Sembra che il rieletto Presidente Napolitano voglia bandire
il termine “inciucio”.
La motivazione sarebbe che la connotazione negativa anzi
perfino ingiuriosa che ha la parola inciucio, rischia di connotare altrettanto
negativamente ogni accordo in sede politica.
Io credo, al contrario di quanto pensa Napolitano, che usare
la parola inciucio permetta al contrario di contribuire positivamente a portare
chiarezza su cosa intendiamo con accordo politico. Ecco, direi che le
benemerenze connesse all’uso di questo termine, stiano proprio nell’impedire
che si possa senza alcun esame critico preliminare, connotare positivamente
qualunque tipo di accordo. Ci sono accordi positivi e poi ci sono gli inciuci,
e non capisco quale sarebbe il vantaggio a fare di tutta l’erba un fascio...
Ora, caro presidente, quando si parla di inciucio, si
intende un tipo di accordo che non è collegato a una finalità di interesse
generale, ma che serve a due tizi proprio in quanto essi ne vogliono trarre un
vantaggio di tipo personale o di gruppo ristretto, magari perfino a detrimento
di tutti gli altri cittadini, e quindi proprio in virtù di tale sciagurato
accordo hanno pieno diritto al titolo di inciuciatori. Anzi, io andrei ancora
avanti, proporrei l’espressione di “pubblici inciuciatori”, pubblici perché i
loro accordi riguardano questione di interesse pubblico, seppure l’accordo sarà
redatto in modo occulto.
Ora, che la riservatezza in politica possa essere benemerita
non vi è dubbio, e quindi trovo del tutto fisiologico che un accordo possa
essere stipulato nella dovuta segretezza, a volte questa è una condizione
perché vada a buon fine, senza riservatezza, si potrebbero frapporre resistenze
di qualsiasi tipo tali da impedirne la stipula. Tuttavia, tale riservatezza se
mantenuta per sempre, diventa al contrario un elemento che qualifica
quell’accordo come mafioso, ancor più che come un inciucio, e del resto nella
sostanza inciucio può anche essere per certi aspetti assimilato ad una pratica
di tipo mafioso.
In effetti, se entrambi i contraenti nella stipula
dell’accordo politico, hanno avuto come fine l’interesse generale, una volta
che la cosa è andata a buon fine e con quel margine temporale di sicurezza per
rendere la cosa in qualche misura irreversibile, non hanno alcuna ragione per
tenere il tutto nascosto, se hanno motivazioni valide per difendere l’accordo,
dovrebbero sentirsi orgogliosi di esso e quindi pronti appena possibile a
condividerne il contenuto con quante più persone possibili.
Ieri, il solito Giuliano Ferrara in un talk-show televisivo,
difendeva la segretezza dei voti parlamentari, cosa che mi sento di
condividere, ma questa questione della segretezza del voto è un tipico caso di
interessi contrapposti. In cui quindi la salvaguardia della segretezza risponde
a un certo ordine di priorità. Si salvaguarda un’area di coscienza individuale
che potrebbe essere conculcata da gruppi di potere, e che quindi per potersi
esprimere liberamente, necessita della segretezza. E’ ovvio tuttavia che questo
interesse preminente confligge con un criterio di trasparenza, con la
possibilità di avere gli elementi necessari a giudicare l’operato di un certo
parlamentare che può al contrario commettere le peggiori nefandezze se il suo
voto è per sempre sottratto a un controllo.
Ora, se dopo che le elezioni si sono concluse con la
rielezione di Napolitano, i parlamentari seguitano a tacere sui loro
comportamenti elettorali, lo fanno in pieno diritto, ma i cittadini hanno
analogamente pieno diritto di censurarli, di considerarli nel caso dei “pubblici
inciuciatori”. Mi ritorna in mente la celebre storiella di Trilussa del lupo
che si lamentava di essere additato come ladro, e del consiglio datogli di
provare a rubare di meno. Se i seguaci di Napolitano commettono inciuci, non
devono poi lamentarsi di essere considerati inciuciatori, in effetti ne hanno
pieno titolo.
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