Quanto è importante la paura nella vita contemporanea? Quanto delle scelte che giornalmente le persone compiono è determinato da un sordo e insistente sentimento di paura?
Non dico la paura che ciascuno di noi proverebbe di fronte ad una pistola puntata alla tempia, non quindi una situazione di pericolo immediato di sopravvivenza fisica, questa paura non solo è giustificabile, ma anzi è sacrosanta e necessaria. In fondo, la paura è un meccanismo di adattamento ambientale, un meccanismo che ci fa aumentare le possibilità di sopravvivenza.
No, io mi riferisco piuttosto alle paure rispetto alle ordinarie e semplici azioni quotidiane. Può trattarsi della paura di perdere un affetto, della paura di diventare poveri, ma soprattutto della paura sul luogo di lavoro, lì dove si massimizza il nostro aspetto pubblico.
Il punto è che, una volta accettata una dimensione di paura, divenuto criterio di scelta, non c’è più modo di uscirne, e perfino la prospettiva di essere scartati per una promozione a favore di un collega diventa angoscia. Ciò che è più grave però è che questa paura incessante e così opprimente finisce col determinare le scelte che compiamo. Se accettiamo di essere ricattabili, non v’è poi modo di uscirne, non v’è nessuno che al nostro posto ce ne possa liberare.
Tanto rilevante è il ruolo della paura, che persone ambiziose e prive di scrupoli sfruttano a loro vantaggio questa situazione, impaurendo colleghi e sottoposti con minacce più o meno dirette, prospettando un danno nei loro confronti in maniera in genere velata e guardandosi bene dal potere essere accusati di queste loro azioni.
Così, non è tanto l’aspetto psicologico che mi interessa, quanto piuttosto l’influenza che la paura esercita nella convivenza sociale, nel determinare cioè le condizioni concrete attraverso cui il potere riesce ad essere esercitato anche in quegli ambiti in cui una situazione formalmente di parità può egualmente trasformarsi in una gerarchia occulta. Purtroppo, gli ambiziosi sono, come dicevo privi di scrupoli, e così il risultato è quello di permettere una selezione diciamo all’incontrario, che cioè le persone meno adatte a sostenere l’interesse generale siano poi le persone più potenti, determinando per questa via un progressivo peggioramento della società nel suo complesso.
Mi chiedo allora se tra le cause determinanti di questa crisi che viviamo in Italia, che non è solo il riflesso della crisi economica internazionale, che non è soltanto la crisi interna di un’intera classe politica, ma che è ormai diventata una crisi complessiva di un popolo, una crisi innanzitutto sul piano morale, non vi sia anche questa pusillanimità di tanti di fronte alla malvagità di pochi.
Ancora una volta ritengo tu abbia ragione: la stragrande maggioranza del nostro popolo è formato da pavidi, da don Abbondio a tutti i livelli, da opportunisti pronti a cambiar bandiera o ad abbandonare la nave che affonda. D'altra parte non si spiegherebbe in altro modo la presenza della mafia, della camorra, della 'ndrangheta in TUTTO il territorio italiano.
RispondiEliminaio non ho molte paure se non rispetto ai figli, alla loro salute, al fatto che qualcuno possa ferirli (non solo fisicamente), e riguardo al loro futuro apparentemente incerto, mai sopportato le ingiustizie e i soprusi e grazie al cielo ho una lingua affilata e tagliente quando voglio e ho imparato ad aspettare il momento giusto per controbbatere
RispondiEliminacontrobattere
RispondiEliminaLa paura bussò alla porta
RispondiEliminaIl Coraggio andò ad aprire e non trovò nessuno
Non mi ricordo chi l'abbia scritto... ma mi piace da morire (non di paura) questo detto zen (?) mirco