martedì 29 giugno 2010

IL G8/G20 E LO STATO DELLA DEMOCRAZIA MONDIALE

E’ davvero sorprendente leggere i commenti che la stampa internazionale ha dedicato all’esito dell’ennesimo G8/G20, tenutosi recentemente in Canada. Senza andare tanto lontano, i nostri giornali si sono affrettati a scrivere sulla mancanza di decisioni davvero unanimi, su una risoluzione comune che viceversa nasconderebbe un dissenso di fondo tra le due opposte sponde dell’Atlantico. Da una parte quindi, secondo questi abili commentatori, ci starebbero gli USA, che spingerebbero per sostenere la ripresa produttiva, dall’altra i paesi europei, Germania in testa, a dare la priorità al risanamento dei bilanci pubblici. Mi chiedo davvero se essi stessi credano a questa storiella che vanno raccontando. La domanda che pongo è facile facile: dove sta la differenza? Dopo la sciagurata scelta di accollare ai bilanci statali il peso delle perdite delle istituzioni bancarie, la strada per uscire dalla crisi è diventata sempre più impervia, visto che la diminuzione delle attività produttive riduce le entrate fiscali, così appesantendo i bilanci statali. Se si vuole mantenere un disavanzo uguale, bisogna conseguentemente ridurre le uscite, il che alla fine si traduce in meno liquidità circolante, e un avvitarsi della decrescita. Allora, ripeto, dove sta la differenza? A me pare che stiano dicendo tutti le stesse cose, del tipo tentiamo di non deprimere l’attività economica, nel contempo senza intossicare ulteriormente i conti pubblici. La misura di tutto ciò non è definibile una volta per tutte, e soprattutto per tutti quanti. La verità pura e semplice è che questo difficile equilibrio, o meglio equilibrismo, nessuno sa davvero come attuarlo.

Non tirate però conclusioni affrettate, non è che essi, questi capi di stato di stati potenti non potessero decidere davvero qualcosa di utile, è che non l’hanno fatto. Essi avrebbero sensatamente dovuto fare un’operazione che a me, e non credo di essere il solo, appare ovvia e doverosa: riaffermare la propria autorità. Avrebbero essi dovuto dichiarare che gli stati devono essere sovrani, tutti gli stati, e che per parte loro, essi avrebbero preso iniziative adeguate a chiarire chi comanda. Questo messaggio sarebbe dovuto giungere forte e chiaro al mondo finanziario, avrebbe dovuto chiarire che il gioco di attaccare i singoli stati ad uno ad uno non sarebbe stato tollerato, che essi cioè erano pronti ad assumere le decisioni anche più drastiche, tipo la stessa chiusura dei mercati, se si fossero manifestati episodi di speculazione particolarmente gravi per gli equilibri finanziari globali. La vera alternativa insomma era tra dare il comando a istituzioni finanziarie private o riconfermare l’autorità degli stati. Col loro inutile balbettio, hanno lasciato ancora una volta che speculatori privati di ogni tipo e di ogni nazionalità riprendano la loro attività di attacco sistematico, senza alcun timore reverenziale, alle prede più facili, inibendo così ogni possibile iniziativa delle nazioni che possa effettivamente portare fuori dalla crisi.

Ormai, è più che è evidente che la politica economica è completamente sfuggita di mano agli stati, che ci sono cupole affaristico-mafiose che hanno preso il sopravvento davanti a una classe politica mondiale imbelle, anzi francamente inetta, e che non solo non v’è alcuna prospettiva realistica di uscire dalla crisi, ma che forse dovremmo rassegnarci a farci comandare da un Marchionne qualsiasi, e probabilmente da qualche grossa organizzazione criminale internazionale. Questo significa insomma che la democrazia è ormai un affare del passato, e che siamo già in una società che devo ancora decidere se chiamare post-democratica, o ademocratica.

lunedì 28 giugno 2010

LETTERA APERTA A JOSEPH RATZINGER

Caro Joseph, il tuo papato si va manifestando come una dei più sofferti, con attacchi da più parti alla chiesa al cui comando tu sei stato nonimato. Molti sono i commenti che sono apparsi a tua esplicita difesa. La tesi sostenuta è in sostanza che tu ti sia trovato in un mare di problemi a te preesistenti, di situazioni precostituite, e che è ingeneroso se non francamente ingiusto addebitare a te colpe che non ti appartengono perché tramandate da papati precedenti. E’ una tesi apparentemente alquanto improbabile, perché tu non sei apparso sulla scena del Vaticano all’improvviso, un oscuro pastore di un paese lontano, alieno agli ambienti della curia romana. Come sappiamo tutti, il tuo peso a quei tempi, in quanto presiedevi una fondamentale commissione vaticana e in sostanza dettavi la dottrina, era già enorme. Per inciso, ho trovato sin dall’inizio un errore madornale che in conclave sia uscito il tuo nome come nuovo pontefice, una semplice registrazione di un rapporto di forze che ti vedeva prevalere come l’uomo più potente, e quindi un’incapacità a cogliere l’importanza di innovazione e della importanza della capacità di comunicazione di chi è chiamato a fare il papa, su cui, francamente, sei davvero una schiappa, e non è necessario citare tutte le gaffe che tu hai compiuto, soprattutto nei primi mesi del tuo papato: sono note a tutti. Apparentemente, il conclave ha fatto la scelta in direzione di un ritorno a una chiesa più tradizionale, un richiamo alla dottrina, lasciando da parte quella straordinaria operazione di rinnovamento partita dal Concilio Vaticano II e sostenuta con varie accentuazioni e differenziazioni in tre successivi papati, e che tu quindi eri chiamato ad annullare, a mettere la parentesi di chiusura facendone un episodio momentaneo.

Ciò che oggi appare è che la Chiesa non ha proprio tempo e risorse per occuparsi di questioni dottrinali, perché problemi molto più attuali e urgenti l’assalgono, così da doversi dedicare a tempo pienio alla propria difesa che per certi aspetti appare disperata.

