martedì 29 novembre 2011

QUESTI ANTICAPITALISTI DEI TEDESCHI

Sembrerebbe quindi che i tempi della crisi siano molto veloci, più di quanto si pensasse ancora qualche settimana fa. Da un certo punto di vista, è anche meglio. E’ disperante ascoltare l’insipienza dei politici europei. Ieri, a”L’infedele” ho dovuto vedere un deputato tedesco, tale Kolbe, fare discorsi da bar, difendendo senza pudori la Merkel.

Qua, siamo ancora alla virtuosità di chi tiene i conti in ordine di chi invece si comporta da spendaccione, la politica economica trattata come se si trattasse di un ambito familiare, la completa ignoranza dei meccanismi reali dell’economia capitalistica.

Capire che lo scambio è il fine del capitalismo è una cosa così complicata? Capire che il denaro è un titolo di credito è così complicato? Capire che il tanto osannato PIL registra gli scambi che avvengono, e che le finalità comunemente accettate dagli economisti, anche se non accettate da tutti e men che mai da me stesso, di crescita del PIL implicano una corrispondente positività dell’aumento degli scambi è così difficile? Se quindi, accanto ai laboriosi e virtuosi tedeschi che riempiono le loro banche di denaro, ci sono i fannulloni greci che sono pronti ad utilizzare quel denaro, per la Germania dovrebbe essere considerata una benedizione, perché solo così la Germania ha accresciuto il PIL riuscendo a riassorbire i danni della riunificazione e riuscendo a far crescere il PIL negli anni passati anche durante quindi una crisi economica mondiale devastante.

Qualcuno lo dica ai tedeschi che esiste solo un modo di funzionare dell’economia capitalista, che a me non piace, e che voglio certo superare, perché porterà l’umanità dentro il baratro dei disastri ambientali. Quindi, benvenuti nel club degli anticapitalisti, purchè essi sappiano le reali implicazioni delle loro posizioni in tema di economia.

Se invece vogliono continuare a stare dentro il sistema capitalista, allora che ci stiano nell’unico modo in cui è dato starci, e cioè come ci stanno gli USA. Tutto possiamo dire agli USA, ma certo non possiamo rimproverare loro per scarsa coerenza nel perseguire ad ogni e qualsiasi costo la crescita del PIL. Alla fine, il punto dirimente è proprio questo, se credere al mito della crescita ininterrotta, di questo vano moltiplicarsi degli oggetti di cui ci circondiamo, o se questo modello è finito, e non come preconizzava Marx per lo stesso sviluppo delle forze produttive, ma per limiti fisici invalicabili nella capacità del pianeta di sopportare la crescita della produzione tecnologica.

Ciò che però non si può fare è, nel momento stesso in cui si rampognano i partners della zona euro per quanto sono spendaccioni, per i loro eccessivi disavanzi di bilancio, ignorare che altrove, come negli USA e nel Regno Unito, dopo pratiche decennali ben più spendaccione di quelle dei paesi PIGS, ora pretendono di salvare il loro sistema bancario dai loro fallimenti di fatto già in atto, attaccando le nostre economie.

Bisogna scegliere, e bisogna farlo molto celermente, c’è un’emergenza in atto sui mercati finanziari che non capisco come una persona mediamente ragionevole possa ignorare.

Le alternative che vedo, mi sembrano tre.

La prima è accettare il meccanismo infernale dell’economia capitalista, che impone di sostenere la crescita ininterrotta accrescendo la liquidità senza porsi alcun limite teorico, si stampa moneta nella misura che serve, qualunque sarà l’importo corrispondente. Alla BCE viene data piena facoltà di garantire il corso dei titoli emessi dai paesi dell’area euro, magari contestualmente prevedendo in determinate condizioni meccanismi di commissariamento delle nazioni da parte delle istituzioni europee. E’ una scelta che permette certo di riprendere respiro, ma che lascia del tutto inalterati i problemi della crisi che comunque scoppierà egualmente a livello mondiale tra alcuni anni.

La seconda sarebbe quella di definire delle misure di rigore dei conti pubblici che convincano gli investitori della solidità granitica dei titoli pubblici, scoraggiandoli dall’attaccarli. E’ in sostanza la via che la Germania vorrebbe imporci. E’ una posizione che definirei avventurista, perché sottovaluta il ruolo delle grandi corporations. Dire che i grandi investitori internazionali basano le loro operazioni sull’affidabilità dei titoli coinvolti è una conclusione superficiale, e quindi nei fatti una falsità. Gli investitori pretendono di guadagnarci, soprattutto perché hanno portafogli gonfi di titoli tossici, come tali inesigibili.

