Ritorno sulle questione dell’intervento in Libia, perché non mi piace la maniera in cui rischia di svolgersi il dibattito, una maniera che reputo poco chiara.
Non mi piacciono le motivazioni dei non-interventisti leghisti, che, con mentalità da bottegai, calcolano i danni da profughi e dalla minore accessibilità ai combustibili fossili libici. A questo proposito, non capisco perché il perdurare di Gheddafi al potere dovrebbe portare meno profughi in Italia. La stagione dell’infame accordo Italia-Libia è definitivamente tramontato, anche nel caso di permanenza al potere di Gheddafi, ci sarebbero degli sconfitti, che tenterebbero in ogni modo di scappare, magari verso i paesi confinanti, e poi provando a sbarcare in Europa. Se davvero, ed è tutt’altro che una certezza, dovesse esserci in nord Africa una svolta democratica, allora si potrebbe sperare in maggiore occupazione e prosperità in quei paesi, con conseguenti minori motivazioni all’emigrazione verso l’Occidente. In ogni caso, questa mentalità cinica, in quanto trascura gli aspetti più propriamente umani, è anche stupida perché fa conti semplici su una questione molto complessa e multiforme.
Devo però aggiungere che non mi piace neanche quella non-interventista che si sente a sinistra. Ciò che non mi piace non è ovviamente leggere opinioni differenti dalle mie, ma l’apparente incomprensione dei motivi delle due differenti posizioni sull’argomento, di tutte le inevitabili implicazioni di ciascuna delle due posizioni.
Una prima chiarificazione preliminare è necessaria, e cioè il ruolo con cui ognuno di noi interviene nella discussione. Non siamo capi di stato, non siamo opinion-makers, non siamo neanche responsabili di importanti associazioni internazionali umanitarie. Anche questo è un elemento fondamentale nel determinare non certo l’opinione ma il modo stesso di manifestare la propria opinione: come comune cittadino, io mi trovo libero di esprimermi con grande franchezza e sincerità, cose che non mi potrei permettere se rivestissi un ruolo deliberativo. Vedo che molti citano Gino Strada, ma vi assicuro che se fossi stato io nei suoi panni, avrei fatto le sue stesse identiche dichiarazioni. Pensate che una persona che ha fatto di “Emergency” il suo scopo vitale possa dichiarare che l’ingerenza in un paese è lecita? Emergency non se lo può permettere, chi la rappresenta deve essere in condizione di parlare con i più schifosi criminali di guerra del mondo per potere svolgere la propria missione. Sarebbe un vero suicidio se Strada si mettesse a sostenere una posizione di ingerenza: invece di essere rappresentante di un’organizzazione umanitaria, risulterebbe una specie di ambasciatore dell’occidente: chi allora gli darebbe credito ed ospitalità? La limpida scelta di Strada (c’è bisogno di precisare quanta ammirazione provo nei suoi confronti?) di mettere al centro l’uomo aldilà dei suoi atti (curare anche chi ha appena commesso un attentato mortale verso altri uomini), gli impone una radicalità pacifista che altri, ad esempio io stesso, possono considerare con maggiore flessibilità.
Un altro equivoco dobbiamo eliminare: nessuno crede davvero che la Francia e gli altri siano intervenuti per motivi umanitari, ciò è fuori discussione, e quindi ricordarlo diventa un elemento di confusione e di fraintendimento. Analoghe considerazioni potrebbero farsi per l’ambiguità della risoluzione del Consiglio di sicurezza dell’ONU: quella risoluzione non cambia di un’acca la sostanza delle questioni in discussione. A corollario di questa argomentazione, si opera un raffronto tra i paesi occidentali e il regime di Gheddafi: ho già chiarito che dei paesi occidentali, e meno che mai del mio, non mi fido per niente, e che quindi questo raffronto non mi interessa. Mi interessa però che il giudizio fortemente negativo verso l’occidente sia esteso pienamente a Gheddafi. Non è quindi sulla base di una presunta superiorità morale dell’occidente che ha sposato la posizione interventista.