L’aspetto più evidente è certamente costituito dalle questioni attinenti i numerosi episodi di pedofilia, e soprattutto della copertura data dalla Chiesa a tali episodi. Non mi soffermerò più di tanto su quanto anche tu sia stato accusato di un tuo personale coinvolgimento, e in genere su questi aspetti. Non che io non mi renda conto della loro importanza o della tragicità delle situazioni che così sono state create. Il motivo è che vorrei centrare la mia attenzione sul secondo tipo di aspetti, quelli finanziari.

Io li chiamo finanziari, ma non è difficile comprendere che questo tipo di questioni, per la loro rilevanza, diventano immediatamente politici. I fatti, la situazione di fatto esistente, è abbastanza nota. La Chiesa costituisce una delle potenze finanziarie mondiali maggiori. Se vogliamo limitarci all’Italia, il patrimonio immobiliare della Chiesa è enorme, soprattutto nella capitale. La Chiesa ama ricordare le organizzazioni caritatevoli che portano assistenza e sostegno per la sopravvivenza di popolazioni di lontani paesi poveri, ma così pretende che tutti noi crediamo alle sue affermazioni come articolo di fede, come se tutti fossimo credenti. La gestione delle risorse economiche da parte della Chiesa è assai occulta, in passato come anche oggi lo IOR ed altre organizzazioni finanziarie direttamente risalenti alla chiesa, hanno operato in maniera che eufemisticamente definirò poco chiare, opponendo un rifiuto a fornire i dettagli di singole operazioni, in sostanza dei propri conti. Nello stesso tempo, è noto che questo patrimonio immobiliare viene utilizzato, o direttamente o indirettamente, per fini di lucro, usufruendo nel contempo dei fortissimi sgravi fiscali che l’Italia le offre. I fatti sono questi, e di fronte a tali evidenze, la chiesa pretende che noi le crediamo sulla parola, dicendo che però questi utili, questo enorme flusso di denaro viene poi utilizzato per fini di bene. Insomma, sarebbe come dire: io sono buono e quindi non devi dubitare delle mie azioni, che devono essere per definizione buone, e quindi smettila di rompere le scatole facendo le pulci ai miei conti finanziari.

Nel contempo, vicende giudiziarie coinvolgono in pieno la chiesa: valga per tutte la vicenda Sepe, ma ancora più significativo è il coinvolgimento della chiesa e dello IOR nelle tempestose vicende della Protezione civile.

Insomma, Joseph, abbiamo interi decenni di vicende non soltanto vaticane ma anche italiane, su cui è calato un velo di silenzio e di occultamento, e che l’istituzione che tu presiedi aiuta attivamente a mantenere nell’oscurità in cui si ritrovano. Abbiamo alte onorificenze date dal vaticano a persone poi risultate pesantemente coinvolte in vicende di corruzione, abbiamo insomma, e ti prego Joseph di non negarlo, un ruolo svolto dalla chiesa sulla vita sociale, economica e politica italiana attivamente a favore di fatti corruttivi. Allora, non credi anche tu che non possa esserci nessuno che assumere per questa antica istituzione un atteggiamento di benevolenza? Allora, mi chiedo, ma non che coraggio un personaggio come bertone è stato da te nominato segretario di stato? Ma ti pare che Bertone sia davvero una persona al di sopra di ogni sospetto come credo tutti, e soprattutto i credenti avrebbero il diritto di richiedere? Se tu Joseph ti affidi sempre agli stessi tipetti che hanno collaborato ai numerosi vizi e vizietti di questa Italia, se non hai il coraggio o la forza di fare pulizia a casa tua, ma allora questo vittimismo che ostentate su quale ragionevole base poggia? Almeno, Joseph, te ne prego, dammi questa buona notizia, che Bertone ha rassegnato le dimissioni dalla sua carica, e magari nomina un vescovo, che so, dell’Uganda, che magari conosce a stento l’italiano, e così forse conosce anche a stento tutte quelle trame che i corridoi vaticani nascondono, e in cui, forse non te ne sei ancora pienamente reso conto, rischi di rimanere invischiato come una mosca in una ragnatela. E poi non dire che non ti avevo avvisato!

venerdì 25 giugno 2010

MA DAVVERO GLI AZZURRI DEVONO TORNARE A CASA?

La debacle della nazionale di calcio occupa il titolo principale della gran parte della stampa italiana. Una questione in grande evidenza è se tale fallimento clamoroso degli azzurri sia un episodio a sé, oppure non sia che un aspetto di un degrado complessivo del nostro paese. Io sposo questa seconda ipotesi senza tentennamenti. Ma vorrei aggiungere che la stessa scelta operata dai giornali su questi titoli così pesanti, e alla fine anche pressocchè uguali, è esso stesso sintomo di un degrado. Voglio dire, abbiamo un campionato che è stato condizionato dalla cricca Moggi, interessi economici enormi, stadi diventati la sede per lo sfogarsi del peggio del vandalismo nostrano, squadre inondate di giocatori stranieri, una nazionale costruita da Lippi con criteri che definire discutibili è usare un eufemismo, non una delle partite giocate in modo appena decente in Sudafrica, e però si aspetta la sanzione finale dell’esclusione per riempire le pagine dei quotidiani con insulti di tutti i tipi. Ecco, la stampa, nella sua maggioranza, è l’immagine abbastanza fedele del nostro paese, un paese non in grado di intervenire nei tempi atti a potere modificare gli eventi, non in grado di condurre una battaglia coerente contro qualcosa che si giudica negativamente, ma pronta a riempire ben 13 (dico tredici!) pagine a gettare la croce sui responsabili, come se tutti i problemi sorgessero da una partita che invece è soltanto l’ultima puntata di un andazzo che dura da anni. Dato lo stato comatoso del sistema paese, dato il governo che dobbiamo sopportarci, la cui finalità evidente è di evitare la galera ai suoi componenti, dato il rincretinimento generale indotto nella popolazione dal peggio della TV e dell’informazione, ma davvero dovevamo aspettare di essere buttati fuori dai campionati mondiali di calcio per accorgerci in che sorta di cloaca siamo finiti?

