sabato 27 febbraio 2010

CARTEGGIO SANTORO - TRAVAGLIO

Stavolta prenderò spunto da una lettera di Barbara Spinelli all’Antefatto, la versione on-line de “Il Fatto”, riguardo allo scambio epistolare tra Santoro, il conduttore di “Annozero”, e il noto giornalista Travaglio, ospite fisso della stessa trasmissione.

La lettera è piuttosto lunga, ma sarebbe bene se la voleste leggere per intero, anche perché vorrei evitare di tentare di riscriverla qui. Dirò soltanto che la Spinelli, col consueto acume, lamenta ciò che il giornalismo è diventato in Italia, a partire dal volgare attacco subito ad opera di Porro in una recente puntata della trasmissione. Alla fine, la Spinelli mette in guardia Santoro perché legge nelle sue argomentazioni qualcosa che lo potrebbe assimilare a Vespa.

Io non ho nulla da obiettare nel merito delle osservazioni della Spinelli, che mi paiono largamente condivisibili. Penso però che bisognerebbe spingersi più in là, perché lamentarsi di cosa sia diventato il giornalismo ai nostri giorni, di come siano fatte le trasmissioni TV, credo si riveli alla fine sostanzialmente inutile. Porro, dice la Spinelli, si comporta come un politico piuttosto che come un giornalista: ebbene, dico io, bisognerebbe farsene una ragione, ammettere che gente come Porro ce ne sarà sempre.

La questione che sovrasta su tutto è ancora una volta la TV. Come ho detto in un commento su un altro blog, Santoro è uomo di spettacolo, egli ama la TV, ama l’audience, utilizza l’informazione per fare spettacolo, e non viceversa. La TV ha le sue regole ferree, che nessuno può pensare di violare, pena l’insuccesso. Appena ieri, in un’intervista a fahrenheit, la rubrica di libri di radiotre, un docente universitario, una persona evidentemente colta ed intelligente, non si risparmiava anche lui una battuta che sento spesso e che ritengo un errore madornale, che la TV, come tutti i mezzi, non è né buona né cattiva, e che quindi tutto dipende da come viene utilizzata. Questa affermazione è errata in linea di principio, per esempio, sarebbe difficile immaginare un uso positivo delle mine antiuomo, se non ci credete, andate pure a passeggiare su un campo minato. In ogni caso, ogni mezzo ha evidentemente una sua specifica destinazione. Se vado in un negozio di elettronica pensando di comprare un telefonino, non ne vorrò uscire con un impianto hifi. I mezzi non possono già in linea di principio essere neutrali, anche per il motivo banalissimo che non sono intercambiabili.

Tornando alla TV, questa richiede inevitabilmente costi enormi, che possono essere coperti solo con la pubblicità. E’ un fatto che perfino Sky, che è tipicamente un servizio a pagamento, abbia anch’essa la pubblicità. D’altra parte, lo sponsor pubblicitario guarda a quante persone accedono allo spot e su questo dato viene stabilito l’importo pagato. Un programma TV che non venga visto non ha evidentemente alcun senso, e data la passività inerente al mezzo, vedere la TV significa inevitabilmente voler assistere ad uno spettacolo. La gran parte della gente non sa cosa sia un libro e si guarda bene dal leggere un articolo sui giornali, come pure rifugge dall’uso di internet, salvo forse per cercare materiale porno. La TV ha quindi raggiunto lo scopo di connettere un pubblico sprovveduto, impreparato, a potenziali fruitori, tipicamente uno come il signor B. Si è cioè spalancato un canale informativo inerentemente dequalificato, che ha bypassato la catena informativa che esisteva nel mondo della comunicazione impedita. Senza TV, l’analfabeta, in senso letterale e allargato, riceveva l’informazione per voce, magari dall’insegnante del paese, magari anche dal farmacista. Esisteva quindi, nel bene e nel male, un filtro che la TV ha fatto saltare. Un soggetto che abbia i soldi, può raggiungere rapidamente ed efficacemente la gran parte della gente che subirà i messaggi ricevuti senza avere la capacità di farne un’analisi minimamente critica.

In questo senso, non vi è alcun dubbio che sia Santoro ad avere ragione: esiste solo quel modo di usare la TV, qualsiasi altro modo alberga soltanto nelle menti di alcuni illuminati.

Cosa si può allora fare per informare correttamente la gente? Io ritengo ci siano solo altri due modi. L’uno è l’intervento sugli insegnanti e tramite loro sulla scuola e sulle nuove generazioni. Per questo avevo ipotizzato la costituzione di un’associazione politico-culturale di insegnanti.

La seconda è la realizzazione di veri e propri documentari sotto forma di filmati da proiettare gratuitamente paese per paese, fosse anche nella piazza principale. Anche questa era un’idea che avevo ipotizzato a proposito delle menzogne su “L’Aquila” e sull’eliminazione dei rifiuti in Campania, ma questi sarebbero solo degli esempi.

Entrambi questi filoni d’iniziativa mi sembrano sia efficaci che realizzabili senza eccessive difficoltà, ma implicano l’esistenza di nuclei di persone organizzate e motivate, che purtroppo ancora non vedo all’orizzonte.

mercoledì 24 febbraio 2010

LA VIA ITALIANA ALLA LOTTA ALLE MAFIE

Le grandi organizzazioni criminali, si sa, in Italia sono estremamente potenti, condizionano direttamente tramite un capillare controllo del territorio, intere regioni per una superficie e popolazione totale pari a circa un quarto dell’intera Italia. Sembrerebbe, con tutta evidenza che esse dovrebbero costituire il problema più importante del nostro paese. La priorità assoluta dovrebbe quindi essere la lotta senza quartiere non semplicemente per contenerne l’attività, quanto piuttosto per estirpare tali organizzazioni criminali, affinché l’autorità dello stato non li trovi come competitrici.

A ben vedere però, la competizione può cessare anche in un modo alternativo, ed è quello di togliere di mezzo lo stato, che le mafie operino in tutta tranquillità senza che debbano subire una guerra dagli apparati statali. Qui però, mi sa tanto che le mafie non sarebbero d’accordo: dovrebbero quindi prendersi la briga, garantire il rispetto di talune regole qualunque esse siano? Non ci siamo proprio, perché l’unica regola delle mafie è l’arbitrio, è la divisione del mondo in amici ed altri, e come sarebbe allora possibile trattare allo stesso modo un amico e un altro? Togliere di mezzo lo stato in maniera palese non si può proprio, non funzionerebbe, non farebbe comodo neanche ai vincitori mafiosi.

