Per ragioni di lavoro, sono stato alla fine di ottobre a Shanghai. Ci sono tornato a distanza di 22 anni, e mi sono confermato nell’opinione che avevo prima ancora di partire: la Cina, almeno quella delle grandi metropoli, ha perso quasi ogni propria specificità.
Ricordo come ancora nel 1987 le città fossero piene di scritte inneggianti a Mao-Tse-Tung. Il partito comunista, per legittimare il proprio potere, coltivava, con mia grande sorpresa, il mito di Mao, giocando sul fattore nazionalistico: Mao è il liberatore dal controllo e dominio straniero sulla Cina, il fondatore stesso della Repubblica Popolare Cinese. Per permettere uno sviluppo di tipo capitalistico, tutte le colpe del recente passato attribuite alla rivoluzione culturale, venivano così addebitate alla cosiddetta “banda dei quattro”. Tutto quindi si giocava sulla contrapposizione chiaramente pretestuosa, tra Mao e questi, colpevoli di avere stravolto i suoi insegnamenti. I cinesi allora, usavano la bicicletta, e, all’orario di ritorno a casa dal lavoro, era uno spettacolo davvero impressionante vedere svariate centinaia di persone in bicicletta che si spostavano come tutti assieme, quasi come uno stormo di uccelli. L’effetto era accentuato dal fatto che ai quei tempi tutti i maschi vestivano allo stesso modo: camicia rigorosamente bianca, e pantaloni scuri. Un’altra peculiarità era costituita dal tipo di articoli disponibili, oggetti di seta, giocattoli (già allora la Cina produceva praticamente tutti i giocattoli venduti nel mondo), disponibilità di manufatti ad alta intensità di lavoro. Se pensate che a Nanchino, un albergo che poteva ospitare un massimo di 1400 persone, aveva più di mille dipendenti: praticamente un dipendente ad ospite. Avevamo una cameriera al piano che rimetteva la stanza in ordine appena uscivamo dalla stanza, fosse stato anche solo per pochi minuti, magari solo per riaggiustare il lieve affossamento dovuto al fatto di essersi seduti sul letto. Con l’equivalente delle 500 lire d’allora, ti lavavano una camicia, restituendola come fosse nuova, stirata di tutto punto, e piegata con cartoncino, spilli e cellophane, come se l’avessimo comprata in quell’istante. Eppoi, tanta povertà, abitazioni fatiscenti in cui già allora si stagliavano alberghi lussuosi come quello che ci ospitava, addirittura faraonici, così stridenti contro questo substrato poverissimo. L’ostacolo costituito da una lingua del tutto sconosciuta non permetteva un qualsiasi dialogo con la popolazione, affidando tutte le impressioni a ciò che lo sguardo riusciva a cogliere.
Cosa ho trovato nel 2009? Ho trovato un pezzo di occidente a quelle longitudini, un succedersi di centri commerciali, pieni di negozi, con le griffe che conosciamo, Gucci, Armani e moltissimi altri. A volte, per ricordarmi di essere in Cina, per riconoscere come cinesi i ragazzi vestiti esattamente come da noi, dovevo guardarli negli occhi, quelli sì rimasti inesorabilmente cinesi. Certo, la gastronomia era cinese, ma quella lo ritroviamo anche da noi, e già qualche ristorante italiano, francese, e di tante altre cucine del mondo si poteva trovare, oltre ai soliti MacDonald, ovviamente.
In un numero speciale della rivista Limes, che mi riprometto di comprare, si sviluppa la tesi del duopolio mondiale USA – Cina. Tendenzialmente, mi pare una visione troppo statica della situazione. La Cina, con i suoi tassi di crescita, sembra proporsi come nuovo leader mondiale in termini di PIL, sopravanzando anche l’impero americano, invischiato nella recente crisi economica, sempre più in affanno nei suoi tentativi di proseguire nella propria espansione. Nello stesso tempo, mai come ora, gli USA trionfano proprio in Cina, imponendo i propri stili di vita, cioè tramite la propria egemonia culturale. Mi pare cioè che tra queste due nazioni si stia riproducendo una situazione dell’antichità, quella tra Grecia e Roma, quando Roma conquistò militarmente la Grecia, ma subendone l’influsso culturale, diventando così i Romani un po’ Greci, come oggi i cinesi si sono così tanto americanizzati.
Interessantissimo questo post, almeno per me che in cina non sono mai stata.E poi una volta tanto non si parla di politica, se così si può chiamare il dibattito che avviene di questi tempi.
RispondiEliminaforse avevo gia' lasciato un messaggio in qualche post fa.... ci sono stato anche io a shanghai, nel gennaio 2007. Confermo cio' che hai scritto e fra le tante città questa è la piu' occidentale di tutte ..... forse il chinatown neyorkese è piu' cinese... :-)
RispondiEliminae della sindrome cinese di cui parla con entusiasmo anche il presidente Obama? ne vogliamo parlare? io sono d'accordissimo sull'occidentalizzazione economica della Cina, non può che essere un bene (è il mercato globale baby, e tu non puoi farci niente... te lo sei voluto? ora te lo tieni!) ma dei diritti umani perchè non ne parla più nessuno?...mah, misteri del mercato...