martedì 22 giugno 2010

LEGA: FURBIZIE E PROBLEMI

Secondo me, la Lega si sta incartando. A me sembra che un ciclo si sia ormai chiuso. Proprio nel momento in cui di trova propri governatori eletti, la Lega sembra già mostrare i suoi limiti. La Lega, dobbiamo dirlo, è in realtà un gigantesco bluff costruito da un non comune talento politico come quello rappresentato da Bossi, ma, visto che si tratta di un bluff, non può pensare di andare avanti di successo in successo. La Lega è una versione aggiornata della Democrazia Cristiana. Come questa, ha creato la sua fortuna basandosi su una costante presenza nel territorio, che simula le parrocchie di cui disponeva la prima DC. Come la DC, si propone come una forza interclassista che vuole quindi rappresentare l’intero spettro della società, almeno di quelle settentrionali. Come la DC, però, la Lega comprende che il vero potere non è quello che si conquista alle elezioni. Il consenso elettorale è certo un ingrediente indispensabile per costruire un gruppo di potere, ma è ben lungi dall’essere sufficiente. Ciò che conta è acquisire posti nell’amministrazione dello stato, e nelle istituzioni finanziarie. Non è certo un caso che Bossi abbia rivendicato esplicitamente una presenza leghista nelle fondazioni bancarie, così come non è un caso che la Lega utilizzi il suo potere politico per costruire sul loro territorio una rete di gente fidata, posta in gangli vitali del potere di gestione del territorio, come pure è significativa la loro dichiarata volontà di mantenere le province. E’ altresì chiaro che questo volere acquisire un potere a tutto tondo la condannerà presto a diventare un partito di corrotti. La gente che conta non cambia casacca per un motivo ideale: se passa alla Lega, pretende di avere un tornaconto, e credo che la Lega si sia pienamente resa conto del prezzo che dovrà pagare a questa “leghizzazione” del Nord. Non credo che i leghisti disdegnino l’acquisizione illecita di vantaggi finanziari e non, come sembra dimostrare la premura del papà Bossi a sistemare i figli senza andare troppo per il sottile. Non credo proprio che la Lega si possa presentare come un gruppo di onesti al servizio del popolo padano. I loro elettori lo credono, ma questa favola sarà presto smentita.

Passando adesso agli aspetti più specificamente politici, credo che risalti il vuoto di idee di questi signori, molto furbi certo, ma privi di un quadro di riferimento, di un vero obiettivo ideale. Blaterano di nazione padana, di mito celtico, della sacra ampolla dell’acqua del Po, una serie di storielle per bambini un po’ deficienti. Aldilà di questa mitologia così grossolana per gente credulona, nella pratica politica quotidiana, la Lega propone degli obiettivi, le cui motivazioni appaiono quanto meno discutibili. La forza della Lega è, in sostanza, dovuta a una gigantesca faccia tosta. Questi sono così sfrontati che pronunciano le enormità più improbabili con fare fermo, la voce stentorea, l’espressione del volto sicura. Purtroppo, non c’è nulla da fare, l’italiota medio è fondamentalmente stupido, e si fa abbindolare dalle barzellette di Berlusconi come dai nonsense dei dirigenti leghisti.

Quello che però costituisce una novità è l’apparente perdita di lucidità di Bossi, e quindi di tutti loro, visto che il pensare è stato delegato “per sempre” al gran capo. Se Bossi va fuori di testa, o comunque sbaglia una mossa, nessuno sarà in grado di correggerlo: sarebbe lo stesso che un parroco osasse correggere il Pontefice.

Ora, da qualche giorno a questa parte, non si vede una razionalità nei comportamenti e nelle dichiarazioni di Bossi. Volevano fare il federalismo fiscale per riempire di loro uomini i nuovi uffici fiscali che sono richiesti ad ogni livello, ma i costi giganteschi dell’operazione ne impediscono con tutta evidenza il varo nel pieno di una crisi economica delle proporzioni di quella presente. Per fare tutto quello che avrebbero voluto fare, avevano bisogno di Berlusconi. Il piano era di comandare loro, assieme all’amico Tremonti, lasciando il palcoscenico a Berlusconi, trattato come il patetico buffone che procura voti e che può dare sfogo al suo sconfinato esibizionismo. Il ruolo di Berlusconi era essenziale per potere distinguersi, prendersi tutti i vantaggi dello stare al governo, scaricando su di lui tutto ciò che non andava. Le cose però si sono messe diversamente, con la protezione civile le porcherie sono diventate così clamorose che non si potevano più coprire, Fini ha iniziato a ricordare la propria esistenza, Formigoni e CL non intendono mettersi da parte.

Il risultato sembra che, saltata la tattica tenuta in questi ultimi anni, la Lega sembra non avere alcuna ipotesi alternativa. A questo punto, si torna alla secessione, tanto per distrarre il proprio elettorato, continuare a menarlo per il naso verso strade impraticabili, o comunque non gradite soprattutto a loro stessi. Insomma, per coprire il chiacchiericcio che li coinvolge pienamente, in questi scontri di potere all’interno della maggioranza (l’opposizione non esiste), urlano frasi rituali sperando che il tempo gli risolva qualche problema. Non credo davvero che ci saranno soluzioni automatiche alle situazioni venutasi a creare, e questo guadagnare tempo di leghisti e di tutti i politici di maggioranza appaiono come l’ultima risorsa di chi non sa più che pesci pigliare. Ciò non deve però farci sottovalutare l’esplosività della situazione esistente: giocano col fuoco come se non sapessero che il fuoco brucia. Soffiare sul fuoco della secessione può trasformare la farsa di una classe politica mediocre nella tragedia di un popolo.

