domenica 28 novembre 2010

LA SINISTRA LIBERTARIA

Chi mi segue con maggiore attenzione, sa che io non mi accodo al coro entusiasta per il principio illuministico dell’uguale libertà, come definito nel primo articolo della dichiarazione dei diritti dell’uomo e del cittadino del 1789, che letteralmente recita: “Gli uomini nascono e rimangono liberi ed eguali nei diritti”.

Il liberalismo trova proprio in questo principio la sua enunciazione fondamentale, che però si basa su un presupposto antropologico del tutto errato, che cioè l’uomo alla nascita sia libero, e nello stesso tempo l’ambiguità dell’espressione “uguale nei diritti” ha essa stessa determinato conseguenze tragicamente negative per l’umanità.

Proprio nella rivoluzione francese, un evento ormai vecchio di più di due secoli, dobbiamo rintracciare le coordinate politiche fondamentali dell’oggi. La stessa ripartizione degli schieramenti politici in destra e sinistra si è andata costituendo in quegli anni, in cui il nascente liberalismo si autodefiniva in maniera polemica come la sinistra, rispetto alla pretesa dell’ordine costituito di rappresentare il giusto, e quindi la destra: basti riflettere alla parola inglese “right” che significa appunto sia destro che corretto, giusto.

Man mano che questo vecchio ordine basato sulla discriminazione sistematica tra uomo e uomo veniva sconfitto, si sviluppavano all’interno della stessa condivisione del concetto di uguale libertà contraddizioni sull’aspetto egualitario, portando infine nel secolo passato a nuovi concetti di destra e sinistra. Ancora fino alla metà del secolo passato era ovvio che la destra sottolineasse principalmente l’aspetto della libertà, di fronte a una sinistra sempre più impegnata sul fronte dell’uguaglianza.

E’ roba di questi ultimi decenni, soprattutto da dopo il ’68, l’ulteriore rimescolamento nei concetti di destra e sinistra, dove ormai la destra risulta arroccata sui principi del liberismo, mentre si va radicando una sinistra che si proclama libertaria. A questo punto, il cerchio si chiude, in quanto il dibattito politico non solo è tutto interno al liberalismo, ma addirittura avviene solo sul conflitto tra libertà differenti, dove il liberismo sottolinea la libertà di impresa e il libertarismo sottolinea invece la libertà nel settore dei costumi sociali. Entrambi però condividono un ridimensionamento dello stato, che deve ritrarsi dall’economia per gli uni, e da i comportamenti privati per gli altri. Apparentemente, questa sinistra libertaria che viene tanto evocata e osannata in certe fasce d’opinione non è in grado di riconoscere le contraddizioni palesi tra la vocazione egualitaria tradizionale della sinistra, e questa invocazione del ritrarsi dello stato dagli aspetti più privati della nostra esistenza.

Secondo me, chi si autodefinisce di sinistra sembra sottovalutare il problema del potere in una società che abbraccia i principi liberali. Ogni volta che si chiede un ritrarsi dello stato, e quindi un potere istituzionale più leggero, si finisce per rafforzare il potere del mercato e quindi di coloro che hanno maggiori poteri finanziari.

Un esempio potrà chiarire questo concetto. Immaginiamo che lo stato voglia affrontare di petto il problema dell’obesità crescente che osserviamo nel nostro paese. La proposta di una legislazione fiscale che colpisca tipi di alimenti che la favoriscono solleva però l’opposizione generale di tutto il fronte politico, in quanto tende a intervenire su aspetti squisitamente privati della nostra vita. La avverseranno i liberisti, come anche i libertari. Contemporaneamente, le grandi multinazionali del settore alimentare, tramite campagne pubblicitarie immani tenderanno a condizionare esse stesse le nostre abitudini alimentari. Ciò che voglio dire è che solo la dogmatica pretesa che la società sia fatta da individui liberi e razionali può far ignorare che un vuoto di potere non si da’ mai in una società. Se noi facciamo ritrarre lo stato, questo vuoto sarà riempito dal mercato e quindi dai ricchi e potenti. Il potere istituzionale viene avversato, quello di fatto di privati no, e ciò sulla base dogmatica e per me tragicamente errata che l’individuo sia in grado di compiere scelte libere, ignorando così tutte le sue caratteristiche di socialità che tendono a condizionarlo. Il libertarismo, anche quando si ammanta di contenuti di sinistra, sposa inevitabilmente la tesi di una società di mercato, dove il mercato non è un meccanismo limitato all’economia, ma riguarda tramite le elezioni gli organi rappresentativi e qualsiasi aspetto della nostra esistenza che, col definirlo privato, pretendiamo di potere gestire in completa autonomia.

Il principio della libertà che finisce dove comincia quella altrui deve essere completamente sradicato, un terreno privato al 100% semplicemente non esiste, perché l’uomo, come essere sociale, viene condizionato dai comportamenti dei propri simili in ogni caso.