RispondiEliminaHo qualche dubbio sul fatto che l'occidentalizzazione della Cina, e aggiungerei del mondo intero, "non può che essere un bene", come detto da fabio r. Senza contare che "ora te lo tieni" (il mercato globale che ti sei voluto e a cui non puoi farci niente) è la scelta direi quasi obbligata della classe dirigente cinese, non del popolo, così come da noi è stata la scelta del sistema bancario angloamericano, non nostro inteso sempre come popolo.
RispondiEliminaLa globalizzazione sta continuando a distruggere intere culture, omologando tutto in basso mi pare se uno dei simboli è McDonalds (la nostra cultura ce la siamo giocata con la II guerra mondiale e con quarant'anni di film e telefilm americani: oggi festeggiamo Halloween, chissà domani magari il Giorno del Ringraziamento!), e non capisco il gusto che si prova nel sapere che dappertutto puoi ritrovare le stesse identiche cose che a casa propria.
E' diventato un mondo molto piccolo (in tutti i sensi).
Che dire? Mal comune mezzo gaudio?
RispondiElimina@Kinnie
RispondiEliminaOgni tanto, mi prendo una pausa dalla politica anch'io :)
@Bruno
RispondiEliminaE' vero, già nel 1987, anche dal punto di vista architettonico, Shanghai era la più occidentale delle città cinesi. Oggi però, suppongo che Canton o Pechino non siano da meno.
@Fabio
RispondiEliminaIO non esprimo giudizi sul tutto, meno che mai entusiastici. Osservo soltanto ciò che accade. Apparentemente, nella vita di tutti i giorni questo stato di polizia non si osserva. La mia opinione è che il meccanismo capitalistico stesso riuscirà a macinare lo stesso gruppo dirigente che lo sta portando avanti. L'originalissimo, seppure certo criticabile, modello cinese non resisterà alle forze brutali che il capitalismo è in grado di scatenare.
@Rouge
RispondiEliminaProprio questo era ciò che volevo sottolineare, questo rimpicciolimento del mondo, ormai omologato a una cultura occidentale trionfante come ideologia, nello stesso momento in cui entra in crisi come meccanismo concreto. Davvero, viaggiare oggi per trovare altri scenari significa fare viaggi in luoghi sempre più remoti
@Ornella
RispondiEliminaIo direi piuttosto: mal comune, problematico uscirne :-D
Una Cina che si é occidentalizzata soprattutto nelle città principali. Una realtà che si impone anche grazie alla possibilità di schiacciare i diritti di chi , nelle campagne, é ancora costretto a vivere in condizioni di arretratezza sociale ed economica spaventose.
RispondiEliminaUna Cina sempre più occidentalizzata forse alla lunga farà anche meno paura e non potrà impedire che internet ed altre realtà si insinuino sempre più nel tessuto sociale portando forse ad una maggiore liberalizzazione sociale. Ma cmq oramai la colonizzazione occidentale alla Mac Donald é arrivata anche laggiù.
"diventando così i Romani un po’ Greci, come oggi i cinesi si sono così tanto americanizzati."
RispondiEliminaMa oggi quelli che sono invasi nella cultura sono il popolo più antico.
@Daniele
RispondiEliminaSulla campagna, come certo immagini, non so nulla. Sospetto però che anche lì qualcosa sia cambiato: in caso contrario, si spopolerebbero, io penso.
@Alberto
RispondiEliminaLa cultura americana, pur non essendo raffinata, ha una. sua elementare capacità di contagio: se è avvenuto con l'Europa, le nazioni di cui le Americhe erano colonie, non vedo ragione perchè non possa avvenire coi cinesi. La cultura cinese ha poi una peculiarità: si è sviluppata molto precocemente, ma si è poi come congelato. Si nota anche visivamente, quando si vedono edifici distanti magari svariati secoli nella loro data di costruzione, che a un occhio profano appaiono indistinguibili: da noi, sarebbe come non distinguere il romanico dal barocco!!!
Purtroppo Mao con la sua rivoluzione culturale per rifare "l'uomo nuovo" ha distrutto tutta a bellezza che c'era prima, e poi in nome dello sviluppo ha attuato un vero e proprio capitalismo selvaggio. Il risultato è l'inquinamento più assoluto, il clima modificato e quindi continue inondazioni. La gente muore di tumore, il cielo a Pechino non è più azzurro. Un disastro.