A questo fine, il gioco che praticano è quello del gatto col topo: vendono per abbassare i corsi, facendo così lievitare i tassi. La maggiore spesa viene contrastata dal governo coinvolto con nuovi provvedimenti. Una volta approvati, questi provvedimenti trasferiscono risorse private dei cittadini al bilancio pubblico, da cui i grossi investitori li prelevano facendosi pagare interessi più consistenti. E’ come un pozzo di San Patrizio, un pozzo senza fondo che porterà comunque al fallimento di quella nazione, ma solo dopo avere distrutto la ricchezza privata in mano ai semplici cittadini, ed è quindi da rifiutare recisamente.

La terza soluzione è quella di separare le due distinte questioni, l’una quella degli attacchi speculativi all’Europa da parte dei mercati finanziari, e l’altra quella del risanamento dei conti pubblici in area euro. Se riconoscessimo, ma mi pare che purtroppo i politici europei stentino a farlo, che i mercati sono il nostro problema e non il nostro giudice, allora dovremmo trovare dei meccanismi tecnici che ci consentano di sospendere il funzionamento dei mercati senza strangolare il sistema bancario europeo. E’ chiaro che non può essere uno come me a possedere le competenze necessarie per definire i dettagli del meccanismo. L’unica cosa che mi sento di proporre è quella di sospendere il funzionamento del mercato secondario dei titoli (chi ce li ha, se li deve tenere, e chi non li ha non li può acquistare), lasciando funzionare solo il mercato primario. Anche qui, si potrebbe prevedere la sottoscrizione forzosa di titoli da parte dei cittadini e l’elaborazione di un piano di rientro dal debito, che non può che basarsi su una preliminare e certa definizione degli interessi da pagare. Si va in tal caso alla progettazione di un’area geopolitica che si tenga fuori dai meccanismi finanziari internazionali, che abiuri la famigerata teoria della crescita ininterrotta, prevedendo nel contempo forme di protezionismo doganale delle merci che permetta il raggiungimento della piena occupazione.

Se vediamo la situazione odierna a livello europeo, sembra che sia la seconda ipotesi a tenere banco. Poiché però è da escludere che ci sia una classe politica europea così idiota, si deve credere che le cose che oggi si dicono sia una pretattica tra gli stati coinvolti per tirare la corda dal proprio lato, allora non posso credere che il CDM di lunedì prossimo possa uscirsene con un provvedimento dell’importo di 15 miliardi, come si è scritto in questi giorni. E’ chiaro che questi miniprovvedimenti costituiscono oggi un inutile stillicidio, e che sarebbe un atteggiamento suicida per l’Italia prelevare questi 15 miliardi dalle nostre tasche per versarle in quelle delle corporations e dei loro ricchi amministratori. La Germania piuttosto, prima di concedere tutti questi poteri a una struttura comunitaria come la BCE, vuole dare in pasto alla propria opinione pubblica un provvedimento clamoroso da parte del governo italiano, che non può che essere una patrimoniale straordinaria da centinaia di miliardi di euro.

Io l’ho già detto, una patrimoniale così ci può stare. L’importante è però di attuarla in condizioni in cui la finanza internazionale non ne può approfittare,e quindi si deve contestualmente permettere alla BCE di stampare moneta a volontà. Mi aspetto pertanto che dopo l'ipotizzata patrimoniale deliberata dal CDM del 5 dicembre, segua nella riunione comunitaria del 9 dicembre, il venerdì successivo, la decisione, si spera unanime, di darre alla BCE le munizioni necessarie alla difesa dei titoli pubblici dei paesi dell'area euro.

Come dicevo, è solo un modo per rinviare il big bang finanziario, ma potrebbe costituire un tempo prezioso per chi vuole uscire dal lugubre treno della crescita ininterrotta, facendone l’obiettivo principale della propria azione politica.

2 commenti:

  1. I tuoi suggerimenti sono di buon senso e pare proprio quello che manca. I mercati non sono "giudici", vanno governati. Vanno proibiti molti derivati che sono dei puri strumenti speculativi, le vendite allo scoperto, la tassa sulle transazioni finanziarie doveva partire già dal 2009 (quando la propose il premier britannico). E poi soprattutto finirla con la favola della crescita, occorre investire in pane per gli affamati, in pulizia del pianeta per tutte le schifezze abbandonate, dare lo stipendio a milione di giovani netturbini che mettano a posto questo pianeta. ciao

    RispondiElimina