lunedì 21 giugno 2010

BERSANI, NON BASTA ESSERE SPIRITOSI E BRILLANTI

Ha avuto una certa risonanza l’ultimo discorso pronunciato dal segretario del PD Bersani, che tanti commentatori hanno trovato “tosta”, sufficientemente critica e nello stesso tempo ironica, verso il governo. Qualcuno si è spinto fino a dire che finalmente sembra che il PD ingrani su una politica di opposizione. Dirò subito che dissento da questa interpretazione. Bersani ha avuto la ventura, nel vero senso del termine, cioè si è imbattuto, senza alcun merito in verità, in una crisi all’interno della maggioranza, e da persona intelligente e politico navigato ne approfitta largamente. Ciò però, ed è qui secondo me l’errore compiuto da tanti, non fa una politica alternativa, e quindi non sembra davvero che il PD abbia neanche iniziato a superare quello che appare il suo problema d’origine, l’incapacità di formulare una sua linea politica coerente ed efficace, e che si manifesti in qualche misura alternativa a quella della destra. Basti a questo scopo citare il silenzio su Pomigliano, una cosa notata da molti. In effetti, appare clamorosa una posizione di un partito con le ambizioni maggioritarie del PD non spendere una singola parola su una questione, la cui centralità è evidente a tutti. La centralità di Pomigliano è accentuata, aldilà dello stesso merito della questione, dal fatto stesso che Marchionne, in piena rappresentanza del capitale, assuma un ruolo così tanto da protagonista nell’influenzare la stessa politica economica del nostro paese. Qui, siamo all’afasia della politica, un governo ed una maggioranza che non definiscono una linea, qualunque essa sia, di politica economica, ma si limita a ridurre percentualmente tutte le voci di spesa, tranne quelle ministeriali ovviamente, che pensa di garantire i più poveri con strumenti ridicoli come la social card, i cui fondi finiscono più nelle connesse spese amministrative che nelle tasche degli interessati, con la declamazione acritica e perfino ridicola per tanti aspetti del federalismo fiscale. A fronte di ciò, la cosiddetta opposizione non dice nulla sulle questioni fondamentali dei rapporti tra imprese e lavoratori, per il semplice motivo che non riesce a trovare alcun accordo al proprio interno, e quindi per tirare a campare conviene tacere e lasciare fare a Marchionne. Per questo, non mi stancherò di ripetere che il punto fondamentale sta nel rimettere la politica al primo posto: guai a lasciare che meccanismi pseudoautomatici, ma in realtà profondamente ideologici determinino le scelta fondamentali di una nazione. No, non vedo proprio alcuna svolta nel PD, solo una contingenza favorevole che permette a Bersani di sferrare un attacco magari anche efficace contro il governo, ma dietro cui si riconosce perfettamente un vuoto di ideee e di iniziativa politica, quella stessa che il PD ha manifestato sin dalla sua costituzione.

sabato 19 giugno 2010

COME NON SCRIVERE UN ARTICOLO

Mi vedo costretto a riintervenire sulla politica interna, perché non si può davvero tacere a proposito di certa stampa e di certi giornalisti. Ieri è apparso su “La Stampa” a firma di Federico Geremicca, un articolo che a mio parere andrebbe utilizzato nelle scuole di giornalismo per spiegare ai discenti come non si scrive un articolo.

Ma come, egregio signor Geremicca, Bossi fa una dichiarazione e Lei gli crede sulla parola? Un cronista politico che dunque ignora che un politico dice raramente la verità? Ma scherziamo, dunque per Lei Bossi, un politico ultranavigato, ha scoperto improvvisamente che il Capo dello Stato avrebbe potuto non firmare? Ci si incammina lungo un certo percorso politico e parlamentare di enorme rilevanza, e ci si dimentica che le leggi approvate dal Parlamento devono essere promulgate dal Capo dello Stato? Ma allora siamo davvero in mano a un gruppo di rimbambiti che dimentica l’alfabeto dei meccanismi istituzionali!

Ma a lei non è passata per il cervello l’ipotesi che sia Bossi in prima persona a voler affossare questa legge? Che il richiamare un conflitto col Quirinale sia solo un escamotage per non dichiarare la propria scelta così apertamente in conflitto col premier? Qui, come ho già detto in un precedente post, è stato sottoscritto un patto scellerato di scambio tra decreto economico e DDL sulle intercettazioni, che è stato violato proprio da Bossi, non si sa se dopo aver cambiato opinione o se egli l’abbia sin dall’inizio sottoscritto con la segreta intenzione di violarlo. Oggi sentiamo che da parte sua Berlusconi intende riscrivere il decreto economico. Possibile che a un giornalista avveduto come Lei non venga il dubbio che questi provvedimenti siano diventati terreno di scontro all’interno della maggioranza, e scontro davvero sanguinoso? Io dubito che berlusconi ce la farà a modificare significativamente il decreto legge, ma in ogni caso la sua è evidentemente la reazione di una persona che si ritiene tradita, e che alla fine ha compreso di essere caduta vittima di un agguato. Lasciamo stare il Presidente Napolitano, di cui lei esalta il ruolo da protagonista ottenuto paradossalmente astenendosi dall’intervenire. Se proprio vogliamo attribuire un ruolo a Napolitano, è stato quello di stanare, involontariamente però, Bossi, costringendolo a dichiare l’abbandono del DDL a cui Berlusconi teneva tanto.

Infine, egregio Geremicca, Lei offende la propria intelligenza offrendo ai suoi lettori una lettura così superficiale, così incapace di leggere tra le righe, da determinare una loro opinione assolutamente fallace della realtà.

