Questa rappresenta la quinta ed ultima puntata della serie di post dedicato all'argomento delle regole elettorali. Dopo due articoli sugli aspetti politici e due dedicati agli aspetti più tecnici, permettetemi qui di proporre il mio punto di vista che naturalmente non vuole essere una proposta tecnicamente articolata, e di trarre brevi conclusioni sull'argomento.
L'approccio classico alla questione passa attraverso il duplice criterio della rappresentatività e della governabilità. In sostanza, se il proporzionale puro assicura una piena rappresentatività, taluni sostengono che esso, attraverso l'esigenza di creare coalizioni, renda meno stabili le maggioranze a causa di ogni fonte di disaccordo su specifici provvedimenti.
Mentre quindi quella che è passata alla storia come la prima repubblica ha sposato un sistema proporzionale, la seconda repubblica è nata proprio sulla base di un sistema bipolare che avrebbe dovuto garantire una maggiore stabilità degli esecutivi...
Seppure la sentenza della consulta riguardi il problema della rappresentatività in presenza di una premialità eccessiva nei confronti di chi ha la maggioranza relativa dei consensi, dovremmo a mio parere prima di tutto occuparci invece della equazione forse troppo facile tra maggioranza dei seggi di una determinata coalizione e governabilità. La cronaca di questi anni ha dimostrato credo oltre ogni evidenza che questa equazione non è soddisfatta per la semplice ragione che il mettersi assieme di alcuni partiti per governare, si scontra poi con tutta una serie di interessi tra loro divergenti. In sostanza, non si capisce in cosa una coalizione annunciata prima del voto debba considerarsi preferibile ad una coalizione formata a seguito del voto.
La semplice formula di renzi che vuole sapere chi governerà la stessa sera dello spoglio, espressione tra l'altro rieccheggiata da tanta stampa nella maniera più acritica, e con cui egli vorrebbe esprimere l'esigenza di governabilità, cade miseramente semplicemente notando come il giorno dopo sarà necessario verificare se questa maggiornaza tiene o è già andata in fumo.
Negli anni passati, proprio per questa ragione, sostenevo la necessità di andare dal bipolarismo al bipartitismo, evitando così che coalizioni eterogenee potessero andare a fondo velocemente, lasciando senza soluzione quello che veniva definito il potere popolare di designare direttamente chi deve governare.
Oggi, la penso un po' diversamente. Il punto è che anche uno stesso partito può essere soggetto a fenomeni di divaricazione fino alla stessa scissione, e quindi, soprattuto considerando la volatilità dei partiti di oggi, neanche se a un unico partito fosse concesso tramite un apposito sistema elettorale fortemente premiale di accedere da solo al governo del paese, avremmo davvero garantita questa stabilità. L'unico modo in realtà sarebbe quello di introdurre una qualche forma di vincolo di mandato, cosa che però mi trova fortemente contrario.
Si tratterebbe di un passaggio drastico, perchè trasformerebbe gli attuali rappresentanti in semplici delegati, saltando così il delicato ruolo di mediazione che la politica dovrebbe essere messa in condizione di compiere.
Tutto questo dovrebbe dimostrare che tutti questi sistemi elettorali premiali non garantiscono in alcun modo ciò che dichiarano di voler fare. Non entro neanche nel merito se la governabilità sia un valore o non lo sia, non v'è modo nè teoricamente nè per quanto la pratica cronachistica ci consegna, di considerare i cosiddetti sistemi elettorali maggioritari come garanzia di definizione di maggioranze stabili.
Io vorrei utilizzare un punto di vista differente.
A questo scopo, consideriamo che potere viene dato nelle democrazie rappresentative all'elettore. Egli può indicare un partito ed alcune volte anche uno o più candidati. Quindi, il massimo potere che l'elettore può avere, è quello di identificare un'ipotesi politica con una o più persone fisicamente identificabili. Il modo più grave di mortificare questo potere è quello di non permettergli questa identificazione come fa il porcellum, così come il porcellum.2 proposto dalla coppia più bella del mondo (ora divenuta trio con la partecipazione straordinaria di Alfano).
