamo forse dire che anche oggi la situazione politica si muove a livello di grande opinione, come del resto sembra confermato dalle resistenze di Berlusconi ad andare ad elezioni anticipate (ma siamo poi certi che non ne sia preoccupata anche la Lega?).

Leggevo che si comincia a parlare di un governo a guida Maroni, pronto ad approvare i decreti attuativi del federalismo fiscale e a fare una nuova legge elettorale: sarebbe il passo decisivo per far fuori Berlusconi. Dal mio punto di vista, si tratta di un’ipotesi preoccupante, perché tendenzialmente sembra confermare il quadro politico del centrodestra, assolvendo così quegli stessi parlamentari che hanno dichiarato di credere alla favola della nipote di Mubarak, mentre tende a scompaginare le fila del centrosinistra. Ciononostante, si conferma un quadro più movimentato di quanto non possa apparire dalle crude cronache di questi giorni.

lunedì 21 febbraio 2011

DIARI NELLA BLOGSFERA

Continuando la serie delle mie riflessioni sulla blogsfera, mi occuperò oggi di uno specifico tipo di blog, e lo farò con un pizzico di ironia, sperando di non irritare più di tanto bloggers che potrebbero identificarsi nelle tipologie che descrivo. Del resto, so di essere un impertinente e lo considero un destino più che una scelta.

Esiste un tipo di blog che viene comunemente considerato una specie di diario. Quest’accostamento a me pare un po’ forzato, perché ciò che caratterizza il diario è la sfera intima che esso rappresenta, si affidano al diario i nostri segreti a volte inconfessabili, fidando proprio sul fatto che nessun’altro oltre noi li leggerà. E’ evidente che la dimensione pubblica del blog, fatto appunto per comunicare in genere potenzialmente all’intero genere umano, esclude questa possibilità.

Se quindi questo accostamento tra blog e diario risulta facilmente contestabile, rimane da capire perché esso sia stato avanzato, ed anzi rappresenti un modo condiviso di riferirsi a una specifica tipologia di blog. La mia spiegazione è che qui si confonda l’intimo con l’intimistico, non esistono blog intimi, che davvero cioè riportino aspetti così intimi di noi stessi, ma ben esistono blog intimistici, anzi direi che abbondino, che costituiscano una tipologia tra le più diffuse, se non in assoluto la più diffusa nella blogsfera.

A questo punto, bisogna che specifichi a quale tipologia di blog mi riferisca. Innanzitutto, sono le donne di gran lunga i bloggers più presenti in questo settore. In genere, ci sta una bella immagine, che può essere eventualmente anche una foto, alcune aggiungono il commento musicale, e riferiscono su un mondo in realtà immaginario. Di prammatica, è che la natura sia bella e buona, quando evidentemente non è così, la natura come sappiamo può essere terribilmente disastrosa, e non è certo un caso che l’uomo abiti in posti protetti chiamati case. Gli avvenimenti personali narrati vengono chiaramente filtrati, selezionando accuratamente quelli di cui non abbiamo ragione di vergognarci. Naturalmente, niente sesso, niente violenze, il mondo che traspare da questi blog è ovattato, e le uniche passioni sembrano essere quelle per un buon film o per un buon libro. I libri in particolare occupano un posto privilegiato, costituendo una pressoché inesauribile fonte di citazioni, che fuori dal contesto in cui originalmente apparivano, sembrano assumere un significato universale, frasi scolpite sul marmo che ci dettano le cose buone, sia come precetti da seguire, che come mezzi per disvelare ciò che oscuramente sentivamo, ma non riuscivamo ad esprimere. Infine, come ulteriore elemento che li caratterizza, l’introspezione, non quella a volte drammatica degli psicoanalisti, ma una versione edulcorata che ci trasmette una visione rassicurante di noi stessi, perché il clima impone buoni sentimenti e pensieri nobili.

Ma la cosa forse più interessante è costituito dai commentatori che scrivono senza dire sostanzialmente nulla che possa aggiungere qualcosa di sostanziale al testo del post a cui si riferiscono. In compenso, abbondano i saluti, i complimenti, le manifestazioni di assenso, che devo dire primeggiano anche in blogs di argomento del tutto differente. Sembra di vedere una piccola comunità attorno a un tavolino, intenta a sorbire lentamente un tè col bricco del latte accanto, come ce li tramanda una certa immagine stereotipata dell’Inghilterra vittoriana, le donne sorridenti con la gonna lunga fino ai piedi, e gli uomini con baffi e basette lunghe perfettamente curate.

Perfino in questi templi del bon ton però, talvolta scoppia un diverbio, ed è interessante osservare come oggetto e decorso del diverbio vengano occultati, tanto che un lettore inconsapevole non capirà nulla di ciò che accade. C’è insomma una cura particolare a preservare quest’ordine così formale, ed anche l’espressione educata di un’opinione difforme, seppure pienamente accettata, non causa dibattito, tanto che viene da immaginare che questa comunità guardi con una certa disapprovazione a simili manifestazioni, quasi come qualcuno che in chiesa parlasse ad alta voce.

domenica 20 febbraio 2011

PUO' UN PARLAMENTO ESSERE ILLEGITTIMO?

Chi mi segue sa che io sono convinto che l'Italia rappresenti non la retroguardia, ma l'avanguardia dei sistemi democratico-parlamentari. La storia non è acqua, e noi siamo un popolo vecchio in una nazione nuova. Credere pertanto che ancora non abbiamo ben appreso le regole della democrazia non regge. Se invece le avessimo apprese troppo bene, ed in particolare avessimo preso sul serio la regola liberale che non debba esserci un'etica pubblica? In questo caso gli Italiani sarebbero piuttosto stati i primi a rendersi conto ed a sfruttare i punti deboli di una teoria politica così popolare.

