mercoledì 8 maggio 2013

NUOVA TAPPA DEL CRETINISMO SUI CRITERI DI CITTADINANZA?



Forse, stiamo aggiugendo un ulteriore tassello al procedere del cretinismo anche sulla vicenda dei criteri per ottenere la cittadinanza italiana.
In effetti, si tratta di un problema complesso, e non è un caso che ci siano paesi in cui prevale il criterio denominato come “ius soli”, cioè il diritto derivante dal luogo dove si nasce, e tanti altri paesi in cui invece prevale lo “ius sanguini”, cioè nei quali il diritto alla cittadinanza deriva dai genitori, io sono cittadino italiano perché i miei genitori lo erano anche loro...

Adesso, vedo che sta per nascere l’ennesimo movimento per l’ovvio, cioè una campagna mediatica per trasformare una possibile alternativa nell’unica possibile, tacciando qualsiasi altra tesi di castroneria, come Lerner è arrivato a dire per la dichiarazione del presidente del senato. Cosa in effetti aveva detto Grasso? Egli ha sollevato un’argomentazione che non va presa alla lettera, ma fa parte della logica dell’argomentazione, per convincerti, ti porto alle estreme conseguenze implicate dal tuo punto di vista. Ha così citato l’ipotesi che donne incinte vengano appositamente a partorire in italia, affinchè i loro figli diventino cittadini italiani.
Presa alla lettera, può anche apparire una castroneria, nessuno davvero si aspetta che si generi un flusso di donne pronte a partorire in Italia, ma rimane il fatto che anche accidentalmente una donna incinta si trovi a dover partorire proprio durante un soggiorno occasionale in Italia: che senso ha, mi chiedo io, che il neonato abbia la cittadinanza italiana?
E’ evidente che la legislazione richieda che si realizzino altre condizioni, che quindi la madre risieda in Italia, questo potrebbe essere un criterio. Tuttavia, è evidente che una condizione come quella che ho citato, modifica profondamente lo spirito del provvedimento, in effetti richiedendo una condizione che riguarda la genitrice, così lo ius sarebbe in questo caso un ibrido.
Alternativamente, il neonato acquisterebbe la cittadinanza solo a seguito di un certo suo periodo di residenza in italia, quindi non residenza pregressa, ma la residenza che segue la nascita. In questo caso, somiglia abbastanza alla situazione attualmente esistente che richiede la maggiore età, in fondo si tratta sempre di diciotto anni trascorsi in Italia.
Il senso del mio discorso è che non mi pare materia adatta a guerre di religione, per cui solo un protervo razzista può negare lo “ius soli”. Le cose non stanno così, ci sono argomenti favorevoli e contrari, e soprattutto ci sono modalità intermedie: possibile che tutto debba finire in caciara?
Non vorrei insomma che alla fine qualcuno se ne esca coniando il termine “iussolifobo”, un anatema lanciato contro chi non segue il consueto movimento dell’ovvio.

6 commenti:

  1. Su questo sono concorde. Io sono favorevole allo ius soli ma deve essere legato a qualche criterio concreto. Forse la residenza in Italia della madre potrebbe essere un valido strumento per stabilire criteri soddisfacenti.

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  2. L'attuale attribuzione della cittadinanza è una disposizione che viene da lontano, ed è mediterranea: nella Atene di Pericle la cittadinanza si acquisiva attraverso la madre, che doveva essere ateniese (manco il padre era importante!).
    Se nei paesi anglosassoni hanno altre tradizioni, cert<mente ci sarà un perchè. Io provo a immaginarlo: sono stati popoli migratori e predatori per lungo tempo, e sulla natura nomade della loro civiltà hanno fondato le loro comunità e l loro diritto di cittadinanza.
    Quella del diritto di cittadinanza agli stranieri è un falso problema. Meglio interrogarsi su come facilitare favorire e rendere celere l'ottenimento della cittadinanza alla domanda.

