lunedì 15 aprile 2013

IL PARADOSSO DEL GRILLISMO



Chi mi legge con una certa assiduità, sa quale sia la mia diagnosi dei nostri tempi. Detta telegraficamente, io ritengo che oggi sia venuto definitivamente in crisi il liberalismo, e che la mancata consapevolezza di questa profondità delle trasformazioni necessarie, fino a dover mettere in crisi l’ideologia che ormai da secoli si è andata imponendo nell’occidente prima e in quasi tutto il mondo poi, riduce la politica ad una specie di danza ossessiva, il dibattersi alla ricerca disperata di una soluzione e al ritrovarsi sempre più affossati, come un mezzo gommato che una volta che le ruote restano impantanate, si affossa sempre più se insiste nell’accelerare. Teoricamente, potrei starmene alla finestra ad osservare questi inutili tentativi di risolvere la grave situazione in cui ci troviamo con mezzi del tutto inadeguati, sempre a cercare le variazioni minime avendo paura dei grandi cambiamenti. Poiché però quello che osservo non è un film, ma la realtà, e questa realtà coinvolge persone in carne ed ossa, non riesco proprio a mantenere questo atteggiamento atarassico, ed al contrario finisco per essere attivamente coinvolto in questioni su cui peraltro mi trovo raramente a convenire coi miei interlocutori, ma che tuttavia non posso che sentire profondamente mie, coinvolgenti la mia propria persona in quanto cittadino di questo mondo.

Ciononostante, la mia solitudine teorica quasi totale in questa mia diagnosi mi da’ un punto di vista privilegiato sulla situazione politica, una possibilità di avere uno sguardo da più lontano. In questa prospettiva, vi parlerò oggi del grillismo. Uso quasi sempre il più corretto riferimento al nome del movimento (M5S), ma stavolta farò eccezione perché mi riferisco specificamente proprio al fondatore Grillo...


Ebbene, dal punto di vista della pratica politica, il grillismo rappresenta un palese enorme paradosso della politica contemporanea. Esso infatti assomma in sé i due corni estremi delle possibilità organizzative in politica, da una parte una struttura leninista, e dall’altra l’aspirazione alla cosiddetta democrazia diretta in una versione originale di web-democrazia. In altre parole, il grillismo pretenderebbe di far convivere in sé, l’organizzazione più ferrea e lo spontaneismo più spinto, e questo è appunto l’aspetto che trovo paradossale.

Il leninismo viene dalla sua stessa origine, il M5S è un marchio depositato, protetto legalmente, e che garantisce a Grillo il suo possesso per sempre, nessuno mai potrà rivendicarne la direzione, Grillo ha per autorità di legge il monopolio del movimento.

Io non sono un conoscitore di questo movimento, ma mi pare che anche il cosiddetto non-statuto,che è poi a tutti gli effetti uno statuto vero e proprio, sia iniziativa esclusiva di Grillo (e di Casaleggio, ma è inutile ripeterlo a ogni piè sospinto, finora vanno in tandem perfetto, vedremo se in un futuro più o meno prossimo dovessero litigare). Grillo gestisce il blog, gestisce tutta l’attività di rete, detiene la struttura che ha costruito a suo modo, Grillo così va anche oltre il leninismo che pretendeva un’organizzazione ferrea e monolite, ma non un possesso personale a vita. Tranne che per quest’aspetto proprietario così consono a nostri tempi, tengo a precisare che non ho nulla in contrario rispetto al leninismo, anzi sono profondamente convinto che senza un’organizzazione perfino didascalica, non si possa uscire dalle secche dei nostri tempi. E’ una convinzione che ho maturato lentamente dai lontani tempi del ’68 che pure ho vissuto da protagonista, convinto allora come tutti che noi eravamo giusti. Un errore clamoroso, noi siamo almeno nella nostra parte maggioritaria sbagliati, e se non fosse così, se noi fossimo spontaneamente giusti e nel giusto, che bisogno ci sarebbe di rivoluzionare tutto, piccoli aggiustamenti sarebbero sufficienti per mettere tutto a posto ed avere una società come la vogliamo. Per questo, è necessario un processo di crescita personale e che però non può avere successo se non attraverso un processo collettivo, condiviso con chi appunto decide di imbarcarsi in questo difficile, faticoso processo di crescita e di trasformazione anche di sé stessi. La mia critica a tutte le pretese spontaneistiche si basano appunto sul fatto che noi siamo cittadini di questa società malata, e che rende anche noi malati. In un mondo di malati, non si può pretendere se non attraverso un processo per niente spontaneo ma al contrario volontaristico e faticoso, di guarire, di essere uomini adeguati a un nuovo e migliore mondo.

Tornando quindi a Grillo, questo leninismo di fondo si contamina con questa pretesa di usare la potenza tecnologica della rete per una versione inedita di democrazia dal basso, in cui tutto viene stabilito tramite sondaggi in rete. Naturalmente, questa pretesa è del tutto infondata, il tutto che viene deciso in rete sono solo dettagli perché ciò che davvero conta, la natura stessa dell’organizzazione, è già stata decisa da una o al massimo da due, tre persone. Naturalmente, ci sarebbe anche da chiedersi cosa rappresentino le decine di migliaia di persone che partecipano a tali sondaggi, se non una esigua e per niente significativa minoranza.

La cosa però più importante è che, allargando il numero di persone coinvolte nelle scelte (di dettaglio, come dicevo), diminuisce progressivamente il contenuto, l’informazione stessa che viene veicolata. E’ la stessa limitazione che io vedo nelle primarie, si pretende che la partecipazione politica delle persone si compendi nell’infilare una scheda in un’urna, o nel rispondere con una parola (a volte perfino con un  solo monosillabo) a una certa domanda. Il punto è che ciò che risulta decisivo è la domanda e non la risposta, la risposta così severamente limitata dal modo stesso in cui viene formulata la domanda, rappresenta una specie di atto di ubbidienza, di sottomissione a chi ti rivolge la domanda, la mette assieme a tutte le altre risposte e trae le relative conseguenze. In altre parole, l’esigenza di raccogliere delle opinioni in numero così cospicuo, mortifica fortemente la possibilità di espressione delle opinioni. Per questo, il partito del centralismo democratico rappresenta a mio parere ancora il modello insuperato di reale possibilità di espressione dei cittadini comuni, comuni ma non per questo identici, ognuno con una capacità ed anche un’esigenza differenziata di espressione. Con le primarie o il loro succedaneo in rete alla grillo, si danno solo due possibilità, o entrare nel gruppo dirigente, o rispondere con un monosillabo, si esclude una possibilità di partecipazione intermedia e personalizzata.

Grillo è una persona troppo intelligente per non sapere di avere costruito l’organizzazione più ferramente leninista esistente, e che pertanto tutte la retorica sulla democrazia della rete è basata sul nulla, su dei presupposti del tutto inesistenti, sul permettere a chiunque, anche alla persona più acritica, di dire la sua e di credere di contare qualcosa.

Sembra un’idea brillante, sfruttare la retorica dello spontaneismo, della democrazia di base, e nello stesso tempo controllare tutto in poche persone conducendo così il movimento dove è meglio che vada, rimane da vedere quanto a lungo questi due elementi così discordanti riusciranno ancora a convivere, quanto questa menzogna potrà continuare a non essere percepita.

Nessun commento:

Posta un commento