Fatto sta che uno degli aspetti nello stesso tempo più preoccupanti ed inediti di questa atipicità del sistema Italia lo vediamo oggi coi nostri occhi, ed è rappresentata nientemeno che dal nostro Parlamento. I sondaggi ci dicono che sia la popolarità del premier che il consenso del suo partito si stanno più o meno velocemente erodendo, smentendo la tesi che gli Italiani non abbandoneranno mai Berlusconi, ma nello stesso tempo la maggioranza parlamentare tende a rafforzarsi. Le ragioni di tutto ciò, di questo opposto andamento tra opinione popolare e scelte dei parlamentari, sta nei vantaggi che i singoli parlamentari possono trarre da un prolungamento della legislatura, soprattutto quando hanno buone ragioni di dubitare della possibilità di essere rieletti, e forse anche da vantaggi sostanzialmente di natura finanziaria che un uomo così ricco come Berlusconi potrebbe offrire loro.

La prima cosa che dovremmo osservare è che questa situazione è sicuramente correlata all'oscena legge elettorale con cui questo parlamento è stato eletto. Per inciso, vorrei ricordare che anche il precedente parlamento era stato eletto allo stesso modo, e che nei due anni di durata della precedente legislatura la maggioranza di centrosinistra noin ha trovato il tempo e la forza per modificarla. Se dunque sono le segreterie dei partiti a scegliere chi dovrà essere eletto, è chiaro che la qualità degli stessi parlamentari tenderà inevitabilmente ad abbassarsi. Purtroppo, come notavo nel mio libro, tutto ciò è possibile perchè è lo stesso parlamento ad approvare la legge elettorale, col risultato paradossale che se delle regole inique ci consegnano un parlamento di scarsa qualità, lo stesso ripristino di regole meno inique può diventare impossibile, teoricamente per sempre. Mi chiedevo quindi nel libro, perchè mai i costituenti non abbiano fissato dei paletti invalicabili nella definizione delle regole di elezione del parlamento. Forse qualche costituzionalista potrebbe indicarci se questi paletti in realtà si possano rintracciare, e se quindi una tale legge elettorale possa essere bocciata dalla corte costituzionale, visto che il parlamento si mostra così restio a modificare la legge che ha contribuito a costituirlo.

Il merito dei provvedimenti che un tale parlamento ha approvato è l'elemento che completa il quadro complessivo. Questo è il parlamento che sistematicamente boicotta il funzionamento della giustizia quando riguarda i propri componenti. Ricordo brevemente il caso Cosentino, in cui si è proibito l'uso delle intercettazioni. L'ultimo e più clamoroso caso è quello della mozione con cui è stata respinta la possibilità di perquisire gli uffici di via olgettina, per l'affermazione lì contenuta, e tra l'altro non richiesta, che davvero Berlusconi credeva che la Karima fosse nipote di Mubarak.

Qui, perciò la questione si pone in termini estremamente drastici. Regole elettorali inaccettabili, merito dei provvedimenti e spostamenti da un gruppo ad un altro di singoli parlamentari in numero e frequenza eccessivi minano profondamente la credibilità di questo parlamento. La drasticità si impone in quanto le alternative sono secche e tra loro inconciliabili.

La prima ipotesi è che, malgrado tutto, essendo il parlamento il risultato di elezioni formalmente libere, perchè avvenute in ossequio agli standard del sistema democratico-parlamentare, ed allora non ci resta che attendere che la legislatura venga a scadenza. In questo caso, l'opposizione smetta di abbaiare alla luna, contestando sì il merito dei provvedimenti, ma non la stessa legittimità della maggioranza a deliberare.

La seconda ipotesi è che invece il parlamento stesso abbia perso la propria legittimità per le ragioni già elencate. Se questa fosse la situazione, allora sarebbe bene ricordare ai parlamentari dell'opposizione che inevitabilmente anch'essi sarebbero delegittimati. L'unica soluzione sarebbe allora quella aventiniana, dimettersi in blocco dal parlamento decretando così di fatto la fine della legislatura.

giovedì 17 febbraio 2011

E DOPO IL 13 FEBBRAIO SI è RIMATERIALIZZATO IL MASCHIO FEMMINISTA

Domenica si sono tenute manifestazioni in tante città d’Italia, e la settimana successiva si è creato uno strano fenomeno, quello che chiamerò del maschio femminista.

Tanti maschi giù a dire e scrivere di quanto sono brave le donne, di come sono speranzosi sulle loro capacità taumaturgiche, di quanto la malattia del nostro mondo sia un bieco maschilismo che perdura tra noi e che le novelle Giovanna d’Arco sconfiggeranno col loro coraggio e la loro sapienza, col loro equilibrio e la loro determinazione. Insomma, femmina è bello ed evidentemente maschio è brutto.

Ora, se guardiamo ai nudi fatti senza indossare lenti colorate e deformanti, le manifestazioni che ho considerato positivamente già prima che si svolgessero, intanto hanno visto una partecipazione bisex, qualcuno dice sostanzialmente un fifty-fifty. Eppoi, che confusione nelle parole chiave, tanta confusione ed ambiguità che non ci sono due organizzatrici che dicano la stessa cosa sulle finalità previste.