giovedì 17 giugno 2010

L'OPACITA' DELLA SITUAZIONE POLITICA

Dunque, nel breve giro di poche ore, la situazione politica è nuovamente cambiata. Qui, appare sempre più evidente che si stanno cucinando per bene Berlusconi. Infine, anch’egli si è dovuto convincere che non sarà approvato alcun DDL sulle intercettazioni, ovvero se ne sarà approvato uno, sarà solo il simulacro di quello approvato al Senato. Adesso, fa addirittura come i bambini, lamentandosi che non può, guarda un po’, fare ciò che vuole. Si presta così alla facile satira da parte di Antonio Polito che gli da’ sostanzialmente dell’impotente, uno insomma che non riesce a combinarne una giusta, impegnato in cause impossibili. E’ Bossi quello che, scusando la volgarità dell’espressione, lo tiene per i coglioni, dettandogli l’agenda politica. Se è vero, come ipotizzavo nel precedente post, che ci sia stato un patto scellerato tra Berlusconi e Tremonti – Lega, il flop sul DDL intercettazioni sembrerebbe indicare che ora si permettono anche di violare gli accordi presi. Devo aggiungere che anche il percorso del decreto economico non sembra dei più tranquilli, e certo diventa un esercizio ben difficile comprendere quanto ciò che i politici dicono corrisponda a ciò che pensano, o se piuttosto la motivazione dichiarata sia solo una scusa per giustificare un atteggiamento derivante da ben altre motivazioni reali. Ad esempio, come interpretare la posizione di Formigoni? E’ tutto dovuto ai settecento milioni sottratti alla regione Lombardia dal decreto, oppure bisogna credere che sia un aiuto dato a Berlusconi nel difficilissimo equilibrio di potere a due che si evidenzia in questi giorni? Infine, perfino l’apparentemente solidissima alleanza tra Tremonti e la Lega sembra vivere momenti di tensione. Forse Bossi non è così disponibile ad obbedire alla cupola mafioso-affaristica internazionale che imperversa nel mondo, e da noi parla per bocca di Marchionne sulle vergognose vicende di Pomigliano. Nel quadro complessivo, non è neanche chiaro che fine farà il federalismo fiscale. Questa opacità del quadro politico sembra suggerire che davvero siamo nella stagione dei lunghi coltelli, in cui diventa vitale per le varie fazioni in lotta occultarsi, non far capire quale sia l’obiettivo reale. L’unica cosa che appare chiara è che ormai Berlusconi è stato scaricato da tutti. La cricca della protezione civile si è dissolta e non gli offre alcuna protezione, anche Gianni Letta, debitamente minacciato di coinvolgimenti giudiziari non può aiutarlo, neanche il Vaticano può permettersi di apparire protagonista. Insomma, è stato isolato, e questo lo rende fragile e sicuramente più attaccabile, anche se è una persona che fa ancora paura. Altrettanto chiaro pare che non si è, almeno fino ad ora, saldato un fronte alternativo, e che i vari protagonisti operino per conto proprio, così che l’effetto risultante risulta di fatto alquanto casuale. Questo fa temere per il peggio per il dopo-Berlusconi così tanto atteso, ma credo, anche da temere e considerare con la massima cautela, soprattutto in tempi in cui il capitale internazionale sta lanciando un’offensiva spaventosa per distruggere tutti i diritti che i lavoratori avevano faticosamente conquistato. No, mi spiace, ma il fallimento sostanziale derivante da quel patto scellerato non mi tranquillizza neanche un po’, la situazione è sempre più torbida, e favorevole agli sbocchi peggiori.

martedì 15 giugno 2010

DIFENDIAMO LA COSTITUZIONE

Torno ad occuparmi qui di politica interna, e lo faccio in giorni che, io penso, gli storici ricorderanno a lungo. In questi mesi, vanno infuriando in Italia una serie di battaglie sanguinosissime sulla redistribuzione del potere in questa nazione. I fronti principali di questo scontro che io non esito a definire storico, sono da una parte il modo di uscire dalla crisi finanziaria, poi divenuta economica in senso lato, e l’altro quelli che sono gli argomenti del provvedimento sulle intercettazioni.

Ho già dedicato una serie di post alla situazione economica. Per me non vi è alcun dubbio che esiste una lobby affaristico-mafiosa internazionale che, ormai a distanza di decenni dalla caduta del muro di Berlino e poi dell’Unione Sovietica, ha deciso di sferrare un attacco senza precedenti alle condizioni di vita e di lavoro delle popolazioni del mondo occidentale con lo scopo evidente di tornare a un capitalismo come quello che Dickens descrive per l’Inghilterra di secoli fa. Con buona pace di Marx o forse dei suoi epigoni, qui il capitale lancia un’offensiva tutta centrata sulla sovrastruttura, cioè su un terreno culturale. Nulla più della vicenda di Pomigliano mostra quanto l’attacco avvenga su un terreno ideologico. In sostanza, il sindacato, anche la FIOM, ha concesso sull’organizzazione del lavoro proprio tutto ciò che Marchionne chiedeva, ma questa accondiscendenza non può essere sufficiente, perché il vero risultato che si vuole ottenere è semplicemente l’idea che i lavoratori godano di diritti. Ciò che Marchionne chiede in verità è di potere utilizzare gli operai come fossero masserizie, oggetti di cui potere fare ciò che si vuole. Sentivo stamane su Radiotre la rubrica “prima pagina”, ed è evidente che Marchionne ha dalla sua non soltanto il governo, non soltanto la Confindustria, ma anche tanta parte della stampa. Il giornalista de “Il messaggero”, di cui non ricordo il nome, si arrampicava letteralmente sugli specchi per sostenere l’insostenibile, e che cioè una situazione economica considerata eccezionale, potesse prevedere la sospensione di forme di garanzia offerte già dal dettato costituzionale. Ora, che diavolo di norma è una norma che può essere sospesa a piacere dal potere costituito, perfino se questo potere è addirittura detenuto da un soggetto privato, dichiaratamente ormai una multinazionale? Su questo fronte insomma, sembra proprio che la resistenza sia offerta ormai da pochi, che le truppe a disposizione del nemico i circondano con forze preponderanti, nel silenzio beota della popolazione. Qui, non vediamo Repubblica a difendere gli operai, e quel che più conta la nostra stessa costituzione, Napolitano, che c’ha massacrato con l’insistenza della necessità delle riforme condivise, egli a cui la costituzione affida la propria difesa, tace, su Pomigliano preferisce tacere, sorvolare. I distinguo tra Tremonti e la Marcegaglia, tra Fini e Berlusconi qui non si vedono, tutti concordi ad affossare ogni forma di organizzazione economica che differisca dalla pura e semplice esaltazione della libertà d’impresa. In verità, non ho sentito neanche dichiarazioni da parte di Bersani. Poiché escludo che si possa essere così idioti da non riconoscere il carattere fondamentale dello scontro in atto (ma si tratta comunque dell’ultimo atto in una sequenza forsennata di attacchi a ciò che rimane dei diritti dei lavoratori), sono costretto a credere che il mondo politico nella sua stragrande maggioranza sia schierata col capitale, La crisi economica poteva essere un’occasione storico per sottolineare i guasti di un capitalismo non contemperato dal rispetto per chi lavora: ebbene, la cupola mafioso-affaristica ha le idee chiarissime, è il momento di abbattere le residue resistenze, evviva ilo ritorno alle condizioni di pura sussistenza dei lavoratori!