La cosa deve dunque essere affrontata in un modo più raffinato, più tortuoso. Facciamo allora così, occupiamo direttamente le posizioni chiave dello stato o prendiamo accordi di ferro con chi gode del consenso della gente e così manteniamo una parvenza di autorità statale. Questo ci serve perché creiamo la facciata, l’interfaccia alla gente comune. La politica sarà interamente funzionale alle mafie, ma in modo occulto, mentre sul palcoscenico andrà in onda una grande opera di teatro, in modo che il pubblico si potrà appassionare a questa recita continua, ed anche tifare per questo o per quest’altro protagonista.

Il vero problema in realtà non è conquistare il potere esecutivo, quello è detenuto da pochi, e ci saranno sempre mezzi per convincerli. Già col potere legislativo potrebbero sorgere problemi maggiori, ed allora facciamo una legge elettorale porcata, per cui gli eletti sono designati dalle segreterie dei partiti. Il risultato che si ottiene con una tale legge elettorale è che il potere legislativo diventa di fatto un prolungamento del potere esecutivo, e non più un potere complementare ad esso. E siamo a due. La cosa si fa molto più complessa col potere giudiziario ed anche con le forze dell’ordine. Questi sono tanti, possono prescindere dal consenso delle persone, sono solo dei vincitori di concorsi: come facciamo a convincere questi? La cosa qui diventa un tantino più difficile, ma la cosa si risolve egualmente semplicemente rendendo inefficiente il funzionamento di questi comparti. Da una parte ci si può fidare di un certo costume italico alquanto indolente, dall’altro, un fattore molto più importante, lesiniamo i finanziamenti, così in carenza di mezzi tecnici e personale l’inefficienza è inevitabile. Una volta che siamo riusciti a rendere la giustizia inefficiente, creiamo una campagna per delegittimare i giudici, farli considerare fannulloni, ergendoci noi a difensori dell’efficienza, ed ecco il processo breve, il ridimensionamento del ruolo delle intercettazioni, e così via dicendo.

C’è ancora un requisito da garantire, che l’intero potere politico abbia al suo interno un suo livello di complicità di base. Tuttavia, per avere dei vantaggi consistenti dalla doppia adesione allo stato e alle mafie, bisogna che questo sia un privilegio limitato, numericamente significativo, ma non spalmato su tutta la classe politica. Questo pone un ulteriore problema, come conciliare una situazione non generalizzata e una complicità che invece si vuole generalizzata. La soluzione c’è, basta che la politica abbia fatto sua al proprio interno una logica mafiosa, ne abbia assimilato i fondamenti. Qui, non si parla quindi di progettare imprese criminali, basta praticare una logica consociativa, ancora una volta quindi la distinzione di fondo tra amici ed altri. Basta quindi realizzare circoli esclusivi il cui accesso sia riservato a pochi, scelti secondo logiche di fedeltà, e quindi inevitabilmente di connivenza.

Per questo, la lotta contro la criminalità organizzata non è un aspetto marginale di uno stato che voglia mantenere la propria autorità, ma è il fondamento stesso di qualsiasi ordinamento statale. La crescente influenza delle grandi organizzazioni criminali che è davanti agli occhi di tutti va considerata la fonte di questa morale pubblica scadente, ne è contemporaneamente il fondamento ma anche l’effetto perverso.

lunedì 22 febbraio 2010

IL BLOCCO DI POTERE FRANA?

Direi che oggi come oggi in Italia, nei suoi palazzi del potere, predomina la paura, che ha preso un po’ tutti, tutti coloro che qualche scheletro, magari solo un paio di ossa, nell’armadio ce li hanno.

Partiamo dalla ostinazione di Bertolaso, l’esempio ritengo più pericoloso del sistema di potere insediato in Italia. Bertolaso sostiene ciò che con una anche una vaga parvenza di logica, mai potrebbe essere sostenuto. Non mi riferisco al famoso incontro con la brasiliana Monica, questo episodio lo potremmo mettere anche da parte. Il punto è un altro, il punto è quello di un personaggio che si autodefinisce uomo del fare, il benefattore, colui che, in virtù delle sue capacità organizzative, pretende di presiedere un centro, quello della protezione civile, che deve poter operare in regime eccezionale, fuori dalle consuete procedure di controllo che la legislazione vigente prevede. Non v’è alcun margine di ambiguità in proposito, egli anzi attacca tutti coloro che ostacolano questa sua attività benefica.

Nel contempo, si tira fuori dagli esempi di corruzione. Dunque, riassumendo, io pretendo di fare da controllore di me stesso, e quando i miei sottoposti si fanno corrompere, pretendo di uscirmene fuori perché non posso sapere tutto. Se ammette di non potere controllare tutto, che le cose gli sono sfuggite di mano, dovrebbe nel contempo chiedere scusa agli Italiani, ed essere il primo a chiedere il ripristino di regole pià severe di controllo. Rimane il fatto inquietante della eccessiva familiarità che Anemone dimostra nei suoi confronti, il che sembrerebbe implicare che qualche forma di coinvolgimento in questi intrallazzi ai danni del contribuente ci debba necessariamente essere. Invece, egli non ha speso neanche una parola per qualche ripensamento, quantomeno riguardo l’allargamento oltremisura delle competenze della protezione civile, che è passata dai soli interventi di emergenza a tutti gli interventi che la presidenza del Consiglio consideri a sua discrezione di semplice urgenza. E’ significativo che Bertolaso abbia evitato di criticare un aspetto che non lo vedeva direttamente raccolto, ma che poteva suonare di seppure blanda critica verso il signor B., come è significativa la chiamata di correità verso i governi di centrosinistra. Egli quindi sceglie di schierarsi apertamente ancora una volta con il proprio padrone. E il padrone gli restituisce il favore, difendendolo a sua volta a spada tratta. Ma proprio l’atteggiamento scopertamente ondeggiante del nostro premier mostra la fragilità del tutto, la fifa matta direi con cui anche i più potenti si muovono in questo scenario. Prima si scaglia contro i magistrati inquirenti di Firenze, dicendo loro che devono vergognarsi, poi cambia totalmente dicendo che ci vogliono norme anticorruzione più severe, poi, accorgendosi, come sottolineato in qualche vignetta satirica, che così sarebbero stati colpiti molti dei suoi più vicini collaboratori, assolve lui ex cattedra i propri amici, Bertolaso e Verdini in testa, e nega che ci sia un’emergenza, una nuova tangentopoli che egli stesso aveva evocato parlando di allarme corruzione. Insomma, l’unica cosa che questi hanno chiaro è che devono stare uniti, fare fronte comune senza defezioni, negare e negare aldilà di qualsiasi palese evidenza.