Voglio essere chiaro: le manifestazioni sono comunque un fatto molto positivo, e qualche confusione su motivazioni e significato non ne compromettono la validità. Però, questi maschi, dirò con franchezza, mi fanno un po’ pena. Guardo con una certa diffidenza a quelle donne per cui la donna ha sempre ragione, è quella da difendere sempre, ma quando leggo le stesse tesi scritte da maschi, allora la diffidenza si trasforma in aperto sconcerto. Comunque, si tratta certamente di un interessante fenomeno di costume: vedremo a che risultati porterà.

mercoledì 16 febbraio 2011

BERSANI OVVERO COME AIUTARE L'AVVERSARIO E RESTARE SEMPRE ALL'OPPOSIZIONE

Oggi, nell’occhio del ciclone della politica italiana, ci sta la Lega. Il patto scellerato tra Bossi e Berlusconi rischia di provocare i danni più consistenti, oltre che a tutti noi come cittadini italiani, alla Lega. Si osservano già ampie crepe all’interno del gruppo dirigente, come appare più esplicitamente nel caso di Maroni, che non nasconde di propendere per la caduta dell’attuale governo, e tali crepe rischiano di propagarsi parallelamente dal vertice alla base dei leghisti, a cui è sempre più difficile spiegare questa ostinazione a supportare un personaggio ormai così squalificato come Berlusconi. La favola del federalismo diventa sempre più impresentabile per l’evidente gap tra le pompose affermazioni che ne vorrebbero fare quasi una prefigurazione di una secessione di là da venire, e la realtà misera che ne fa semplicemente un cambiamento nella politica dei trasferimenti. Come già dissi in un precedente post, la Lega gioca pienamente nella confusione tra due questioni del tutto differenti, da una parte una radicale revisione nei trasferimenti di risorse tra regioni ricche e regioni povere, cosa pienamente perseguita dal governo, e dall’altra una presunta autonomia impositiva che dovrebbe sancire un progetto autenticamente federalista, e che invece i decreti attuativi elaborati da Tremonti negano, costituendo piuttosto un furbesco aumento delle tasse occultato costringendo gli enti locali a fare il lavoro sporco.

Voglio insomma dire che esistono elementi oggettivi di contraddizione che non potranno essere ignorati ancora a lungo all’interno della Lega.

Cosa ti fa allora Bersani? Io definirei l’intervista rilasciata a Radio padana un decisivo aiuto alla Lega, che le permette di uscire dall’angolo in cui i recenti eventi a carico di Berlusconi l’avevano collocata.

Io non dico che con la Lega non si devono tentare accordi, e che si poteva anche proporre un do ut des tra caduta del governo e federalismo, ma farlo pubblicamente, questo fa assumere all’operazione tutto un altro aspetto. In un sol colpo Bersani ha spiazzato le proprie truppe, una specie di contrordine sulla guerra sinora fatta alla Lega, e nello stesso tempo ha legittimato la dirigenza della Lega nei confronti dei propri iscritti. Non era Bersani che appena poche settimane fa rivendicava il PD come il vero partito federalista, e sconfessava la denotazione di federalismo per i decreti emessi dal governo? Ebbene, concedere il federalismo non significa invece ammettere implicitamente che la Lega vi sta lavorando, che essa esprima un’autentica volontà di introdurre reali elementi di autonomia decentrata? Una contraddizione totale come si vede.

C’è un ulteriore elemento che qualifica negativamente l’operazione di Bersani, ed è quella di ridare centralità a dei dirigenti che l’avevano persa nell’andare a traino alle esigenze dell’alleato. Oggi, un elettore leghista può dire che i suoi dirigenti hanno tante carte da giocare, se perfino l’avversario di sempre offre un patto e lo fa nella maniera più esplicita e pubblicamente. Caro Bersani, chi appare la parte debole e chi quella forte in questa operazione? Bersani afferma che è stato lui a chiedere di essere intervistato. Io, ovviamente, non lo so, ma qualche dubbio che gli sia stata sollecitata lo mantengo. In un caso o l’altro comunque Bersani è caduto in un tranello, o da solo, o spintovi dalla stessa Lega.

Niente da fare, questi dirigenti pare che non riescano a capire che non si possono togliere le castagne dal fuoco agli avversari. Prima, quella netta presa di posizione a favore di Fini nella sua contesa con Berlusconi, ora questa rilegittimazione di un gruppo dirigente leghista assai provato dalle intemperanze dell’alleato, tutto converge nel rendere più difficile un successo elettorale del centrosinistra.

Sarà un semplice errore tattico, o Bersani agisce sotto dettatura di un potere finanziario che scalpita per avere finalmente un governo che governi?

lunedì 14 febbraio 2011

L'OSCENA RICETTA DI SCALFARI

L’articolo di Scalfari di ieri è davvero sotto il livello di decenza, uno scritto per niente condivisibile, tranne nella prima parte, nella sostanza delle argomentazioni, ma anche scritto in uno stile proprio brutto da un uomo che ha sempre brillato invece nella capacità di esprimersi.

Cominciamo dalla frase in cui il giornalista tenta di rispondere a Vendola, un vero capolavoro. E’ una frase che riassume l’atteggiamento di tanta parte dell’Italia, inclusa in particolare l’area PD, a cui possiamo ascrivere (d’ufficio) anche lo stesso Scalfari. Vendola dunque ricordava come l’ipotesi di andare subito alle elezioni era stata introdotta nell’opposizione da tempo, ed aveva, prima di essere sposata, per lunghissimi mesi trovato un’opposizione ferma, direi implacabile, da parte di quasi tutto lo schieramento parlamentare d’opposizione (con l’eccezione, invero, di Di Pietro), ed appoggiata anche da certa stampa e da Repubblica in particolare, un quotidiano che non ha mai nascosto di volere svolgere un ruolo di leadership politica sul centrosinistra e soprattutto sul PD.

