E’ davvero difficile credere che il cancellariato tedesco non abbia ancora deciso cosa fare sulle gravi questioni finanziarie europee. Malgrado si possa capire come il capo, la cancelliera Merkel possa vivere la decisione finale che poi spetta a lei soltanto in quanto capo, non si può tuttavia credere che negli austeri (almeno così me li immagino) uffici governativi da Lei presieduti non si sia già definita la decisione finale. Come dovrebbe essere ormai chiaro a tutti, la decisione riguarda l’accettazione di conferire alla BCE poteri analoghi a qualsiasi banca che emette moneta, come fa la BCE, che però è vincolata a decisioni comuni dei singoli governi europei.
Il passo in avanti che dovrebbe essere risolutivo per quanto riguarda gli immediati problemi finanziari odierni di quasi tutti ormai paesi europei, consisterebbe nel permettere alla BCE in sua completa autonomia di stampare moneta sufficiente a mantenere i corsi dei titoli emessi dai differenti paesi, in modo insomma che questi possano tornare ad essere com’erano prima dell’introduzione dell’euro, e come sono tuttora tutti gli altri paesi che hanno una loro moneta sovrana.
L’alternativa sarebbe quella di abbandonare l’euro. Sino a qualche settimana fa, questo abbandono doveva riguardare i paesi deboli, gli ormai tristemente famosi PIGS, ma da qualche tempo si parla insistentemente del contrario, dell’abbandono da parte dei paesi forti, la Germania in testa, per lasciare l’euro a quelli deboli. Il risultato comunque sarebbe analogo, quello di definire due distinte aree valutarie all’interno dell’Europa, o ancora il ritorno ognuno alla propria valuta nazionale pre-euro.
Qualunque siano i dettagli per quanto riguarda la soluzione adottata e la via seguita per raggiungerla, dobbiamo credere che i giochi siano già fatti anche se segretamente, perché se davvero la Merkel fosse ancora indecisa, ciò vorrebbe dire che siamo davvero nelle mani di governanti totalmente inetti, un’europa totalmente alla deriva e preda del primo squalo che passa nei paraggi. Monti, quale Presidente del Consiglio italiano, così come gli altri premiers europei, hanno il dovere di imporre alla Merkel la definizione di una soluzione, a questo punto qualunque essa sia, nel termine ultimo e tassativo del 9 dicembre, data in cui sarà tenuto il prossimo vertice europeo, almeno questo risultato questo governo ce lo deve garantire, quel minimo di quadro di certezze che possa permettere di rispondere con un minimo di efficacia agli assalti speculativi degli ultimi mesi.
In questa situazione, si inserisce il CDM di lunedì, che dovrebbe definire alcune importanti misure in materia economica. Le notizie che abbiamo sono ben lungi dall’essere confortanti, si parla del solito provvedimento di importi nell’ordine di grandezza delle decine di miliardi (si parla in questo caso di un importo tra i 15 e i 20 miliardi), centrato a quanto pare su interventi sul trattamento pensionistico.
Dico per niente confortanti perché così Monti sembra proseguire l’opera del suo predecessore (Monti = Tremonti/3), con importi che per i semplici cittadini sono mazzate da lacrime e sangue, ma che non sortiscono effetti significativi sui mercati finanziari perché appaiono chiaramente non risolutivi.
C’è quindi questo primo elemento di debolezza, il governo da’ l’impressione di inseguire il crescente costo degli interessi motivando anzi esplicitamente i propri provvedimenti come misure per raggiungere il pareggio di bilancio. Il punto di debolezza sta nel fatto che il pareggio è il risultato combinato dell’evoluzione delle entrate , ma anche delle uscite. Se il parlamento può esercitare il pieno controllo delle entrate, non ha alcun potere di definire le uscite, almeno per quanto attiene gli interessi da pagare sul debito pubblico, su cui invece hanno piena influenza gli operatori borsistici, e naturalmente in primis le grosse corporations particolarmente attrezzate ed aggressive nell’area anglosassone. Il risultato paradossale è che il bilancio dello stato lo scrivono loro e non i nostri organi rappresentativi. In questa situazione, se preliminarmente non si adottano misure in grado di tagliare gli artigli a questo mondo finanziario rapace, tutto appare vano ai fini dichiarati del pareggio di bilancio, ma certamente perfettamente adeguato a tutt’altri fini, a determinare cioè una differente distribuzione delle risorse, facendo convergere verso le grosse corporations frazioni crescenti della ricchezza nazionale.
In subordine, potrebbe apparire efficace un grosso intervento di tassazione dei patrimoni, dell’ordine delle centinaia di miliardi. Riducendo in maniera significativa la consistenza del debito pubblico, avrebbe un indubbio effetto di contrasto alal speculazione più aggressiva, una specie di effetto shock che la predisposizione di ripetuti interventi di decine di miliardi non ha, anche se l’importo cumulato finirebbe anch’esso per ricadere nell’ordine di grandezza delle centinaia di miliardi.
Un secondo elemento di preoccupazione riguarda la scelta di privilegiare, almeno in ordine cronologico, le pensioni, che non mi pare rappresentino una voce a disposizione dei contribuenti più ricchi. Un intervento forse era necessario, ma sarà interessante conoscerne i dettagli. Da quel poco che si sa, sembra pessimo, perché centrato sulla solita idiozia dello spostamento in avanti dell’età pensionabile che obiettivamente non può che danneggiare la disponibilità di posti di lavoro per i più giovani.
Il terzo elemento di preoccupazione riguarda la tempistica. In un momento in cui non si sa se l’euro proseguirà il proprio corso, non si sa altresì come tecnicamente l’Italia si possa salvare dal default con interessi ormai da più di una settimana stabili sopra il 7%, in un quadro cioè di massima confusione, non si capisce cosa un provvedimento sulla previdenza di alcuni miliardi possa cambiare negli equilibri finanziari globali, mentre ciò che sappiamo per certo è che cambierà, ed in peggio, la vita di tante persone.
L’aspetto più inquietante è rappresentato dalla probabile conoscenza di Monti di quale sarà la decisione in ambito comunitario che prevarrà il 9, il che implicherebbe un uso strumentale dei provvedimenti di lunedì 5 da parte del governo.
E poi diciamo di essere ancora in una democrazia!
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