Il fatto è che il palcoscenico
mediatico è quello, unico ed esclusivo. Magari gli osservatori lo vedranno dal
loro specifico punto di vista, chi dal palco che quanto è più prossimo, tanto
più ne deforma l’aspetto, chi dalla platea, ed anche lì c’è chi sarà più
prossimo, chi magari siede in fondo. Ci sarà chi siede lì in alto in tribuna, e
poverino vedrà gli attori dovendosi concentrare sul capo, sulle capigliature
più o meno folte, più o meno colorate. In ogni caso, malgrado la soggettività
della posizione che ogni singolo osservatore si trova ad avere, il palcoscenico
è lo stesso per tutti, su questo non vi sono dubbi.
Ora, è vero che questo
palcoscenico è stato sottoposto ad accurati lavori di ampliamento, che si
tratta di un teatro che non chiude mai i battenti, ma gli aspiranti a calcare
la scena sono in ogni caso in numero eccessivo, non v’è palco abbastanza ampio
da potere ospitare tutti gli aspiranti, neanche una frazione significativa di
questi. Perché meravigliarsi allora se costoro si inventeranno le cose più
improbabili, più inverosimili, perfino più volgari e senza costrutto al fine
esclusivo di attirare su di sé l’attenzione degli spettatori, e cioè di tutti
noi? Questo esibizionismo sfrenato e generalizzato è in fondo la fonte dei
nostri guai. Non è che i nostri antenati fossero meno esibizionisti di noi, non
v’è motivo alcuno per crederlo, ma a quei tempi i teatri erano tanti e separati
tra loro, non esisteva ancora questo teatro immenso e privilegiato dove
potenzialmente tutti gi uomini possano accedere. Ciò, questa conseguenza tra le
altre dello sviluppo tecnologico, ha obbligato i protagonisti ad una
competizione sfrenata ed incessante...
Quando esistevano ancora tanti
differenti teatri, era molto più facile calcarne le scene, non vi era un affollamento
così intenso ed asfissiante, si poteva respirare con tranquillità. Eppoi, non
solo vi erano tanti teatri dislocati sul territorio, ma non è che la gente
andasse tanto a teatro, i più andavano allo stadio, o stavano a lavorare
duramente per potere sopravvivere. Ora, questo teatro di cui parlo è un teatro
molto particolare, è un teatro che, è da non crederci, pretende perfino di
inglobare stadi di ogni tipo e dimensione, vuole riassumere in sé tutta
l’attività pubblica: capite cosa significa, un unico luogo da cui accedere alla
realtà collettiva, o il nostro privatissimo ambito familiare, o come unica
alternativa, il palcoscenico mediatico globale. Cosa ci sarà allora da
meravigliarsi se la lotta per prevalere viola qualsiasi regola, se si scatena
una lotta furibonda che non accetta limitazioni di sorta?
Una delle limitazioni che sono
senz’altro saltate sta nei ruoli. Se si parla di politica, ci si aspetta che i
protagonisti siano dei politici, oggi comunemente detti dispregiativamente politicanti,
ed invece si scopre che ci sono altri tipi di protagonisti. Insomma, sarebbe
come se durante la rappresentazione di una commedia, improvvisamente sul palco
salissero mescolandosi con gli attori le maestranze, tutta genete che certo ci
si aspetta di trovare in teatro, ma dietro le qunte, non certo mescolata a chi
recita, anch’essi vogliosi di recitare una loro parte.
Qui, mi sto specificamente
riferendo ai giornalisti che ormai io definirei come politicanti occulti. In
effetti, è diventato ormai un mestiere diffuso di fare politica ma senza
doverne rispondere, mescolando più o meno abilmente, il ruolo di osservatore,
di chi riporta i fatti dandone una versione più veritiera, costringendo i
protagonisti a confrontarsi con la cosiddetta opinione pubblica, con quello di
protagonista vero e proprio. Come lo chiamereste ad esempio, uno come Scalfari
che tuona le sue encicliche domenicali come fosse un capopartito (in effetti,
molti sostengono che esiste un partito costituito dal quotidiano “La
Repubblica”), o come definireste uno come Sallusti che in sodalizio con la
Santanchè esprime un sottopartito all’interno del PDL (e ci sono stati tanti
che lottavano perché non fosse condannato, uno che del gettare fango sulla
gente ne ha fatto un mestiere lucroso), o ancora o stesso Travaglio cos’avrebbe
di meno protagonismo rispetto ad un qualsiasi parlamentare, o perfino rispetto
a un segretario di partito? Il punto però è che questi casi che cito sono solo
la parte emersa dell’iceberg, nessuno può ragionevolmente credere che uno come
De Bortoli o uno come Sechi o come tanti altri non facciano anch’essi politica
a tempo pieno, magari lo fanno con meno clamore, ma la sostanza non cambia.
Ieri, parlavo di coloro che fanno
satira politica ed anche lì occorre rendersi conto che non possono far finta di
stare dall’esterno a guardare il terreno di gioco, che lo vogliano o no stanno
in campo anche loro. Sembra insomma che la logica della globalizzazione
mediatica impedisca di distinguere tra protagonisti ed osservatori. Non è
sensazione condivisa anche da voi che quando un
giornalista interviene in un talk-show il ruolo che gioca è
assolutamente analogo a quello dei politicanti, dove starebbe la differenza?
Potrei anzi aggiungere che è più comodo fare politica pretendendo di
commentarla, ma i commenti veri sono quelli che fanno gli sfigati bloggers come
me che si rivolgono a un auditorio molto limitato e quindi non influenzano il
risultato complessivo. Se andassi in TV per dire le cose che penso,
automaticamente sarei parte di quello stesso mondo, e mai potrei rivendicare
una mia terziarità, come se guardassi quel mondo da chissà dove, forse da
marte!
Giornalisti che intervistano giornalisti spesso è questo lo spettacolo. Una riflessione che condivido pienamente. Domani la inserisco nella colonnina del mio blog come post della settimana. Intanto colgo l'occasione per augurarti buone feste. francesco
RispondiEliminaGrazie Francesco, come sempre affettuoso. Ricambio con grande piacere i tuoi auguri, e penso che ne abbiamo tutti quanti bisogno in tempi così bui.
RispondiEliminaSembra quasi una "battutaccia grillesca", con risvolti diversi, ma in fondo è reale.
EliminaSe non ci si sente, auguri "non natalizi", ma di buone feste.
Grazie amico di blog, ricambio di cuore
EliminaMa è ovvio che i giornalisti si lascino condizionare dal loro credo politico, c'è chi lo fa con più garbo chi meno, chi distorce totalmente la realtà dei fatti e chi si limita, pur dandole tutte, a dare più enfasi alle notizie che rispecchiano il suo pensiero! Ecco perchè io mi faccio una rassegna stampa generale.....e poi ho il tuo blog! :-D Vincenzo, i miei più affettuosi auguri di BUONE FESTE!
RispondiEliminaE' una "grande famiglia" e fanno tutto in famiglia. Una casta particolare. E' veor quello che scrivi. Forse, se tu andassi a dire queste cose in televisione, potresti sempre rivendicare la tua terziarità solo che ci andresti una sola volta poi non ti inviterebbero più. Salvo rare eccezioni forse...
RispondiEliminaBuon Natale Vincenzo.