La risposta di Scalfari è (riporto testualmente) “ho scritto proprio così perché allora il contesto politico ed economico a mio avviso consigliava questa soluzione ed in questa chiave si aspettava il voto parlamentare del 14 dicembre. Ma proprio quel voto, con i suoi tre voti di differenza in favore del governo ottenuti sappiamo come, cambiò radicalmente il contesto”.

Si potrebbe ragionevolmente affermare che, anche in caso del prevalere della mozione di sfiducia, lo sbocco verso un governo di tutti era tutt’altro che scontato. Aggiungerei anzi che semmai sarebbe stato un regalo a Tremonti che avrebbe potuto ricevere l’appoggio esterno del FLI e dell’UDC, relegando ancora una volta il PD all’opposizione. Questo avvicinamento di tutte le opposizioni è presumibilmente frutto di quella sconfitta, e l’aver vinto quel giorno li avrebbe piuttosto allontanato.

Ma il punto è un altro, è il costume, questo sì tutto italico, di sfuggire alle proprie responsabilità: in Italia nessuna commette errori, e se qualcosa non va per il giusto verso è sempre il frutto delle circostanze.

D’Alema non ha perso in Puglia, perché la vittoria di Vendola è dovuta alla presentazione della Poli Bertone: fatto falso in sé, perché sommare i voti dei due oppositori è un’operazione errata, ma comunque significativo dell’abilità dei potenti d’Italia a uscirne sempre in piedi.

Anche Veltroni è stato vittima del fuoco amico, e se l’avessero lasciato lavorare, allora sì che le cose sarebbero andate per il loro verso.

E invece io dico che sarebbe un gran cosa se Scalfari, Bersani, D’Alema e tanti altri ammettessero con franchezza i loro errori. Questa vicenda di questo governo di tutti che doveva cambiare le regole, poi pensare all’emergenza economica, poi anche al conflitto d’interessi, ha fatto perdere tempo e risorse preziose all’opposizione, ne ha minato a lungo la credibilità, e solo lo stato apertamente patologico della psiche di Berlusconi permette oggi di guardare ancora con speranza al futuro.

Scalfari invece che fa? Dopo essersi frettolosamente autoassolto, detta la nuova strategia all’opposizione: un altro capolavoro di arroganza dell’area finanziaria che egli rappresenta, senza trovare o forse neanche cercare di dissimulare l’inconsistenza delle argomentazioni portate a supporto.

L’editorialista non si limita ad indicare genericamente obiettivi e linee da seguire, ma specifica tempi e modi dell’operazione, un vero diktat posto alle forze politiche da chi non ne avrebbe alcuna autorità.

Qui, io mi limiterò a riassumere l’aspetto centrale, rinviando allo stesso articolo per i particolari. Dopo avere indicato apoditticamente i promotori dell’operazione, PD ed UDC, e forse anche FLI ed API (in sostanza dopo avere. preliminarmente e senza argomentazione alcuna, escluso Di Pietro e Vendola dal novero dei promotori), egli individua questi stessi promotori come gli unici meritevoli di formare il governo, ma, nel contempo, udite udite, intimando a questi promotori di non escludere nessuno dalla maggioranza che dovrebbe sostenere questo governo. Insomma Vendola e Di Pietro coraggio, a fare i portaacqua siete sempre i benvenuti!

Io mi chiedo adesso perché un uomo che ha raggiunto numerosi traguardi nella sua vita, che ha anche raggiunto una ragguardevole età mantenendo inalterate le sue facoltà mentali, si presti ad operazioni così scopertamente furbesche e in definitiva meschine, perché utilizzi la sua penna per indicare operazioni evidentemente di parte senza neanche tentare di fornire una veste di decenza argomentativa.

Insomma, tempi pessimi. Nello stesso tempo in cui nuove forme di opposizione si manifestano nella società e nelle piazze, i soliti noti continuano a voler dettare le loro volontà, a volere mantenere le solite poltrone, a volere garantire i soliti interessi. Per questo, sono sempre più convinto che liberarsi di Berlusconi sia vano, se a lui non si accompagnano trombette e tromboni che ci martellano i timpani sia dalle comode poltrone dei giornali che dai sontuosi scranni del parlamento: vadano tutti a casa, hanno fallito sino ad appena due mesi fa, ma sono sempre pronti a fallire di nuovo e soprattutto a fare fallire noi tutti.

