Oggi, altra giornata che conferma la mia sensazione di non capire più questo paese, di non vedere dove una classe politica mediocre vuole andare e vuole conseguentemente che anche noi andiamo.
Oggi è stata la volta di Napolitano di dare il suo contributo alla confusione generale col suo intervento riguardo ai partiti.
Partiamo da un dato sondaggistico, da cui risulterebbe che la percentuale di coloro che hanno fiducia nei partiti corrisponderebbe in cifra assoluta a meno di un milione di italiani, e, poichè le persone coinvolte direttamente nella politica praticata sono nettamente superiori al milione, il risultato per certi versi paradossale che ne viene fuori è che perfino gli stessi politicanti non hanno fiducia in sè stessi, e credo che nessuno più di loro abbia gli elementi per sancire questa sfiducia.
Detto ciò, rimane comunque da definire ancora quali siano i motivi alla base di questa sfiducia. Napolitano ha citato nelle sue parole le questioni della corruzione, che costituisce senza dubbio alcuno uno di questi elementi di sfiducia.
A me pare tuttavia che se noi isoliamo questo singolo aspetto dal contesto generale, non riusciamo proprio ad avere un quadro realistico della situazione e quindi neanche a capire cosa dovremmo fare per uscirne.
Mettiamola così, la corruzione nei partiti non è un elemento isolato che possa essere imputato a un inquinamento da parte di singole persone indegne venute a fare politica per approfittare del potere associato alla politica praticata, una questione cioè tutta ascrivibile a scelte individuali eticamente riprovevoli. Se la corruzione si presenta come un meccanismo di funzionamento diffuso all'interno dei partiti, come difatti è, quasi come il loro modo ordinario di funzionamento, allora sarebbe vano cercare nei comportamenti individuali la spiegazione di questo fenomeno.
Vorrei piuttosto fare una domanda provocatoria: per quale motivo una persona che entra in politica non dovrebbe partecipare al fenomeno corruttivo?...
Insomma, io ho la fortuna/sfortuna di avere l'età per aver visto nella mia vita scenari del tutto differenti da quello attuale. Fino agli anni settanta, v'erano nell'adesione a un determinato partito motivazioni ideali, il patrimonio più prezioso di un partito era una propria visione della realtà a cui si opponevano visioni differenti in aspetti importanti.
Questa è stata la politica nel novecento, che oggi tanti considerano un fardello pesante da portare, da abbandonare per timore che fenomeni estremi come il nazismo o come lo stalinismo posano ripetersi.
Tuttavia, costoro non dicono come la politica possa ancora esistere una volta che essa debba esercitarsi all'interno degli stretti confini fissati dall'obbligo del condividere alcuni elementi fondamentali con gli altri attori politici, come essi possano non comprendere che così la politica diventa routine, una pura tecnica del governo tutta giocata all'interno di un campo di gioco fissato prioritariamente non si sa da chi e non si sa attraverso quali procedure.
Ciò che ci sta succedendo è proprio questo, che i partiti non sono più la sede di libere aggregazioni ideali di cittadini che si confrontano tra loro in una competizione elettorale in cui agli elettori appaiono con la massima evidenza le differenze tra le offerte politiche, sono diventati tuttaltro.
Succede insomma ciò che è ovvio una volta che le motivazioni ideali non esistono più, che i partiti smettano di essere delle associazioni politiche nel senso più proprio del termine.
Vedete, in politica la gestione del potere che ne è un elemento fondamentale, rischia di funzionare da tentazione per tanti: in fondo, la burocrazia cos'altro è se non proprio l'assassinio della politica da parte di chi agogna al potere? Questo processo ha finito per creare il substrato perfetto perchè la burocrazia prevalesse su tutto, facendo convergere verso i partiti un ceto politico di arrivisti interessati esclusivamente a gestire il potere per il potere ed i vantaggi che ne possono derivare, questi sono stati i criteri che hanno guidato il processo di selezione nei vari partiti.
Dobbiamo quindi capire che la sede reale in cui si alligna l'antipolitica, un termine oggi in auge, sono proprio i partiti, nulla di politico è rimasto in loro, e in verità l'unico modo di fare politica è proprio opporsi all'intero sistema dei partiti.
Dicevo che decenni di pratica parlamentare non guidata da motivazioni ideali ha creato un substrato perfetto per uccidere la politica.
Tuttavia, ciò ancora non era sufficiente perchè tutto andasse a compimento se non ci fosse stata da parte di Napolitano la realizzazione dell'operazione Monti. Quando il capo dello stato ha chiesto ai partiti di mettersi da parte, ha chiesto loro di non andare ad elezioni anticipate, altrimenti non evitabili, egli ha ripetutamente motivato tutto ciò con la necessità di far prevalere l'interesse generale, con ciò stesso negando che i partiti ne fossero i più autentici interpreti.
L'ardita teoria già da mesi sostenuta da dirigenti del PD e ripresa dallo stesso Napolitano fu che i partiti, in quanto portatori di un punto di vista di parte, erano in qualche misura in contraddizione con l'interesse generale. Da questa impostazione, deriva inevitabilmente che i partiti non abbiano più nessuna funzione da svolgere nella società. Così, Presidente, è lei che ha inferto il colpo decisivo alla politica, e siamo noi che ci battiamo contro questa mediocre classe politica che stiamo tentando di trovarle un suo spazio: così, dovrebbe smetterla di comportarsi come uno spettatore inerme di fronte allo sfascio dei partiti, lei con tutta evidenza ne è uno dei protagonisti.
Talmente è il disgusto, l'amarezza, il senso d'impotenza davanti a tutto ciò, che penso che andrò ad allargare il numero degli astensionisti alle prossime elezioni!
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