venerdì 29 ottobre 2010

DA UN GRANDE GRAMELLINI

Gli americani sono dei quaccheri. Lì un presidente può fare bunga bunga con Marilyn Monroe o una stagista della Casa Bianca, ma se telefonasse all’Fbi per far rilasciare una minorenne arrestata per furto, oltretutto spacciandola per nipotina di Mubarak, sarebbe costretto a dimettersi alla velocità della luce. E se dicesse di averlo fatto perché è un uomo di buon cuore? Peggiorerebbe soltanto la situazione. L’abuso di potere, la sacralità della carica, bla-bla.

Che perbenismo triste, che formalismo ipocrita. E la Francia giacobina? Neanche a parlarne. Lì un presidente può tenere nascosta una figlia tutta la vita come Mitterrand o sposare una modella col birignao più appuntito delle caviglie, ma se telefonasse alla Gendarmerie per far rilasciare una minorenne arrestata per furto, oltretutto spacciandola per nipotina di Mubarak, sarebbe costretto a ritirarsi a vita privata. I francesi non hanno una storia alle spalle che consenta loro di apprezzare certi slanci liberali. Sapranno cucinare le omelette, ma la democrazia non gli è mai riuscita bene. I tedeschi, poi: luterani, gente fanatica. Lì un cancelliere non telefonerebbe al Polizeipräsidium neanche per far rilasciare la propria, di nipotina, altro che quella di Mubarak. Ecco, forse solo in Egitto, dove la democrazia affonda nei millenni (i famosi Faraoni della Libertà), il presidente telefonerebbe alla polizia per far rilasciare una minorenne arrestata per furto. Ma non la spaccerebbe per nipotina di Mubarak, essendo lui Mubarak. Semmai per nipotina di Berlusconi: esisterà, al riguardo, un accordo bilaterale?

giovedì 28 ottobre 2010

UN FLASH DI CONFORMISMO ATTRAVERSA LA BLOGSFERA

Più veloce del virus più infettivo, si propaga per la rete, e forse anche altrove, la febbre del “bunga, bunga”. Solo sul mio blogroll, lo leggo già in quattro titoli, ed è davvero impressionante vedere come un’espressione un minuto prima priva di senso, venga assimilata. Poco importa poi stabilire perché la si usi, satira politica o adesione acritica. Cosa importa? A me interessa sottolineare il conformismo di noi umani, e come tale conformismo a noi connaturato, possa trovare strumenti di amplificazione formidabile nelle tecnologie disponibili nel settore della comunicazione.

Potremmo concludere, e per me è un paradosso molto significativo, che aspiriamo tanto a questa libertà, la libertà di fare tutti la stessa cosa nello stesso momento. Paradossi dei principi dell’Illuminismo.

martedì 26 ottobre 2010

LE FOLLIE DI MARCHIONNE

Ha fatto molto scalpore l’intervista rilasciata da Marchionne nel corso della trasmissione “Che tempo che fa”. Marchionne porta alle estreme conseguenze il criterio della massimizzazione del profitto,e, invece di scandalizzarcene, dovremmo essergli grati: egli ci mostra a quali aberranti risultati porta un sistema economico che ha come unico criterio di riferimento la logica del mercato.

La cosa più patetica è la posizione assunta da coloro che potremmo definire socialdemocratici, attenti ai diritti e alle condizioni di vita dei più poveri, ma nello stesso tempo assolutamente sostenitori del capitalismo e dell’impossibilità del suo superamento. Questi dicono che bisogna rispettare i numeri: davanti ai numeri, ogni possibile obiezione è vana. In realtà, i numeri sono in sé entità matematiche, e solo la loro applicazione a uno specifico contesto li trasforma da entità astratte in entità significanti. Quando quindi si citano numeri, bisogna attribuire loro un senso. E’ in questa attribuzione di senso che si gioca la partita decisiva, in quanto si definisce il criterio che si sta adottando. I numeri sono davvero decisivi soltanto quando ci si è accordati sul criterio di riferimento.

Il 1929 è davvero lontano, l’esperienza maturata nel decennio successivo dell’inanità dell’assunzione di misure di rigore in una situazione di grave crisi sembra essersi dissolta, gli insegnamenti di Keynes altrettanto. Ieri, ho appreso che tra l’altro Keynes sosteneva che il pensiero deve propagarsi ovunque, le merci solo di poco e i capitali per niente, mentre oggi si è fatto tutto l’opposto. La cosa più mobile è proprio il capitale, tant’è che la globalizzazione è stata prima di tutto finanziaria, gli esempi di merci che viaggiano per tutto il mondo sono davanti ai nostri occhi (lo sapevate che il 40% dei prodotti di abbigliamento si produce in un unico distretto produttivo cinese???), mentre il pensiero, la mentalità rischia di diventare sempre più localistica.

Che cosa dovremmo concludere allora? A mio parere, che Keynes e i suoi insegnamenti nel mondo globalizzato di oggi vengono rifiutati, che il capitalismo della seconda metà del novecento è definitivamente morto, e che ci ritroviamo piombati almeno due secoli indietro nel capitalismo più spietato. Il concetto che volevo esprimere è che qui si sta attuando una rivoluzione reazionaria economica ma anche ideologica a cui inspiegabilmente anche chi si dichiara più o meno schierato a sinistra non sa resistere, direi anzi che non capisce l’entità dei cambiamenti in corso e si chiede se si può ancora aspirare a un cambiamento verso il socialismo o se non bisogna accettare ormai il capitalismo. E’ questo l’errore, qui non si tratta di difendere una situazione acquisita: se, come ho detto quel capitalismo è finito, è vano chiedere di non cambiare, stiamo già cambiando, e nella direzione opposta a quella sperata.

Le crisi sono i momenti delle grandi trasformazioni, sono opportunità che i politici dovrebbero cogliere, perché ci sarà sempre qualcuno che se ne avvantaggerà. Ricordo che crisi significa trasformazione non disgrazia, calamità: bisogna solo vedere chi se ne avvantaggia. Insomma, fermi non si può stare perché stiamo già in un mezzo in movimento e se non saltiamo giù, finiremo dritti dritti in un gulag.

Oggi, è proprio il momento di ripensare le nostre categorie di riferimento, la nostra ideologia. Dovremmo convincerci che bisogna passare ad un’economia pianificata, in cui la possibilità di impresa sia lecita solo all’interno di un quadro di riferimento definito collettivamente. Il criterio di pianificazione dovrebbe essere la piena occupazione, separando per sempre questo obiettivo da quello della crescita ininterrotta, assolutamente insostenibile a seguito dei galoppanti sviluppi tecnologici. Bisognerebbe creare un sistema fiscale che sia in grado di perequare le differenze di reddito e di calcolare tutti i costi occulti delle attività lavorative.

Soprattutto, dovremmo smettere di pensare che si tratti di lussi che non possiamo permetterci, di utopie come tali irrealizzabili. Ciò che davvero non ci possiamo permettere è continuare come se niente fosse, andare incontro alla catastrofe chiudendo entrambi gli occhi. L’interruzione della crescita è una necessità, e se qualcuno lo considera un’utopia, vorrà dire che la stessa sopravvivenza dell’umanità è un’utopia.