Un altro elemento rilevante è costituito dal raffronto con le vicende dell’Iraq e dell’Afghanistan. Questo raffronto non è valido, almeno quando si considerano le condizioni iniziali. Sull’Iraq e sulla presunta presenza di armi di distruzione di massa, era chiaro a tutti, almeno a quelli che volevano capire, che si trattava di una bufala pazzesca. Per l’Afghanistan, la motivazione era quella di catturare Bin Laden: anche lì, fummo facili profeti a prevedere che la cattura sarebbe stata impossibile e che una tale motivazione non teneva. In ogni caso, ognuna di queste tre situazioni è profondamente differente dalle altre, ed accostarle può nuovamente essere solo fonte di fraintendimento.
In Iraq, non c’era nessun buono che ci chiamava dall’interno, era un paese di cattivoni che presto ci avrebbero ucciso con armi micidiali. Si trattava di una storiella che non pretendeva neanche di essere creduta, tanto era stupida e manifestamente infondata. La motivazione economica e geostrategica era praticamente enunciata sin dall’inizio.
In Afghanistan, c’era almeno un conflitto già in corso anche se tra due cattivi, ma uno lo era di meno. Al governo talebano rimproveravano la custodia di Bin Laden, e parlavano di un’operazione lampo.
Qui, l’elemento che fa la differenza, e la fa, checchè se ne dica, è la sollevazione popolare in tanti paesi arabi, andata a buon fine, anche se l’esito definitivo è tutt’altro che certo, in due di questi.
Alla fine cosa fa la differenza? La natura di ciò che si è verificato in Cirenaica, o forse dovremmo meglio dire nella sua fascia costiera. Ciò che probabilmente più ci divide è il giudizio sugli insorti, e fondamentalmente se siano al soldo degli inglesi, o magari espressione di interessi tribali, o se siano un vero movimento popolare, portatore di esigenze condivisibili. I dati a disposizione sono insufficienti per esprimere una posizione certa, dubbi ne abbiamo tutti. Pare ad esempio provata la presenza di soldati inglesi al momento della rivolta. Vorrei però aggiungere che ciò non implica nulla, tante volte nella storia un’autentica volontà popolare ha potuto esprimersi solo in virtù dell’appoggio di potenze esterne. Anche per quanto riguarda la struttura tribale della Libia, ci sono opinioni contrastanti, ma io credo che Gheddafi, in quarant’anni di potere ininterrotto, si sia sforzato di confermare il proprio potere statale attraverso un sistematico indebolimento dei poteri tribali che, evidentemente, ne diminuivano il proprio, e Gheddafi si è dimostrato un governante abile.
Pur tra mille dubbi, io preferisco coltivare la speranza in queste persone, in una loro autentica voglia di riscatto dagli ultimi decenni di dispotismo. A supporto di tale ipotesi, ci sta la natura strutturale dei cambiamenti di modi di vita in questi paesi, le TV ed internet, la forte spinta demografica che vede una popolazione giovane che giustamente lotta per manifestare la propria presenza in società incartapecorite da lunghi periodi di assenza di libertà.
Qualcuno mi potrebbe obiettare che la mia speranza si basa su azioni che porteranno morti innocenti. Vorrei però dire che i morti ci sarebbero stati anche nella situazione alternativa. Bisogna capire che anche l’omissione è un’azione, e che lasciare che Gheddafi regolasse a suo modo i conti con i rivoltosi è anch’essa una scelta. Per l’uomo, in quanto essere morale, la scelta è un obbligo, un destino inevitabile , a cui non possiamo sottrarci. I morti ci saranno, le potenze occidentali tenteranno di addentare la ricca torta delle risorse di quel paese, ma il punto è se ci riusciranno. Magari scommettere non è proprio il meglio quando i costi sono così alti, ma rinchiudersi in un atteggiamento scettico, che, a partire da una condivisa presa d’atto dell’ennesima azione di potere dell’occidente, non ne vede però l’obiettiva debolezza e contraddittorietà, l’incapacità della costruzione di un loro fronte comune, tutte condizioni che dovrebbero permettere una visione più positiva della situazione, di come qualche spiraglio di speranza si sia aperto, e di come tutto ciò ci riguardi. Ricordo ai più distratti che in ogni caso noi lì siamo coinvolti fino al collo, sia per l’infame patto Libia-Italia, sia perché l’ENI è da lì che ci manda i combustibili fossili fino alle nostre abitazioni. La politica dello struzzo, che fa finta di non vedere la situazione reale, non mi pare possa essere considerata un’alternativa accettabile.
D'accordo al 100%. Mi permetti di diffonderlo?