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  3. Giustissimo integrare, giustissimo consultare il popolo direttamente su questioni tanto importanti, giustissimo soppesare pro e contro e non demonizzare l'avversario a forza di grida di razzista. La proposta piu' intelligente umana ed equilibrata PER le esigenze di TUTTI, destre, sinistre, indigeni ed immigrati (esclusi solo i jihadisti ed i jihadisti demografici) se vogliamo una vera soluzione e non una ulteriore occasione di scontro la ha fornita la proposta del magistrato Guido Salvini denominata IUS AFFECTIONIS:
    http://www.gettalarete.it/giustizia/236-giustizia/605-ius-affectionis-una-prospettiva-per-la-cittadinanza-oltre-il-sangue-e-il-suolo.html
    Da non perdere!

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  4. lo ius soli è immaginabile solo in terre semivuote investite da forti flussi migratori che stanno facendo sorgere una nuova società: quindi è improponibile in Italia e in qualsiasi paese d’Europa ove non vi sono Stati in formazione ma da secoli società ormai strutturate.

    L’Italia come tutti i paesi Europei ha un sistema misto, ius sanguinis temperato da spazi per lo ius soli.
    In base alla legge del 1992, allo straniero che risiede in Italia da almeno 10 anni può essere concessa.
    I figli degli stranieri, godono di uno ius soli differito. Infatti diventano cittadini italiani, se lo richiedono, solo al compimento del 18º anno di età

    Quella sensibile è la situazione di nuclei familiari compatti, espressione di una immigrazione numericamente importante, portatori in linea generale della loro cultura;
    in Francia e Gran Bretagna, l’acquisto della cittadinanza su base di partenza ius soli è più facile, si tratta di paesi eredi di imperi coloniali, ragione per cui gli aspiranti avevano già legami culturali con il paese di immigrazione di cui erano di fatto semi-cittadini.

    Serve allora un “percorso”, più breve ma meglio definito,un percorso formativo obbligatorio di adesione ai valori fondanti dello Stato in cui si è nati o in cui si vive usando come base la Carta dei Valori, della Cittadinanza e della Integrazione promossa dal Ministero dell’Interno dopo consultazioni tra esponenti di varie comunità e che è rimasta inattiva dal 2007. Espone quali sono i diritti degli stranieri quali i loro doveri e i valori della società in cui hanno deciso di vivere.
    La Carta dei Valori, è un testo semplice e chiaro, per uno straniero, più della Costituzione
    Parla dei diritti fondamentali della persona senza distinzione di etnia o religione e al tempo stesso del rispetto dei valori su cui poggia la società e poggiano i diritti degli altri, della pari dignità dell’uomo e della donna dentro e fuori la famiglia
    Ricorda che l’Italia è un paese laico dinanzi al quale ogni confessione è ugualmente libera, che riconosce quindi a ciascuno la piena libertà religiosa, compresa quella di non praticarne alcuna o di cambiare religione
    Ricorda in alcuni significativi passaggi che l’Italia proibisce ogni forma di coercizione all’interno della famiglia, proibisce la poligamia come contraria ai diritti della donna e ogni mutilazione del corpo non dovuta ad esigenze mediche e considera “non accettabile” il velo integrale come ostacolo a entrare in rapporto con gli altri.
    La strada verso la cittadinanza potrebbe passare attraverso la frequenza a corsi basati sulla Carta dei Valori in cui gli stranieri, uomini e donne insieme, e questo non è un dettaglio, possano essere informati dei principi fondamentali che dovranno condividere per essere accolti ed entrare a far parte della nostra società, in cui si possa discutere, rispondere a ogni dubbio e comprendere il livello di adesione di ciascuno a questi principi.
    La sottoscrizione individuale della Carta dei Valori dovrebbe essere condizione per la richiesta di cittadinanza, un’adesione consapevole ed individuale poiché la Carta è già stata sì approvata nel 2007 dai rappresentanti di molte comunità ma tra i quali si nascondono, forse, non pochi simulatori.