Alla fine, ci ritroveremo più poveri, questo mi pare inevitabile, ma siamo poi certi che più poveri significhi meno felici?

sabato 23 ottobre 2010

RIFLESSIONI A MARGINE DI TERZIGNO

Mi chiedo se l’uomo, non l’uomo ontologicamente definito, ma l’uomo contemporaneo, quello che incontriamo giornalmente nelle nostre città, sia ancora in grado di ragionare. Se questo uomo contemporaneo, noi insomma, siamo in grado di riuscire ancora da un effetto a risalire alla sua causa, se non ci siamo così tanto bevuto il cervello da pretendere di convivere con un problema sperando sempre di contrastarne le conseguenze, senza rimuoverne le cause.

Il grande assente nel dibattito risvegliatosi a seguito dei noti fatti di Terzigno è quello che sta a monte dei rifiuti. I rifiuti ci sono, ci saranno in quantità abnormi ancora per un pezzo, e una soluzione per smaltirli bisogna trovarla. Ma possibile però che a nessuno venga in mente di provare a fare qualcosa per ridurre la quantità di rifiuti prodotti?

Lasciamo perdere il liquido, cioè i rifiuti di origine organica, quelli non è che sia possibile ridurli, e comunque non fanno danno, ci sono frotte di microrganismi pronti a renderli inorganici traendone alimento ed energia per la propria sopravvivenza e per la propria propagazione. Sappiamo tutti che la gran parte dei rifiuti è di tutt’altra natura. Mettiamo da parte anche i rifiuti tossici o comunque pericolosi, quelli richiedono una procedura particolare, ma in volume non dovrebbero essere una tale quantità.

Rimane la massa dei rifiuti non tossici e non organici, della natura e origine più varia.

Una categoria però penso che l’abbiamo tutti ben presente, tutta quella roba che serve per il confezionamento di quanto acquistiamo, e teniamo anche conto che gran parte di questo materiale rimane nel supermercato perché svolge il suo ruolo fino al punto di vendita al dettaglio.

Possibile, mi chiedo, che per avere lo zucchero distribuito nelle case sia necessario prevedere per ogni chilo uno scatolo o un pacco, che per ogni dieci di queste confezioni sia necessario a sua volta un ulteriore confezionamento, e per un certo numero di queste vi sia un ulteriore confezionamento fino a raggiungere il livello del palette? Io, che ahimé ho trascorso la maggior parte della mia infanzia negli anni cinquanta ricordo perfettamente lo zucchero venduto sfuso, pesato al negozio, e come lo zucchero, anche la farina e la pasta (i famosi pacchi da cinque chili che nessuno comprava, erano per i negozianti) e chissà quanti altri articoli. Ho guardato con interesse all’iniziativa di alcuni supermercati di riprendere a vendere prodotti sfusi, ma con mia grande sorpresa ho scoperto che non si realizzava nessun risparmio. Eppure, il confezionamento deve costare, ed anche parecchio. Sarà anche che l’organizzare la vendita di prodotti sfusi è costosa, ma infine lo stato dove sta in tutto questo? Non dico che si debba proibire la vendita di prodotti confezionati, ma il costo occulto dello smaltimento delle confezioni non dovrebbe essere conteggiato, tramite un’apposita tassazione selettiva che consenta di far risaltare la convenienza dei prodotti sfusi?

E stavolta tralascio la questione delle questioni, cioè quella riguardante le cosiddette acque minerali, che forse potremmo più appropriatamente chiamare acque confezionate. Lì, raggiungiamo la vetta della demenza contemporanea: sprechiamo la confezione da smaltire, sprechiamo il carburante dei mezzi che attraversano tutta Italia per la distribuzione, ci affatichiamo per portare le bottiglie dal supermercato a casa, e per tutto questo, dobbiamo anche spendere. Eppure, qualcuno mi aveva spiegato che erano stati inventati gli acquedotti…

venerdì 22 ottobre 2010

SE QUESTO E' UN GIORNALISTA

Gianni Riotta, direttore de “Il sole-24 ore”, quotidiano della Confindustria, è questa settimana il giornalista di turno alla rassegna stampa di Radio3 “Prima Pagina”.

Riotta l’ho conosciuto quale conduttore di un programma su RAI3, di cui non ricordo il titolo, ma si trattava sostanzialmente del proseguo della trasmissione di Gad Lerner, praticamente incentrata sull’analisi della crescita della Lega al nord.

Da allora, il Riotta ha fatto carriera: basti pensare che è stato il Direttore del TG1, quello stesso notiziario oggi condotto dal famigerato Minzolini. Il modo di condurre di Riotta è davvero sorprendente. Il suo punto di vista centrale è che qualsiasi polemica si generi tra destra e sinistra, egli sceglie di non occuparsene senza neanche minimamente considerare il merito della questione. L’argomentazione sarebbe che, trattandosi tipicamente di punti di vista di parte, esprimere un giudizio di merito sarebbe anch’essa un’azione di parte. Strano modo di argomentare in verità, perché equivale a dire che un punto di vista schierato sia inevitabilmente privo di valore, che cioè la verità dei fatti e la bontà dei giudizi non risiedono nella loro sostanza, cosa si dice e come lo si dice, ma richiedono la condizione preventiva, in verità impossibile, di essere emessa da un luogo terzo alle parti in causa, assunto arbitrariamente come obiettivo. La strumentalità di questa posizione, tra l’altro rozza, che non sembra neanche volere convincere, è evidente: tentare di non scontentare nessuno, magari aspettando di farlo poi il salto dalla parte vincente.

Una perla di oggi che non voglio risparmiarvi è la sua risposta ad un’ascoltatrice campana che interveniva su Terzigno e sulla questione dei rifiuti. Di fronte ad un intervento ben strutturato, ben argomentato, e che citava anche dati specifici, giungendo alla conclusione che si devono individuare una molteplicità di responsabilità nella lunga storia della gestione di questa problematica, il Riotta si dichiarava stanco (sic!) di questa ricerca di responsabilità specifiche. Ed ecco il colpo di genio del Riotta: la responsabilità ricade sull’intera popolazione campana. Davvero di questo contributo del Riotta ne avevamo un bisogno urgente, ora che sappiamo di chi è la colpa, in fondo si tratta solo di milioni di persone, la soluzione è a portata di mano. Veramente geniale e coraggioso il Riotta, perché egli ostentava anche un suo atteggiamento controcorrente. Come dire: ve ne hanno raccontato sul problema dei rifiuti in Campania, ma ora ve lo dico io la verità. Dopo questa rivelazione, evidentemente il problema dei rifiuti è già risolto!

mercoledì 20 ottobre 2010

L'ERRORE DI FINI

Non per autocitarmi, ma solo nove giorni fa scrivevo che Fini avrebbe fatto carte false per non andare alle elezioni, e che la questione fondamentale si giocava sul garantire l’impunità a Berlusconi. Mi pare che le vicende di ieri confermano in pieno queste mie ipotesi. A questo punto, FLI, forse con la sola eccezione di Granata, e la parte del PDL lealista (a berlusconi, ovviamente) puntano chiaramente al prolungamento della legislatura. Non è detto che ci riescano, perché Lega, Tremonti, e probabilmente gli ex-AN, i cosiddetti colonnelli, remano contro. Prevedere come finisca è ad oggi pressoché impossibile. Secondo me, Fini ha giocato male le sue carte, non rendendosi forse conto di quanto si vada sfaldando il potere di Berlusconi. Anche al fronte che ho chiamato lealista, si assiste a una lotta senza quartiere, perché si sente odore di putrefazione e ci si vuole spartire a proprio vantaggio le spoglie.

