Da giovedì scorso, malgrado gli sciocchi entusiasmi di pochi
giorni fa al primo riprendersi dei mercati finanziari, la crisi economica ha subito
un ulteriore aggravamento, e purtroppo credo che sia il momento in cui siamo
costretti ad ammettere che ci siamo, che il temuto momento in cui la crisi
internazionale avrebbe colpito in pieno l'Italia, è già qui...
E' davvero impressionante osservare quanto un'Europa
imbelle, governata da pusillamini tutti presi dall'esigenza di mantenere i loro
meschini privilegi che il potere loro concede, abitata da popolazioni inebetite
che non si sono ancora rese conto di dove i loro governi li stanno conducendo,
si stia dirigendo di corsa verso il dirupo in cui ormai sembra quasi
impossibile evitare di precipitare.
Quanto la situazione sia grave lo conferma l’attivismo di
ieri, in cui spiccano particolarmente le dichiarazioni di Mario Draghi. Tali
dichiarazioni che vorrebbero escludere alcune prospettive divenute di
attualità, di fatto le confermano in maniera clamorosa. In altre parole, se
Draghi dice che l’euro è irreversibile, ciò significa soltanto che mai come
adesso una prospettiva di abbandono parziale o totale dell’euro è divenuta non
soltanto possibile ma addirittura probabile. Anche le rassicurazioni sulla
tenuta delle difese europee mi ricordano direi in maniera impressionante le
analoghe rassicurazioni da parte di Giuliano Amato e di Azeglio Ciampi proprio
a ridosso, forse addirittura il giorno prima, che l’Italia fosse costretta ad
abbandonare lo SME nel 1992. Se quindi Draghi intendeva rassicurare, ha fatto
un flop gigantesco, ha al contrario reso la percezione generale di un crollo
imminente ben più forte.
Di fronte a tutto ciò, è deprimente vedere come il dibattito
pubblico, inscenato dal circolo politico-giornalistico in Italia, ma non solo
qui ijn verità, si disperda in mille direzioni come se ci fosse davvero una
tale pluralità di posizioni e di soluzioni possibili della crisi economica.
Io al contrario, vedo due sole posizioni possibili, da una
parte la posizione fideista dei liberisti che credono alle virtù taumaturgiche
del mercato, anche di fronte a risultanze sperimentali opposte, come un
cattolico crede allo spirito santo.
L’alternativa possibile è soltanto una presa d’atto franca
della situazione in cui ci troviamo, e che per me non v’è dubbio che sia di
fallimento tecnicamente già in atto. Una pressione fiscale media superiore al
55%, per taluni contribuenti superiore al 70%, non si rivela sufficiente
neanche a raggiungere il pareggio di bilancio, perché il gigantesco debito fin
qui accumulato in una situazione di tassi crescenti, si traduce in una voce di
uscita così ingente da assorbire qualsiasi tassazione imponessimo ai cittadini.
Un punto in più di interessi genera infatti un disavanzo pari a venti miliardi
di euro, una cifra enorme che ha un effetto recessivo rendendo vano l’aumento
delle percentuale di tassazione.
All’inizio degli attacchi ai nostri titoli in autunno, era
ancora possibile reagire adeguatamente attraverso una patrimoniale straordinaria
molto progressiva (ma che comunque doveva colpire l’intero patrimonio),
abbattendo di colpo il nostro debito e concedendoci quindi una salutare pausa
nella richiesta di denaro fresco al mercato. Ciò colpevolmente non è stato
fatto dal duo Tremonti/Berlusconi, e neanche dal duo Napolitano/Monti che hanno
continuato a colpire il reddito invece che il capitale. La differenza sta nel
fatto che il reddito è ciò che determina i consumi e che quindi ha un effetto
più nettamente recessivo, ed inoltre non permette di realizzare grandi introiti
visto che la base tassabile ha un importo inferiore di più di un ordine di
grandezza, vado a chiedere soldi a chi li ha guadagnati ma non ne ha la reale
disponibilità visto che magari fanno parte di somme indispensabili alla
continuazione di un’attività imprenditoriale, e che comunque devono garantire
la stessa sopravvivenza della famiglia. Infine, il reddito è la forma di
ricchezza più facilmente soggetta ad evasione contributiva, visto che il
capitale è più difficilmente occultabile.
Oggi, dopo aver così duramente colpito i redditi, una
patrimoniale della robustezza necessaria per renderla efficace è del tutto
improponibile, e quindi non v’è ormai alcun argine possibile alla speculazione
internazionale che sta prolungando la propria agonia succhiando il sangue delle
nostre vene.
Per tentare di rendere più chiara la comprensione di quale
sia la situazione, vi proporrò un’allegoria.