    Le riforme da fare possono essere una verifica dell’affectio e non dell’acquisizione di dati solo formali.
    Aspirare ad una nuova cittadinanza non significa solo aspettarsi vantaggi personali
    Significa sviluppare un minimo, di affectio per i principi culturali e le regole di vita del paese in cui si è scelto di vivere, mantenendo le proprie diversità solo nelle forme e nei limiti in cui sono riconosciute a qualsiasi altro cittadino, senza pretendere una diversità che oltrepassa gli accordi che valgono per tutti.
    Basare il percorso verso la cittadinanza sullo ius affectionis quindi, non qualcosa a metà strada tra lo ius soli e lo ius sanguinis ma cosa qualitativamente diversa che li oltrepassa entrambi.

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  5. Il problema però non sono i bambini o i minori ma i loro genitori e i capi delle comunità.
    È qui bisogna uscire dall’ipocrisia e avere la coerenza di rendere manifesto qual è il vero freno, e un freno non immaginario, ad un’apertura a nuovi diritti di cittadinanza.
    Gli aspiranti italiani non sono solo tanti singoli che cercano un percorso di inserimento individuale. Se fosse così, anche se fossero in numero molto alto, non costituirebbero un problema. Ci si trova invece di fronte a gruppi etnico - religiosi con stretti legami coltivati anche nel paese di adozione, in genere grazie al controllo operato dai capi religiosi, potenzialmente portatori di un progetto trasformativo a medio - lungo termine del sistema di valori e forse anche del sistema legale del paese di cui intendono diventare cittadini.
    Il riferimento è ovviamente ai blocchi etnici di fede musulmana. Solo per far un esempio, un immigrato slavo, se delinque, tra i molti che non lo fanno, non intende certo cambiare la nostra società ma solo approfittare in modo parassitario delle sue ricchezze.
    Qualcosa di simile, in termini di stili di vita e di spazi, vale per il giovane appartenente ad una banda, le “pandillas” sud-americane dedita a rapine ed intimidazioni per strada. Sono comportamenti odiosi ma non cambiano l’orizzonte della nostra società. Come non lo cambia, ma è materia per la Guardia di Finanza, il negoziante cinese che non rilascia le ricevute ed evade il fisco.
    Ma il progetto delle comunità che si trasferiscono nelle terre non dell’Islam, o meglio non ancora dell’Islam, può essere ontologicamente diverso.
    In genere quando ci si riferisce in modo critico all’Islam tutti pensano alla dominazione sulle donne ma questo aspetto, pur nella sua enormità, è un prodotto secondario.
    Entrare in contatto con l’essenza della fede musulmana è un’operazione che, per quieto vivere, si risolve quasi sempre in autocensura.
    Per quanto si possa dire in poche righe, ma l’Islam a differenza del cristianesimo e del buddismo non è una religione molto complessa anche perché chiede solo di obbedire, il Corano è la rivelazione definitiva, che ingloba e rende superate le precedenti, tanto che vi appaiono, anche se detronizzati, Gesù e Maria. Non è ispirato ma scritto direttamente da Allah, il Dio - padrone e non Dio - padre ed amico dei cristiani, Allah che si rivolge all’umanità nella sua interezza e non a alla coscienza dei singoli per manifestare, senza alcun dialogo tra Dio e l’uomo, la legge unica cui sottomettersi: l’Islam appunto.
    Se così è scritto le altre fedi sono un residuo inutile e dannoso, destinate ad esaurirsi e a perire. Soprattutto nessuna terra acquisita all’Islam, chiamata Dar el Gharb, terra di conquista, una volta diventata tale può regredire al passato. L’Islam può solo estendersi fisicamente e ciò vale anche per i singoli uomini: una volta convertiti nessuno può lasciare la fede e chi cerca di farlo deve essere eliminato come empio apostata.
    La punizione spietata dell’apostasia e con essa le odiose leggi contro la blasfemia sono l’heart of darkness dell’Islam. Non è certo un caso che la stessa Carta dei Valori senta il bisogno di menzionare il diritto a “cambiare religione” che non compare in nessuna altra norma. Con questo bisogna misurarsi e ci si trova di fronte ad un tratto culturale specifico. Anche molti fedeli indù, ad esempio, sono fondamentalisti ma almeno l’induismo non è interessato alla conversione e all’espansione in quanto identifica sé stesso solo come religione nazionale indiana.