Fini così, rischia di rimanere coinvolto nella caduta del premier. Non basteranno infatti mille discorsi di Mirabello a giustificare l’accordo di oggi di fronte a quella fascia di elettorato che egli voleva conquistare.

lunedì 18 ottobre 2010

LA MANIFESTAZIONE DELLA FIOM

La manifestazione della FIOM di sabato è di un’importanza straordinaria. E qui non mi riferisco alla grande partecipazione che certo aiuta, non mi riferisco neanche all’ampio schieramento politico che ha voluto farla propria con la propria presenza fisica. Ciò che davvero la rende straordinaria è il suo automatico richiamo a una concretezza che il mondo mediatico in cui siamo immersi tende sempre più ad occultare, ad allontanare da noi. Dopo una settimana in cui la vicenda Scazzi ha scazzato abbastanza, se mi passate il gioco di parole, e non perché questa vicenda non sia importante e non debba trovare l’esito giudiziario corretto, ma perché martellarci i genitali con notizie sul fatto serve solo a nutrire la curiosità alquanto morbosa della gente, che dovrebbe lasciare piuttosto fare agli inquirenti. Dopo un’altra altrettanto scazzante settimana passata rimandando infinite volte il filmato del pugno letale di quel ragazzo all’infermiera di origini rumene, che ha aspetti inquietanti su cui forse mi soffermerò in altro post. Dopo tutto questo fragore dietro cui c’è il vuoto assoluto, i metalmeccanici, sempre loro, protagonisti di ben altre stagioni politiche, ci danno la sveglia, rovesciano sul tavolo i loro problemi vitali, ci ricordano che le panzane del premier non riusciranno a far apparire il cibo sulle nostre tavole.

Perché credo in questa concretezza? Ciò che più mi porta a crederlo, è la risposta davvero furente di Bonanni, segretario della CISL, ormai un vero infiltrato nel suo stesso sindacato, e di svariati membri del governo. Gravissimo il tentativo, invero grossolano di Maroni, un ministro ormai alla frutta, sempre meno credibile, di scoraggiare la partecipazione al corteo e per questa via decretarne il fallimento. Sotto la decenza le dichiarazioni di Sacconi che ha scambiato il suo ruolo di ministro del lavoro per quello di ministro della confindustria.

Buon ultimo, anche Casini ha duramente attaccato la manifestazione, dicendo che un PD che sostenesse una simile iniziativa non potrebbe spartire alcun progetto politico con l’UDC.

Finalmente, i nodi vengono al pettine, vediamo se alla fine a qualche chiarimento si può pervenire.

Io vedo come giustamente si vadano separando due piani che colpevolmente sono rimasti mescolati. L’uno è la lotta mortale tra berlusconismo ed antiberlusconismo. Questa lotta vede sul fronte schierato contro il premier un amplissimo schieramento. Diciamolo, questo antiberlusconismo ha finito per divenire una vera e propria ossessione, almeno altrettanto di quanto lo sia il berlusconismo. La teoria che Berlusconi sia il male assoluto, un pericolo immanente che richiede di allearsi anche col diavolo, ha portato a situazioni perfino paradossali quando incautamente Bersani finì con l’ammettere che a lui poteva perfino andar bene un governo Tremonti. Ha portato settori palesemente di sinistra a sostenere perfino Fini, divenuto da postfascista improvvisamente il proprio paladino.

Oggi, le cose stanno diversamente perché, quando si esce da una polarizzazione personale e si comincia ad affrontare il merito dei problemi, si scopre che certe frequentazioni sono impossibili, che non c’è antiberlusconismo che tenga, se l’uscita da questo incubo politico non comporta un conseguente cambio di linea politica. Tremonti e i suoi sodali leghisti rappresentano in modo emblematico la falsa alternativa a berlusconi che ci troviamo di fronte. Questi rappresentano perfino in maniera più fedele e conseguente una politica che potremmo definire antipopolare.

Dal punto di vista economico, come vado dicendo da tempo in svariati post, la crisi in cui ci dibattiamo dal 2008 ha assunto un suo carattere specifico e peculiare come forse non si era mai prima osservato lungo l’intera storia del capitalismo. Di fronte al volume dei mercati finanziari di oggi e della dimensione enorme dei movimenti di capitale a livello mondiale, la capacità delle autorità statali di fronteggiare la famosa bolla speculativa scoppiata l’autunno di due anni fa si è mostrata illusoria. Di fronte a un volume di titoli spazzatura dell’ordine della vertiginosa cifra di cinquantamila miliardi di dollari, gli stati hanno immesso liquidità per circa un decimo, una cifra di tutto rispetto, ma evidentemente una frazione del tutto. La cosa sbalorditiva è che quei titoli spazzatura stanno ancora in giro, pronti forse a scatenare una nuova bolla speculativa. I cinquemila miliardi di dollari sono stati utilizzati per salvare il sistema bancario da un fallimento globale. Il risultato è però che la crisi finanziaria ha presto investito l’intera economia, con l’aggravante che gli stati si trovano in difficoltà di bilancio per gli aiuti forniti alle banche.

Questa crisi è palesemente il frutto di un trentennio di liberismo sfrenato in economia, che ha portato, tanto per utilizzare un parametro facilmente decifrabile, a far diventare i ricchi sempre più ricchi e i poveri sempre più poveri, fino all’indigenza, e stiamo parlando dei paesi più sviluppati.

Eppure i governi di tutto il mondo, anche quelli che si professano dichiaramene socialisti o socialdemocratici, anche il governo USA di Obama, schierato chiaramente nella parte più a sinistra della politica USA, non sembrano mettere in dubbio questa onda liberista. La crisi, almeno fino ai nostri giorni, sembrano al contrario rafforzare i falchi dell’economia, quelli per cui il liberismo non è mai abbastanza.

C’è un’altra emergenza che avanza, è quella ecologica. I disastri ambientali che abbiamo osservato in questo anno tuttora in corso non hanno eguali nella storia, in quella che conosciamo, per numero e dimensione dei disastri. Soprattutto, mai tali disastri sembrano essere stati correlati in maniera facilmente ricostruibile all’attività antropica. Se il terremoto ad Haiti non sembra richiamare una responsabilità umana, se non per quanto attiene la prevenzione dei danni mediante la qualità degli edifici, per inondazioni, incendi per ondate di caldo sbalorditive, riversarvi di inquinanti di ogni tipo ad opera dell’uomo dovrebbero richiamare l’umanità a riflettere sui limiti dello sviluppo, sulla parola che dovrebbe divenire il faro di riferimento dell’umanità, la sostenibilità.

La crisi quindi dovrebbe rappresentare una straordinaria occasione per un ripensamento dei paesi in una comune riflessione a livello mondiale per procedere ad una svolta sociale ed economica davvero rivoluzionaria, che io formulerei come il separare il problema dell’occupazione da quello dello sviluppo, di come cioè andare alla piena occupazione senza che sia necessario aumentare parallelamente il PIL.

Di fronte a problemi di questa rilevanza, di fronte alla loro dimensione globale, lo scontro omerico in cui il discrimine sia costituito da un patetico buffone che occupa la scena politica appare per quello che è: un dettaglio pressoché insignificante che personalmente non riesce ad appassionarmi.

