L’affollarsi di candidature di
magistrati al nuovo parlamento ha sollevato dubbi sull’opportunità di questi
travasi provenienti dall’ordine giudiziario.
Dirò subito che personalmente,
non solo ritengo tali candidature del tutto lecite, e del resto nessuno si
spinge fino al punto di negarne la liceità, ma ritengo altresì questi travasi
per niente inopportuni, semmai ho difficoltà a capirne la desiderabilità,
perché mai uno stimato magistrato trovi interessante per sé e per la sua vita
futura andare ad unirsi a quel mondo così oggettivamente scadente in moralità
ed in capacità che è ormai il mondo parlamentare, e che inoltre vede
un’opinione comune ben netta di disprezzo verso l’intero panorama parlamentare.
Vediamo adesso quali siano i tipi
di obiezioni...
Dirò subito che eviterò di occuparmi dei commenti basati su
fattori quantitativi, del tipo “magistrato particolarmente esposto”, oppure
“distanza temporale troppo ristretta”. Di fattori quantitativi ci si può
ragionevolmente occupare solo a partire dalla fissazione di soglie ben definite
e giustificate, nella cui assenza il criterio che pure si vorrebbe quantitativo
diventa del tutto arbitrario, fino ad essere piegato a specifici casi a seconda
di chi li solleva.
Una prima obiezione riguarda una
specie di effetto retroattivo, del tipo che quando un magistrato decide di
entrare in politica (evitiamo gli ascensori utilizzati in verso opposto da
Berlusconi e Monti) se ne svaluta il lavoro precedente. Questa è evidentemente
un’emerita sciocchezza, equivale a dire che il lavoro di un magistrato non può
essere giudicato di per sé, che, purchè egli abbia l’accortezza di non entrare
in politica, un magistrato può tranquillamente comportarsi con una logica di
parte: è possibile accettare simili idiozie? Ma dove si adotta una logica
retroattiva, per cui è ciò che viene dopo a qualificare un atto compiuto
precedentemente?
Si dice anche che a un elettore
di destra non piace essere giudicato da un magistrato di sinistra. Tuttavia, a
un ateo presumibilmente non piace essere giudicato da un magistrato cattolico,
e forse a un imputato interista non piace essere giudicato da un magistrato
milanista, dove finiremo con questa logica aberrante?
Il principio che dovrebbe valere
per l’ordine giudiziario dovrebbe essere quello di un potere anonimo, si
diventa infatti magistrati per concorso e si viene ad operare in un luogo sulla
base di criteri che dovrebbero essere quanto più possibile automatici e col minimo
possibile quindi di discrezionalità.
Dovrebbe quindi essere ovvio per
tutti che non ci si può scegliere il proprio giudice, e che la ventura di
incappare in un magistrato che la pensa in maniera opposta alla tua è
nell’ordine inevitabile delle cose, sta tutto nella logica dell’anonimato, a
cui nessuno spero voglia preferire il magistrato scelto volta per volta dallo
stesso imputato, ma neanche da commissioni create ad hoc (chi poi
controllerebbe la composizione di tali commissioni, e quindi il problema si
riproporrebbe negli stessi termini).
Credo che l’unico problema reale
sia nella situazione data quella del magistrato Grasso, ma si tratta di un
problema che preesiste sin da quando è stata creata una superprocura, e quindi
il supermagistrato che la presiede. Se esiste un supermagistrato, è quasi
inevitabile che tale ruolo vada a confondersi con quello dei politici, e così
non dovremmo meravigliarci più di tanto della candidatura Grasso, bene avrebbe
fatto il parlamento a non creare le superprocure, ed è vano lamentarsi ora che
qualcuno le adoperi come trampolino di lancio.
A me invece preoccuperebbe il
passaggio contrario, quello del ritorno in magistratura di chi si è fatta una
legislatura da parlamentare, quello sì rischierebbe di mettere in forse la
presunta obiettività del magistrato, creando una situazione di disagio sia in
chi dovrà essere giudicato che anche nello stesso magistrato che potrà sempre
essere additato come portatore di un interesse di parte. Sul destino degli
ex-magistrati, bisognerebbe lavorare, anche se anche in questo caso si pongono
problemi di altra natura, come quello di disincentivare una politica vista come
occupazione temporanea di cittadini che poi tornerebbero alle precedenti
occupazioni. Forse, si potrebbe ipotizzare di predisporre sbocchi in ruoli
dello stato alternativi, quali ad esempio l’avvocatura dello stato o altro che
altri meglio di me potrebbero proporre.
Sì, concordo pienamente, l'unico "problema" è appunto, se un magistrato torna alla magistratura dopo la politica ...
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EliminaPerché abbiamo bisogno di giudici in politica, gestiti dai partiti?
RispondiEliminaC'è del marcio nello Stato!
Ti faccio i miei più sinceri auguri per, si fa per dire, un anno migliore.
Ciao.
....come può dire che un giudice che diventa politico non pregiudica quello che ha fatto da giudice in processi contro esponenti politici? e come se un ex arbitro dichiarasse che è stato sempre tifoso di una squadra che ha regolarmente arbitrato. Come dice lei è sicuramente lecito ma altrettanto è sicuramente immorale.
RispondiEliminaSaluti