domenica 11 dicembre 2011
DELLE LIMITAZIONI ALL'USO DEL CONTANTE E DELLE PENSIONI: UN PUNTO DI VISTA DIFFERENTE
Oggi, articolerò il mio intervento in tre parti.
L'una è un preannuncio del lancio di un appello via web ai popoli d'Europa che vorrei fare da questo blog, e a cui spero vi siano adesioni da parte di chi mi legge, che vorrei si facesse parte dirigente per rieccheggiare l'appello da altri siti: di auesto riparleremo al più presto.
Una questione ben più delimitata di cui mi vorrei poi occupare riguarda la questione delle limitazioni alla diffusione del contante, stabilite anche dal decreto legge del governo.
La mia impressione è che si rischi di creare un effetto analogo a quello degli USA che chiedono agli immigrati se negli USA intendono compiere attentati terroristici. Fuori di metafora, se io sono disposto a delinquere evadendo le tasse, perchè mai poi dovrei attenermi a una legge che mi impone di non utilizzare il contante al di sopra di una determinata soglia? Tra due persone deliberate ad evadere le tasse, può ben compiersi un pagamento in contante, basta violare una norma di legge in più che non mi pare possa costituire un vero deterrente. Paradossalmente, si potrebbe ottenere un effetto esattamente opposto a quello desiderato, che cioè se per motivi vari io sia fortemente condizionato ad adoperare il contante, automaticamente venga costretto, per non far sapere della transazione illegalmente compiuta in contante, a non dichiararla finendo quindi con l'evadere magari anche quando non ne avessi avuto l'intenzione.
A me pare che per evitare le operazioni in contante da parte di persone disposte a violare la legge, non sia sufficiente stabilire una soglia massima agli importi delle relative transazioni, ma bisognerebbe che il contante proprio non esistesse. A me tuttavia pare che ciò equivarrebbe, mutatis mutandis, a distruggere un'intera città solo per stanare un criminale, che cioè gli effetti deleteri che accompagnano già le limitazioni all'uso del contante siano maggiori del beneficio ottenuto. quali soprattutto il peso crescente del sistema bancario.
E' paradossale che, nel momento in cui viviamo una fase di profonda crisi del ruolo di intermediazione finanziaria svolta dalle banche, si obblighi per legge tutti ad affidarsi a quelle stesse banche che vedrebbero il loro ruolo gonfiarsi ulteriormente sia in termini di importi intermediati che soprattutto in termini delle cosiddette informazioni sensibili, la sostanziale schedatura di tutti noi e dei nostri dettagliati comportamenti da consumatori. In effetti, non è possibile trovare un modo di garantire dall'abuso di tale tipo di informazioni una volta che esse siano state acquisite.
Il terzo argomento riguarda le pensioni viste da un punto di vista generale. La moda del momento è quella delle pensioni calcolate col metodo contributivo, tu ricevi in base ai contributi che hai versato. Sembra un sistema logico, ma già facevo notare in un precedente post che, dato che non è possibile (per fortuna!) conoscere in anticipo l'età della morte, di equo nelle pensioni contributive c'è ben poco, c'è un fondamentale elemento di buona o cattiva sorte, Si potrebbe aggiungere che nei casi di reversibilità, non v'è più alcun legame con l'età anagrafica al momento del pensionamento, se non una generica attesa che chi ne dovrebbe usufruire dovrebbe trovarsi in condizioni anagrafiche simili, cosa però per niente scontata, senza considerare poi il caso dei figli minori che hanno diritto ad usufruire dell'intero importo delle pensioni fino alla maggiore età.
Vorrei però sollevare un'obiezione ben più generale. La questione riguarda la stessa questione del mettere davvero da parte delle risorse da utilizzare successivamente: è davvero possibile farlo? La questione non è per niente ovvia, dato l'ampio intervallo di tempo che trascorre tra l'inzio del rapporto di lavcoro e l'inizio del trattamento di quiescenza. Così, tutti sappiamo quanto i propri risparmi possano essere oggetto di vicissitudini tali da mettere in pericolo persino il loro mantenimento nel tempo. Per lo stato poi, la cosa è del tutto impossibile, sarebbe perfino inimmaginabile uno stato che mettesse letteralmente da parte i contributi previdenziali ricevuti dai contribuenti. La verità è che ovviamente i pensionati ricevono i soldi corrispondenti ai contributi versati dagli attuali lavoratori, cioè nella realtà non v'è alcuna corrispondenza tra i contributi a suo tempo versati, a loro volta utilizzati a favore dei nostri predecessori, e le nostre pensioni, si tratta soltanto di un calcolo fittizio. Così, non capisco proprio come oggi possiamo contribuire a garantire le pensioni dei nostri figli se non forse nel ridurre il debito pubblico, e dwel resto non sarei così preoccupato delle loro future pensioni quanto della loro presente occupazione, dato che le loro pensioni saranno comunque pagate coi contributi versati dai loro figli.
Nella realtà, il criterio contributivo viene avanzato in termini di equità, ma il punto è che l'equità è un concetto che non può essere applicato in maniera ovvia ed automatica, che esso implica uno specifico punto di vista. Se ad esempio noi vedessimo i contributi versati come un contributo di solidarietà, come del resto avviene per quanto riguarda i contributi assistenziali, in cui chi più versa non accede a più servizi rispetto a chi versa di meno (a volte paradossalemnte di meno col meccanismo del ticket) perchè è appunto implicito un meccanismo di solidarietà.
Così, anche il meccanismo retributivo aveva una sua logica. Qui, non voglio prendere partito per uno specifico metodo, solo constatare come il conformismo non risparmi alcun aspetto dell'attività umana, ammantandosi sempre da ovvietà, un'ovvietà che maschera l'esigenza di non mettere in discussione un certo punto di vista.
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RispondiEliminaMa in tutto questo: tu quando riuscirai ad andare in pensione? e verrai danneggiato nei conteggi o ti verranno riconosciuti i requisiti acquisiti? Meno male che io me la sono data a gambe nel 2007 con 36 di servizio e 57 d'età! Ho fatto " a tiemp' a tiemp'" Mi sento quasi una pensionata baby...e mi piange il cuore, e mi sento anche un po' a disagio, se penso che quel figlio mio prima dei 68/70 anni se la sogna la pensione!
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RispondiEliminaOrnella, non che avessi intenzione di andare in pensione, magari mi farò cacciare via a calci piuttosto, ma in ogni caso, ormai, avessi anche cambiato idea, non potrei più farlo, dovrò ancora attendere e neanche poco, ma sopravviverò :-D
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