A volte, un evento improvviso,
inaspettato, anche apparentemente di limitata rilevanza, può risultare
illuminante.
Ieri, a seguito del declassamento
di un gran numero di banche italiane da parte dell’agenzia di rating Moody’s,
l’ABI ha risposto in una maniera violentissima, con un comunicato che così duro
non avevamo mai letto dagli altrimenti così compassati ambienti dell’ABI
(associazione bancaria italiana).
Perché trovo così illuminante
questa risposta a muso duro dell’ABI a Moody’s? Perché qui si parlano due
organismi che appartengono allo stesso ambientino, a quell’ambiente della
grande finanza internazionale che ha costruito questa rete finanziaria
internazionale in cui a quanto pare
tutti i paesi, nessuno escluso, sono rimasti impigliati. Si parlano tra simili,
tra colleghi, e quindi ciò che dicono è degno della massima attenzione della
massima affidabilità. Ricorderete anche voi i tempi del liceo, quando tra noi
compagni di classe sapevamo ognuno di noi quanto valesse, e come guardassimo
con sufficienza al voto, al giudizio espresso da quei poveri insegnanti che non
capivano, che non riuscivano come noi ad avere il quadro preciso della
preparazione dei loro alunni.
Ecco, sentire l’ABI che qualifica
in sostanza come criminali le grandi agenzie di rating, non è come leggerlo in
un blog come il mio, essi sì che sanno cosa dicono, tra compagni di merenda...
E’ come squarciare un velo di
menzogne...
...con cui c’hanno circondato e che ci allontana dai luoghi veri delle
decisioni, gli uffici delle grandi banche d’affari, per distrarci con le
diatribe senza fine e senza costrutto della cosiddetta politica.
Se ci pensate, oggi la differenza
tra un politico e un giornalista, è davvero minima, entrambi sono ospiti dei
talk-show televisivi, entrambi parlano di politica, entrambi ne parlano da
osservatori, visto che ciò che conta avviene in tutt’altre sedi. Ed ancora è
significativo come il mondo dell’informazione e quello della politica si
sostengano l’un l’altro, l’informazione, soprattutto quella italiana,davvero non
potrebbe esistere se non ci fosse quel chiacchiericcio legato a quelle
bocciofile che sono diventati i partiti, né questi partiti potrebbero avere
presa sull’opinione pubblica senza questa azione di divulgazione da parte della
stampa.
Immaginate un bel palcoscenico,
molto grande , con una platea enorme, un teatro colossale, tale da contenere
come pubblico tutti noi, tutti i cittadini. Sul palcoscenico si succedono gli
attori, a volte li chiamano politici, a volte giornalisti, ma in verità,
indipendentemente da come vengano chiamati, lì, su questo palcoscenico così
importante, vanno per fare la stessa cosa, recitare.
Badate, quando dico recitare, non
intendo esattamente che tutti loro mentano intenzionalmente, la recita è
compatibile anche con la buona fede. Per qualificare tutto ciò come una recita,
è sufficiente che la realtà stia fuori da quegli ambiti, che ad esempio lì si
creda di decidere qualcosa quando con tutta evidenza ciò che è davvero
importante, avviene altrove e tu, che pure pretendi di determinare con la tua
azione, magari anche da segretario di un partito premiato da consensi, le sorti
del tuo paese, in realtà ti limiti a ratificare scelte compiute altrove.
Mi chiedo se non sarebbe
possibile, tanto per intenderci sulle parole, sulle parole quotidianamente
massacrate da chi ha interesse a lasciarci in questo mondo della menzogna
sistematica, che il significato di antipolitica fosse proprio questo, è
antipolitico colui che intende la politica come ratifica di decisioni assunte
in altri ambiti.
No, non credo che ciò sia
possibile, ed allora, richiamando un termine che avevo coniato in un vecchio
post su questo stesso blog, io parlerà di apolitica, di assenza della politica,
della negazione stessa della politica, della radicale negazione della politica
come spazio pubblico, in un modo ancora più radicale degli antidemocratici, che
negano il diritto del popolo a decidere, ma riconoscono comunque che la
politica sia di pubblico dominio, che magari il dittatore di turno possa domani
decidere in maniera autoritaria un certo provvedimento, ma che tale decisione
ci venga almeno ufficialmente comunicata, che diventi appunto una decisione
unilaterale, ma di pubblico dominio. Nell’era presente, quella della apolitica,
le decisioni non solo sono assunte in modo autoritario da una ristrettissima
cerchia di persone, ma anche dopo essere state assunte, rimangono segrete, e la
loro attuazione avviene in maniera obliqua dettando ai partiti cosa debbono
fare per darne esecuzione.
Di questa politica che domina in
Europa, che si limita nei fatti a constatare, visto che non fa neanche mistero
di prendere i mercati come proprio giudice, non sappiano che farcene, ed è per
questo che l’incontro tra Merkel e Hollande non mi ha appassionato, che sono
fortemente scettico che da lì possano venire fuori novità. Checchè se ne dica,
le elezioni francesi non rappresentano il nuovo, rappresentano il vecchio della
politica, uno stanco rito che pretende di cambiare il mondo senza prendere atto
dei punti di snodo, delle questioni cruciali che ci dicono se rimaniamo dentro
questa gabbia in cui c’hanno rinchiusi, o se al contrario cominciamo a lavorare
sulla serratura per aprirla con le buone o con le cattive.
Per questo, ho seguito con molta
più attenzione l’evoluzione delle vicende greche, lì dove la drammaticità della
situazione, rende gli atti conseguenti estremamente significativi, non si gioca
con il decimale in più o in meno del PIL, si gioca con la stessa sopravvivenza
delle persone.
Per il fatto che il gioco
importante avviene ad un altro livello, ho considerato con la massima
attenzione la vicenda del buco finanziario della banca d’affari Morgan Stanley,
che ricorda a chi l’avesse colpevolmente dimenticato, non io che ne parlo tanto
spesso da risultare immagino anche noioso, come la crisi dei titoli tossici non
è affatto terminata, che le pratiche bancarie continuano ad essere le stesse
perché solo così le banche riescono a non fallire.
Allora, poche ciance, la Merkel
sarà anche odiosa, ma quali sono i politici europei che sono d’accordo sul
fallimento delle grandi banche, sulla ricostruzione da parte degli stessi stati
di un nuovo sistema bancario internazionale, basato su regole nuove che
impediscano le speculazioni che c’hanno portato a questa situazione? Non credo
che così la pensi Hollande,né la Kraft (cose buone dal mondo…), non la pensa
così da noi Bersani, ma neanche temo Vendola, non vedo partiti di dimensioni
significative che portino avanti tali posizioni, come non vedo movimenti,
movimentini, occupy e indignados di ogni tipo che abbiano centrato questo come
loro obiettivo principale.
I famosi fatti sono però
terribilmente resistenti, e nessuno riuscirà ad esorcizzarli credendo che
stampando moneta ed innescando una timidissima ripresa saremo fuori dal tunnel,
questo toro del sistema bancario qualcuno prima o poi dovrà prenderlo per le
corna se ne vorremo davvero uscire.
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