L’altro fronte è quello delle intercettazioni, che però appare come un fronte tutto interno alla nostra nazione. Berlusconi ed i suoi scagnozzi, generalmente chiamati ministri, ha preso l’iniziativa su questo fronte. Anche qui, non è che sia chiarissimo perché ci sia tanto accanimento. Il punto, e su questo concordo con la De Gregorio, è che l’interesse principale è quello di danneggiare le indagini prima ancora che l’informazione. Basta riflettere sul fatto che la norma sull’informazione può comunque essere aggirata, ma non così l’effettuazione stessa delle intercettazioni. Immaginare che le grandi organizzazioni criminali l’abbiano richiesta prepotentemente mi pare più di un’ipotesi. Ciò che si percepisce è che su questi due fronti si stanno costituendo degli equilibri di potere inediti. Berlusconi agirebbe da ariete contro ogni forma di controllo di tipo giudiziario, mentre Tremonti garantirebbe col decreto economico ad eseguire gli ordini della cupola finanziaria internazionale. Si potrebbe anzi ipotizzare un fenomeno di scambio di interessi, per cui berlusconi ha infine ceduto sul decreto economico ottenendone in cambio l’approvazione del DDL sulle intercettazioni. Questo è tutto ciò che a mio parere si capisce, ma rimane fuori la comprensione di come si collochino gli altri protagonisti dlele vicende politiche, a partire da Fini e dallo stesso PD.

Io credo che la situazione sia davvero allarmante, che questo giugno ci stia consegnando delle vicende che influenzeranno forse i decenni futuri, sicuramente i prossimi anni, e che per opporsi su entrambi questi fronti non sia strettamente necessario conoscere tutto ciò che avviene nelle segrete stanze del potere. In fondo, entrambi i fronti hanno uno specifico obiettivo, l’attacco alla nostra costituzione, e che dovremmo davvero mobilitarci e mobilitare tutti per la sua difesa, per la difesa di quei principi per cui i nostri padri hanno perso anche la vita. L’offensiva di mafie nazionali ed internazionali chiede oggi questo prezzo, buttare nella pattumiera la nostra amata costituzione, e dopo vedrete che non ci sarà più alcun argine per portare a compimento il disegno dello smantellamento di ogni forma di democrazia. Tempi molto bui, bisogna tenere gli occhi ben aperti!

domenica 13 giugno 2010

CHE FINE HA FATTO IL TALK-SHOW POLITICO?

Ma c’è qualcuno in grado di spiegarmi la logica dell’interruzione estiva dei maggiori talk-shows? Improvvisamente, col sopraggiungere di giugno, sulla TV spariscono per svariati mesi programmi che, se saltassero una sola settimana nell’inverno, sembrerebbe che sia avvenuto un colpo di stato. C’è quindi una TV estiva ed una invernale, e pare che la poca serietà di noi italiani si manifesti anche qui, nel tollerare questo ritmo stagionale. Capirei, questo sì, che si alternino, che ci sia per tutti una pausa di vacanza, come dovrebbe essere ovvio e doveroso, ma qui invece è come fischiare l’inizio della ricreazione, ad un segnale convenuto nemici di sempre come Santoro e Vespa seguono la stessa sorte. E’ un po’ come certificare una volta per tutte che questi programmi non svolgono alcuna funzione di utilità sociale: come un varietà, saranno anche carini da vedere, ma costituiscono comunque un sovrappiù, qualcosa di cui si può fare a meno. Insomma, in un pasto non costituirebbero certo la portata principale, semmai il dessert, e se manca, pazienza.

sabato 12 giugno 2010

I LOF E L'ECONOMIA (2)

La seconda conseguenza su cui conviene soffermarsi un po’, è ciò che potremmo definire come trasferimento della fragilità, dal sistema finanziario a quello statuale.

Il fatto è che i titoli spazzatura stanno ancora tutti lì, sul mercato, pronti evidentemente alla minima occasione favorevole per esercitare i loro effetti nefasti. Insomma gli stati non hanno messo soldi per eliminare i titoli spazzatura, non ne avevano abbastanza neanche loro, visto che si parla di un volume di circa cinquantamila miliardi di dollari, una cifra davvero inimmaginabile per entità. Gli stati, cumulativamente, c’avranno messo qualcosa come meno di un decimo di tale cifra, una cifra sempre di tutto rispetto, ma di molto inferiore. Ufficialmente, l’intervento statale sarebbe una sorta di prestito al sistema bancario, determinando come effetto principale un aumento della liquidità. Così, con i tassi prossimi a zero, tutti trovano denaro sufficienti per evitare che le loro difficoltà, i loro buchi di bilancio, si trasformino in voragini. Rimane il fatto incontestabile che questa appare una cura paradossale, era una crisi dovuta all’invasione di titoli a tassi particolarmente bassi, e la stiamo curando facendo diventare quei titoli appetibili rispetto alle nuove emissioni a tasso quasi nullo. Come dire, obblighiamo il risparmiatore, se vuole spuntare qualcosa, a bere a questa fonte che però sappiamo inquinata. Molti si chiedono, ed io con loro, cosa potrà mai accadere quando questo effetto di primo impatto avrà esaurito i propri effetti, e qualcuno si rivolgerà al mercato per avere il denaro che gli occorre per la sua attività economica. Questa semplice richiesta, il fondamento stesso dell’esistenza dei mercati finanziari, avrà un effetto spaventoso, perché ci si accorgerà di colpo che il denaro da dare a prestito sarà sempre più insufficiente, e i tassi lieviteranno rapidamente non si sa fino a che livelli. Dove allora gli stati troveranno il denaro per finanziare i disavanzi che hanno importato dal sistema bancario? Oppure, come scenario alternativo, questo denaro c’è effettivamente, ed allora sembra ovvio attendersi lo scatenarsi di un’inflazione spaventosa a livello globale. Certo, che solo il fatto che la ripresa è avvenuta sinora a macchia di leopardo che non ha mostrato effetti di questo tipo, se si generalizza, allora mi sa che capiremo che la crisi non era ancora cominciata, la crisi non sta alle nostre spalle, sta nel nostro prossimo futuro. Evito qui di citare l’aspetto per me più rilevante, e cioè la scleta dello stesso metro nel misurare la crisi. Per me, dalla crisi si sarà usciti davvero solo quando i livelli dell’occupazione supereranno un certo valore soglia, qualunque sia l’evoluzione del PIL, ma questo è un capitolo a sé stante.