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  6. Questi sono i cardini da cui discende tutto il resto, potere sulle donne compreso, e, su di essi quasi tutti i musulmani concordano, non solo i fondamentalisti ma anche molti “moderati”.
    Se questo è il cuore profondo dell’Islam non è facile inglobare blocchi compatti di “nuovi cittadini” convinti che ogni legge proviene da Dio e non dal popolo cioè non da quella che noi chiamiamo democrazia.
    Quale garanzia vi è allora che, raggiunta una soglia critica le comunità musulmane legittimate in Italia, controllate non da rappresentanti “civili” ma sempre da capi religiosi, non intendano coltivare il progetto per loro essenziale di mutamento della cornice dei valori, per tutti o almeno nel senso di creare leggi e giurisdizione separate? Praticamente nessuna.

    Si tratta di rimanere aperti ad un confronto non ostile, ma senza infingimenti che aiuti anche ad aprire una riflessione interna alle comunità musulmane : aiutare a chiedersi “siamo disposti o no ad accettare interamente le leggi civili ?”
    La cittadinanza è la condivisione reale di un insieme di valori (in Italia, sia chiaro, quelli della Costituzione e non o non solo del cristianesimo, anche se non vi è più la sacralità di un tempo). Tanto è vero che alla cittadinanza pura e semplice di un paese, a seguito di scelte legislative fatte proprie anche dall’Italia, può accompagnarsi la doppia cittadinanza ove i due sistemi siano omogenei e alla cittadinanza italiana si aggiunge la cittadinanza europea con tutti i diritti che ne conseguono.
    Si può riflettere allora, sia per gli adulti sia per i minori stranieri, una volta condivisa con consapevolezza la Carta dei Valori, ad un diritto di residenza permanente o ad un periodo di pre-cittadinanza con ampio godimento di diritti, trasferibile ai figli, come proposto l’anno scorso anche da uno studioso come Giovanni Sartori.
    Ma uno status revocabile qualora in un arco di tempo avvengano comportamenti che dimostrino che l’affectio verso i valori della Costituzione non c’era o era stato solo simulato.

    Uno status comunque non definitivo, a differenza della cittadinanza pura e semplice e che per tale ragione responsabilizza. Revocabile non solo quando chi ne usufruisce commetta reati gravi e non occasionali, ad esempio uno spaccio di droga in forma associativa, ma quando assuma comportamenti incompatibili con i valori cui ha finto di aderire. Revocabile a chi segrega la moglie in casa, non manda i figli a scuola, attua la poligamia, impedisce alla figlia di convertirsi ad un’altra religione o di frequentare chi vuole, è attivo in luoghi ove si incita all’odio e al razzismo religioso.
    In tali casi infatti lo ius affectionis è da considerarsi venuto meno o è stato dissimulato ma in realtà non vi è mai stato.
    La forza di questa proposta, una residenza permanente basata sullo ius affectionis è quella di essere razionale, accettabile in potenza da tutti e di non compromettere niente: dà infatti il tempo di vedere se funziona e come funziona.
    Dopo il pur incauto sasso gettato nello stagno dal nuovo Ministro si aprirà di certo un periodo di scelte, vicine o meno a questa proposta e forse anche molto diverse tra loro.
    L’importante è che ciascuno avanzi la propria soluzione partendo da ciò che la realtà offre e non da ciò che si immagina o si teme che sia. Con un po’ di razionalità, senza pregiudizi mentali, quasi sempre speculari e senza arrecare altre lesioni ad equilibri istituzionali e sociali che sono già una casa pericolante.

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