Le tute blu in piazza possono rappresentare l’elemento decisivo per fare risaltare la vacuità di certe ipotesi raffazzonate di alleanze politiche, per fare invece avanzare nuove idee, quelle che inevitabilmente dividono.

sabato 16 ottobre 2010

ESSERE ADULTI

Stavolta, un post breve per porre una domanda, rivolta ai miei lettori.

Osservavo come le persone “cresciute”, quelle che denotiamo come adulti, almeno nella società in cui vivo, perché di storia non sono un esperto, sembrano trascorrere la vita giocando. Naturalmente, la maggior parte di noi adulti lavora, non è che giochi sempre, ma vedere gente che si compra una Ferrari o un semplice SUV, o foss’anche l’ultimo ritrovato tecnologico che mai ambisce a divenire utile, ma che evidentemente soggettivamente viene subito considerato un’esigenza che si deve necessariamente soddisfare, mi fa apparire questi presunti adulti come dei bambinoni mai realmente cresciuti. Ciò che osservo è che si tratta ormai di un fenomeno di massa, che la necessità di autogratificazione mediante l’acquisizione degli oggetti più inutili e più costosi risparmia pochi. Saremo allora una società di bambinoni?

Infine, in cosa un adulto si differenzia da un bambino? Quale definizione di adulto potremmo dare che riesca a sottolineare il suo differenziarsi dalla fase della nostra infanzia? Naturalmente, sono graditi contributi da voi tutti.

giovedì 14 ottobre 2010

POVERA ANNUNZIATA!

Domenica passata, ho avuto modo di seguire a RAI3 la rubrica della Annunziata “Mezz’ora”. Erano presenti il ministro della difesa Ignazio La Russa e il responsabile degli Esteri del PD Piero Fassino. La conduttrice immaginava un confronto dialettico tra i due politici: che pena che mi ha fatto la conduttrice! Più tentava di imbastire tra loro un contraddittorio, più i protagonisti esprimevano le stesse opinioni e si scambiavano segni di reciproca stima. Ora, lasciamo perdere il ministro, che in definitiva faceva il suo dovere, difendendo la politica del proprio governo e specificamente del proprio dicastero, ma quel Fassino è una vera sagoma (in tutti i sensi !!!). Egli rappresenta in maniera emblematica i problemi del PD, la sua pretesa di svolgere un ruolo egemone nell’opposizione, ma predicando una politica che viceversa non ha nulla di sinistra, qualunque cosa si intenda con questo termine.

In sostanza, di fronte agli appunti fatti dalla Annunziata, Fassino sposava al 100% la famigerata teoria, predicata da Bush e fatta poi propria da importanti giornalisti della sinistra quali Giuliano Ferrara (ehheh!), della esportazione della democrazia a forza di bombe. Insomma, nelle parole del Pierino di turno, di un uomo partito dal credo comunista al credo neoliberista senza mai dichiararlo, scompariva la motivazione originale della missione in Afghanistan, che era quella di dare la caccia a Bin Laden, che era quella di bloccare la fabbrica del terrorismo che si trovava proprio in questo paese. Niente di tutto questo: di fronte al clamoroso fallimento nel perseguire la dichiarata finalità dell’operazione militare, l’ineffabile Fassino, con un dialogare molto discorsivo, con uno sguardo mai truce, ci raccontava che la missione è stata nella realtà un successo, perché oggi le bambine vanno a scuola e le donne non possono essere impunemente stuprate.

Che tristezza dovere aggrapparsi a questi mezzucci, sollecitare l’ovvia solidarietà di fronte a fatti e a prassi che non potremmo mai condividere, per giustificare l’ingiustificabile.

La conseguenza logica delle parole di Fassino è che l’Italia ha diritto di bombardare, di uccidere, di sparare ovunque nel mondo si sacrifichi ciò che riteniamo siano diritti umani inalienabili. Questa è proprio la teoria Bush: ora veniamo a sapere che anche per il PD, questa è la politica giusta: non esiste alcuna possibile alternativa a un mondo dominato dall’occidente che deve controllare militarmente tutto il mondo per imporre i propri principi.

Siamo presumibilmente in periodo pre-elettorale, e l’opposizione prova ad organizzarsi. Io mi chiedo però se la prima cosa da accertare non consista nell’accertare se la sedicente opposizione sia realmente opposizione. Se sui punti fondamentali, politica estera e ruolo delle nostre forze armate, ruolo delle imprese e politica industriale (vedi Pomigliano), rapporto tra ceto politico e società, il PD sembra totalmente d’accordo col centrodestra, viene meno perfino la motivazione per andare a votare. Forse è questa la ragione del fatto che ci martellano imponendo in giornali ed altrove le elezioni prossime venture come una partita pro e contro Berlusconi, nascondendo così l’omologazione politica sostanziale, quando si vadano a considerare i programmi politici nella loro sostanza.

martedì 12 ottobre 2010

CHE VERGOGNA QUESTO FEDERALISMO FISCALE!

Così la gallina Lega Nord, fecondata dal gallo Giulio Tremonti ha fatto il secondo uovo, dopo il primo costituito dal federalismo municipale. Bene, tutto come nelle previsioni, e poveri allocchi che credevano davvero che il federalismo fiscale fosse a costo zero!

I fatti: nell’ultimo consiglio dei ministri, è stato approvato il decreto legge di attuazione del federalismo fiscale. Cosa dice questo decreto? Dice che le Regioni, in base alla loro specifica situazione di bilancio, hanno facoltà di portare la loro quota di addizionale IRPEF fino al 3%, percentuale raggiungibile nel 2015, dopo graduali aumenti nel quinquennio 2010-2015. Ricordo che l’attuale limite all’aliquota regionale è dello 0,9%. In sostanza, un importo più che triplicato. Per fare un esempio, con un reddito di quarantamila euro, se oggi si paga al massimo 360 euro, dal 2015 il massimo diventa 1200 euro. Che ne dite? 840 euro non è male come aumento per un governo che dichiara di non volere mettere le mani nelle tasche degli Italiani, vero?

Io mi chiedo, questi hanno rotto abbondantemente i marroni sostenendo che il federalismo fiscale sarebbe stato a costo zero, che si sarebbe trattato di un puro trasferimento di imposizione fiscale dallo stato centrale agli organi statali decentrati. In italiano, caro ministro Tremonti trasferire significa aggiungere da una parte e togliere da un’altra, e ciò deve avvenire contestualmente. Ora, ad aggiungere siete stati bravi, ma a togliere? Un governo intellettualmente onesto avrebbe dovuto promulgare un decreto con un articolo in più, che doveva recitare: “Contestualmente, le aliquote IRPEF entro il 2015 saranno ridotte nella misura necessaria a dare luogo a una minore tassazione media del 2,1%.