Io la ritengo decisiva, proprio perchè se accettiamo la mancanza di vincolo di mandato come fondamento del sistema parlamentare, è solo la qualità specifica del candidato che può costituire l'unica garanzia per l'elettore. L'ipotesi di maggioranza può sfumare, perfino lo stesso partito può scindersi, rimane tuttavia l'identità specifica di quel parlamentare a costituire l'ancora a cui affidarsi, la sua singola identità non cambierà in ogni caso.
E' questa la ragione che mi spinge a favorire la costituzione di seggi uninominali, non quindi come un sotterfuggio per favorire i partiti più grossi, non quindi per il perseguimento di ulteriori scopi, ma perchè la designazione di quello specifico candidato è un fine in sè da perseguire. Da questo punto di vista, il doppio turno non costituisce un miglioramento. Il doppio turno ha un effetto fortemente distorsivo, ed è ancora una volta un sistema partitocentrico, proprio in un'epoca in cui le grandi narrazioni non sembrano più funzionare e non riescono quindi ad offrire una genuina e credibile identità alle formazioni politiche.
Questa questione è strettamente correlata ai cambiamenti intervenuti nelle nostre società, passate da divisoni di carattere ideologico, che ponevano i partiti in una posizione chiave, che quindi giustificavano l'interpretazione del voto come l'appartenenza a un partito come un atto di adesione totale, al monopensiero che mortifica il ruolo dei partiti, ridottisi ad avere visioni del mondo analoghe, e fondamentalmente divise solo sul piano degli specifici interessi da difendere (a volte perfino inconfessabili). Una volta che i partiti si sono da sè declassati a comitati di affari, a consorterie di singoli protagonisti politici, è evidente che deve crescere il ruolo del singolo rappresentante e di conseguenza il punto critico del potere dell'elettore si sposta verso l'atto di scelta della specifica persona.
Del resto, se domani una nuova narrazione dovesse costituirsi ed
affermarsi, troverebbe senza dubbio un'espressione politica adeguata che
imporrebbe la propria immagine forte, prevalendo sulla identità
individuale dei suoi stessi candidati, indipendentemente dallo specifico sistema elettorale.
Oggi sui media, invece di entrare nel merito del sistema elettorale che si vuole introdurre, il discorso si sposta ancora una volta sul tema degli equilibri politici. Il tutto appare francamente come il colloquio tra persone mentalmente deboli.
Tanto per riprendere alcuni esempi che ho tratteggiato in questa serie di post che ho scritto sull'argomento, si dice:
- abbiamo eliminato il carattere elettivo del senato, senza dire cosa il nuovo senato sarà chiamato a fare.
- si crea una falsa diatriba tra preferenza sì e preferenza no, quando il problema è perchè alle segreterie dei partiti si dovrebbe attribuire la facoltà di esprimere preferenze. Il porcellum non è un sistema privo di preferenze, al contrario è un sistema in cui la preferenza è attribuita senza alcuna giustificazione logica o politica ai partiti. Così, si finisce con l'assimilare falsamente un sistema a collegi uninominali al porcellum, due sistemi che da qualsiasi punto di vista stanno agli antipodi l'uno dall'altro.
- si continua a martellare l'opinione pubblica sul tema della governabilità, legandolo falsamente a sistemi che per il fatto di essere bipolari, e perfino se fossero bipartitici, si pretendono più governabili, quando in realtà la cronaca politica degli ultimi venti anni ha verificato aldilà di ogni ragionevole dubbio che l'instabilità deriva da qualcosa di ben più profondo e grave, la sostituzione degli ideali che differenziavano indelebilmente i partiti, con interessi perfino convergenti, e quindi non in grado di differenziare l'offerta politica, con la conseguenza che in politica ormai ogni singolo protagonista è in guerra con tutti gli altri.
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