Ma anche fuori dalla maggioranza, segnatamente nel PD, qualche paura serpeggia. Questi furfantelli o presunti tali hanno iniziato le loro fortune durante il governo di centrosinistra, mostrando ciò che ormai era chiaro da tempo, che il sistema di potere è unico, sicuramente unici i metodi di governo: poi, naturalmente ci si scontra su chi debba giocare col giocattolo.

Infine stamane, si comincia a intravedere un primo scontro all’interno della magistratura. Alla procura di Roma pare di capire che abbaino delle grane grosse così, che non coinvolgono soltanto Toro, che è indagato, ma c’è un problema generale di omissioni, di mancato intervento. Stretta in questi impicci, Roma si muove attaccando a sua volta Firenze sulla base di una presunta incompetenza, e chiedendo ragione del proprio mancato coinvolgimento nelle indagini. Da queste notizie, possiamo inferire quali e quanti siano gli ambienti bene coinvolti, chissà quanti altri imprenditori e funzionari pubblici da qualche giorno tremino al pensiero che le loro malefatte vengano a galla. Il fatto che la paura sia la caratteristica predominante penso sia un elemento positivo, perché rischia sempre di rompere i muri di omertà. Pensi sempre che se il tuo sodale parla per primo, pagherai tu e non lui, e così possibili tradimenti, possibili confessioni fiume sono da prendere in considerazione. Speriamo che questo clima di sbandamento continui e che davvero la gente voglia prendere nelle proprie mani il destino del paese.

venerdì 19 febbraio 2010

BALDUCCI, CHI ERA COSTUI?

Si dice “la banalità del male”, ma nelle vicende della protezione civile c’è anche vorrei aggiungere la bassa qualità dei protagonisti. Se ci soffermiamo ad esempio sulla telefonata tra Anemone e Balducci dove questo caldeggia un posto di lavoro per il figlio Filippo, ne viene fuori uno squallore impressionante. Questo Balducci, per ottenere uno stipendio per il proprio figlio, ha il coraggio di sollevare il problema del suo dovere di padre, dice ad Anemone che se non riuscisse a procurare un’occupazione al figlio, sentirebbe di non avere svolto adeguatamente il proprio ruolo di padre. Quindi, dopo avere, utilizzando i propri poteri speciali, cambiato la destinazione dell’area riservata ad eventuali esondazioni del Tevere e permettendo così la costruzione del centro benessere, dopo avere ottenuto, evidentemente in virtù di tale variazione di destinazione, la partecipazione del figlio alla società di gestione del centro, esige che questa stessa società dia al figlio uno stipendio: davvero un esempio di amore paterno.

Se pensiamo adesso che la resistibile ascesa di questo Balducci, questo figuro che concepisce il proprio ruolo di funzionario pubblico come mezzo per procurare favori alla propria famiglia, è stata favorita praticamente da almeno mezzo mondo politico, da Rutelli, a Prodi, a Veltroni, per finire dritto dritto dentro il circo berlusconiano, possiamo dedurre come si parlano in questi esclusivi circoli politici.

Quando si pensa ai potenti, magari li si immagina disonesti, ma in ogni caso, chissà come sofisticati. Una certa leggenda descrive delle trame complicate che si pensa richiedano chissà quale enorme furbizia, capacità di sviluppo di strategie. Niente di tutto questo, basta, a quanto pare, in questa nostra povera Italietta, essere abbastanza disonesti per essere potenti. Insomma, se dai del potente a uno, questo avrebbe tutti i motivi per offendersi…

mercoledì 17 febbraio 2010

IL MANUALETTO DI CHIAMPARINO

Un piccolo episodio, su cui purtroppo so poco, soltanto ciò che ne ho sentito alla consueta rassegna della stampa su Radiotre, riportando un articolo apparso su “La Stampa”, ma apparentemente irrintracciabile nella versione online. Ne vorrei brevemente parlare ugualmente, perché mi pare eccezionalmente rilevante per un certo tipo di ideologia che è presente nella nostra società e che è anche rappresentata (forse sovrarappresentata) a livello politico.

Mi riferisco alla giunta comunale di Torino, capeggiata da Chiamparino, e alla delibera assunta di finanziare un manualetto da distribuire alle maestre per affrontare la specifica tematica, udite udite, dei figli di coppie omosessuali. Come faranno mai questi bambini a non sentirsi diversi ed emarginati scoprendo che solo loro hanno due genitori dello stesso sesso, e che invece la famiglia viene raffigurata, che strano, come una comunità in cui i genitori sono costituiti da un individuo di sesso maschile e uno di sesso femminile?

Non entrerò nel merito del problema, e se cioè i genitori omosessuali non dovrebbero sapere da sé come risolvere i problemi relativi alla scelta di tirare su figli nella loro particolare situazione, e se non possano rinunciare a simili imprese.

Mi limiterò invece a considerare l’aspetto quantitativo: ma quanto saranno questi bambini? E l’avere genitori omosessuali è l’unico caso che potrebbe generare fenomeni di emarginazione? Mi chiedo se non occorra un analogo libretto per gli orfani di un genitore ad esempio, o il caso frequentissimo di famiglie complicate, come quelle che provengono da unioni precedenti, con figli di relazioni precedenti conviventi e magari contemporaneamente di figli non conviventi, e magari ancora con figli invece della relazione in corso. Oppure vogliamo considerare chi ha un genitore handicappato, cieco, sordo, paralitico o cos’altro?

