giovedì 7 ottobre 2010

IL 2010 ANNO DEI DISASTRI AMBIENTALI

Maledetto 2010: l’ennesimo disastro ambientale che si aggiunge alla lunga lista a cui abbiamo assistito sin dai primi mesi dell’anno. Stavolta, è successo in Ungheria, una delle produzioni chimiche più inquinanti, quella dell’alluminio, a causa della rottura di un argine, ha dato luogo a danni ambientali tuttora non quantificabili. Di fronte a questi continui disastri, e un anno come il 2010 da questo punto di vista non s’era mai visto, stiamo ancora a baloccarci sul PIL, come si fa ad aumentarlo, come facciamo ad essere competitivi a livello globale, come facciamo a strappare l’osso al nostro simile che vive in estremo oriente o in Sud America. Che l’aumento del PIL comporti inevitabilmente un aggravamento della situazione ambientale, nessuno lo mette in dubbio, se non attraverso la fideistica pretesa di miglioramenti tecnologici futuri. E’ curioso il fatto che uno scienziato non metterebbe mai il carro davanti ai buoi, dare per scontato un processo tecnologico innovativo ancora tutto da inventare, mentre è l’esercitazione preferita di tanti sociologi e politologi che, non conoscendo nulla di scienze sperimentali, hanno trovato il loro nuovo idolo da adorare: del resto, è tipico dell’ignoranza la divinizzazione come la demonizzazione.

Se ad oggi non abbiamo le conoscenze scientifiche, prima ancora che i mezzi tecnologici per ridurre significativamente l’impatto ambientale dei processi produttivi, se una concorrenza crescente spinge a una riduzione delle misure di sicurezza, non sarebbe saggio prima di tutto smettere di crescere, smettere di valutare la qualità della nostra vita sotto l’esclusivo o prevalente profilo del livello quantitativo degli oggetti di cui ci circondiamo?

Vorrei ricordare la recente dichiarazione del ministro dell’economia Tremonti, secondo il quale la sicurezza nei processi produttivi è un lusso che non ci possiamo permettere. Io vorrei allora chiedere se questo viene considerato un lusso eccessivo, cosa dovremmo dire delle venti residenze del premier, che, poverino, si sente in imbarazzo quando gli si dice di tornarsene a casa, perché non saprebbe dove andare? Non dovremmo forse fargli il favore di lasciargliene una sola, in modo che questo povero uomo abbia un unico indirizzo verso cui dirigere i suoi passi?

Si profila quindi una situazione che si temeva da tempo, che anch’io nel mio piccolo avevo preconizzato, l’incapacità delle folle istupidite di riconoscere il baratro a cui l’umanità si sta avviando a passo sostenuto, sotto la guida del pirla di turno, che in questo ruolo di guida verso la catastrofe trova il suo appagamento. Cosa mai deve ancora accadere, quali altri disastri devono ancora avvenire perché suoni la sveglia e si ricominci a ragionare fuori da schemi ideologici produttivistici senza alcuna razionalità? Certo, i disastri ecologici possono essere ben più distruttivi di quelli che abbiamo osservato, ma ciò che temo è che quando si verificheranno, sarà già troppo tardi per porvi rimedio.

Per il momento, osserviamo, se abbiamo occhi per vedere, che la lista di disastri è già lunga, e mancano ancora mesi alla fine dell'anno. Siamo costretti allora a nominare il 2010 come l'anno dei disastri ambientali, sperando che già il 2011 non lo scalzi da questa graduatoria.

8 commenti:

  1. non sai quando mi sgolo con i figli che mi prendono in giro quando nel mio piccolo cerco di seguire un comportamento per così dire ecologico, se solo tu sei corretta a che serve? mi chiedono sempre, io rispondo che lo faccio anche per loro e per i loro figli e che in molti facciamo del nostro meglio abbiamo contribuito a non peggiorare la situazione

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  2. Stiamo osservando un disastro dietro l'altro. Da troppo tempo. Li consideriamo a ragion veduta "disastri naturali". Ma dimentichiamo sempre di avere di fronte disastri naturali in grado di provocare vittime "artificiali", vittime che sono conseguenza non tanto del solo evento in sé, ma del malsano sistema culturale e produttivo che impera nel nostro paese.

    Un tizio di nome Karl Marx riteneva possibile dare vita ad una società in cui tutti contribuissero al benessere sociale, vivendo più che dignitosamente e mettendo a disposizione i frutti del proprio lavoro per poche ore al giorno.
    Non sono marxista e non propongo affatto di instaurare un sistema di produzione di stampo sovietico. Ma credo che dovremmo riflettere un po' di più su considerazioni partorite oltre 150 anni fa e che oggi ci ricordano quanto possa essere realmente malata la nostra concezione di "progresso", di "benessere" e di "produttività".

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  3. Temo il futuro e ancor di più temo la stupidità dell'uomo indifferente che banalizza questi eventi a par mio per niente naturali. C'è lo zampino umano che causa l'inquinamento e lo stesso altera i ritmi ed i fenomeni naturali.

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  4. @Zefirina
    I comportamenti individuali sono fondamentali per una sorta di autoeducazione, ma è evidente che solo la politica può cambiare le cose, su questo temo che i tuoi figli abbiano la loro parte di ragione. In realtà, io credo che sempre la morale abbia essenzialmente una dimensione collettiva, altro che l'imperativo categorico di Kant!

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  5. #Alessandro
    In verità, credo che dovremmo ricordare Marx meglio in altri contesti. Marx era un fervente sostenitore dello sviluppo tecnologico, e del resto ai suoi tempi si capisce la carica emancipatrice di tale sviluppo. Da allora, le conoscenze scientifiche sono cresciute, come è cresciuta la potenza dell'attività antropica, e quindi anche della sua potenza distruttiva. Il dilemma oggi è quindi se come pensano gli uni basta aggiungere qualche pennellata di ecologismo al marxismo, o come pensano altri questa struttura produttivistica del marxismo sia un peccato originale che ne minerebbe l'attualità ai nostri giorni.

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  6. @Angelo azzurro
    Il populismo ha questo di terribile, di basare la propria legittimazione esclusivamente sul consenso, e ciò significa puntare tutto sulla capacità della gente comune di elaborare correttamente le informazioni. La verità è che nessuma società può fare a meno di una classe dirigente, che svolge una funzione di mediazione verso il grande pubblico. E' così anche da noi: peccato però che il livello qualitativo della nostra classe dirigente è infimo.

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  7. AGGIORNAMENTO:
    Il temuto coinvolgimento del Danubio è purtroppo avvenuto. Malgrado le rassicurazioni sul ridursi del contenuto inquinante nelle acque per sopravvenuta diluizione, il fatto di avere inquinato il secondo fiume europeo costituisce un ulteriore elemento di preoccupazione.

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  8. Condivido il tuo post ma non il titolo: qui la maledizione c'entra poco ma come tu stesso nel post evidenzi, é più colpa dell'uomo e della sua insulsa ottusità nonché della sua nauseante bramosia di potere e denaro.

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