martedì 28 maggio 2013

ELEZIONI ED ASTENSIONE



Stavolta, non sono d’accordo con un politologo che pure stimo, il Prof. D’Alimonte e con il suo articolo odierno sul “Sole – 24 ore”.Egli tende a minimizzare l’entità dell’astensione, mentre io sono al contrario convinto che i dati grezzi ne sottovalutano l’entità e quindi il suo ruolo di protagonismo in questa tornata di elezioni comunali.

Per capire perché giungo a questa conclusione, basta considerare il complesso dei segnali che vengono fuori. Essi includono da una parte il vero e proprio crollo del M5S, e dall’altra, non meno clamoroso è il mancato, seppure ampiamente previsto dai sondaggi, sorpasso da parte del PDL sul PD...


Iniziamo da quest’ultimo aspetto: come mai il PDL risulta inequivocabilmente penalizzato, contrariamente all’evidente crescita dei consensi rispetto a un PD che gli stessi sondaggi indicavano in flessione e comunque rispetto a comportamenti politici che non possono non essere deprecati, in particolare riguardo alle recenti votazioni per l’elezione del Presidente della Repubblica? L’unica risposta sensata sta nel fatto che tali votazioni, come avviene del resto tradizionalmente, almeno da quando c’è l’elezione diretta del sindaco, sono fortemente influenzate da fattori personali, da chi insomma è il candidato. I candidati del PD godono in genere di una certa stima, mentre quelli del PDL sono generalmente del tutto impresentabili.

Si tratta in realtà di due casi assolutamente opposti, il PDL è il simbolo di una singola persona, Berlusconi, che traina i vari candidati anche quando sono gracilini permettendo loro risultati ben più positivi di quelli che il loro personale appeal consentirebbe, mentre il PD non è più neanche un vero partito, è solo uno strumento per candidature che si tengono da sé. Potremmo perfino dire che la percentuale di astenuti dipende fortemente da chi sono i candidati, in particolare il candidato PD, e forse l’altissima astensione avutasi a Roma dipende dalla gracilità di Marino, le cui ultime dichiarazioni sono addirittura imbarazzanti (meno peggio comunque, e ci vuole davvero poco, dell’Alemanno della nevicata disastrosa del 2012 e degli impresentabili funzionari selezionati al comune).

Analogamente, la forte caduta di suffragi del M5S ci dice quanto questo voto sia assimilabile ad un’astensione: astenersi o votare per un grillino non appare tanto differente. Del resto, è lo stesso Grillo a rafforzare questa sensazione, indicando come scopo principale, almeno in questa fase, il tenersi ben separato. Rifiutando ogni spazio di mediazione, egli tende ad affermare nella maniera più perentoria che il suo movimento è diverso e rappresenta un’Italia diversa. Grillo apparentemente sembra non rendersi conto che per affermare fermamente la propria estraneità a un ceto politico del tutto screditato, basta astenersi alle elezioni: in cosa differisce il voto a Grillo da un non voto? Né è sostenibile che questa è solo la prima parte di una strategia più complessiva, perché ogni votazione fa storia a sé, non è che in questo parlamento si va con un certo stile, pretendendo che gli elettori nella successiva possano immaginare una prassi politica differente. Le cose che facciamo, permettono agli altri di conoscerci, non è che prima ci si conosce e poi si impara a sapere con chi abbiamo a che fare, sono due momenti che cronologicamente necessariamente devono coincidere. Penso che il M5S questa questione se la debba porre urgentemente.

Riassumendo, questo voto ci mostra come il quarto circa di voti ricevuti dal M5S corrisponde in gran parte ad una forma alternativa di astensione, i consensi al PDL potranno magari in un’elezione a carattere nazionale aumentare, ma soltanto in percentuale, in valore assoluto tendono ineluttabilmente a diminuire, qualunque sia l’inquietante abilità di Berlusconi, il PD è in una sorta di limbo e vive solo dei contributi di carattere individuale dei vari candidati.

Immaginate adesso una nuova tornata di elezioni per l’elezione del parlamento. Se almeno un 15% dei suffragi del M5S si tramuta in astensione, se anche soltanto un terzo del suo elettorato si unisci agli astenuti, avremmo un’astensione prossima al 60%, con un PDL primo con il suo minimo storico di voti assoluti: ditemi se non è un incubo!

2 commenti:

  1. Mi sono chiesto in questi giorni: se c'erano le amministrative nella mia città sarei andato a votare? No, non sarei andato. Era l'unico modo per dimostrare con una prova evidente: non ci sono per nessuno.
    Non so come la penserò a ottobre o l'anno che verrà, ci sono sempre variabili nel futuro, ma alla fine di maggio non ci potevo essere per nessuno. Per tutto il tempo della non trattativa tra Grillo e Bersani, credimi, ci sono stato male; l'ho visto come il più stupido dei giochi al massacro; e Grillo non ha capito che stava massacrando chi aveva votato per lui. La massa delle persone che avevano votato Grillo chiedeva un cambiamento da subito.

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Sì, ho sentito Bersani a Ballarò che tenta di rientrare in gioco e lo fa prestandosi ad un evidente travisamento della realtà.
      Secondo me, Bersani non si è mai fatto illusioni sulla disponibilità del M5S ad appoggiarlo, tant'è che non ha mai formulato un'ipotesi specifica, sempre discorsi generici e preliminari.
      Bersani tuttavia sa bene che la via maestra che lui stesso aveva scelto era una specie di monocolore della coalizione di centrosinistra che raccattasse al senato quei pochi voti che gli mancavano. Io non sono in grado di stabilire quanto questa prospettiva fosse realistica, ma Bersani ci credeva e Napolitano gli ha rifiutato la possibilità di metterla alla prova dell'aula perchè sin dall'inizio aveva puntato sulle larghe intese.
      Così, Bersani appare come un cane che lecca la mano che l'ha bastonato e ne esegue fedelmente gli ordini, davvero una caduta di stile, un'abdicazione alla propria dignità, a cui dispiace perfino assistere.

      Elimina