Mi chiedo ma quante tipologie di famiglia esistono oggi? Eppoi, ma le famiglie perfettamente “regolari” ma semplicemente gravemente indigenti, queste non meriterebbero anch’esse un’attenzione particolare, con bimbi che magari si recano a scuola con un abbigliamento inadeguato?

Voglio insomma dire che le cause del sentirsi diversi, che poi quasi sempre coincide con inferiori, sono innumerevoli. Chiamparino e i suoi assessori però a cosa vanno a pensare? A un caso direi limite, sicuramente di dimensioni minuscole. Badate che stampare un numero di copie sufficienti a coprire tutte le classi delle scuole di Torino ha un fabbisogno finanziario non trascurabile: possibile che non ci fossero cose più urgenti ed importanti di cui occuparsi?

Dicevo all’inizio che questo episodio mi pare significativo di un certo “homo PD”, una particolare sottospecie di “homo sapiens sapiens”, così attenta, anche in maniera evidentemente esagerata, ai cosiddetti diritti civili, a quel libertarismo dei costumi che caratterizza i nostri tempi, e nel contempo così attenta a seguire la corrente del modernismo nelle scelte economiche. Mi riferisco in particolare alla nota posizione di Chiamparino a favore della TAV, alla nota sua tesi dell’inseguire la Lega sui temi del rapporto con gli extracomunitari e così via. Rifiutare la TAV è rifiutare il pensiero dominante, senza TAV stiamo fuori dall’Europa, dicono, dai flussi di trasporto dominanti. C’è qualcosa di profondamente irritante in queste motivazioni, un prescindere da una discussione puntuale e motivata, e la pedissequa accettazione del pensiero dominante, rifiutandosi di confrontarsi con i fatti, con le evidenze contrarie.

Una piccola notizia, ma molto significativa.

lunedì 15 febbraio 2010

RUBRICA SETTIMAALE DI POLITICA INTERNA. N. 26

La consueta rubrica settimanale quest’oggi la dedico a due aspetti specifici dell’affare “protezione civile”, scontando un po’ di mal di pancia dei miei lettori.

Il primo aspetto riguarda quest’accanimento a sapere se ci fossero condom usati nella sala dove Bertolaso si era incontrato con la brasiliana Monica. Posso dire che non lo capisco? Posso dire che il punto non mi pare consista nello stabilire se si trattasse di prestazioni sessuali o fisioterapiche? E’ vero o no, e pare che nessuno voglia metterlo in dubbio che il responsabile stesso della protezione civile ha utilizzato gratuitamente per scopi personali personale e strutture di proprietà di uno che con la suddetta protezione civile c’ha fatto affari a bizzeffe? E non si configura allora il reato di concussione, o più semplicemente di rapporti opachi tra pubblico funzionario e fornitore di servizi? Insomma, io non riesco proprio a capire che differenza faccia la gravità dell’accaduto il riconoscere l’esatta natura delle prestazioni fornite. Mi pare una cosa di pruderie, di curiosità morbosetta che non mi appassiona neanche un poco. Rimane il fatto apparentemente incontrovertibile che un intero centro benessere è stato chiuso e messo interamente a disposizione del Bertolaso, che svariate persone si sono recate appositamente lì in quel giorno per garantirne l’apertura, la presenza della Monica, e successivamente la chiusura, facendo attenzione ad eliminare ogni prova della presenza di Bertolaso: c’è qualcuno a cui ciò non basta? Bisogna sapere se ha anche scopato, e magari quanti orgasmi abbia avuto? Se qualcuno mi spiega la rilevanza degli eventuali aspetti di natura sessuale, gliene sarò sinceramente grato.


L’altra cosa che mi ha colpito è stata la manifestazione che gli aquilani hanno improvvisato ieri nel loro centro storico. Non dico certo che non mi abbia fatto piacere. Non posso però nel contempo non chiedermi perché essi abbiano atteso di sapere delle risate e della evidente soddisfazione di alcuni dirigenti della protezione civile per tornare a tentare di riappropriarsi della propria città. Si indignano giustamente delle risate che fanno certo inorridire, ma nel merito degli interventi eseguiti e soprattutto di quelli non eseguiti fino a qualche giorno fa non avevano nulla da dire? Alessando Tauro nel suo blog ed anche altri hanno seguito sistematicamente gli eventi de L’Aquila, documentandone gli aspetti controversi e le menzogne del governo che si autocelebra, quando invece proprio la filosofia complessiva dell’intervento appare completamente da rigettare. Bisognava lì distinguere il vero e proprio intervento di emergenza con la rapida messa a disposizione di alloggi provvisori, naturalmente prefabbricati, e l’intervento di ripristino che non può non avvenire che esattamente lì dove il centro abitato de L’Aquila si trova e si è sempre trovato, scontandone tempi più lunghi. Si è invece operato, riuscendo a disinformare la gran parte degli Italiani, ignorando il problema della ricostruzione, e inventandosi una serie di siti abitativi permanenti. Ecco, io rimprovero agli aquilani di non avere difeso sufficientemente la loro città, ed anche la mente confusa di troppi Italiani, così come era compito di tutti gli Italiani di difendere loro, gli Aquilani, imponendo al signor B. l’intervento doveroso e non quello erroneo. Mi fa piacere che finalmente si sono svegliati, mostrando che manifestare si può, che quando c’è la ferma volontà, ci si riesce a farsi sentire ed apparire perfino sulla grande stampa nazionale. Spero soltanto che questa manifestazione costituisca solo il primo passo verso la rivendicazione di una vera ricostruzione de L’Aquila.

sabato 13 febbraio 2010

LA PAR CONDICIO

Da dove si voglia prenderla, la questione della “par condicio” rimane inevitabilmente controversa. Se vogliamo fare un po’ di storia, la legge è stata approvata quando il centrosinistra stava al governo, con l’esplicito intento di impedire gli spot elettorali a pagamento che naturalmente il signor B. utilizzava a tappeto sulle sue stesse TV. Ora invece, la Commissione di Vigilanza ha assunto un provvedimento che è interamente riferito alla RAI, apparentemente un effetto paradossale perché, imponendo solo alla RAI il rispetto di certe regole, indirettamente finisce col favorire le TV private, segnatamente proprio il gruppo Mediaset. Ciò è sufficiente per spiegare il voto favorevole del centrodestra al provvedimento. Rimane da capire perché il membro del partito radicale abbia aggiunto il proprio voto a quelli del centrodestra, determinandone l’approvazione, visto che proprio quel voto era fondamentale per raggiungere la maggioranza.

