Chi mi legge con una certa assiduità, sa quale sia la mia
diagnosi dei nostri tempi. Detta telegraficamente, io ritengo che oggi sia
venuto definitivamente in crisi il liberalismo, e che la mancata consapevolezza
di questa profondità delle trasformazioni necessarie, fino a dover mettere in
crisi l’ideologia che ormai da secoli si è andata imponendo nell’occidente
prima e in quasi tutto il mondo poi, riduce la politica ad una specie di danza
ossessiva, il dibattersi alla ricerca disperata di una soluzione e al
ritrovarsi sempre più affossati, come un mezzo gommato che una volta che le
ruote restano impantanate, si affossa sempre più se insiste nell’accelerare.
Teoricamente, potrei starmene alla finestra ad osservare questi inutili
tentativi di risolvere la grave situazione in cui ci troviamo con mezzi del
tutto inadeguati, sempre a cercare le variazioni minime avendo paura dei grandi
cambiamenti. Poiché però quello che osservo non è un film, ma la realtà, e
questa realtà coinvolge persone in carne ed ossa, non riesco proprio a
mantenere questo atteggiamento atarassico, ed al contrario finisco per essere
attivamente coinvolto in questioni su cui peraltro mi trovo raramente a
convenire coi miei interlocutori, ma che tuttavia non posso che sentire
profondamente mie, coinvolgenti la mia propria persona in quanto cittadino di
questo mondo.
Ciononostante, la mia solitudine teorica quasi totale in
questa mia diagnosi mi da’ un punto di vista privilegiato sulla situazione
politica, una possibilità di avere uno sguardo da più lontano. In questa
prospettiva, vi parlerò oggi del grillismo. Uso quasi sempre il più corretto
riferimento al nome del movimento (M5S), ma stavolta farò eccezione perché mi
riferisco specificamente proprio al fondatore Grillo...
Ebbene, dal punto di vista della pratica politica, il
grillismo rappresenta un palese enorme paradosso della politica contemporanea.
Esso infatti assomma in sé i due corni estremi delle possibilità organizzative
in politica, da una parte una struttura leninista, e dall’altra l’aspirazione
alla cosiddetta democrazia diretta in una versione originale di web-democrazia.
In altre parole, il grillismo pretenderebbe di far convivere in sé,
l’organizzazione più ferrea e lo spontaneismo più spinto, e questo è appunto
l’aspetto che trovo paradossale.
Il leninismo viene dalla sua stessa origine, il M5S è un
marchio depositato, protetto legalmente, e che garantisce a Grillo il suo
possesso per sempre, nessuno mai potrà rivendicarne la direzione, Grillo ha per
autorità di legge il monopolio del movimento.
Io non sono un conoscitore di questo movimento, ma mi pare
che anche il cosiddetto non-statuto,che è poi a tutti gli effetti uno statuto
vero e proprio, sia iniziativa esclusiva di Grillo (e di Casaleggio, ma è
inutile ripeterlo a ogni piè sospinto, finora vanno in tandem perfetto, vedremo
se in un futuro più o meno prossimo dovessero litigare). Grillo gestisce il
blog, gestisce tutta l’attività di rete, detiene la struttura che ha costruito
a suo modo, Grillo così va anche oltre il leninismo che pretendeva
un’organizzazione ferrea e monolite, ma non un possesso personale a vita.
Tranne che per quest’aspetto proprietario così consono a nostri tempi, tengo a
precisare che non ho nulla in contrario rispetto al leninismo, anzi sono
profondamente convinto che senza un’organizzazione perfino didascalica, non si
possa uscire dalle secche dei nostri tempi. E’ una convinzione che ho maturato
lentamente dai lontani tempi del ’68 che pure ho vissuto da protagonista,
convinto allora come tutti che noi eravamo giusti. Un errore clamoroso, noi
siamo almeno nella nostra parte maggioritaria sbagliati, e se non fosse così,
se noi fossimo spontaneamente giusti e nel giusto, che bisogno ci sarebbe di
rivoluzionare tutto, piccoli aggiustamenti sarebbero sufficienti per mettere
tutto a posto ed avere una società come la vogliamo. Per questo, è necessario
un processo di crescita personale e che però non può avere successo se non
attraverso un processo collettivo, condiviso con chi appunto decide di
imbarcarsi in questo difficile, faticoso processo di crescita e di
trasformazione anche di sé stessi. La mia critica a tutte le pretese
spontaneistiche si basano appunto sul fatto che noi siamo cittadini di questa
società malata, e che rende anche noi malati. In un mondo di malati, non si può
pretendere se non attraverso un processo per niente spontaneo ma al contrario
volontaristico e faticoso, di guarire, di essere uomini adeguati a un nuovo e
migliore mondo.
Tornando quindi a Grillo, questo leninismo di fondo si contamina
con questa pretesa di usare la potenza tecnologica della rete per una versione
inedita di democrazia dal basso, in cui tutto viene stabilito tramite sondaggi
in rete. Naturalmente, questa pretesa è del tutto infondata, il tutto che viene
deciso in rete sono solo dettagli perché ciò che davvero conta, la natura
stessa dell’organizzazione, è già stata decisa da una o al massimo da due, tre
persone. Naturalmente, ci sarebbe anche da chiedersi cosa rappresentino le
decine di migliaia di persone che partecipano a tali sondaggi, se non una
esigua e per niente significativa minoranza.
La cosa però più importante è che, allargando il numero di
persone coinvolte nelle scelte (di dettaglio, come dicevo), diminuisce
progressivamente il contenuto, l’informazione stessa che viene veicolata. E’ la
stessa limitazione che io vedo nelle primarie, si pretende che la
partecipazione politica delle persone si compendi nell’infilare una scheda in
un’urna, o nel rispondere con una parola (a volte perfino con un solo monosillabo) a una certa domanda. Il
punto è che ciò che risulta decisivo è la domanda e non la risposta, la
risposta così severamente limitata dal modo stesso in cui viene formulata la
domanda, rappresenta una specie di atto di ubbidienza, di sottomissione a chi ti
rivolge la domanda, la mette assieme a tutte le altre risposte e trae le
relative conseguenze. In altre parole, l’esigenza di raccogliere delle opinioni
in numero così cospicuo, mortifica fortemente la possibilità di espressione
delle opinioni. Per questo, il partito del centralismo democratico rappresenta
a mio parere ancora il modello insuperato di reale possibilità di espressione
dei cittadini comuni, comuni ma non per questo identici, ognuno con una
capacità ed anche un’esigenza differenziata di espressione. Con le primarie o
il loro succedaneo in rete alla grillo, si danno solo due possibilità, o
entrare nel gruppo dirigente, o rispondere con un monosillabo, si esclude una
possibilità di partecipazione intermedia e personalizzata.
Grillo è una persona troppo intelligente per non sapere di
avere costruito l’organizzazione più ferramente leninista esistente, e che
pertanto tutte la retorica sulla democrazia della rete è basata sul nulla, su
dei presupposti del tutto inesistenti, sul permettere a chiunque, anche alla
persona più acritica, di dire la sua e di credere di contare qualcosa.
Sembra un’idea brillante, sfruttare la retorica dello
spontaneismo, della democrazia di base, e nello stesso tempo controllare tutto
in poche persone conducendo così il movimento dove è meglio che vada, rimane da
vedere quanto a lungo questi due elementi così discordanti riusciranno ancora a
convivere, quanto questa menzogna potrà continuare a non essere percepita.
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