Chi sono dunque questi LOF? I LOF sono i sostenitori del liberismo più frenato, nello loro mente, evidentemente ottenebrata da tesi precostituite, non si è mai abbastanza liberisti. Alla fine, guardate un po’, tutto il problema della crisi finanziaria globale è del fatto che i dipendenti ministeriali greci sono dei fannulloni, che vivono al di sopra dei propri mezzi, e che con ilo loro comportamento vizioso mettono in crisi il modo di vita del tranquillo cittadino teutonico, che ha potuto finalmente trovare un capro espiatorio. E’ proprio impossibile spiegare a questi irriducibili LOF che senza una serie di correità, il crimine non poteva avere luogo. Qui, ci sono coinvolte, e pesantemente, le principali istituzioni finanziarie americane e, guarda un po’, proprio tedesche, che hanno fornito il denaro per lo sfondamento del deficit. Qui, è coinvolta la Commissione UE che o non ha saputo, o, come io credo, non ha voluto vedere, i palesi imbrogli nel bilancio presentatole dal governo Karamanlis. Questi LOF, questi ultraliberisti sembrano gli ultimi a non accorgersi di che genere di spaventosa mafia sia la finanza internazionale, non di che pezzi deviati ci siano, no, essa nella sua interezza è un’organizzazione a delinquere. Il mercato, questo mercato di cui i LOF si riempiono continuamente la bocca, è soltanto il luogo dove, evitando di incorrere in sanzioni, e cioè rispettando alcune regole formali, si consuma il misfatto. In fondo, il successo internazionale di Tremonti cos’è, se non la conferma che l’aggiustamento tecnico dei conti al di fuori di anche un vago piano di politica economica, è ciò che questa mafia internazionale si attende da noi? E cos’è la dichiarata volontà di Zapatero di procedere verso un suo scudo fiscale sul modello Tremonti, se non la dichiarazione fatta questa stessa mafia che egli ha capito, e che da ora in poi righerà dritto?

Vedete, ciò che veramente teme la finanza internazionale è la politica, affermare cioè che l’economia non ha una sua autonomia, che siamo noi a dovere stabilire le priorità. Se uno stato ci prova, viene subito impallinato, e bisogna proprio essere LOF per credere che questo corrisponda a un meccanismo di valutazione in qualche misura obiettivo. Finchè insomma non ci siamo liberati di questa cupola mafioso-finanziaria, finchè gli stati non si saranno ripresi tutta la loro sovranità anche in campo economico, di Tremonti, Trichet, Draghi che discettano allo stesso identico modo di come un meteorologo parla delle precipitazioni attese, non sappiamo che farcene. Poi, sarà anche vero che non bisognerà vivere al di sopra dei propri mezzi, però vogliono che spendiamo tutto ciò che abbiamo, anche qualche cosetta in più, bisognerà anche fare dei sacrifici, ma che brutto lessico si usa in ambito finanziario, e forse sembrerebbe opportuno parlare anche delle risorse naturali disponibili e soprattutto di quelle indisponibili, perché l’economia non si esaurisce nel trasferimento di denaro, sarebbe saggio ricordarlo. Questo però significherebbe rimettere la politica al primo posto, e già questa mi pare una scommessa formidabile.

venerdì 11 giugno 2010

I LOF E L'ECONOMIA (1)

In questo post, mi voglio occupare dei LOF, acronimo di “liberi occidentali farneticanti”, che si esprimono ormai senza remora alcuna per tutto il mondo occidentale. Ne abbaiamo esemplari da Lisbona fino ad arrivare ad Helsinki, mentre pare siano una schiera numerosissima in Nord America.

Dunque i fatti li sappiamo. Nel recente passato, operatori finanziari soprattutto d’oltreoceano, hanno deciso di eseguire operazioni di intermediazione con tutta evidenza folli. Qualsiasi operazione finanziaria richiede che essa sia soddisfacente per chi contrae il debito e per chi concede il credito. Se io ho una certa dose di liquidità che non penso di utilizzare per un po’ di tempo, posso concederla sul mercato, che la dirotterà verso chi ha esigenze opposte, esigenze di spese immediate a fronte di una liquidità insufficiente: il vantaggio è di entrambi i soggetti, e lo è in maniera trasparente.

L’intermediario però percepisce il suo compenso in percentuale dell’ammontare dell’operazione, indipendentemente dai risultati che ne conseguiranno per i contraenti. Cosa hanno quindi pensato di fare questi furfanti? Hanno contattato le persone più improbabili, tipo recenti immigrati dal Messico che, come tutti, sognavano di avere le proprie quattro mura di proprietà. Gli hanno quindi detto che dovevano pagare un anticipo piccolissimo, mentre per la restituzione del debito hanno sviluppato una funzione matematica criminale. Nella versione più estrema, questa funzione elaborava addirittura interessi negativi, così che il contraente del mutuo riceveva il primo e forse anche il secondo anno soldi, invece di doverne pagare. E’ ovvio che per giungere infine alla restituzione, questa funzione deve prevedere un incremento dei tassi spaventosamente elevato. Insomma, era pressoché inevitabile che il mutuatario non avrebbe potuto ad un certo punto più pagare le rate, perdendo la casa e i soldi fino lì anticipati. Ma un debito non onorato è una iattura anche per chi da’ a credito. Ci si può chiedere chi fosse questo pazzo pronto a prestare il proprio denaro a queste condizioni. Questa domanda non ha risposta, l’unica plausibile potrebbe essere il mercato. Il fatto è che questi operatori rendevano immediatamente irriconoscibili questi titoli di credito, tramite il famoso meccanismo dei prodotti derivati. Insomma, facevano delle macedonie, un po’ di titoli infetti, un po’ di titoli normali, ed ecco un primo effetto diluizione. Ma la cosa non si fermava qua, perché questo titolo derivato diventava ingrediente di un altro, e così via, fino ad appestare tutto il mercato creditizio.