In sostanza, dalle parole che la Bonino ha pronunciato all’ultima puntata di “Annozero”, sembra trasparire quella che io definirei la nostalgia della comunicazione politica come elemento di massima rilevanza nella programmazione TV. La Bonino si lamentava, credo a ragione, dello spazio angusto e marginale che nelle ultime tornate elettorali è stato assegnato alla comunicazione politica, intesa come partecipazione diretta ed ufficiale dei partiti.

Il problema però è ben più vasto, riguarda, credo, cosa è diventata ai nostri giorni la TV. Se la comunicazione politica viene relegata in fasce orarie marginali, ciò non è certo dovuto a una cattiveria da parte della RAI, è dovuta alla necessità di fronteggiare la spietata concorrenza delle TV private. E chi in prima serata si va a seguire la tribuna elettorale? Così, le tradizionali ripartizioni tra informazione, spettacolo, politica e tutto il resto non reggono più, e in particolare anche l’informazione politica finisce per diventare spettacolo, ed attraverso ciò, ascolti. E’ evidente che un determinato programma di informazione politica, con un determinato conduttore, è in grado di determinare una certa influenza negli ascoltatori, ma da qui sembra impossibile uscirne in una maniera regolamentata rigidamente. D’altra parte, considerato il tutto con maggiore attenzione, nessun programma o quasi sembra potersi chiamare fuori. Basti pensare ai notiziari, ormai diventati anch’essi spettacoli, senza più neanche fingere di rappresentare veicoli di informazione in qualche modo imparziale.

Alla fine, la mia conclusione è che l’unica soluzione starebbe nel proibire le trasmissioni TV nella loro globalità, d’imperio. Naturalmente, è una decisione così impopolare e così contraria agli interessi dei potenti, che non ha alcuna possibilità di trovare attuazione alcuna. Non ci resta a questo punto che subire gli effetti nefasti della TV, inevitabili sia in presenza della par condicio che in sua assenza.

giovedì 11 febbraio 2010

IL GOVERNO DEMOCRATICO CRIMINALE

Ma cosa succede se un governo democraticamente eletto si trasformasse in una società per delinquere? Cosa succede se un Parlamento accettasse di essere utilizzato per approvare pedissequamente tutte le carte che il suddetto governo criminale gli passasse?

Potrebbe succedere in questo caso che, come capite tutti, è del tutto ipotetico, che abbiamo raggiunto l’apoteosi del principio del mercato: il crimine assurto a sistema per consenso maggioritario.

In questo, che chiameremo sistema democratico criminale, potrebbero esserci magistrati che non accettino di partecipare al sistema criminale. Non la stampa, quella si compra con estrema facilità, ma ci sono questi magistrati ostinati, questi, e diciamolo, rompicoglioni che pretenderebbero, udite udite, che tutti debbano rispettare la legge, questi magistrati che non sanno adeguarsi, non capiscono che ai potenti bisogna portare rispetto, che chiedere anche ai più potenti di seguire la legge è un atto oggettivamente contro l’ordine costituito.

Ebbene, in questo ipotetico stato democratico criminale, avremmo un parlamento che legifera come un ossesso, inventandosi provvedimenti ad personam. Vuoi portarti le escort nella tua villa privata con gli aerei militari, cioè a spese del contribuente, che ci vuole una leggina, forse un semplice decreto ministeriale, e portarsi le escort nella propria villa diventa un atto assolutamente lecito.

Oppure tu, funzionario governativo, hai bisogno di trascorrere una lussuosa vacanza, magari in compagnia di un paio di ragazze compiacenti, e non vuoi farlo coi tuoi soldi? Ma che problema ci può mai essere, fallo coi soldi dello stato. E come potrai mai farlo coi soldi dello stato? Non violerai la legge, concussione, appropriazione indebita, ‘ste cose qui? Niente paura, il governo democratico criminale ti farà un provvedimento ad hoc, farà un fischio ai suoi scagnozzi parlamentari perché lo approvino senza rompere le scatole se non vogliono essere esclusi nella prossima legislatura (perché in questo stato, pensate a cosa hanno pensato, i parlamentari vengono designati, non eletti). Questo provvedimento dirà che, sì, ci sono delle procedure, delle regole da seguire perché certe spese possano essere accollate allo stato, ma per i miei amici no, per i miei amici, che svolgono funzioni in casi di emergenza, per loro i controllori e i controllati coincidono, si controllano da sé: basterebbe in tal caso che non abbiano problemi di coscienza. Ma la coscienza non è, come vorrebbe farci credere la chiesa, un dato originale ed immutabile, ma è soltanto il frutto della nostra interazione con l’ambiente culturale in cui siamo immersi, e in questa ipotetica società democratica criminale, i veri fuorilegge sarebbero “quelli antichi”, cioè coloro che, forse per una forma di psicopatologia, forse perché nostalgici, forse perché poco informati, seguitano a credere in principi obsoleti, tipo “la legge è uguale per tutti”, e credono costoro addirittura che esistano interessi generali, proprio antichi eh…

Ma come potrebbe mai succedere che esista una maggioranza così sprovveduta da accettare un simile governo democratico criminale? In realtà, l’esempio è sì ipotetico, ma pensateci, mica è così difficile da attuare. Basterebbero due condizioni.

La prima è quella di avere a disposizione gran parte del sistema mediatico. In fondo, potrebbero ragionare questi fautori del governo democratico criminale, il 90% delle persone guardano la TV e leggono i titoli dei giornali, evitando accuratamente di leggere un libro, ma perfino un articolo che sia più lungo di tre righe. Allora, che servirebbe a costoro? Servirebbe il controllo, diciamo dei tre quarti delle TV e qualche quotidiano che spara cazzate, ma le spara bene, a caratteri cubitali, diciamo a misura di presbiti. Serve qualche servo sciocco nel settore del giornalismo, e che magari disconosca la sintassi, questo è irrilevante: per fare passare, ad esempio una velina anonima ed anche falsa per documento giudiziario, non occorre né essere intelligenti, e neanche in verità sapere scrivere, basta essere venduti.