Ora è tutto più chiaro, questi cialtroni hanno introdotto il federalismo fiscale perché non hanno gli attributi per confessare che hanno fallito nella loro capacità di ridurre le voci di uscita nel bilancio statale, e che devono aumentare l’imposizione fiscale. Si tratta di furbetti da quattro soldi: con la formula che rinvia alle regioni la scelta dell’aumento, pensano di tirarsi fuori da queste decisioni così impopolari. Che poi con la riduzione dei trasferimenti già attuato nell’anno in corso, le regioni siano di fatto obbligate ad aumentare la percentuale di addizionale IRPEF, a Tremonti ed alla Lega sembra non interessare per niente. Mi aspetto che al primo aumento attuato, l’ineffabile Giulio venga con la sua vocina da fighetto primo-della-classe a dire che queste regioni non sanno amministrare il loro territorio, che però, mettiamo a titolo di esempio, il Veneto c’è riuscito, e che questi spreconi mettono a repentaglio la nota politica del governo di riduzione del prelievo fiscale. Ma si sa, il governo è così impegnato a rimpinguare le tasche di amici, parenti, amanti, veline, gentaglia di ogni tipo, fino ad un totale stimato di sessanta miliardi di euro l’anno, che non può certo occuparsi di difendere le spese per la sopravvivenza di poveri vecchi e nuovi, relativi ed assoluti. Basta insomma essere abbastanza furbi da non farsi vedere mentre si spara (l’aumento fiscale), accendendo un timer che ritardi la sua azione e ne dia una falsa paternità a un pubblico disattento e credulone: gli spreconi, gli affamatori del popolo non sono loro, sono gli altri che non riescono a gestire correttamente le proprie risorse.

Mi dispiace per la cricca del federalismo fiscale, ma sono stati sgamati, questo decreto sanziona senza possibilità di equivoci che il federalismo comporta ciò che a tanti di noi era apparso come inevitabile sin dall’inizio, e cioè un aumento di imposizione fiscale: voglio vedere se nel profondo nord si bevono anche questa.

lunedì 11 ottobre 2010

COME SBROGLIARE L'INGARBUGLIAMENTO DELLA POLITICA

Più tempo passa, e più la situazione politica si ingarbuglia. La riunione di maggioranza del sei ottobre sembra indicare senza significative incertezze che i finiani hanno una fifa boia di elezioni immediate. L’accordo tra Fini e Berlusconi non si gioca su una pluralità di tavoli, come vorrebbero farci credere, la questione chiave è una ed una soltanto: Fini vorrà garantire a Berlusconi una legge, nel merito direi una roba tipo lodo Alfano, che gli garantisca l’immunità? Le ultime dichiarazioni sembrerebbero indicare di sì. Se così è, allora Berlusconi andrà avanti senza ricorrere alle elezioni anticipate, soddisfacendo così le esigenze del neonato FLI, e nel contempo tentando di riprendersi voti al nord, quelli che i sondaggi indicano come sottrattigli dalla Lega.

Rimane da capire perché Fini abbia tanta paura delle elezioni. Tutto nasce dall’attuale legge elettorale, i cui effetti nefasti non abbiamo ancora sperimentato pienamente. In fondo, nel 2008 il premio di maggioranza avuto dal centrodestra non si può considerare un vero furto, e ciò è dimostrato dall’analoga maggioranza che essi hanno ottenuto anche al Senato, in cui il premio di maggioranza viene computato regionalmente. In altre parole, la maggioranza relativa era fuori discussione, ed assicurare una maggioranza parlamentare alla coalizione vincente non si può considerare come un fatto illecito, non più dell’attribuire l’intero peso elettorale di un collegio al candidato vincente come si fa nei sistemi a collegio uninominale.

Ecco, si potrebbe dire che l’iniquità dell’attuale sistema elettorale deve ancora manifestarsi nella sua pienezza. Ciò potrebbe avvenire nelle prossime contese elettorali se le regole non venissero cambiate, e se la divisione del resto dello scenario politico dovesse consacrare ancora una volta il centrodestra come area a maggioranza relativa. In sostanza, se si avessero tre coalizioni distinte, ipotesi del tutto realistica ed anche probabile, ad una basterebbe perfino conseguire un 34% dei consensi per passare al 55%, con un aumento quindi di circa due terzi, una vera moltiplicazione dei pesci-parlamentari. Ora, per quanto si possa essere ottimisti, risulta del tutto irrealistico pensare che PDL e Lega assieme vadano al di sotto del 35%, anzi la previsione più probabile è di circa un 40%. In quest’ultima ipotesi, questi potrebbero portare alla Camera un drappello di deputati di quasi il 40% maggiore rispetto alla nuda percentuale elettorale. La cosa più interessante sta nel fatto che al contrario al Senato, con i numeri che i sondaggi fanno circolare, il centrodestra avrebbe ben poche speranze di ottenere la maggioranza, con la conseguenza di provocare una situazione di ingovernabilità mai prima sperimentata in Italia. A questo punto, il “porcellum” non sarebbe soltanto iniquo, dando un numero di parlamentari assolutamente dissonante dai voti ricevuti, non soltanto sarebbe “parlamentocida” perché consentendo liste preordinate di candidati consegna un parlamento incapace di garantirsi le prerogative che pure la costituzione gli assegna, aumentando nel contempo a dismisura i poteri del leader, ma sarebbe anche clamorosamente inefficace, non consentendo al paese di essere governato.

Si capisce che in questa situazione le difficoltà per il centrosinistra non sono certo inferiori che per il centrodestra, anzi direi che sono perfino maggiori. Difatti, il mantenimento di questa legge imporrebbe a tutti gli oppositori al duo Bossi-Berlusconi di formare un’unica coalizione. Seppure questa ipotesi sarebbe efficace nel permettere di ottenere la maggioranza anche alla Camera, sorgono ovviamente delle questioni di opportunità e praticabilità politica. Le più forti riguarderebbero le ali estreme di tale ipotetico schieramento, la sinistra da Vendola in poi, e dalla parte opposta il nuovo FLI. In particolare per questi ultimi, che non hanno mai smesso di presentarsi come destra, anzi come la vera destra legalitaria, sarebbe davvero complicato presentarsi con l’area più a sinistra, e io credo anche con lo stesso PD. E’ proprio per questa ragione che Fini e i suoi non andrebbero mai ad elezioni senza prima che venga abolito o completamente modificato il premio di maggioranza. Per non andare alle elezioni, sono costretti ad accordarsi con Berlusconi, ma nello stesso tempo sono anche costretti a litigarci per ottenere una nuova legge elettorale che come è ovvio Berlusconi non vuole (sarebbe come consegnare l’arma con cui controlla il parlamento). Nel contempo, è chiaro che a sinistra sarebbe altrettanto indigesta una simile ipotesi di alleanza larghissima.

Sembrerebbe una situazione senza via d’uscita, anche se tanti commentatori si affannano ad assicurarci che la maggioranza per una nuova legge elettorale c’è anche nell’attuale parlamento. Ora, dato che la fiducia al governo è recentissima, dato che al Senato i numeri ci dicono che del FLI Berlusconi non ha bisogno, sembrerebbe con tutta evidenza che mai al Senato si farebbe passare una nuova legge elettorale. Dire il contrario, che perfino al Senato esiste una maggioranza favorevole, significa dire che siamo in presenza di una possibile diserzione di massa nella maggioranza, di massa perché occorrerebbero almeno una decina di senatori per invertire gli equilibri. Mi chiedo allora di cosa questi giornalisti siano a conoscenza e ci nascondono, come avere una tale certezza che un numero congruo di senatori stia lì a cambiare casacca dopo non avere abbandonato il PDL per l’FLI, avere votato diligentemente la fiducia solo pochi giorni fa?

Visto che al contrario io non sono introdotto alle segrete cose, propongo una mia soluzione. Si tratta di un meccanismo piuttosto complesso, ma che potrebbe anche funzionare.