Supponiamo che una dozzina di amici decidano, sulla base di
un progetto più o meno originale, di mettere su un’azienda sotto forma di società
per azioni, e mediante il versamento delle loro quote, si costituisce un
capitale sociale.
Per alcuni anni, l’attività aziendale procede con successo,
rendendo un certo profitto agli amici associatisi. Poi però, per mutate
condizioni di mercato, l’attività comincia a languire, gli utili sono sempre
più ridotti fino a diventare perdite. Gli amici sperano di potere invertire
questo andazzo sfavorevole con modifiche di vario tipo al funzionamento
aziendale, e per realizzare questo tipo di recupero, sono anche costretti ad
indebitare pesantemente l’azienda che si trova così molto esposta con le
banche. A un certo punto, le banche pretendono che l’azienda rientri dallo
scoperto accumulato, e gli amici mettono mano al proprio portafoglio personale
versando quote aggiuntive di capitale ed aumentando così il capitale sociale.
Nel frattempo, le banche chiedono tassi di interesse sempre più elevati
all’azienda per i debiti rimasti, e così si realizza una situazione in cui
l’intero versamento di capitale fresco da parte dei soci viene totalmente
assorbito dalla inarrestabile crescita degli interessi bancari.
Non credete voi che in una tale situazione i soci, se dotati
di un minimo di razionalità smettano di distruggere il loro capitale personale
e preferiscano dichiarare il fallimento della loro società? Avranno così perso
tutto il capitale fin lì versato, ma rimarrà loro le case in cui vivono e quel
minimo di oggetti che permetta loro un minimo livello di benessere.
Logica vorrebbe che il default statale fosse all’ordine del
giorno, mentre tutti si guardano bene dall’evocarlo in accordo con la logica
superstiziosa che attribuisce capacità di realizzarsi alle cose una volta che
il loro nome sia stato pronunciato.
In verità, l’uscita dall’euro, la riforma dei mercati, tutte
ipotesi divenute oggi attuali, hanno senso solo se assunte dopo avere
dichiarato default. Il default in sé corrisponde alla vera riforma, la svolta
di volere resistere alla globalizzazione, di costruire un pezzo di mondo in cui
ci si isola dalla follia collettiva di rincorsa verso la ricchezza come
criterio assoluto delle scelte collettive, considerando al contrario la
ricchezza come un mezzo per garantire il lavoro ed i mezzi di sostentamento a
tutti, un nuovo umanesimo, se ancora si può utilizzare un termine così
maltrattato. Naturalmente, ad ogni fallimento, segue una certa procedura che
garantisce che le risorse esistenti vengano distribuite secondo un certo ordine
di priorità, e che quindi dovrebbe garantire il rimborso parziale dei titoli ai
piccoli investitori.
Qui, devo argomentare sulla questione dell’equità. Il primo
aspetto riguarda quanto sia equo non rimborsare un debito contratto. Sfatiamo
un mito, da che mondo è mondo il mancato rimborso è uno dei possibili sbocchi
di qualsiasi prestito, e difatti chi da credito deve prestare molta attenzione
alla solvibilità di chi lo chiede. Questa regola vale anche per gli stati, chi
acquista i nostri titoli chiede di avere più interessi rispetto a quelli pagati
dalla Germania (il famoso spread), proprio perché ritiene di correre un rischio
maggiore. Noi dobbiamo soltanto dargli ragione, fargli sapere che è vero che il
rischio esisteva e che si è materializzato, che lo strozzinaggio ha avuto
termine.
Analogamente, c’è chi solleva le questioni dell’equità in
riferimento al mancato rimborso, almeno parziale, dei titoli sottoscritti da
privati cittadini. Mi chiedo però se, essendoci una carenza di risorse, debba
pagare prioritariamente chi ha prestato o chi non avendo neanche scelto di
prestare, risulta del tutto incolpevole (a volte anche nullatenente).
Lascio a voi il compito di verificare lo scarto tra ciò che
descrivo qui e che con tutta evidenza è la realtà, e i riti mediali che vanno
avanti da parte del circolo costituito da giornalisti e politicanti (spesso
indistinguibili tra loro).
Hai ragione, ci stiamo dirigendo verso il dirupo e ostinatamente teniamo gli occhi e la mente chiusa, sperando che qualcun altro ci salvi...siamo un popolo di struzzi!
RispondiEliminaPerò stavolta, Marica, mi pare che siamo in buona compagnia, non mi pare che in Europa stiano messi molto meglio di noi...
RispondiEliminaSi è vero ma in questo caso il detto "mal comune mezzo gaudio" non conforta. Almeno dalle altre parti stanno provando a ribellarsi..noi aspettiamo che qualcun altro lo faccia al posto nostro.
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