martedì 1 marzo 2011

POLITICA, LIBERTARISMO E '68

Questo post prende spunto dalla risposta ad un mio intervento su uno dei blogs che frequento abitualmente, suscitato a sua volta dalla manifestazione ormai famosa del 13 febbraio.Due punti venivano sollevati. L’uno cosa sia il libertarismo, l’altro il suo legame col ’68. Per quanto riguarda il primo punto, mi limito ad autocitare un mio vecchio post sull’argomento, mentre mi occuperò del secondo punto, anche se ciò mi porterà a riprendere anche il primo tema.

Il '68 è stato tante cose. Ci stava perfino "Servire il popolo" (organizzazione maoista per chi non lo sapesse, perchè troppo giovane), in cui addirittura l'organizzazione ti dettava con chi sposarti (guardate che non scherzo...), ma l'ala uscita "vincente" fu quella libertaria, rappresentata in primis da Lotta Continua, e ispiratrice del femminismo, ma anche direi dei grandi appuntamenti referendari degli anni settanta. La mia opinione è che presto l'aspetto politico-economico fu sconfitto, certamente a partire dagli anni ottanta, mentre l'aspetto sociale e di costume sopravvisse, e in qualche misura c'è ancora oggi.

La coincidenza di politico e privato fu certo uno slogan molto forte nel '68, ma era uno slogan in definitiva ambiguo. Finchè insomma la politica era egemonica, i comportamenti militanti dovevano coinvolgere anche i nostri atteggiamenti più intimi, ed era quindi la politica a dover dettare il nostro privato. Man mano che le tematiche operaiste e marxiste defluivano per motivi troppo complessi da affrontare qui, restò l’idea di fare politica col nostro privato, cioè avvenne un capovolgimento nel rapporto tra politico e privato.

E’ a questo punto che, a partire da un altro slogan del ’68, quello che recitava “noi siamo giusti”, che la soggettività prese il sopravvento: se noi siamo giusti, allora qualunque atteggiamento spontaneo individuale deve esprimersi. Siamo insomma in pieno clima illuminista, il credere cioè che l’uomo sia un animale razionale e libero, e che ciò che bisogna fare è soltanto liberarlo da lacci e lacciuoli che ne inibiscono la piena espressione. Il risultato quindi non è quello di includere il privato tra quanto dev’essere d’interesse pubblico, ma al contrario costruire un pubblico come libero dispiegamento delle individualità.

La domanda che si pone quindi è cosa siano queste individualità. E’ qui che entra il campo la questione antropologica, con il liberalismo che si basa su un modello per cui la libertà è una dotazione innata dell’uomo, ed essa è messa a rischio dalla società in cui vive. Da questo sorge la teoria dello stato minimo, della necessità quindi di inibire l’invadenza del potere costituito. Il libertarismo è in fondo parte di questa teoria, in quanto ne condivide questi presupposti, anche se se ne allontana in campo economico.

Questa teoria è profondamente radicata nelle nostre menti, costituisce una vera e propria ideologia, tanto da non essere smentita neanche dalle evidenze quotidiane che mostrano una situazione opposta, che cioè ciascuno di noi è inserito dialetticamente nella cultura in cui viviamo e che necessariamente condividiamo. Così, ciò che gli individui esprimono non è un punto di vista veramente individuale, ma riecheggiano con una certa dose di autonomia ciò che intromettiamo dall’esterno. Per fare un esempio evidente, nessuno spenderebbe cifre da capogiro per investimenti pubblicitari, se non fosse certo di ricavarne un utile in termini di condizionamento dei comportamenti, in questo caso nel campo dei consumi, da parte dei destinatari di tale pubblicità.

Ciò vale anche in campo etico. Negare l’esistenza di una dimensione collettiva della morale, significa chiudere gli occhi di fronte alla realtà, pensare che l’unica influenza sui comportamenti individuali debba riguardare i reati, cioè ciò che le leggi condannano, è privo di senso. In un post precedente, dicevo scherzosamente “libero peto in libero stato” proprio per significare come ciò che viene considerato socialmente riprovevole è ben più ampio di ciò che viene penalmente sanzionato.

Per questo, ritengo che il libertarismo sia sbagliato, perché credo che un’indiscriminata esaltazione delle individualità finisca col coincidere con il conformismo più bieco, perché il messaggio dominante non viene automaticamente ostacolato dai singoli individui, ma anzi più frequentemente viene riecheggiato e confermato da questi, proprio perché in una società gli individui a rigore neanche esistono più, in quanto inevitabilmente compartecipi di un’ideologia dominante.

Detto con altre parole, la libertà non può essere assunta come un dato di partenza, qualcosa di innato in noi che la società deve preservare, ma deve piuttosto costituire un fine: gli uomini non nascono liberi, la libertà devono conquistarsela, e tale conquista non è un fatto che possiamo dare per scontato. Ne consegue che la libertà non può costituire un principio normativo, e il fine della politica non è quindi quello di declamarla, ma piuttosto quello di porre le condizioni perché i singoli individui possano più agevolmente conquistarla.