In sostanza, si tratterebbe di indire una tornata elettorale sull’unico tema della riforma del meccanismo elettorale. In questa tornata, si potrebbe ben costituire una vasta alleanza che vada dall’estrema sinistra fino al FLI, con l’unico scopo di ottenere il premio di maggioranza, avere così la maggioranza in entrambe le camere, e procedere immediatamente alla riforma elettorale. A quel punto, ognuno si riprenderebbe la propria autonomia, decretando così l’inesistenza di una maggioranza, ed andando nuovamente alle elezioni, stavolta con il nuovo meccanismo elettorale, che dovrebbe essere caratterizzato almeno dalla fine delle liste bloccate compilate dalle segreterie, e dal cassare il premio di maggioranza. Personalmente poi, sarei favorevole a collegi uninominali che in sé possono lasciare aperta l’opzione tra un sistema maggioritario o proporzionale, anche in funzione del tipo di meccanismo di recupero dei resti, cioè dei voti dei candidati perdenti, come era ad esempio previsto dal cosiddetto “mattarellum”. Poiché l’entità di tale recupero si può calibrare, si potrebbe in tal modo pesare la parte proporzionale nel parlamento da eleggere: da nessun recupero (meccanismo completamente maggioritario), a un recupero più o meno grande (tramite dimensionamento calibrato dei collegi).

Capisco che si tratta di una strategia estrema, con non trascurabili costi aggiuntivi per la cassa dello stato, ma si dice “a mali estremi, estremi rimedi”. Inoltre, non trascurerei il fatto che il solo prospettare una simile strategia potrebbe indurre a più miti consigli il centrodestra.

domenica 10 ottobre 2010

ADESIONE AD UNA INIZIATIVA COLLETTIVA

Ho deciso di aderire a un'iniziativa collettiva, lanciata in questo post , contro la capillare diffusione di un libro da parte del nostro ineffabile premier Silvio Berlusconi per autopromuovere la propria immagine a spese di noi contribuenti. Le modalità precise di questa iniziativa saranno definite in seguito. Nel frattempo, vi inviterei ad andare al link che ho citato a lasciare la vostra adesione. Sarà sufficiente scrivere un "sì", e sarete aggiunti all'elenco.

venerdì 8 ottobre 2010

TIPI DA BLOG-COMMENTI

Continuo il mio ironico excursus nella blogsfera, iniziato qui.

Due premesse doverose.

La prima è che la mia ironia vorrebbe provenire dall’interno di questo mondo, vorrei che fosse così percepita. Non mi colloco all’esterno e guardo da lì questo mondo, ma io sono all’interno, come è ovvio dal fatto che scrivo su un blog, e ciò comporta che anch’io mi sento oggetto di tale ironia, c’è un importante elemento di autoironia, anche se lascio a voi il compito di collocarmi nella mia casella all’interno stesso della scherzosa classificazione che ho formulato.

La seconda premessa è che sarebbe vano, per voi che mi leggete abitualmente, tentare di riconoscervi, se non per somiglianza. Voglio dire cioè che l’ispirazione nelle tipologie che ho formulato le ho trovate in altri blog, anche se vi capiterà certo di riconoscervi, magari parzialmente, in qualche tipo. Però dovete farvene una ragione, non siete voi ad avermi ispirato :-D.

Come si può dedurre dal titolo, qui mi occupo dei visitatori, ed in particolare di coloro i quali lasciano una loro traccia in forma di commento.

Ecco le tipologie che mi è smebrato di riscontrare:

1. Il primo tipo è quello che definirei il commentatore compulsivo. Questo tipo è nettamente più frequentato dai maschi. E’ il tipo che salta di blog in blog ed appena si avvede di un nuovo post, ha l’istinto irrefrenabile di commentare. In genere questo commentatore è laconico. La frase più frequente che lascia è “come è vero ciò che scrivi”, o equivalente. Esprime quindi una concisa ma chiara condivisione dell’opinione del blogger che lo ospita. A volte, la sua concisione può giungere al limite del monosillabo, ma la traccia la lascia lo stesso. E’ un modo implicito, suppongo, di affermare la propria esistenza, l’esserci, il condividere, e quindi egli non si cura dell’utilità del suo intervento. In realtà, non aggiunge nulla a quanto argomentato sul post, ma ciò non ha alcuna importanza per lui, visto che la finalità è più rivolta verso sé stesso.

2. Il secondo tipo lo chiamerei il commentatore devoto. Al contrario di quello precedente questo tipo è frequentato più dalle femmine. Condivide con il tipo precedente l’assiduità nei suoi commenti, ma in genere frequenta pochi blog. Un’altra differenza è che il tipo devoto non nasconde nel suo commento la propria finalità. Una frase tipica potrebbe essere “sono qui”, e quindi l’ammissione senza infingimenti della vera finalità del commento, la vicinanza al blogger di turno. E’ una dichiarazione di fedeltà e di solidarietà che, come tale non richiede un assenso esplicito, sta più nel versante dei sentimenti, ed al cuore, come si sa, non si comanda.

3. Il terzo tipo lo chiamerei il commentatore dialogante. Direi che è egualmente popolato da entrambi i sessi. E’ il tipo che interviene ripetutamente sullo stesso post, con interventi in genere abbastanza estesi, e naturalmente richiede un blogger che gli somigli, che cioè senta anch’egli l’esigenza di replicare. Tra i due, è possibile così osservare uno scambio di pensieri, quasi assistendo a una corrispondenza “da vecchi tempi”, quando la posta elettronica non esisteva ancora, e tra amici e parenti lontani ci si scambiava lettere, e si trattava di lettere di più pagine perché la posta richiedeva un lasso di tempo considerevole, e una lettera racchiudeva così le riflessioni di una settimana o più. Apparentemente, è come se costoro non si fossero ancora accorti della contrazione dei tempi indotta dal mezzo telematico, e concentrassero nel giro di poche ore quel flusso di pensieri che una volta si diluiva lungo un’intera settimana. Generalmente, questo tipo, tendenzialmente logorroico, ha anch’egli un blog che gli permette di esercitare il suo furore letterario, magari ricevendo a sua volta le visite ed i commenti di quello stesso blogger, così che il loro dialogo si estende su più blog, come testimoniato da riferimenti espliciti da parte dei protagonisti.

4. Il quarto tipo lo potrei definire il commentatore subalterno. Egli condivide con il tipo precedente l’intervento ripetuto, ne condivide anche la prolissità, ma con l’importante differenza che non ha un suo blog. Ora, visto che aprire un blog è un’operazione semplice e soprattutto gratuita, visto che i suoi numerosi interventi prolissi ne testimoniano il piacere di scrivere, l’osservare questo strano comportamento di occupare così pesantemente un blog altrui può essere spiegato soltanto dall’essere uno spirito subalterno, dal dipendere per lo spunto iniziale da altri, dal saper svolgere solo una funzione di commento, ma evidentemente avendo difficoltà nella proposizione. Naturalmente, in questo caso il blogger che ospita non deve necessariamente somigliargli, e difatti abitualmente egli riceve risposte rare ed abbastanza succinte, a volte anzi viene redarguito, ed egli accetta con filosofia questi rimbrotti, senza manifestare alcuna reazione, quasi che l’essere ospitato lì sia per lui una necessità, una vera e propria dipendenza.

