venerdì 28 dicembre 2012

LE CANDIDATURE DI EX-MAGISTRATI


L’affollarsi di candidature di magistrati al nuovo parlamento ha sollevato dubbi sull’opportunità di questi travasi provenienti dall’ordine giudiziario.
Dirò subito che personalmente, non solo ritengo tali candidature del tutto lecite, e del resto nessuno si spinge fino al punto di negarne la liceità, ma ritengo altresì questi travasi per niente inopportuni, semmai ho difficoltà a capirne la desiderabilità, perché mai uno stimato magistrato trovi interessante per sé e per la sua vita futura andare ad unirsi a quel mondo così oggettivamente scadente in moralità ed in capacità che è ormai il mondo parlamentare, e che inoltre vede un’opinione comune ben netta di disprezzo verso l’intero panorama parlamentare.

Vediamo adesso quali siano i tipi di obiezioni... 

Dirò subito che eviterò di occuparmi dei commenti basati su fattori quantitativi, del tipo “magistrato particolarmente esposto”, oppure “distanza temporale troppo ristretta”. Di fattori quantitativi ci si può ragionevolmente occupare solo a partire dalla fissazione di soglie ben definite e giustificate, nella cui assenza il criterio che pure si vorrebbe quantitativo diventa del tutto arbitrario, fino ad essere piegato a specifici casi a seconda di chi li solleva.

Una prima obiezione riguarda una specie di effetto retroattivo, del tipo che quando un magistrato decide di entrare in politica (evitiamo gli ascensori utilizzati in verso opposto da Berlusconi e Monti) se ne svaluta il lavoro precedente. Questa è evidentemente un’emerita sciocchezza, equivale a dire che il lavoro di un magistrato non può essere giudicato di per sé, che, purchè egli abbia l’accortezza di non entrare in politica, un magistrato può tranquillamente comportarsi con una logica di parte: è possibile accettare simili idiozie? Ma dove si adotta una logica retroattiva, per cui è ciò che viene dopo a qualificare un atto compiuto precedentemente?

Si dice anche che a un elettore di destra non piace essere giudicato da un magistrato di sinistra. Tuttavia, a un ateo presumibilmente non piace essere giudicato da un magistrato cattolico, e forse a un imputato interista non piace essere giudicato da un magistrato milanista, dove finiremo con questa logica aberrante?

Il principio che dovrebbe valere per l’ordine giudiziario dovrebbe essere quello di un potere anonimo, si diventa infatti magistrati per concorso e si viene ad operare in un luogo sulla base di criteri che dovrebbero essere quanto più possibile automatici e col minimo possibile quindi di discrezionalità.

Dovrebbe quindi essere ovvio per tutti che non ci si può scegliere il proprio giudice, e che la ventura di incappare in un magistrato che la pensa in maniera opposta alla tua è nell’ordine inevitabile delle cose, sta tutto nella logica dell’anonimato, a cui nessuno spero voglia preferire il magistrato scelto volta per volta dallo stesso imputato, ma neanche da commissioni create ad hoc (chi poi controllerebbe la composizione di tali commissioni, e quindi il problema si riproporrebbe negli stessi termini).

Credo che l’unico problema reale sia nella situazione data quella del magistrato Grasso, ma si tratta di un problema che preesiste sin da quando è stata creata una superprocura, e quindi il supermagistrato che la presiede. Se esiste un supermagistrato, è quasi inevitabile che tale ruolo vada a confondersi con quello dei politici, e così non dovremmo meravigliarci più di tanto della candidatura Grasso, bene avrebbe fatto il parlamento a non creare le superprocure, ed è vano lamentarsi ora che qualcuno le adoperi come trampolino di lancio.

A me invece preoccuperebbe il passaggio contrario, quello del ritorno in magistratura di chi si è fatta una legislatura da parlamentare, quello sì rischierebbe di mettere in forse la presunta obiettività del magistrato, creando una situazione di disagio sia in chi dovrà essere giudicato che anche nello stesso magistrato che potrà sempre essere additato come portatore di un interesse di parte. Sul destino degli ex-magistrati, bisognerebbe lavorare, anche se anche in questo caso si pongono problemi di altra natura, come quello di disincentivare una politica vista come occupazione temporanea di cittadini che poi tornerebbero alle precedenti occupazioni. Forse, si potrebbe ipotizzare di predisporre sbocchi in ruoli dello stato alternativi, quali ad esempio l’avvocatura dello stato o altro che altri meglio di me potrebbero proporre.

4 commenti:

  1. Sì, concordo pienamente, l'unico "problema" è appunto, se un magistrato torna alla magistratura dopo la politica ...

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    1. Questo commento è stato eliminato dall'autore.

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  2. Perché abbiamo bisogno di giudici in politica, gestiti dai partiti?
    C'è del marcio nello Stato!
    Ti faccio i miei più sinceri auguri per, si fa per dire, un anno migliore.
    Ciao.

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  3. ....come può dire che un giudice che diventa politico non pregiudica quello che ha fatto da giudice in processi contro esponenti politici? e come se un ex arbitro dichiarasse che è stato sempre tifoso di una squadra che ha regolarmente arbitrato. Come dice lei è sicuramente lecito ma altrettanto è sicuramente immorale.
    Saluti

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