Diluire un effetto non significa però eliminarlo, e questo è fin troppo ovvio. Per gli operatori criminali però, l’unica preoccupazione era quella di liberarsi loro di questa spazzatura. Insomma, sarebbe come se a casa mia prendo la pattumiera piena e la svuoto dalla finestra. Del resto, non è ciò che vediamo da tanti SUV, bianchi fazzolettini che prendono il volo da finestrini aperti senza preoccupazione alcuna?

Nel 2008 infine, il volume di questi titoli divenne tale che anche le più grosse istituzioni finanziarie si trovarono a non poter più pagare questi titoli, esse erano cioè tecnicamente fallite. Il mercato, quello stesso che aveva giustificato operazioni così rischiose, quello stesso tanto evocato in questi giorni da tanti LOF, aveva determinato il loro fallimento. Che strano però, a quel punto arrivò una manina provvidenziale, il tanto vituperato stato, a mettergli a disposizione nuove linee di credito proprio allo scopo specifico di salvarle dal fallimento. Il fallimento dell’intero sistema finanziario mondiale sarebbe stata l’ipotesi alternativa, e nessuno a quel tempo se la sentì di permetterlo. Per ciò che conta, la mia personale opinione è che ciò andava fatto, qualunque fossero state le conseguenze di un tale gesto. Trovare modalità tecniche per salvare certi tipi di risparmio si sarebbe potuto, ma ci voleva un coraggio che vedo essere la vera risorsa carente dei nostri tempi.

Che una tale drastica scelta fosse l’unica appropriata lo mostrano i nostri giorni con ciò che osserviamo come effetti delle misure di sostegno al sistema finanziario lanciato due anni fa. La prima è la ritrovata tracotanza del sistema finanziario, che non disdegna di lanciarsi come una iena su una qualsiasi istituzione pubblica, magari quella stessa da cui è stato salvato. Insomma, salvandole, abbiamo accettato di stare sotto ricatto, e quindi il cosiddetto salvataggio diventa di fatto una rata di un riscatto che non finiremo di pagare mai: se non siamo stati pronti a fare fallire le banche nel 2008, esse sanno bene che ciò non avverrà mai più, che esse insomma godono di una forma di impunità (CONT).

martedì 8 giugno 2010

SERVE PIU' CORAGGIO, PRESIDENTE OBAMA

Carissimi, permettetemi stavolta di iniziare così il post, quella appena trascorsa è stata per me una settimana straordinariamente impegnativa dal punto di vista umano, prima per la morte di mio fratello che, seppure attesa, è sempre tragica, che per una banale influenza che ho contratto subito dopo, con effetti però pesantissimi (febbre fino a 40 gradi per più giorni). E’ forse la prima volta che squarcio il velo di riservatezza che ho deliberatamente interposto tra me e il mio blog, ma mi sembrava giusto spiegare il mio prolungato silenzio. In verità, avrei tantissime cose da scrivere, ma gli effetti della malattia non sono ancora del tutto esauriti, e rinvio quindi le mie più argomentate osservazioni a prossimi giorni.

Per il momento, voglio solo esprimere la mia delusione per l’atteggiamento di Obama su due episodi chiave, quello della BP e quello della Flottilla.

Sul secondo, l’atteggiamento indifendibile, condiviso con quella macchinetta parlante di Frattini, e con i Paesi Bassi (bella compagnia Barak, eh!), scopertamente “guadagnatempo”. Il problema lì, e ce lo dicono gli stessi ebrei davvero di sinistra, non è se l’occidente si può permettere di cambiare il proprio atteggiamento verso Israele, ma la stessa trasformazione in atto del popolo di Israele e soprattutto del suo governo. A volte i politici, a forza di considerare le persone come fossero numeri, dimenticano che essi si possono trasformare. Così, questi nostri fratelli ebrei si chiedono a cosa possa giovare l’ignorare che usiamo la stessa parola “Israele”, ma stiamo parlando di cose assai diverse, in quanto l’odierna Israele somiglia ben poco alla neonata Israele.

Sull’episodio BP, vorrei esprimere un’opinione che non ho visto in giro, anche se data la mia personale situazione, ciò sia alquanto irrilevante, la esprimo e basta, e tanto meglio se qualcuno mi ha preceduto. Ebbene, qualunque sia la storia pregressa, avviene un evento, l’esplosione di una piattaforma petrolifera, con conseguenze estremamente rilevanti dal punto di vista ambientale.

La reazione del governo USA sembra estremamente ferma: la BP dovrà pagare ogni singolo cent dei danni causati.

Però, io dico, se aveste un fuoco che divampa dentro casa vostra, vi allontanereste di fretta minacciando i danni al responsabile, o prima di tutto badereste a spegnere il fuoco, prima che divenga un incendio? La risposta ovvia appare la seconda, e l’atteggiamento dell’amministrazione Obama appare sotto questa luce assolutamente inadeguato. Esso può essere spiegato solo dal non sapere che pesci pigliare, e lasciare il fiammifero acceso in mani altrui. Ho già scritto che l’uomo in queste vicende appare come “un apprendista stregone”, ma possibile che il più potente paese del mondo, con a disposizione fior di atenei e di facoltà tecnologiche d’avanguardia che fanno, non sembri un’esagerazione, la storia del mondo, non fossero in grado in pochi giorni di mettere a punto delle soluzioni magari alternative da provare?

E’ difficile crederlo, Presidente Obama, ed allora mi chiedo se l’indubbio coraggio che le ho sempre attribuito non sia in definitiva la risorsa carente nell’assumere entrambe queste decisioni, per me tragicamente sbagliate.