La seconda condizione è avere un’opposizione fatta a tua immagine e somiglianza, solo un po’ meno spregiudicata. Non c’è neanche bisogno che ti metta d’accordo esplicitamente con questa opposizione perché essa sia fasulla, basta che la rendi simile a te, direi costitutivamente. Se per esempio arrivasse a considerare la politica come l’occupazione di pezzi di potere, se un fiero oppositore arrivasse a dire, sempre in un esempio ipotetico, tutto giulivo: “Abbiamo dunque una banca (tutta mostra)” a un suo accolito impegnato in finanza, allora quella è sicuramente un’opposizione perfetta per un governo democratico criminale. Il vantaggio di avere un’opposizione così è che si eviterebbe una vera opposizione: come dire, ripassi più tardi perché questo posto adesso è occupato, ci sta già l’opposizione, non è che vuoi farla tu l’opposizione al posto di chi già la fa? Questa falsa opposizione è un punto fondamentale del programma del governo democratico criminale.

Meno male, alla fine di queste divagazioni della mia immaginazione, che viviamo in uno stato di diritto e che mai avremo una situazione di questo genere.

lunedì 8 febbraio 2010

RUBRICA SETTIMANALE DI POLITICA INTERNA. N. 25

Sta succedendo qualcosa di importante nella politica italiana, che al momento non abbiamo elementi sufficienti per decifrare. Lo scenario è dei più inquietanti, da una parte le polemiche sembrano essersi alquanto placate, e dall’altra si assiste come a un ricollocamento dei partiti. E’ come, per dirlo in metafora, se alcune persone si siano insultate violentemente per ore su posizioni apparentemente inconciliabili, avvinghiate ognuno alla propria sedia, ed improvvisamente, si alzano rilassati e tutti concertatamene spostano le loro sedie, collocandole in posizioni differenti. Vorrei capirci qualcosa, ma i fatti in sé non danno informazioni davvero utili. Leggo con assiduità la stampa, ma anche da quel versante, tanto per cambiare, non ci sono elementi chiarificatori.

Partiamo da destra. Che fine ha fatto Fini? Perché non esterna più? Cosa è cambiato nel suo partito delle cose che non gli andavano?

E Casini ha mi pare finito il suo protagonismo, si sono astenuti sul legittimo impedimento, hanno confermato alcune alleanze col PDL in talune regioni, normale trantran direi.

Saltiamo all’estrema sinistra. Dove è finito il massimalismo di RC? Mi pare che stiano tentando di chiudere accordi ovunque per le regionali: non sarebbe allora stato meglio farlo per tempo, e senza le devastanti polemiche proprio con coloro che a loro sono più prossimi? Se sono antagonisti, coerentemente stiano soli, se invece si vuole andare ad ipotesi federative, a che serve farsi la guerra in casa?

E Vendola, dopo il grande successo nelle primarie pugliesi, avrà poi deciso cosa vuole fare da grande, o invece vede come unico obiettivo essere riconfermato governatore? Temo che non abbia davvero compreso l’enorme responsabilità che gli deriva dai consensi ricevuti: si dia da fare!

Sul PD, c’è poco da aggiungere, un carrozzone che arranca perdendo pezzi, senza apparente guida e direzione. Non ricordo chi diceva che il PD non ha fatto niente di male: ecco, si richiederebbe che facesse qualcosa di buono, o è chiedere troppo?

Non posso, e l’ho volutamente lasciato per ultimo, non occuparmi dell’IDV, e di questa sottospecie di congresso che ha celebrato nei giorni scorsi.

Lo chiamo sottospecie, perché si è chiuso alla maniera dei congressi del PDL, con la nomina del gran capo per acclamazione. Mi chiedo, ma che prassi è questa? Era così difficile distribuire le schede, e verificare se magari ci fossero delle schede bianche?

E veniamo alla questione De Luca. Io qua non disquisisco sul personaggio, che magari sarà anche la persona migliore di questo mondo, vittima di attacchi ingiustificati della magistratura. Ma allora mi chiedo? Ma che modo è di fare politica di dare la propria adesione entusiastica (per acclamazione anche questa ?!), quando fino al giorno prima se ne è detto peste e corna? Questi, nel migliore dei casi, sono dei dilettanti incompetenti, altro che professionalità politica…

Propendo però per un’ipotesi ben differente, e ben più grave, che stia intervenendo qualcosa di incomprensibile, qualcosa di occulto.

I fatti ci sono stati, e non credo alle coincidenze. Vediamo, prima la foto di Di Pietro con Contrada, poi l’incontro tutto tarallucci e vino con Bersani, e infine la convergenza su De Luca. Siamo quindi in presenza di fatti che Di Pietro non è riuscito a spiegare esaurientemente, seguiti da una svolta politica precisa. Questa si sostanzia in un avvicinamento subitaneo al PD, fino al giorno prima visto come un partito che non faceva opposizione. La svolta è sbalorditiva, perché tutto faceva pensare che l’IDV volesse lavorare al disfacimento del PD per cannabilizzarne successivamente pezzi consistenti. Il PD seguita a lavorare per il proprio disfacimento, e molti, me incluso, credevamo che per il PD il processo di disfacimento fosse ad uno stadio avanzato. Che ti fanno tutti quanti? L’UDC si riavvicina alla destra, l’IDV si omogeneizza, qui i conti non tornano, e allora i dubbi che ci sia qualcosa di occulto sotto diventano più che leciti, direi persino doverosi.

Siamo allora certi che la svolta politica non abbia nulla a che fare con la nota foto? Mi fermo qui, perché non sono in grado di formulare un’ipotesi concreta.

sabato 6 febbraio 2010

TOH, CHI SI RIVEDE, LA CRISI FINANZIARIA

Sembrerebbe quindi che anche su un piano squisitamente finanziario, la crisi non sia alle spalle. Sapevamo che lo stato dell’economia morde forte soprattutto sul piano dell’occupazione, e in realtà finora quasi esclusivamente nei paesi occidentali o equiparabili. Si diceva però che era un prezzo inevitabile da pagare, che la ripresa dell’occupazione viene inevitabilmente in tempi successivi. Ora ci svegliamo con la crisi finanziaria in pieno svolgimento nella stessa aria euro. E’ di pochi giorni fa l’attacco di Obama al sistema bancario. Hanno scoperto, guarda un po’, che con gli aiuti di stato, le banche hanno ripreso alla grande la speculazione in termini simili a quelli responsabili della bolla finanziaria che si è voluto sgonfiare alla meno peggio.