sabato 12 febbraio 2011

SULLE MANIFESTAZIONI DI OGGI

Ieri, sul quotidiano "La stampa", due distinti articoli si sono occupati della manifestazione di domani, sostenendo tesi opposte. La Loewenthal, da perfetta liberale, è contraria alla manifestazione perchè in sostanza non crede alla dimensione sociale dell'etica. Quindi, evviva la diversità, che ci siano madri di famiglia, lavoratrici, imprenditrici, ed anche prostitute: ognuno scelga come comportarsi, perchè ogni morale individuale è ugualmente valida, come ogni colore della maglietta che indossiamo è ugualmente degno di essere indossato.
Atteggimento opposto di Gramellini, che invece sostiene la manifestazione: bisogna sfatare la tesi che passa nel mondo dell'informazione, che questi protagonisti di quanto passa per le TV corrispondano alla realtà. A questo fine, bisogna scendere in piazza a dare un'immagine concreta di quella che è la vera realtà, di come siano fatte e di cosa pensino davvero le donne in carne ed ossa.
Seppure sicuramente più vicino alla tesi di Gramellini e in favore della manifestazione, dissento sul suo ottimismo, che cioè si tratti di un problema confinato a un gruppo ristrettissimo di donne, e così noto al grande pubblico solo per motivi mediatici. Se così fosse, se non temessimo un contagio, allora non ci sarebbe quel bisogno così impellente di manifestare.
Quello che io percepisco è una situazione più complessa, e le ragazze che vedo attorno a me, e che certo non si concederebbero per denaro, pure tendono ad un uso strumentale del proprio corpo, anche se solo a livello di immagine. Un bel corpo è usato come un'arma pubblica, e ciò avviene in parte anche da parte di maschi. Si ostenta le proprie bellezze, non nel modo mirato che la conquista di un partner prevede, oppure per l'accesso a specifiche professioni che richiedano un corpo particolarmente ben fatto (attrice, modella), ma erga omnes, e ponendosi così in un atteggiamento a metà tra superiorità e ammiccamento. A me pare un modo, certo più soft, di spendere sul mercato certe fattezze che dovrebbero invece essere spese a livello privato.
Mi soffermo così tanto su un aspetto che riconosco marginale ed in sè non così pericoloso, perchè nello stesso tempo ne riconosco un'affinità ideologica con le olgettine.
Dissento invece totalmente dalla Loewenthal e con lei con tutti i liberali che, ignorando la dimensione sociale della morale, riconoscono come peccati solo i reati. Ecco, le due cose non coincidono e non devono coincidere. Ritengo giusto che la prostituzione non venga considerata reato come mille altri comportamenti che pure ritengo invece censurabili. Non solo quindi rivendico il diritto di avere una mia specifica opinione morale, ma voglio che queste mie opinioni assumano un ruolo sociale, perchè alla fine ciò che conta è soltanto l'etica collettiva, e questa esiste sempre ove esista una società. Seppure nessuno potrebbe proporre che emettere peti in pubblico venga sanzionato penalmente, ciononostante l'etica collettiva ci impedisce ugualmente simili comportamenti. Vorrebbero questi liberali che prevalesse il peto libero (in libero stato)?

venerdì 11 febbraio 2011

LA DDR, IL SOGNO RIMOSSO DI BERLUSCONI

Oh, lo vedete che Berlusconi ce l’ha sempre presente l’idea di qualcosa che somigli alla DDR? E così è caduto in un lapsus freudiano notevole: ma quando mai in un paese come la DDR il capo del governo sarebbe indagato?

Confessalo, Silvio: un sistema come la DDR è il tuo sogno, finalmente un unico capo, con un parlamento strumento passivo del capo, e una magistratura senza alcuna vera autonomia ed ossequiosa verso i potenti.

No, Berlusconi ha proprio sbagliato, voleva dire: ma perché non facciamo dell’Italia una novella DDR? Col parlamento già c’è riuscito, ma perché questi magistrati ancora resistono? Il potere esecutivo ha già annichilito il potere legislativo, un ultimo sforzo ed annichilerà il potere giudiziario.

Non gliela vogliamo dare questa DDR, non vogliamo soddisfare questo suo sogno di potere delinquere senza potere essere accusato e punito?

giovedì 10 febbraio 2011

LA RICORRENZA DEL 17 MARZO

Come si può parlare del 17 marzo e delle discussioni che sono nate rispetto alla scelta di farne una festa, con conseguente interruzione del lavoro? Perché un popolo che non sente il bisogno di festeggiare la costituzione della propria nazione, significa in realtà che non si riconosce come membro a pieno titolo di quella nazione. Sarebbe qui interessante capire cosa alternativamente egli si senta, prigioniero di una nazione che non gli appartiene, o forse cosmopolita, o che altro?

Così, il punto non sembra quello di sottolineare, di volere invocare uno spirito nazionale, perché o c’è da sé, o non c’è modo di suscitarlo, almeno certamente non con il festeggiamento di un anniversario, ma piuttosto quello del verificare come uno spirito nazionale manchi quasi del tutto. Non mi scandalizzo pertanto alle buffonate della Lega, fa il suo mestiere in fondo, e neanche alle rimostranze della Marcegaglia, anch’ella del tutto inserita nel suo ruolo, ognuno insomma a recitare la parte che gli spetta in commedia. Rispetto cioè ai comportamenti individuali, ciò che conta è che ciò che in altri paesi sarebbe indicibile, in Italia si può tranquillamente dire, e questo ci testimonia il clima che viviamo, il fatto che non siamo un popolo. Non so, non ho ricette per queste situazioni, ma registro come proprio in Italia questa carenza di spirito nazionale sia il miglior viatico perché i poteri internazionali ci possano più agevolmente schiacciare.

