Il giornalista Fubini su “Il Corriere della sera” continua
ad affrontare il problema delle implicazioni di politica internazionale delle
scelte economiche in Europa...
Le argomentazioni di Fubini si basano sulla recente
esperienza storica nel nostro continente, con le sanguinose guerre che hanno
accompagnato la dissoluzione dell’URSS e della Yugoslavia. Partendo da tali
eventi, egli inferisce che la dissoluzione dell’euro possa sfociare anch’essa
in conflitti bellici.
Ora, io trovo le tesi di Fubini non solo errate, ma addirittura da capovolgere, come già
scrissi su questo stesso blog. Il vero pericolo di possibili conflitti armati
in Europa non sta nel separarsi attraverso un processo che sarebbe consensuale,
e in cui francamente si conviene sui vantaggi comuni a non stare più assieme,
ma proprio nel prolungare l’agonia di un’unione ormai morta, e il cui sbocco in
separazione non potrebbe più essere consensuale, ma deriverebbe dalle scelte
del più forte che imporrebbe unilateralmente agli altri l’allontanamento. E’
così complicato comprendere che è proprio questa la situazione peggiore, quella
di chi a torto o ragione ritiene di avere dovuto subire un diktat, non dovrebbe
essere ovvio anche per i vari Fubini che sia meglio un sereno divorzio preso di
comune accordo che una convivenza forzata che sfocia in separazioni brusche e
che non escludono fatti di sangue successivi?
Tornando agli stessi precedenti storici che Fubini cita,
forse sarebbe interessante notare come essi siano avvenuti in aggregazioni
statali forzate, che sono state determinate da scelte di vertici politici
ristretti e non condivisi dai corrispondenti popoli. Ma la cosa più rilevante è
che si trattò di separazioni scelte unilateralmente, mentre altre parti di
quegli stessi stati si opposero fieramente subendole solo dopo essere stati
sconfitti. E’ interessante come Fubini legga quegli eventi con lenti
deformanti. Mi ricorda la famosa barzelletta del ricercatore tedesco che
togliendo progressivamente le zampette ad una pulce ammaestrata, quando dopo
averle tolte tutte verifica che la pulce non obbedisce più all’ordine
impartitele di saltare, conclude dicendo che la pulce senza zampette diventa
sorda.
Anche senza andare alle situazioni estreme di eventi bellici
intraeuropei che davvero tutti speriamo sia comunque possibile scongiurare,
rimane il problema di come dare attuazione a un’Europa federale. Non v’è dubbio
che si tratti di un problema enorme e si capisce quanto possa apparire
deprimente qualsiasi stop a quel processo di progressiva integrazione partito
nell’ultimo dopoguerra ed ostinatamente portato avanti da politici europei
lungimiranti.
Ciononostante, non servirebbe a nulla chiudere gli occhi
alla realtà e capire che quel processo così difficile a causa della storia
pregressa che ha sempre visto questo continente così dilaniato al suo interno,
ha subito una grave interruzione a causa di un’unica mossa sbagliata, quella di
affidarsi all’unione monetaria.
Dare una fine all’esperimento dell’euro può solo migliorare
le cose, non peggiorarle. Non sono in grado di dire se sia possibile mantenere
il resto dell’unione europea. Forse, e lo dico dubitativamente, sperimentare
quanti vantaggi c’ha dato un’europa unita provando cosa perdiamo se ci
separiamo, potrebbe tradursi in un nuovo momento di slancio del processo
federalista.
Certamente, questa ostinazione ad ignorare le conseguenze di
una guida così pusillanime dell’unione non può che portare guai a tutti.
Diciamoglielo a costoro che la smettano e che se ne tornino
a casa, senza questo resettaggio, l’Europa futura non potrà che essere una
schifezza, un ulteriore peggioramento di quell’Europa che oggi vediamo sotto la
loro guida.
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