Come molti meglio di me hanno detto allora a caldo, la crisi finanziaria era un’ottima occasione per riformare il sistema, ed invece c’hanno messo le toppe, ed ora scoprono che i vestiti rammendati alla meglio sono uguali a prima: dove sta allora la sorpresa?

Dunque, l’occidente, con in testa gli USA, rifinanziano con ingentissime somme il sistema bancario, importando la crisi negli stessi bilanci statali, e scoprono appunto che il virus tende a propagarsi se lo si spalma sull’intero sistema, mentre gli appestati, cioè le banche, invece di cambiare stile di vita, mettersi a dieta, prendere regolarmente le medicine, riprendono la vita di sempre: insomma, visto che la comunità ha generosamente elargito trasfusioni, ci si può attendere che le trasfusioni proseguano anche in futuro.

Nel frattempo, i paesi emergenti hanno sfruttato prepotentemente la crisi per redistrubiure a loro favore il potere economico, e quindi non solo quello, mondiale. La Cina in maniera massiccia, ed altri paesi al seguito, hanno comprato a man bassa risorse economiche in tutto il globo: basti pensare a tutti i terreni acquistati dalla Cina nel continente africano, roba da cambiare i consumi alimentari stessi in tutto il mondo.

Insomma, le banche hanno fatto i propri comodi, e così pure ciascun paese, senza evidentemente mai porsi il problema dell’ordine economico mondiale. Una cosa però hanno tutti capito, la dimensione della crisi e le scelte radicali che richiedeva: non risolutive del problema, ma sicuramente vantaggiose almeno sul breve periodo per il proprio paese. Chi invece si trova nell’occhio del ciclone, è proprio la nostra malandata Europa, la cui immagine può ben essere impersonata dalla grigia figura di Trichet, che periodicamente ci fornisce le sue gocce di ovvietà inconcludente. Questi davvero c’è da chiedersi, in che mondo mai vivano. Basti considerare come abbiano uno specifico giorno di riunione del direttivo, e tutte le decisioni devono essere assunte in quelle riunioni. Cioè, vi rendete conto, secondo costoro, i mercati aspettano la riunione settimanale, gli operatori finanziari stanno lì buonini senza creare problemi: le iniziative del mercato sono confinate al giovedì, gli altri giorni non bisogna disturbare i soloni della banca europea.

Insomma, l’Europa si muove come un bradipo, mentre ogni paese sta bene attento a preservare la propria autonomia.

Ma il buon Trichet non risparmia occasione per ricordare il patto di stabilità, le regole della buona finanza, senza comprendere on che mondo si trovi. Ma un dubbio, che sia uno, sul fatto che tali regole d’oro non hanno per nulla preservato l’Europa dalla crisi, e che invece hanno obbligato l’Europa a una crescita sempre più lenta dei paesi concorrenti, un singolo semplice dubbio non gli sorge? Sembra trattarsi di un mondo chiuso in sé stesso, preso dalle sue proprie logiche e del tutto impermeabile a quanto accade intorno.

Qui siamo come nel gioco del domino: se cadesse la Grecia, allora trascinerebbe nella sua caduta gli altri, rpima Portogallo ed Irlanda, poi subito dopo la Spagna (forse in Italia Zapatero è stato troppo osannato…), e poi sarà il turno anche dell’Italia, e aquel punto sarebbe un si salvi chi può…

giovedì 4 febbraio 2010

UN SEGUITO ALLA VICENDA BOFFO

La vicenda delle dimissioni forzate di Boffo da Direttore del quotidiano della CEI “L’Avvenire” pare tornare d’attualità. L’occasione è offerta dalle speculazioni fatte da “Il Foglio” prendendo spunto dalla cena avvenuta tra Boffo e Feltri, il suo accusatore, nonché causa apparente delle sue dimissioni. Le voci che si sono diffuse, partendo dalle affermazioni dello stesso Feltri che, pur rifiutandosi di specificare nomi, insiste nella tesi di aver ricevuto l’informativa su Boffo, in parte rivelatasi falsa, da non specificate autorevoli fonti vaticane, attribuisce invece nomi e cognomi alla catena informativa, a cui avrebbero dato un contributo decisivo sia il Segretario di Stato vaticano cardinale Bertone, che Vian, direttore de “L’osservatore Romano”.

Ora, uno potrebbe chiedersi dove sta la notizia, cioè cosa ci sia di nuovo nella vicenda. L’ipotesi della resa dei conti interna alla chiesa era di pubblico dominio, e quindi non c’è stato alcuno scoop, tutto vecchio si potrebbe dire. In realtà, la novità c’è, ed è il perdurante silenzio della chiesa sulla faccenda. Tollerare che un uomo, Boffo in questo caso, subisse un torto senza reagire, che Ratzinger incontri il signor B. come se nulla fosse, tutto questo appare molto significativo. Si poteva pensare che la chiesa ha i suoi tempi, che non bisognasse avere fretta, ma di tempo ormai ne è trascorso abbastanza, ed è inevitabile considerare questo silenzio come un’accettazione tacita dell’accaduto. Ciò a sua volta porta alla conclusione che per il vaticano la conclusione della vicenda, e cioè le dimissioni di Boffo, le stanno bene, era la cosa desiderata, di qui non s’esce. Non reagire, porgere l’altra guancia, può essere un atto nobile quando riguardi la nostra propria persona, ma se rivolta a una persona a cui io tengo e con effetti esclusivamente su di lui, questa non è nobiltà, è ignavia colpevole, è un comportamento vile e riprovevole. Da questo punto di vista, le indiscrezioni giornalistiche non aggiungono nulla a ciò che parecchi mesi di silenzio della chiesa evidenziano in maniera lampante.

Due ulteriori considerazioni che vorrei fare riguardano l’uno Boffo stesso e l’altro Ferrara, quale direttore de “Il Foglio”.