RispondiElimina@Ma certo, Alessandro, ne sono onorato (come già dissi, mi piace usare espressioni retrò :-D)
RispondiEliminaCerto che l'inazione è azione.La politica vedo
RispondiEliminaesclude il fattore umano.Mettiamo da parte la guerra manifesta bombe a k 47 missili ecc. E gli
interessi delle cause farmaceutiche che tra l'altro "donano" i medicinali scaduti al terzo
mondo ?Non è guerra- In Italia per trovare un farmaco che curi una banale allergia non lo trovi
Devi farti 4 passi in Svizzera e trovi tutti i medicinali che non esistono nel prontuario medico
La polizia che non paga per gli omicidi non è
guerra.I fabricanti d'armi che devono vendere e
provocano conflitti e armano sperduti paesi africani e altro.La guerra è giusta per lo stato
di evoluzione cui siamo arrivati.Potere denaro
Eppoi destra e sinistra non esistono.Esiste l'umanità che è al di sopra di tutto.Egill
Ricordo che per l'Iran la tua posizione era nettamente a favore della non-ingerenza.
RispondiEliminaTra i due paesi sicruamente l'Iran è, almeno stando alle apparenze, più democratico della Libia.
Ma qual è il confine? cosa ti fa propendere per un giudizio diverso in questo caso?
Cosa ti fa pensare che Ahmaminejad sia meglio di Gheddafi (per gli interessi della gente,non del pil)?
Perchè io "so solo di non sapere" assolutamente nulla su entrambi i paesi.
So che non posso assolutamente fidarmi della stampa mondiale perchè non ha lo scopo di informare ma solo di assecondare sponsor e/o governi compiacenti.
Non sono dell'idea che dobbiamo per forza farci un giudizio, se non ci sono le fonti, non siamo autorizzati a prendere per buone fonti "logicamente" non attendibili.
Oltretutto, sarebbe più facile farsi un'idea se una situazione simile capitasse in un paese occidentale, perchè ne conosciamo a menadito i meccanismi e le forze in gioco.
Ma di un paese come la Libia di cui non sappiamo assolutamente nulla, come possiamo realmente pretendere di immaginare cosa sia meglio o peggio?
Mi sembra superficiale. Pensa al secondo dopoguerra italiano, all'igerenza americana, a stay-behind, al colpo di stato Borghese e a tutto quello che è matematicamente successo ogni qualvolta l'asse del governo tendeva a spostarsi a sinistra. E' forse facile farsi un giudizio tra le forze che erano(sono?) in campo?
Il parallelo con le altre situazioni lo faccio perchè a scontrarsi sono sempre e comunque forze che hanno appoggio popolare. Non vedo come si possa capire quale "preferire", se neanche a casa nostra ci riusciamo.
Grazi per l'attenzione. E' la prova che per ora
RispondiEliminaniente cambia.Ancora grazie.
Egill
@Egill
RispondiEliminaApparentemente, sei contrariata che io non aggiunga nulla ai tuoi commenti. In realtà, da un po' di tempo rispondo solo a obiezioni ben circostanziate. Ti confesso che a volte non riesco a capire bene qualche tuo commento, e così preferisco non intervenire. Stavolta, condivido soprattutto l'attenzione per il mercato delle armi, che mi pare il vero primo problema dell'umanità. Pecunia non olet, dicevano i romani, ma davvero il denaro ricavato dalla vendita delle armi puzza in maniera insopportabile.
@gigi
RispondiEliminaLa differenza con l'Iran c'è. Lì, si sapeva assolutamente tutto, ed era così chiaro che si trattava sempre dello stesso gruppo di potere, sempre all'ombra dell'islamismo. L'uino dei contendenti aveva puntato sulla campagna, e l'altro, quello perdente sui grandi centri.
Qui, e su questo siamo d'accordo, non sappiamo quasi nulla, e quindi una speranza si può coltivare, senza che ciò cambi il giudizio sulle grandi potenze.
Rimane il fatto che a Gheddafi vendiamo armi, aziende, banche, persino squadre di calcio, e da lui compriamo i combustibili fossili, e che quindi non intervenire lì militarmente non avrebbe modificato la loro ingerenza in qwuel paese, in qualche misura collaborando, anche se indirettamente, alla repressione da parte sua.
Insomma, non c'è scampo, almeno coltiviamo una speranza: cosa c'è di sbagliato in questo?