Per il momento, mi fermo qui, con i tipi che più hanno colpito la mia immaginazione: Chissà, forse ci sarà una seconda puntata con tipi aggiuntivi, ma se volete, potreste integrare il post di altri tipi, magari il mio, voi stessi nei vostri commenti.

giovedì 7 ottobre 2010

IL 2010 ANNO DEI DISASTRI AMBIENTALI

Maledetto 2010: l’ennesimo disastro ambientale che si aggiunge alla lunga lista a cui abbiamo assistito sin dai primi mesi dell’anno. Stavolta, è successo in Ungheria, una delle produzioni chimiche più inquinanti, quella dell’alluminio, a causa della rottura di un argine, ha dato luogo a danni ambientali tuttora non quantificabili. Di fronte a questi continui disastri, e un anno come il 2010 da questo punto di vista non s’era mai visto, stiamo ancora a baloccarci sul PIL, come si fa ad aumentarlo, come facciamo ad essere competitivi a livello globale, come facciamo a strappare l’osso al nostro simile che vive in estremo oriente o in Sud America. Che l’aumento del PIL comporti inevitabilmente un aggravamento della situazione ambientale, nessuno lo mette in dubbio, se non attraverso la fideistica pretesa di miglioramenti tecnologici futuri. E’ curioso il fatto che uno scienziato non metterebbe mai il carro davanti ai buoi, dare per scontato un processo tecnologico innovativo ancora tutto da inventare, mentre è l’esercitazione preferita di tanti sociologi e politologi che, non conoscendo nulla di scienze sperimentali, hanno trovato il loro nuovo idolo da adorare: del resto, è tipico dell’ignoranza la divinizzazione come la demonizzazione.

Se ad oggi non abbiamo le conoscenze scientifiche, prima ancora che i mezzi tecnologici per ridurre significativamente l’impatto ambientale dei processi produttivi, se una concorrenza crescente spinge a una riduzione delle misure di sicurezza, non sarebbe saggio prima di tutto smettere di crescere, smettere di valutare la qualità della nostra vita sotto l’esclusivo o prevalente profilo del livello quantitativo degli oggetti di cui ci circondiamo?

Vorrei ricordare la recente dichiarazione del ministro dell’economia Tremonti, secondo il quale la sicurezza nei processi produttivi è un lusso che non ci possiamo permettere. Io vorrei allora chiedere se questo viene considerato un lusso eccessivo, cosa dovremmo dire delle venti residenze del premier, che, poverino, si sente in imbarazzo quando gli si dice di tornarsene a casa, perché non saprebbe dove andare? Non dovremmo forse fargli il favore di lasciargliene una sola, in modo che questo povero uomo abbia un unico indirizzo verso cui dirigere i suoi passi?

Si profila quindi una situazione che si temeva da tempo, che anch’io nel mio piccolo avevo preconizzato, l’incapacità delle folle istupidite di riconoscere il baratro a cui l’umanità si sta avviando a passo sostenuto, sotto la guida del pirla di turno, che in questo ruolo di guida verso la catastrofe trova il suo appagamento. Cosa mai deve ancora accadere, quali altri disastri devono ancora avvenire perché suoni la sveglia e si ricominci a ragionare fuori da schemi ideologici produttivistici senza alcuna razionalità? Certo, i disastri ecologici possono essere ben più distruttivi di quelli che abbiamo osservato, ma ciò che temo è che quando si verificheranno, sarà già troppo tardi per porvi rimedio.

Per il momento, osserviamo, se abbiamo occhi per vedere, che la lista di disastri è già lunga, e mancano ancora mesi alla fine dell'anno. Siamo costretti allora a nominare il 2010 come l'anno dei disastri ambientali, sperando che già il 2011 non lo scalzi da questa graduatoria.

lunedì 4 ottobre 2010

FEMMINISMO: NE DANNO IL TRISTE ANNUNZIO AMICI E PARENTI

Non ci volevamo credere, sì, la malattia è stata lunga e spossante, una lunga agonia con improvvisi e purtroppo temporanei miglioramenti. Peccato, da bambino prometteva davvero tanto, sempre circondato da consensi palesi e da nemici, tanti eh anche allora, ma sempre nell’ombra. Eppoi, non si dice “tanti nemici, tanto onore”? No, lo dicono solo quelli, ma insomma è stato davvero un bimbo precocissimo e assai autoritario sin da quando ha imparato ad esprimersi. La separatezza, ah questa separatezza che doveva servire al bambino per crescere senza inquinamenti educativi dai temuti maschi. Essì, bisognava raddrizzare il mondo, permettere all’altra metà del cielo di influenzare i destini dell’umanità, e per farlo, pazienza se bisognava zittire i maschi, essi non possono capire, e non lo possono proprio in qualità di maschi.

Ne è passato tempo d’allora, il mondo non l’hanno cambiato i marxisti, e neanche le donne in verità, l’hanno cambiato gli avversari, gli odiati capitalisti. E allora che ti fanno le donne? Con un clamoroso capovolgimento di prospettiva, smettono direi di colpo di desiderare di cambiare il mondo. Sì, nessuno che neghi che il mondo è sbagliato e che va cambiato, ma insomma il compito è troppo impegnativo, vedremo più avanti, per il momento le donne devono pensare a sé stesse, devono, dicono, difendere la possibilità delle donne di esprimersi liberamente. Ebbene sì, alla fine anche le femministe sono andate ad inciampare in questo vocabolo, benedetto e maledetto nello stesso tempo, il termine forse più ambiguo che l’umanità abbia coniato. Ma così, negando il compito primitivo e fondativo, quello cioè che le donne avrebbero cambiato il mondo per tutti, maschi compresi, non è che il bambino ha cambiato fattezze perché adulto, no, è proprio morto, si è dissolto. Proprio in nome del famoso interesse generale, il femminismo meritava, o forse dovrei dire imponeva, di essere appoggiato, magari nell’ombra, magari seguendo quasi passivamente, anche i maschi condividevano un sogno.

Cosa caratterizza il femminismo oggi? Da una parte la rivendicazione delle donne di potere condividere tutti i tradizionali privilegi del maschio: se il maschio va nei locali ad osservare le donnine nude, allora fa tanto femminista osservare i maschietti nudi. Dall’altro, il femminismo diventa una sorta di solidarietà interna alle donne: dovere di ogni donna è difendere le altre donne senza se e senza ma, senza cioè entrare nel merito di ciò che quella donna fa.

A parte che l’ovvia conseguenza di un femminismo inteso come partito delle donne è di provocare il rafforzamento del partito degli uomini, e che un tale femminismo è la migliore forma di stimolo di un corrispondente maschilismo, l’un sesso contro l’altro armato, come negare che proprio donne possano costituire il pericolo più grave per le altre donne e per lo stesso femminismo?

Esagero? Certo esagero, e lo faccio a scopo dialettico, ma davvero la difesa a spada tratta della D’Addario da parte della Dominijanni, tanto per fare un esempio significativo, mi pare davvero, proprio perché ne è protagonista un’acuta giornalista apparentemente progressista (scrive sul Manifesto), ci indica una gigantesca confusione mentale che a quanto pare risparmia ben poche persone ormai.