Cominciamo quindi da Boffo: mi chiedo, ma come ha potuto accettare di incontrare una persona volgare, odiosa come Feltri? Già le caratteristiche del personaggio Feltri bastavano per starne a debita distanza, ma nel suo caso c’erano motivi personali. Senza i titoloni gridati, le foto di documenti farlocchi in prima pagina, senza insomma queste iniziative portate avanti con protervia da Feltri, Boffo sarebbe ancora al suo posto. Ritiene egli che la sua situazione attuale sia preferibile? Feltri si è voluto scusare, ma, visto che il danno è stato fatto, le scuse devono tradursi in atti concreti. Come minimo, Feltri avrebbe dovuto a sua volta dimettersi da direttore de “Il Giornale”, ma non mi pare proprio che l’abbia fatto. Fossi stato al posto di Boffo, col cavolo che l’avrei scusato: scu7sarsi per continuare a fare il lacchè del signor B. dietro lauto compenso a a danno di tutti gli Italiani!

Infine, parliamo del ruolo di Giuliano Ferrara in tutto questo. Perché ha sollevato queste indiscrezioni stantie, amplificandole così tanto? Mi pare evidente che la motivazione stia nel tentativo di scagionare il suo protettore, il famoso signor B. Egli sembra dire che si tratta di un giochetto interno alla chiesa, tra segreteria vaticana da una aprte e CEI dall’altra, e che quindi le colpe vanno cercate lì. Naturalmente si tratta di una sciocchezza, perché il piano malvagio ha potuto trovare attuazione concreta solo mediante questa complicità di Feltri e naturalmente del suo mandante. Senza il ruolo insostituibile di Feltri, col cavolo che Bertone poteva fare uno sgambetto a Bagnasco. Semmai, si potrebbe dire il contrario, che cioè il signor B. ha distrutto un uomo come Boffo, ma per farlo ha dovuto farsi coinvolgere in equilibri interni alla chiesa, dimostrando di non essere neanche capace di compiere il crimine coi propri mezzi esclusivi.

lunedì 1 febbraio 2010

SVOLTA SUI TEATRI DI GUERRA?

Il primo decennio del nuovo millennio si è chiuso un mese fa. E’ stato un decennio terribile a livello internazionale, segnato al suo inizio dagli attenti dell’undici settembre 2001. Questi fatidici avvenimenti hanno pesantemente segnato anche gli anni successivi, perché gli USA e i loro alleati, Italia inclusa, hanno deciso di scatenare la caccia a Bin Laden e successivamente anche a Saddam. A distanza di otto anni e più, questo schieramento di forze si trova a dover trarre le conclusioni da quelle scelte bellicose che tante morti, tanti danni e tante sofferenze hanno creato. Nell’ultimo discorso di Obama, e dalle notizie che filtrano sulle trattative in corso con i Talebani, appare evidente che siamo ad una svolta: la politica dell’intervento armato, della pretesa di distruggere ogni resistenza alle sorti progressive dell’occidente pare giunta al capolinea.

La domanda che vorrei porre, è: si trattava di una guerra che si poteva vincere? A tanti, me compreso, sin dall’inizio apparve un obiettivo irraggiungibile. Mi chiedo allora se è possibile che persone molto più informate di osservatori esterni come me, con l’opportunità di vedere le cose dall’interno, potessero non averne consapevolezza. Forse allora dovremmo piuttosto chiederci se ci fossa, accanto all’obiettivo dichiarato, altri obiettivi occulti. Io ne intravedo due.

Il primo, e ciò vale quasi esclusivamente per l’Iraq, era quello di creare un nuovo mercato in tutta la zona medio-orientale. Non dico che i pozzi petroliferi irakeni non facessero gola all’occidente, ma ho sempre pensato (e mi pare anche di averlo scritto da qualche parte anche su questo blog), la scommessa USA era ancora più ambiziosa: normalizzare un’area del mondo fin allora sottratta alla loro influenza, notoriamente una delle più laicizzate in ambito islamico, per occidentalizzarla. Questa mia convinzione parte dall’analisi dei problemi economici occidentali come crisi di sovrapproduzione, di impossibilità di trovare i sempre nuovi sbocchi che il capitalismo richiede per la sua così vitale crescita ininterrotta, all’interno delle proprie aree di influenza, ormai sature di oggetti di ogni tipo, e inevitabilmente tendenti a ridurre le proprie capacità di assorbimento.

La seconda motivazione, anch’essa economica, sembra quella di una sistematica azione di rapina di risorse economiche, dai vari soggetti economici verso specifichi agglomerati finanziari transnazionali. L’industria bellica ha ovviamente lucrato abbondantemente su questi conflitti, e stiamo parlando di cifre straordinariamente elevate. Del resto, la famiglia Bush stava al centro di un aggregato di interessi economici formidabili. So che a molti da’ fastidio questo ipotizzare complotti ad ogni piè sospinto. Qui però, abbiamo indizi importanti. Se poi vediamo questi fatti militari assieme ad altri fatti di tutt’altra natura, ma convergenti verso l’interesse economico, allora la cosa appare in tutta evidenza. Mi riferisco in particolare agli straordinari investimenti statali nel settore bio-medico-farmaceutico, fino alle vere e proprie truffe costituite da epidemie e pandemie annunciate e mai verificatesi, come nel caso prima dell’aviaria e poi della cosiddetta influenza suina. Siamo cioè in presenza di stati nazionali incapaci di offrire risorse a una politica sociale, ma disposti prontamente a fare investimenti sulla base di segnali provenienti dall’esterno. Per me è evidente che solo un potere ben più forte di quelli nazionali può dettare legge così perentoriamente. Mentre quindi nei singoli stati si litiga sulle briciole, risorse immani vengono distratte in obbedienza a logiche sopranazionali e incontrollabili.

Di fronte a tutto ciò, di fronte allo spreco di risorse finanziarie, ma soprattutto al massacro sistematico di intere popolazioni, dobbiamo chiedere che i responsabili siano chiamati a risponderne. E’ proprio di questi giorni l’arrogante dichiarazione fatta da Blair davanti a una Commissione nel suo paese, in cui egli non ammette alcun errore nell’entrata in guerra della Gran Bretagna in Iraq sulla base di fantomatiche armi di distruzione di massa in mano a Saddam, ed anzi dichiara che lo rifarebbe. L’opinione pubblica mondiale non può tollerare impunità, che cioè ci si sottragga ad un’elementare esigenza di responsabilità, in assenza della quale non si vede come l’umanità possa salvarsi.