La questione non può più essere
elusa, prima la polemica tra Di Pietro e Crozza, poi l’insulto diretto ed
esplicito della Littizzetto verso Berlusconi, poi ieri Benigni ed il suo solito
siparietto diviso tra ilarità e parte seriosa e pretenziosetta sulla costituzione.
Insomma, oggi non è più possibile
lasciare fuori dalla scena della politica neanche il settore della satira.
Qui, il punto non sta tanto nel
chi viene messo alla berlina, ma nello stato comatoso della politica praticata
in cui ci troviamo, il problema è quello opposto, si pone su coloro che vengono
tenuti fuori dalla satira oppure nel modo stesso in cui vengono tratteggiati...
Naturalmente, c’è in tutto questo
l’elemento soggettivo costituito dallo stesso osservatore. Per me, che ritengo
Napolitano responsabile di una parte consistente della grave situazione in cui
versa l’Italia, non posso che osservare con preoccupazione come gli atti del
Presidente non vengano satireggiati come si dovrebbe. Ad esempio Crozza ne fa
un ritratto che richiamando una certa macchiettistica napoletana, ne fa una
specie di difensore del senso comune e dei buoni sentimenti che collide in
maniera così vistosa con il Napolitano in carne ed ossa, quello che cedendo
alle insistenze europee c’ha costretto all’esperimento Monti con tutti gli
insuccessi che oggi vediamo: dove sta allora Crozza questa bonarietà con cui
lei lo descrive, questa satira è in realtà disinformazione, magari
inconsapevole, ma disinformazione. Lo stesso Benigni non ha nascosto il suo
schierarsi dalla parte di Napolitano: mi chiedo dove stia allora questo essere
super partes come ci si aspetterebbe da un giullare, da colui che proprio in
quanto veste questi panni, può permettersi di ingiuriare i potenti.
Da questo punto di vista, Di
Pietro aveva perfettamente ragione quando diceva a Crozza che non faceva che
assecondare un disegno coltivato da
settori vicini a Napolitano di metterlo in un angolo quando satireggiava a
partire dall’inchiesta della Gabanelli. C’è una questione enorme che riguarda
il rapporto tra politica e settore mediatico, che non si può certo lasciare
nelle mani dei berluscones. Proprio l’individuo che ha costruito il suo
successo sull’aspetto mediatico, deve giustamente subire la loro vendetta
secondo il detto “chi di spada ferisce, di spada perisce”.
Mi preoccupano molto di più le
mancate denunce anche a livello satirico, perché, è inutile negarlo, la satira
sposta voti molto più degli stessi talk-shows televisivi.
Non è un caso, ad esempio, che
Benigni per satireggiare su Monti, abbia fatto una battuta che suonava quasi
come un complimento per Monti: che ti succede Benigni, possibile che non vi
erano battute un po’ meno compiacenti, come mai le smentite continue che
abbiamo rimproverato e su cui abbiamo anche riso di Berlusconi, non vengono
ricordate quando si parla di Monti, ma se la satira diventa la versione un po’
più comica di un telegiornale, allora davvero siamo messi in maniera tragica.
No, Benigni mi è sembrato
brillante solo quando parlava di Berlusconi, poi uno spettacolo in certi
momenti perfino imbarazzante, sia quando fingeva di satireggiare su altri
personaggi, sia quando parlava della costituzione. Del resto, basta
concentrarsi su di un aspetto che chi scrive conosce bene, Benigni ha abusato
di aggettivi roboanti, usati perfino al modo superlativo, e tale abuso tende a
coprire le magagne, un’incapacità di argomentazione davvero convincente che si
maschera dietro un’aggettivazione senza freni, gonfiata fino ogni decenza.
Eppoi, dopo uesto, neanche una parola sul fiscal compact e le connesse
modifiche costituzionali: ma allora, caro Benigni, di quale costituzione stiamo
parlando, è la stessa quella di cui tu parli e quella di cui parlo io? Ne
dubito, purtroppo.
Già... già... satira della paraculaggine!
RispondiEliminaIn effetti, satira della paraculaggine mi pare un'espressione molto efficace
Eliminaottimo articolo e complimenti per il blog che ho appena iniziato a visitare.
RispondiEliminaBenvenuta Rita, e grazie per i complimenti!
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