RispondiElimina@Inka
RispondiEliminaSulla rivoluzione culturale, la discussione è lunga: ancor oggi, penso che, aldilà del modo in cui si è tentato di attuarla, l'intuizione era corretta. Il capitalismo selvaggio veramente non è opera di Mao: è una specie di replica della rivoluzione industriale europea, traslata di circa 150 anni, con tutte le tecnologie obsolete ed inquinanti. Stanno però imparando presto a somigliare agli americani e questo modo omologato mi preoccupa più di tutto.
A suo tempo si pensava che con il crollo dell'Unione Sovietica la vittoria dell'emisfero capitalista ed il monopolio universale statunitense potesse essere controbilanciato, seppure solo in piccola parte, dall'alternativa social-democratica europea.
RispondiEliminaOggi stiamo comprendendo che le previsioni erano totalmente errate.
Gli Stati Uniti, seppure con mosse a singhiozzo e con una velocità degna di una tartaruga zoppa, tentano un avvicinamento alle ricette socialdemocratiche (fino a poco tempo fa una bestemmia politica negli USA), a partire da sanità, garanzie sui licenziamenti, ammortizzatori sociali e così via.
La Cina si sta presentando agli occhi del mondo come il nuovo grande blocco del capitalismo duro e puro, in cui il termine istituzionale "comunismo" assomiglia ad una scelta simile a quella che associa il concetto di "scudo" fiscale al termine reale "condono".
L'Europa e la sua involuzione liberista-conservatrice degli ultimi 6-7 anni si sta dimostrando, in questo senso, un alleato più affidabile per il capitalismo estremo cinese di quanto possano sembrare gli Stati Uniti d'America.
@Alessandro
RispondiEliminaCome dici tu, l'alternativa socialdemocratica è scomparsa dall'Europa, e forse dal mondo: le elezioni europee, da questo punto di vista, mi sono sembrate estremamente eloquenti. Dopodichè, non direi che l'Europa abbia sposato neanche una svolta liberista, ha solo scopiazzato il vento liberista proveniente dal mondo anglosassone, ma a suo modo. Considera ad esempio la politica dei tassi della Banca Europea, lenta ad adeguarsi alla situazione economica in atto: credimi, neanche liberisti siamo in grado di essere.
Soprattutto, non posso concordare sulla tua ultima frase: mi pare che l'Europa piuttosto non se la fili più nessuno, meno che mai la Cina, che, da parte sua, sta attenta a fare i propri interessi. Vedo un mondo occidentale in crisi, che ha esportato un modello di sviluppo, che non è neanche più in grado di praticare, neanche negli USA. In Cina ne stanno facendo tesoro, ma anche loro presto ne pagheranno le conseguenze. Che poi preferiscano gli USA, come nazione più potente, mi pare normale, ma si tratta di un interesse strumentale e contingente, non credo proprio al duopolio che Limes prospetta.
Direi che una rivoluzione verde sarebbe all'ordine del giorno: peccato che manchi del tutto una classe dirigente in grado di portarla avanti.
sono stata a pechino nel 2007 ma solo per qualche giorno, non ho quindi avuto modo di rendermi conto di quale grado di occidentalizzazione avesse raggiunto già allora; però sinceramente, mi è sembrata molto meno occidentalizzata rispetto ad altre città orientali... (e sicuramente dall'aria irrespirabile)
RispondiEliminama lo scontrino fiscale gratta e vinci mi pare di aver sentito venga dalla cina, no?
@Maria Rosaria
RispondiEliminaSullo scontrino gratta e vinci, confesso la mia completa ignoranza :-D
Eppure la Cina è distante anni luce da noi, non appena lasci Shanghai e vai nello Xinjang, nello Sichuan o nello Yunnan, dove ancora per arare i campi ci sono i buoi e l'aratro degli antichi romani...dove nessuno parla inglese, e dove l'elettricità arriva a singhiozzo...
RispondiElimina@Chiara
RispondiEliminaSullo stato delle campagne cinesi, non so nulla, dicevo. Eppure, credo che qualcosa si muova anche lì. Tieni conto che in Cina le produzioni industriali sono concentrate in distretti, specie di campi di concentramento per adolescenti, costretti a lavorare per 14 ore al giorno. Non v'è dubbio che costoro vengono prelevati dalla campagna, ma così si crea un movimento di gente, che acquisisce nuove esperienze. Inoltre, se intere generazioni vengono dirottate verso i distretti industriali, chi coltiva i campi? Credo che avranno dovuto necessariamente procedere a una certa automazione anche in agricoltura, per sopperire alla mano d'opera così sottratta. Sono tutte mie deduzioni, ma poi, chissà, magari saranno anche riusciti a separare nettamente due mondi così differenti.
Ho letto con interesse questo post Vincenzo, testimonianze come questa sono molto utili.
RispondiEliminaIo credo che l'uomo non sentendosi più tenda a omologare se stesso per credere di essere insieme a dei simili. Peccato che la diversità unisce più di qualsiasi omologazione.
Ciao :)
@Paolo
RispondiEliminaLa diversità, un valore, come dici tu da preservare, è stata sacrificata sull'altare del profitto, purtroppo.