L'Europa è gravemente malata, i sintomi si infittiscono davanti ai nostri occhi e pongono alle nuove generazioni nuove problematiche.
C'è, è inutile nasconderselo, una nuova radicalità che probabilmente il nuovo continente non viveva dagli anni sessanta. Per certi aspetti, si potrebbe perfino dire che la radicalità dei nostri giorni sia ancora più forte che negli anni sessanta. La differenza rispetto a quegli anni è che allora c'era una torta, un insieme di risorse economiche, in forte crescita. Allora, una classe politica ed imprenditoriale miope ritardò oltre misura il momento della ridistribuzione delle risorse che il famoso boom economico a cavallo del sessanta aveva già liberato. In fondo, si potrebbe dire che il movimento degli studenti, presto allargatosi agli operai, svolgeva un ruolo di stimolo o perfino di supplenza di una classe dirigente pigra. A partire già dagli ultimi anni sessanta, l'Europa trovò una sua specifica connotazione di sistema capitalistico, inventò lo stato sociale, riuscì a interpretare le ansie e le spinte provenienti dalla società.
Con la stessa rapidità, già dalla metà degli anni ottanta è partita una controffensiva che comunemente denotiamo col termine liberista, che iniziò appunto ad ingaggiare una dura lotta proprio contro lo stato sociale. Ecco, proprio in questi ultimissimi anni, quest'offensiva liberista ha raggiunto pienamente i propri obiettivi. Taluni sostengono che l'Europa è la vittima pressochè esclusiva di tale offensiva, io in realtà ritengo che gli USA ne sono non meno vittima di noi.
Rimane il fatto su cui credo non ci siano divergenze, che l'Europa sta subendo danni mortali al suo stesso modo di concepirsi. E' così gravissimo, ma direi perfino incomprensibile, l'atteggiamento dei governi europei così succube al mondo bancario-finanziario. Mi ha fatto piacere leggere recentemente lo stesso Eugenio Scalfari parlare di una cupola bancaria internazionale: a quanto pare, non siamo noi a vedere complotti dappertutto, ma sono i complotti che ci osservano, ci cercano e ci colpiscono senza pietà alcuna.
Riassumendo, le banche, con il loro comportamento irresponsabile, hanno creato tanto debito inesigibile che li avrebbe in breve tempo strangolate. Purtroppo, i governi hanno deciso di accettare il ricatto, ed adesso si trovano indebitati per salvare il sistema bancario, quello stesso che colpisce oggi duro i singoli stati approfittando proprio della fragilità importata dalle banche, un vero paradosso. Apparentemente, governanti di tutto il mondo non si sono resi conto che attraverso questo salvataggio, essi indicano alle banche la strada del loro potere crescente, della subordinazione degli stati nazionali a questa vera e propria internazionale affaristico-mafiosa.
Il mio parere è quindi che ci troviamo in presenza un po' in tutta Europa di governi deboli con i forti (i grandi agglomerati finanziari internazionali), e forti con i deboli (le popolazioni europee), unba classe dirigente complessivamente assolutamente inadeguata allo scopo, vittima delle pressioni internazionali, e che sa soltanto assumere questo diktat esterno, traducendolo in programmi tutti lacrime e sangue. Ecco perchè da Londra a Parigi, da Atene a Roma la risposta è radicale. La radicalità sta nellì'incapacità dei governi di difendere il proprio popolo, di trovare la forza e l'astuzia per essere portatrice di un ragionevole livello di compromesso. Qui insomma non siamo in presenza della psicopatologia di un Gasparri qualsiasi, ma di governi di tutta Europa inadeguati, e che non esitano a tradurre la loro incapacità di opporsi alla cupola affaristico-mafiosa in politiche non soltanto dure, ma soprattutto senza prospettive.
La cosa forse più interessante, almeno dal mio personale punto di vista, è il venir meno della possibilità di sistemi liberaldemocratici a proporre e praticare politiche che non siano acclaratamente ed indubitabilmente antipopolari.
domenica 26 dicembre 2010
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