Un’ultima notazione rispetto a coloro che dicono, come fino a ieri una giornalista alla radio, che il 17 marzo non deve essere un rito. E invece io dico che queste feste o riescono a diventare rito, oppure non possono esistere. Solo poche settimane fa c’è stata la ricorrenza del giorno della memoria, e non ho visto tutti questi distinguo che vedo per il 17 marzo. Nessuno pensa che ricordare la shoah porti a risultati concreti, ma attraverso queste ricorrenze manteniamo appunto la memoria e tentiamo di tramandare a chi verrà dopo di noi che bisogna sempre guardarsi dalle tragedie inumane. Ebbene, festeggiare la nascita della nostra nazione deve essere appunto il rito attraverso cui ci riconosciamo membri di una stessa nazione e riteniamo di dovere difendere la nostra comunità da influenze negative esterne. Che questo ci manchi, non è da condannare, ma sicuramente è una triste constatazione.

mercoledì 9 febbraio 2011

L'ITALIA COME AVANGUARDIA DELLA DECADENZA DEL LIBERALISMO

Oggi, la lettura di un articolo di Barbara Spinelli, una giornalista che ammiro, mi spinge a tornare su un argomento che in passato avevo anche affrontato. In realtà, questo articolo costituisce soltanto uno degli stimoli a quello che sto scrivendo, perchè numerose sono le riflessioni che appaiono sul perchè in Italia ci sia un fenomeno Berlusconi che nelle altre democrazie parlamentari non si è verificato.
Le analisi in proposito che ho letto tendono sempre ad interpretare una presunta anomalia italiana in termini di difetti del sistema Italia, come se insomma l'Italia sia rimasta indietro rispetto ad altri paesi. Un difetto di crescita secondo alcuni, legato anche al fatto che solo 150 anni fa è nata la nostra nazione, e che siamo usciti da una dittatura da meno di settantanni.
Quest'ipotesi è in definitiva ottimistica, perchè suggerisce che col trascorrere del tempo il nostro sistema tenderà più o meno spontaneamente a guarire.
Una seconda ipotesi immagina l'Italia come un paziente che ha improvvisamente contratto un brutto virus, noi italiani saremmo cioè infetti, e dovremmo trovare anticorpi o forse anche farmaci per uscire da questa brutta infezione.
E' chiaro che ciascuna di queste due ipotesi può essere articolata in molteplici varianti, e che si potrebbe anche immaginare un'ipotesi intermedia che tenga conto di entrambi questi fattori.
La mia tesi però non coincide con nessuna delle due, costituisce una terza ipotesi indipendente da queste. In breve, io sostengo che l'Italia, ben lungi dal trovarsi ad inseguire le altre democrazie,si trovi invece avanti, ne costituisca l'avanguardia, e che quindi dobbiamo aspettarci situazioni analoghe, anche se certo non coincidenti, presto in altri paesi.
Si tratta quindi di una visione ben più pessimistica, almeno per quanto attiene la sorte del liberalismo che oggi domina nel mondo.
In sostanza, la tesi che è parte fondamentale del liberalismo, e che cioè bisogna bandire il concetto sociale di bene, a partire dal concepire la società come interazione tra individui liberi e razionali, porta a mio parere inevitabilmente al degrado civile, e quindi per me la sorpresa sta nell'osservare come questo sistema che domina ormai da tanto tempo a partire dall'occidente, bbia potuto e riesca tuttora ad esistere. Badate, non mi meravigloia che abbia trionfato perchè anzi il liberalismo ha tutti gli elementi per trionfare, ma che non sia collassato, questo sì che mi sorprende.
Potremmo dire semplificando forse più del dovuto che il liberalismo richiede innanzitutto che tutti gli attori rispettino le regole, e così sembra ovvio che cricche e camarille di ogni sorta possano trarre il massimo vantaggio dal fatto che altri invece si affidino davvero al sistema di mercato che il liberalismo prevede.
Infine, vorrei sottolineare come la versione liberista del liberalismo che oggi domina costituisce anch'essa un fattore di deterioramento dello stesso sistema, sia come potenziale riduzione dell'area di consenso, che come accewlerazione verso i disastri ambientali indotti dalla crescita ininterrotta e sempre più frenetica che esso richiede per autoalimentarsi.
Per questo, le tesi che nel mio libro avanzo credo che siano quanto mai attuali.

sabato 5 febbraio 2011

PERCHE' BISOGNA CHE IL PD IMPLODA

Credo che ormai sia chiaro a tutti, il PD sta combattendo una battaglia campale per la propria stessa sopravvivenza. La gravità di tutto questo sta nel fatto che nell'ingaggiare questa decisiva battaglia, il PD sta distruggendo ogni ipotesi di possibile sconfitta del centrodestra.
Sembra infatti scontato che, ove mai il PD decidesse di fare la scelta più ovvia e conveniente, di allearsi con l'IDV e SEL, ed anche con chi altri ci sta, e di definire un leader con le primarie di coalizione, pezzi importanti di PD uscirebbero dal partito, unendosi presumibilmente al terzo polo.
Non credo che questa evenienza possa essere considerata così grave perchè i voti che costoro si porterebbero dietro sono a mio parere modesti, ma non v'è dubbio che un gruppo dirigente debole come quello del PD tema a questo punto di essere sotterrato da gente proveniente dall'esterno, ma anche da gente che scalpita già oggi al suo interno, pronta a sostituirli. Il potere di costoro, di questo vero gruppo di potere autoreferenziale, è affidato ad equilibrismi che verrebbero sicuramente messi in crisi da variazioni anche non particolarmente rilevanti nella composizione della nuova compagine.
Oggi insomma sembra che la stessa ipotesi di sopravvivenza del PD sia la vera carta vincente in mano al centrodestra, che da parte sua si è compattato come non mai attorno al suo capo, anche sacrificando quella tendenza a distinguerrsi che la Lega aveva sin qui manifestato. Il paradosso sta nell'impossibilità del terzo polo di convergere su una coalizione elettorale col PD. Le esigenze di sopravvivenza del PD appaiono così oggi contemporaneamente conflittuali con le sorti elettorali sia di quanto sta alla sua sinistra, sia di quanto sta alla sua destra.
Per quanto possa apparire strano, la migliore garanzia per la sopravvivenza al governo del centrodestra sta negli interessi del gruppo dirigente del PD ad autoperpetuarsi.