Non si può eludere ormai la domanda fondamentale. Le donne contano senz’altro di più nella società, buon per loro, o almeno per quella piccola frazione (alla Marcegaglia insomma) che ha davvero potere: ha questo comportato un miglioramento della società nel suo complesso? Temo di dovere dire risolutamente di no, perchè al contrario viviamo tempi bui. Non dovremmo sensatamente concludere che quantomeno si tratta di due processi indipendenti l’uno dall’altro? O non dovremmo spingerci ancora più in là, ed ammettere che le donne che accedono al potere in una società immodificata, possono costituire al contrario il rafforzamento più efficace di un universo maschilista come veline ed escort di ogni tipo ci mostrano? E difendere una escort non costituisce un assist per questo mondo maschilista ed anzi specificamente per la sua parte più maschilista?

A questo punto, mi arrogo il compito di medico legale e certifico che il femminismo è morto (sempre sperando che possa resuscitare…).

venerdì 1 ottobre 2010

LE ELEZIONI POTREBBERO NON ESSERE COSI' PROSSIME

Ma siamo davvero certi che si voterà la prossima primavera? Mi pare che sulla stampa sia dato sostanzialmente per certo, e lo scoop de La7, che è riuscita a registrare il colloquio tra Vendola e Maroni sembrerebbe la prova provata che quest’esito sia scontato. Faccio tuttavia presente che Maroni, essendo della Lega,. È certamente interessata a votare al più presto per contabilizzare un trend elettorale in crescita, ed analogamente lo è anche Vendola che effettivamente non rischia nulla a proporsi per le primarie del centrosinistra, e quindi può trarre solo vantaggi dalla stessa previsione di elezioni a breve, tentando la carte delle primarie subito.

Dirò adesso quali macigni ci siano in realtà sulla strada per le elezioni. Prima constatazione che mi pare ovvia, ma forse non è chiara a tutti, come si potrebbe dedurre da quanto, misteriosamente, vi abbia battuto su il PD: non esiste alcuna possibilità di modificare la legge elettorale senza l’assenso di Berlusconi o quantomeno di Bossi. Facile deduzione: non ci sarà alcuna modifica dei meccanismi elettorali, non da parte di questo parlamento, salvo rovesciamenti degli schieramenti politici a tutt’oggi del tutto imprevedibili. Questo lo si deduce chiaramente dal fatto che in Senato i finiani non risultano determinanti, e quindi nessun provvedimento legislativo può essere approvato senza convincere il blocco Lega-PDL.

La conseguenza inevitabile di elezioni in primavera con l’attuale meccanismo elettorale è che facilmente si potrebbe avere un esito per cui Camera e Senato abbiano maggioranze differenti, visto che alal Camera il premio elettorale si computa su tutto il territorio nazionale, mentre al Senato regionalmente. In un precedente post facevo notare come le simulazioni condotte nell’ipotesi che si costituisca un grande centro con UDC, API, FLP ed MPA, portavano a una Camera ancora a maggioranza PLD-Lega, mentre al Senato questo stesso blocco di forze sarebbe risultato minoritario. Questa ipotesi di schieramenti elettorali, uno di sinistra costituito dal PD, IDV e tutto quello che sta alla sinistra del PD, uno di centro costituito come ho già detto, ed il solito schieramento di destra PDL-Lega, tuttora considerato il più ovvio, porterebbe quindi all’ingovernabilità. Non basterebbe cioè un accordo post-elettorale tra sinistra e centro, perché questi possano governare.

Ecco quindi che si affaccia una seconda ipotesi, quella dell’alleanza tra PD, IDV e non so chi altri e uno schieramento di centro. La differenza in questa ipotesi è che così si avrebbe una maggiore probabilità di portare a casa il premio di maggioranza previsto alla Camera. Tuttavia, anche questa ipotesi ha aspetti deboli. Oltre a quello di rischiare di sprecare i voti dell’area di opinione più a sinistra, ce n’è un altro, e cioè il destino del nascituro FLI. Come ho già sostenuto in altri post, credo che per questi, sarebbe un suicido politico schierarsi con il PD. Condivido la convenienza politica che Fini ha chiaramente enunciato di rimanere, non dico a destra, ma quantomeno fuori dalla sinistra: sarebbe impossibile per questi, che pretendono una loro coerenza politica, trovare uno spazio politico alternativo a sinistra, essi sparirebbero dal panorama politico. In altre parole, l’ipotesi di un’alleanza larga che vada dal PD al centro, l’unica che presumibilmente potrebbe ottenere la maggioranza anche alla Camera, vede due vittime sacrificali, l’una ciò che sta a sinistra del Pd,ed in particolare quelli che oggi non sono rappresentati in parlamento, e l’altra Fini ed i suoi. Se la sinistra non ha armi per contrastare questo progetto, se non compattarsi e tentare comunque di conquistare una sua propria rappresentanza parlamentare, Fini ha oggi carte importanti per tentare di scongiurare questa ipotesi così contraria ai suoi interessi politici, costituisce l’ago della bilancia alla Camera.

Qui, si inserisce la questione di come venga a configurarsi il rapporto tra FLI e PDL (FI?). La stampa ha sempre ripetuto che per Berlusconi, si sarebbe prospettata una difficile situazione di governo sotto ricatto. Peccato che questi fini commentatori si siano dimenticati che Berlusconi pè stato sempre sotto ricatto, sotto ricatto da aprte del duo Bossi-Tremonti, e mi pare di poter dire che c’abbia convissuto benino tutto sommato. Potremmo dire che oggi si aggiunge un nuovo ricatto, nulla di realmente sconvolgente. Io però aggiungerei che il ricatto è reciproco. Siamo poi così certi che Fini abbia questi grandi poteri ricattatori, quando anch’egli dipende dalle scelte di Berlusconi? Intanto, sulla fiducia al governo, mi pare che il ricatto di Berlusconi abbia funzionato meglio di quello opposto, la fiducia è stata data senza minimamente contrattare né la mozione scritta approvata, né tanto meno il discorso pronunciato. Se come a me pare Berlusconi adotterà il sistema di non contrattare nulla e portare i provvedimenti direttamente in parlamento, sfidando, come ha fatto con la mozione di fiducia, i finiani a votare contro, la cosa gli potrebbe funzionare. Difatti, Fini è colui che ad oggi ha il maggior timore di andare alle elezioni, visto che rischia di non trovare una coalizione in cui collocarsi, così rischiando l’estinzione politica. Saremmo cioè nella situazione di uno che punta una pistola scarica, e che, invece di logorare il proprio avversario, rischia di essere lui ad essere logorato, a fare lo zerbino del governo senza potere esercitare alcuna contrattazione.

Riassumendo, la situazione è ingarbugliata, perché chi ha il potere di scegliere la coalizione elettorale, Casini in primis, è differente da chi ha il potere di fare cadere il governo, FLI in primis. Ora, se gli interessi di questi due soggetti non coincidono, si tratta di due poteri del tutto virtuali, si annullano a vicenda favorendo il solito Berlusconi.

Al Pd in particolare si pone una questione cruciale: come far cadere il governo Berlusconi, senza nel contempo andare verso la prospettiva di un parlamento ingovernabile.

Vedete come il meccanismo elettorale dia in questo senso un enorme potere a Berlusconi, un potere credo gravemente sottovalutato dalla maggior parte della stampa, e come pertanto non ci sia speranza di cambiarlo prima delle prossime elezioni: sarebbe come se Berlusconi consegnasse la pistola che gli permette di tenere sotto tiro un po’ tutta la politica italiana.