7 commenti:

  1. Grazie per aver rievocato il sessantotto a cui sono legata, oltre che da motivi ideologici, da motivi affettivi: era la mia giovinezza, io vi sono vissuta a cavallo: ho sperimentato il prima e il dopo,è stato un tumulto che ha coinvolto il mio essere interamente. Adesso non ho ancora la freddezza per giudicare se ciò sia stato un bene o un male, certo è stato un passaggio necessario che forse ha poi debordato ed ha portato in ultima analisi alla perdita di certi valori e ad un libertarismo eccessivo, comunque condivido quanto affermi nell'ultima parte del tuo post:
    " gli uomini non nascono liberi, la libertà devono conquistarsela, e tale conquista non è un fatto che possiamo dare per scontato. Ne consegue che la libertà non può costituire un principio normativo, e il fine della politica non è quindi quello di declamarla, ma piuttosto quello di PORRE LE CONDIZIONI PERCHE' I SINGOLI INDIVIDUI POSSANO PIU' AGEVOLMENTE CONQUISTARLA."
    (perchè non metti qualche tuo foto nel profilo?
    non riesco a dialogare con te, perchè non riesco a immaginarti.)

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  2. Mamma mia! Da dove cominciare? Forse dal fatto che anche il libertarismo, come il liberismo (ingannevole in modo reazionario non progressista, quest'ultimo, perché dove si permetta la libera concorrenza - in un mercato non libero perché dominato dal dio denaro - si produce oltre l'esigenza da una parte e in scarsità dall'altra, facendo diventare diseguali i consumi, visto che come dici tu non nasciamo liberi; l'economia si fonde con la politica... ed è qui che subentra lo Stato, e quindi potere in mano a pochi) è antecedente al fatidico '68: quello che si è voluto - per eccesso - è stato cercare di abolire certe proibizioni, ma il permissivismo - come stiamo vedendo - non è prerogativa della sinistra...
    Le uguaglianze devono comunque stare alle diversità di ognuno, che non vuol dire individualismo: vuol dire, secondo me, rispetto (dell'essere umano degli animali della terra eccetera), quindi autogestione e collettivismo (scambio e condivisione).
    Ora: se per te non esiste più la classica distinzione tra destra e sinistra (cioè tra chi appoggia il capitalismo e chi invece è per il bene comune), si rischia di cadere in contraddizione dire che bisogna stare da una parte o dall'altra, o stiamo cercando nuovi termini per definire le divisioni? Senza contare che esiste anche un libertarismo (sociale) liberale - tendente a destra, e uno anarchico tendente a sinistra... che non vuol dire "mancanza di regole", bensì assenza di proprietà poteri militari trinità religiose etc.etc.
    Per tornare al contesto dei giorni nostri e l'attuale questione etico/morale: disonestà e corruzione possono annidarsi ovunque, ma non si tratta di schierarsi (con comportamenti solidaristici) verso una parte piuttosto che dall'altra, quanto di stabilire una "disciplina" delle istituzioni, che è diversa dalla responsabilità dei soggetti (sebbene anche di questo ne debbano alfine rispondere).

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  3. @Paola
    Ma come, io difendo con le unghie e con i denti la mia privacy, e tu vorresti che mettessi la mia foto? :-D
    Se riesco a realizzare dei video sul mio libro però, lì la faccia ce la metto :-D

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  4. @Angie
    Temo di non essermi spiegato a sufficienza.
    Su destra e sinistra, non dipende certo da me se ci sia ormai tanta confusione. Io lo so di essere di sinistra, che per me significa semplicemente stare dalla parte dei più deboli, ma devo prendere atto che ognuno usa questi termini come crede: non si tratta di una scelta, ma di una constatazione.
    Ciò che invece non sono riuscito a comunicare è che porre la questione tra individuo e comunità come un problema di scelta non ha senso. Ciò che io sostengo è che la comunità viene "inevitabilmente" per prima, e tutto ciò che dobbiamo fare è prenderne atto. Se quindi voglio valorizzare le individualità, devo lottare contro questo dato di partenza che ci fa conformisti, che tende ad omologarci. La fregatura dei liberali sta proprio in questo, dando per scontato l'esistenza di individui liberi e razionali, non predispone mezzi perchè ci si possa difendere da chi, a causa del possesso di mezzi adeguati, può conformare gli altri ai propri interessi. In questo, è centrale il concetto di mercato, mercato delle merci, mercato del lavoro, mercato del voto, e perfino mercato delle idee, anche di quelle che riguardano le nostre scelte più intime.
    Ecco, la versione oggi imperante di libertarismo potrebbe essere resa con la metafora dell'accesso al mercato delle idee: ho diritto di entrare in questo mercato e decidere io cosa scegliere. Il punto è che il mercato è inevitabilmente truccato sin dall'inizio, che non basta credere di scegliere liberamente perchè invece non si scelga in base a comportamenti eterodiretti.

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  5. Sul secondo libro? A presto allora.

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  6. @Paola
    Sul secondo, è già da un po' che ci lavoro, ma sarà più "tradizionale", cioè pochi concetti decisivi sviscerati il più possibile. E' periodo di grandi letture questo, voglio confrontarmi più puntualmente con quanto già esiste in materia, con esplicite citazioni, ove richiesto.
    I video li volevo invece realizzare per il libro che ho già pubblicato, ma la cosa si è rivelata un po' più complessa di quanto credessi, perchè praticamente devo scrivere...la sceneggiatura. Questo significa riscrivere quella parte del libro che voglio esporre, un vero lavoraccio.
    E tutto questo deve conciliarsi con tutto il resto della mia vita, che è già abbastanza incasinata di per sè. Risultato, i tempi si dilatano più di quanto vorrei.

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  7. "... ecologia sociale, biodiversità, contro la monocultura della mente e delle multinazionali." Vandana Shiva

    buon lavoro e buona vita!

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