Missione compiuta sui fatti di Brindisi, come del resto si
era già fatto a proposito dell’attentato ad Adinolfi qualche giorno prima,
gettare confusione, fare ipotesi che durano magari solo il breve volgere di
poche ore, cambiare versione, martellare i timpani della gente e poi cali
improvvisi di attenzione...
Dire chi sia il soggetto che ha la regia dell’operazione è
arduo, ma non v’è dubbio alcuno che il sistema mediatico abbia svolto una
funzione essenziale. Anche qui, questo è il fatto, ma diventa molto più
complicato stabilire perché, attraverso quali vie giornalisti di vario tipo
abbiano così fattivamente collaborato a quello che appare come un vero proprio
piano strategico.
Sentivo ieri l’intervista ad alcuni giornalisti nella
consueta trasmissione del pomeriggio di Radiotre Farehneit, in cui c’era una
sorta di pentimento in corso per quanto era avvenuto il giorno prima. La tesi
era che il meccanismo perverso della concorrenza fra testate avesse costretto i
giornalisti a non controllare le fonti, a trasformare quello che con tutta
evidenza era un vago indizio in una prova certa, con la conseguenza di
trascinare il mondo del web, ed in particolare i social networks in una caccia all’untore vergognosa.
Tutto vero e condivisibile, ma che non coglie tuttavia il
punto centrale, e cioè che l’effetto più importante risulta alla fine questa confusione
in cui si getta la gente, e così ciò che rimane è un clima di terrore che tende
a paralizzare l’iniziativa collettiva.
La situazione si è resa ancora più complicata a causa del fatto che abbiamo avuto in questi ultimissimi
giorni tre eventi estremamente rilevanti, l’attentato di Brindisi, il terremoto
in Emilia Romagna e il risultato dei ballottaggi per l’elezione dei sindaci, e
questi tre eventi si sovrappongono a una situazione di grave crisi economica, così che l'operazione mediatica che io ipotizzo in qualche misura guidata da un'abile regia, è stata resa più agevole, potendo accendere i fari in maniera intyermittente su questi avvenimenti, parlare dell'attentato di Brindisi quando si vuole, è un argomento che ovviamente attira ogni sorta di attenzione, e poi distogliere la stessa attenzione parlando del risultato delle elezioni.
Apparentemente, ciò che non si riesce a fare è parlare di ciascuno di questi eventi in maniera corretta, cioè in cui tutti questi aspetti, invece di restare separati come realtà del tutto indipendenti, possano invece trovare una loro forma di correlazione reciproca.
Chi più di tutti è del tutto incapace di parlare del quadro complessivo delle cose sono ancora una volta i politicanti (li chiamo così perchè l'appellattivo di politici non lo meritano), che ancora ieri sera a Ballarò mostravano in maniera incontestabile come il circolo partitico sia ormai diventato un corpo separato della società.
Renzi parlava, che novità, ancora una volta di primarie e di ricambio generazionale come un disco rotto che costringe la puntina a scorrere sempre sullo stesso solco, per Sallusti deve ritornare Berlusconi (sic!), per tutti vale la regola non scritta che la realtà è data dal reciproco rapporto tra loro, tra questo mondo autoreferenziale in cui l'importante non è fare cose giuste, cose che servano al paese, ma continuare ad esistere, fregare qualche suffragio al vicino di banco e così via, un quadro avvilente.
Se non mi è sfuggito, mi pare che dei recenti attentati non se ne sono ocucpati per niente, non hanno nulla da dire in proposito, e questa inadeguatezza a fornire un servizio minimamente decente, mi conferma nella mia opinione che dei giornalisti, almeno di quelli che hanno un nome che gli permette di essere conosciuti al grande pubblico e ad andare in TV e dei politicanti dovremmo semplificare le categorie e considerarli assieme come un grande calderone. Una verifica della correttezza di tale ipotesi è la facilità del travaso da una categoria all'altra, i casi sono numerosissimi, talvolta magari con un ritorno all'indietro di taluni tra loro.
Come è potuto avvenire questo processo di osmosi e di rimescolamento?
Semplice, quando i politicanti hano smesso di avere un comportamento da statisti, e quando i giornalisti hanno smesso di svolgere una funzione informativa, tutti esprimono solo opinioni che gli consentano di galleggiare il più a lungo possibile in questo enorme palcoscenico del sistema mediatico.
spegnamo il televisore, teniamone conto quando andiamo a votare, smettiamo di andare ad acquistare un etto di prosciutto la domenica all'ipermercato aperto, diamo il via al gossip del positivo e del bene, e diamoci da fare perchè le nostre relazioni siano il più possibile autentiche cominciando dal linguaggio e dalla comunicazione personali: quando mi rivolgo ad una persona o la ascolto non mi devo accontentare, devo scegliere le parole da usare e pretendere un uso altrettanto consapevole. parlare veramente insomma, e ascoltare veramente, senza necessariamente dire qualcosa, ma (cito Carver) avere qualcosa da dire. e sperare nel contagio.
RispondiElimina"questo mondo autoreferenziale in cui l'importante non è fare cose giuste, cose che servano al paese, ma continuare ad esistere, fregare qualche suffragio al vicino di banco e così via, un quadro avvilente."
RispondiEliminaSono d'accordo, per questo guardo sempre meno la tv e leggo pochi giornali.
a proposito di parole... spegniamo, non spegnamo.
RispondiEliminaGrazie del contributo, anonimo, ma pur sempre interessante.
RispondiElimina@Paola
RispondiEliminaBen tornata tra noi.
E l'abitudine alla lettura mattutina di Repubblica?
Ora la leggo solo la domenica, ma sono diventata diffidente perchè penso che le notizie siano sempre in qualche misura manipolate.
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