Le decisioni assunte dal CdM il
30 aprile, proprio alla vigilia della festa del lavoro, ma forse ancor più il
modo in cui Monti le ha presentate nel corso della conferenza stampa tenuta al
termine della seduta del CdM, hanno destato molto scalpore.
In effetti, mai Monti aveva
criticato in maniera così radicale l’area di destra, coinvolgendo così sia il
governo precedente che l’attuale politica delle formazioni della ex
maggioranza.
Del resto, anche le decisioni
assunte con le nomine di tre tecnici, una parola così abusata che ha finito per
perdere ogni significato almeno nell’ambito politico, hanno avuto certamente un
impatto notevole sulla cosiddetta opinione pubblica.
Come si sa, Monti, che pure per i
primi mesi del suo mandato aveva curato molto la sua immagine pubblica
rilasciando spesso interviste e dichiarazioni, anche in luoghi così importanti
come i talk-show televisivi, che perfino dall’estremo oriente non aveva mai
trascurato di farci avere il suo pensiero, secondo un malcostume politico di
lunga data che declassa gli appuntamenti internazionali ad elementi di politica
interna, aveva di colpo sospeso tutto questo presenzialismo, suscitando nei
mass media voci di una sua situazione di difficoltà, quasi insomma che Monti
fosse sul punto di lasciare il suo mandato...
Ieri dunque, assistiamo a questa
svolta, a questo suo ripresentarsi sulla scena mediale con atteggiamenti
fortemente connotati, e naturalmente ci si chiede il significato di tali gesti,
su cui possiamo solo congetturare.
La mia personale opinione è che
gli atti di lunedì passato non costituiscano una svolta rispetto ai giorni
precedenti, ma che anzi ne siano una piena conferma, la debolezza di Monti,
prima manifestatasi attraverso un ridimensionamento della sua visibilità, ora
causa decisioni e dichiarazioni fin troppo visibili, come un tizio che dopo
essere stato in silenzio per ore, improvvisamente si metta ad urlare senza
apparente motivo, senza che siano avvenuti fatti tali da giustificare questa improvviso
cambio di atteggiamento. Direi insomma che la debolezza di Monti si manifesta
oggi sotto forme differenti da quelle viste nei giorni precedenti senza
smettere di essere una palese debolezza. Certamente, ciò implica che Monti stia
tentando di resistere ad un assalto che ancora oggi egli vede come molto
pericoloso, e che quindi, magari dopo aver vagliato seriamente la possibilità
di arrendersi, abbia alla fine deciso di reagire in maniera veemente.
La parte più significativa, come
dicevo, mi sembra quella delle dichiarazioni, dell’attaco frontale all’area del
PDL che infatti così ha inteso Cicchitto, reagendo a sua volta abbondantemente
sopra le righe.
Qui, sembrerebbe che Monti voglia
intervenire incisivamente nell’area politica a lui più consona, la destra, non
si sa se per sé stesso o per sostenere altri.
Probabilmente, la decisione sul
beaty contest da parte del potente ministro Passera che sembra giocare un suo
personale ruolo nella fase politica non esattamente coincidente con quello del
suo presidente, ha innescato una serie di reazioni, alcune probabilmente
sotterranee, che sembrano ora aprire uno scontro difficilmente ricucibile, e di
cui il recente incontro Napolitano – Berlusconi sembra costituire un passaggio
molto importante, anche se per noi del tutto ignoto (significativo il silenzio
dell’altrimenti così loquace ex-premier).
Monti deve aver pensato, sulla
base del famoso detto “a la guerre comme a la guerre”, che era il momento di
tentare il colpaccio, e cioè spaccare il PDL che si sa non gode di grande
salute.
Il problema del PDL è che esso
non è mai stato un vero partito, limitandosi a costituire la corte di
Berlusconi. Nel momento in cui Berlusconi perde consensi nel paese, sembra
anche per motivi anagrafici uscire dal palcoscenico mediale, almeno dalla sua
parte più visibile, lo stesso motivo della sua esistenza viene meno. Ormai,
direi che esista soltanto un’area di destra in cui si fronteggiano varie
fazioni, e le più significative sono quelle di Casini che gode dell’appoggio di
Pisanu, ma presto potrebbe perfino diventare maggioritario data la presenza
massiccia di ex-democristiani da quelle parti, degli ex-AN che sono molto
minoritari, ma nello stesso tempo appaiono come i più organizzati, e di Alfano
che include i fedelissimi di Berlusconi, tra cui lo stesso Cicchitto che vede
sparirgli attorno le truppe nel campo dove svolgeva un suo ruolo fondamentale,
e naturalmente reagisce di conseguenza. Direi insomma che Monti attualmente
lavori fattivamente per Casini che poi potrebbe significare anche lavorare per
sé stesso.
Infine, qualche parola la
meritano anche le sorprendenti nomine, che sembrano rappresentare l’aspetto più
obiettivo delle difficoltà di Monti. Sulle dichiarazioni e sulle manovre
conseguenti, si capisce che si tratti di pure congetture, anche se ho tentato
di suffragarle logicamente, ma sulle nomine siamo ben aldilà delle semplici
congetture, le difficoltà che incontra il governo ad agire già solo nel
predisporre le proposte di riforma, mostrano che probabilmente nel governo non
c’è molta concordia, che quindi includere gente come Amato serva a Monti per
spostare dalla sua parte gli equilibri (d’altra parte, chi se la può bere che
Amato sia meno politico di Giarda, qui siamo alla pura farsa).
Nello stesso tempo, questo
appannamento nell’azione di governo costituisce un’ulteriore evidenza che il
vero mandato del governo Monti è già stato eseguito con la riforma fiscale e
quella delle pensioni, i veri atti che l’establishment finanziario
internazionale aveva dettato tramite i suoi fedeli servetti della BCE e la sua
lettera.
Mah!
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