GLI INGANNI DI TREMONTI

Ora vediamo chi ha la sfacciataggine di dire che Tremonti è preferibile a Berlusconi. Dopo la conferenza stampa di ieri mattina, Tremonti ne esce come un fanfarone, alla stessa stregua del suo premier, che pretende di tramutare in realtà una enorme menzogna solo perchè ha la tracotanza di affermarlo con decisione. Questo federalismo è, diciamolo con franchezza, solo un mezzuccio neanche tanto furbo per nascondere l'aumento della tassazione. Avevo pensato che il federalismo si tramutasse in un aumento delle tasse a causa delle spese necessarie all'espletamento stesso del ruolo fiscale da parte degli enti locali. Ero stato ottimista, questi tentano soltanto di confondere gli elettori, trasferendo gli aumenti dal governo centrale ad organi decentrati, pronti un attimo dopo a sostenere che quell'aumento è stata soltanto una scelta autonoma di quello specifico soggetto.
Insomma, questa è la caricatura, non dico del federalismo, ma anche del più modesto decentramento, visto che sta sempre al governo centrale porre i paletti fiscali a cui tutti devono necessariamente attenersi.
Ciò non significa che il provvedimento non abbia effetti, ma che si è voluto mascherare un radicale cambiamento nella politica dei trasferimenti con un federalismo del tutto inesistente.
Ma tornando al tema iniziale, è sempre più chiaro come il vero problema non sarà liberarsi di Berlusconi, quanto di liberarci della sua corte, a cui a questo punto bisogna iscrivere anche Tremonti e l'intera Lega Nord, ormai chiaramente incapace di avere prospettive che esulino da un'alleanza sempre più stretta con il PDL.

venerdì 4 febbraio 2011

E' L'ORA DI NAPOLITANO

Non v’è dubbio che ieri Berlusconi, che viveva in apnea da qualche settimana, abbia avuto la possibilità di riprendere fiato. Da questo punto, che l’abbia fatto a suo modo, facendo scrivere al parlamento italiano una delle sue pagine più vergognose, non è poi così rilevante. E’ vero, il parlamento ha dichiarato, senza tra l’altro che gli fosse richiesto, che Berlusconi ha davvero creduto che Karima fosse nipote di Mubarak, ponendo così due questioni enormi sulla stessa capacità di intendere e di volere del premier, che evidentemente è così credulone,e inoltre ignora quali siano le modalità interne alla diplomazia per risolvere simili questioni. E’ certamente anche vero che Berlusconi ha esportato un po’ della sua crisi verso la Lega, che, in seguito alla vicenda della mancata approvazione in commissione bicamerale del federalismo municipale, adesso vive giornate agitate sia nei rapporti con la sua stessa base elettorale, che all’interno stesso dei suoi dirigenti, con una chiara incrinatura nell’egemonia dello stesso Bossi. Sul merito del provvedimento, mi ero già pronunciato in un post precedente, e quindi non aggiungerò null’altro in proposito.

Pur quindi non volendo sottovalutare questi due elementi che offuscano per la maggioranza una giornata altrimenti positiva, Berlusconi ha ripreso l’iniziativa e potrà continuare a emettere i suoi proclami riformatori senza attuare alcunché che non siano i suoi personali interessi, ma avendo comunque altre carte per mantenere la sua quota di consenso elettorale.

Si vocifera nei palazzi che ci sia già l’accordo Berlusconi – Bossi per elezioni nella prossima primavera. Questa ipotesi è meno peregrina di come potrebbe apparire, perché l’incapacità ampiamente verificata del governo ad affrontare una crisi per metà importata e per l’altra metà endogena, accoppiata alla malferma maggioranza alla camera, renderebbe questo governo sempre più inviso a un corpo elettorale certo inebetito ma comunque attento al proprio portafoglio. L’ovvia considerazione del perché Berlusconi non si sia dimesso subito rinviando quest’atto di pochi mesi ha anch’esso una risposta possibile, che una cosa è andare a casa per richiesta delle opposizioni, e un’altra sceglierlo da sé in un momento più calmo o comunque meno agitato. A volte, questi apparenti dettagli possono essere decisivi per l’esito delle elezioni, cosa che apparentemente l’opposizione non è in grado di comprendere.

Ancora una volta sembrerebbe che l’opposizione abbia perso un’ulteriore occasione per mettere il crisi gli avversari, di cui ora deve subire l’iniziativa, fosse anche solo mediatica.

Per questo, qui sostengo che sia l’ora di Napolitano. La questione che si è posta con la vicenda del federalismo municipale è certamente complessa, come ha giustamente detto Fini, è senza precedenti, e credo che anche i più quotati esperti di diritto amministrativo abbiano difficoltà a esprimere un giudizio sulla correttezza dell’approvazione da parte del Consiglio dei Ministri di ieri. Ciò in ogni caso da’ spazio al Capo dello Stato per non firmare il provvedimento, se non altro di fronte all’irrittualità e ai dubbi che tutti lecitamente possono manifestare.

Stavolta quindi, io stesso, da semplice cittadino, tiro per la giacca il Presidente, ma vorrei sostenere che questo Napolitano lo deve al paese perché per due volte, apparentemente solo per errore, ha fornito ossigeno al premier. La prima volta, quella più evidente, è stato quando ha chiesto alle opposizioni, incluso il Presidente della Camera, di rinviare la calendarizzazione della mozione di sfiducia al governo a dopo l’approvazione della finanziaria. Come tutti sanno, quel mesetto regalato a Berlusconi, gli ha consentito di conquistare alcuni parlamentari, il cosiddetto gruppo Moffa in primis, che hanno capovolto l’esito della votazione, regalandogli la bocciatura della sfiducia del 14 dicembre. Al 99%, l’esito sarebbe stato opposto se si fosse votato in novembre, non avendo in quel caso il premier il tempo di organizzare il mercato delle vacche che continua ancora oggi.

