martedì 27 novembre 2012

LA SPORCA VICENDA DELL'ILVA DI TARANTO

Brutta vicenda questa dell’ILVA di Taranto, l’ennesima dimostrazione dello stato did degrado della nostra nazione e della pochezza di una classe dominante che bada soltanto a salvaguardare sé stessa, lasciando che i problemi stiano lì a marcire...


Qui, insomma, nel corso degli anni, si è andata saldando un’alleanza a protezione degli interessi della famiglia Riva, proprietaria dell’ILVA, che ha visto la partecipazione di figure istituzionali, fino a sfiorare la persona dello stesso presidente della regione Puglia Nichi Vendola.
Lo strumento principale per consentire all’ILVA di inquinare impunemente è consistito nella mancanza di controlli ambientali: non monitorare lo stato dell’ambiente si traduce necessariamente nell’impossibilità di documentare qualunque forma di inquinamento. Dove di propria iniziativa l’ARPA ha prodotto dei dati, lì si è scatenata una furiosa battaglia allo scopo di delegittimazione di quell’ente e delle persone implicate pretendendo che i dati non corrispondessero alla realtà o che non fossero significativi. Particolarmente vergognosa risulta la mancanza di una documentazione sull’incidenza delle malattie oncologiche nella popolazione più direttamente soggetta alle emissioni tossiche, che oggi consente i noti balletti sulle cifre e sulla loro significatività statistica.
Rimane come incognita principale quella riguardante il ruolo svolto dallo stesso Ministero dell’ambiente, e di conseguenza dell’attuale ministro Clini che, come noto, è stato per tanti anni un funzionario molto influente di quel ministero, il vero protagonista delle iniziative ministeriali, soprattutto quando a capo di quel ministero ci stava gente della levatura della Prestigiacomo, una specie di Gelmini, povere animelle tutte impegnate a osannare il capo a cui dovevano tutto (e si vede come ne seguano oggi il declino).
Sembrerebbe dalle notizie di stampa, che l’aspra contesa che Clini ha ingaggiato con la Procura di Taranto, lungi dal derivare da preoccupazioni per la sorte di quello stabilimento e dell’economia della zona, sarebbe al contrario dovuta a timori di Clini per il ruolo che egli ha svolto nell’intera vicenda “storica” dell’ILVA. Molti si chiedono come sia possibile che nessuno abbia imposto a quella azienda la predisposizione di misure di salvaguarda anche abbastanza ovvie e di costo contenuto, come lo stoccaggio in luoghi chiusi, visto che non è certo un mistero che una delle principali fonti di inquinamento di impianti che utilizzino carbone fossile è la dispersione ambientale della parte più fine del carbone stoccato. Analogamente, non vi erano misure adeguate di abbattimento delle polveri che vengono trascinate nei fumi attraverso le canne fumarie.
Si ha come l’impressione che l’ILVA abbia proseguito a non fare nulla di concreto anche in questi ultimi mesi, probabilmente contando su complicità ai più alti livelli, certi i Riva di potere trascinare con sé in eventuali vicende giudiziarie persone molto influenti che entrano quindi in scena non come parti terze, ma come parti in causa.
In ogni caso, e qualunque ne sia la motivazione, come può un ministro in carica trasformare una inchiesta verso privati da parte di una procura, in un conflitto tra poteri dello stato, con dichiarazioni di fuoco che attribuiscono ora alla procura addirittura le responsabilità della mancanza di risanamento ambientale? In che razza di nazione ci troviamo se si può arrivare a simili comportamenti?

1 commento:

  1. Ho provato a riparlare di intervento pubblico con il post
    http://www.lacrisi2009.com/2012/11/ilva-un-occhio-alla-storia.html
    ma non so quanto posso essere fuori moda in Italia.
    ciao

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