Ma anche più di recente, i continui e pressanti inviti di Napolitano ad abbassare i toni, hanno senza dubbio permesso a Berlusconi di iniziare la manovra per uscire dall’angolo, poi perfezionatasi ieri con la conquista di altri due parlamentari.

In altre parole, chi ha fatto la frittata, adesso ci metta la pezza. Mi sente, Presidente?

mercoledì 2 febbraio 2011

NEBBIA FITTA NELL'OPPOSIZIONE

Bene, la confusione nell’opposizione regna sovrana. Come noto, il primo sasso nello stagno l’ha lanciato D’Alema, con la sua proposta di alleanza costituente, ma dopo apprezzamenti e distinguo, sono iniziate le proposte più varie e direi anche più bizzarre.

Tanto per citarne una, dal quotidiano “Il riformista”, per la penna del suo stesso nuovo direttore Stefano Cappellini, viene la proposta davvero imprevedibile di mettere assieme terzo polo, PD e area Vendola, tenendo fuori l’IDV. Insomma, niente di nuovo nella politica italiana, il PDL vacilla sotto il peso degli scandali e dell’inefficienza del governo, e in una opposizione che a torto o a ragione sente odore di vittoria, iniziano le manovre, gli sgambetti reciproci, i ballon d’essai, lanciati per vedere le reazioni degli altri, e naturalmente la stampa solertemente partecipa al gioco come parte attiva e non come osservatore e commentatore. Nel frattempo, le primarie mostrano ancora una volta che, dopo la parentesi delle elezioni bolognesi e di quelle contestatissime napoletane, Vendola riesce a piazzare i candidati che sostiene nelle primarie, ultime quelle a Cagliari. Motivo in più per il PD per imporre un silenzio preoccupante sull’ipotesi delle primarie di coalizione per indicare il premier.

D’Alema è un ottimo ragioniere, sa far di conto, somma le quote percentuali delle varie formazioni a cui propone di coalizzarsi contro il centrodestra, e si sente sicuro di un risultato positivo di tale ipotetica coalizione. Lo stesso D’Alema però, evidentemente, non è in grado di imparare dai propri errori, e così la lezione della batosta subita in Puglia non gli insegna che gli elettori non sono pacchetti a disposizione di nessuno che ne possa disporre a suo piacimento. Capirei in ogni caso un’opzione così pericolosa, soprattutto per il terzo polo che regalerebbe tanti voti al centrodestra, se non ci fossero alternative realistiche di ottenere la vittoria.

Invece, per quanto i sondaggi elettorali siano aleatori, soprattutto quando ben il 40% del corpo elettorale non manifesta una reale intenzione di voto, essi in ogni caso mostrano la possibilità di strappare alla Camera la maggioranza relativa dei consensi al centrodestra da parte di una coalizione formata da PD, IDV e SEL, cosa che con l’attuale meccanismo elettorale si tradurrebbe in una robusta maggioranza, mentre al Senato è pressoché certo che il terzo polo sia determinante.

Proprio il fatto che due opposti schieramenti si contendano quel voto in più che può tradursi in una solida maggioranza parlamentare alla Camera consiglierebbe di imboccare decisamente una specifica ipotesi di alleanze, e di procedere lealmente al proprio interno in una decisa e decisiva campagna elettorale senza infingimenti e senza sgambetti, ma con tali politicanti, sembra davvero vano sperarci.

martedì 1 febbraio 2011

QUELLI DEL FUORI TEMPO MASSIMO, O YEH!

Ma, mi chiedo, cosa significa “fuori tempo massimo”? Ma che risposta assolutamente stupida all’offensiva di Berlusconi: ma questi, la collegano la bocca al cervello prima di fare dichiarazioni? Insomma, sarebbe come confessare che qualche giorno fa era un accordo che si sarebbe potuto fare. Ma visto che l’argomento è comunque d’attualità, perché riguarda l’economia, che non scade certo perché lo dicono Casini e Bersani, dire che siamo “fuori tempo massimo” è una stupidaggine. Io non credo, come sostengono alcuni, che Berlusconi abbia lanciato questa proposta per farsi dire no, era solo un tentativo disperato, perché l’uomo è oggi disperato, ma questi sprovveduti gli danno l’agio di uscirne decentemente, di porsi come l’unica persona responsabile rispetto ad interlocutori del tutto irresponsabili.

Che occasione sprecata: ma possibile che nessuno di loro si renda conto che oggi è il momento dell’ironia, di ridurre Berlusconi a zimbello come merita? Bastava replicare che questi capovolgimenti di atteggiamento sono sintomo di una salute mentale dubbia, che dichiarare esattamente l’opposto di quanto fatto pochi giorni fa, diventa un altro argomento per metterlo da parte.

Più guardo all’attualità politica, più mi convinco che siamo in un regime, più o meno come in Egitto, e che alla caduta di Berlusconi debba determinarsi la caduta di tutti questi politicanti, incapaci e interessati alla propria sopravvivenza politica. Pensare, ad esempio, che Enrico Letta sia uno stimato dirigente del PD, fa tanto male, male intendo sia a chi osserva che al PD stesso.