Ciò ovviamente non implica immaginare uno stato che penetra negli aspetti più intimi della nostra vita, un novello grande fratello, ma che la delimitazione dell’ambito delle scelte strettamente personali va fatto entrando nel merito specifico, senza pensare ad un principio generale valido in tutte le situazioni. I confini tra le libertà individuali vanno insomma tracciati sul campo, analizzando le situazioni specifiche.

Allo stesso modo, questa sinistra libertaria entra in contraddizione con una certa rivalutazione della natura, di una nuova sensibilità ecologica. Mi chiedo come si possa far convivere l’avversione alle manipolazioni genetiche che portano agli ogm, e contemporaneamente battersi in prima linea per la difesa del diritto delle vecchiette di sessantanni e più a diventare mamme.

Il libertarismo di sinistra entra secondo me in contraddizioni insanabili, che non vanno ignorate e con cui invece dovremmo fare i conti sino in fondo.

Alla fine, dovremmo forse convenire sul fatto che la confusione sui concetti di destra e sinistra è troppo grande, e dovremmo forse concludere che siano termini senza più alcun senso reale, e pertanto da abbandonare.


Vorrei in conclusione scusarmi per la sintesi estrema a cui mi sono costretto, col rischio di cui sono consapevole di una insufficiente chiarezza: forse nei commenti sarà possibile chiarire meglio alcuni aspetti.

11 commenti:

  1. Forse quello che hai detto alla fine è determinante. i concetti di destra e sinistra sono talmente vasti che alla fine finiscono per intersecarsi in molti punti del loro percorso. allora l'uomo dovrebbe muoversi in base non tanto alla proprio credenza politica ma al senso del giusto e del bene. Sperando che sia insito nella natura umana. E non lo è.

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  2. Buongiorno Vincenzo, intanto ti ringrazio per questo post che sentivo necessario almeno per me stessa.
    Per quanto mi riguarda, penso di essere tuttora condizionata da una idea della destra uguale a Mussolini, Hitler, e ... capitalismo.
    Cosa sia la sinistra non so neppure bene, certo so che ha sempre diffuso maggiormente l'idea dell'uguaglianza fra classi sociali, cioé: NO ai ricchi sempre più ricchi e NO ai poveri sempre più poveri a favore dei già ricchi.
    Come vedi uso un linguaggio molto infantile, perché mi sembra utile partire dalla base e da un vero e proprio immaginario collettivo che sente la sinistra vicina agli oppressi, agli emarginati, ecc.. Ovviamente si parla di IDEA, un po' come il concetto di fratellanza nel Cristo.
    Fratellanza che non si è certo mostrata dopo le varie rivoluzioni, forse però questo è un discorso a parte.

    Per ora mi fermo qui. Ovvio che il tuo post ha bisogno di molte altre considerazioni, ma mi piacerebbe che tu, nel tuo modo di persona che "sa", suggerissi qualcosa che possa sostituire o cambiare radicalmente questi concetti - anche per me - obsoleti, di destra e sinistra.
    Se io non sono nè di destra, nè di sinistra, che cosa sono??? Qua sopraggiunge una vera e propria crisi di identità...
    A presto!
    Lara

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  3. E' vero nell'interrogarmi anch'io scopro che non potrei dire se sono di destra, di sinistra, di centro. So solo che sono per la giustizia, l'uguaglianza dei diritti e delle opportunità, sono per la solidarietà tra i popoli, sono per la libertà di pensiero e di parola, sono contro ogni tipo di dittatura, sono contro il degrado morale delle istituzioni che finisce col degradare sempre più anche il popolo, sono per la libertà di decidere in che modo morire, sono per la libertà di abortire e di permettere alla ricerca di non far nascere bambini con gravi malattie, sono per la libertà di decidere io chi mandare in Parlamento a rappresentarmi, sono a favore della meritocrazia, sono contraria allo sfruttamento nel lavoro ma sono anche a favore del fatto che si possa rivendicare di mantenere il proprio posto di lavoro solo se si lavora con senso del dovere, capacità ed onestà. E allora, dimmi tu, secondo te cosa sono io?
    Bellissimo post, ciao!

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  4. @Antonella
    Il punto è che lottare per il giusto e per il bene dovrebbe essere scontato per tutti ed in ogni caso ci impone di abolire qualsiasi distinzione, come quella tra una sinistra e destra. Le distinzioni sorgono quando si deve definire il giusto e il bene, che comunque tra loro non coincidono, ma questo aprirebbe un altro enorme fronte di discussione. Il liberalismo tende ad espellere dalla politica il concetto di bene, magari facendo leva su un concetto autoevidente di giustizia (come fa il filosofo politico Rawls). Per me invece, del concetto di bene non si può fare a meno, ma i libertari a cui miriferisco in questo post non sarebbero d'accordo con me. La conseguenza per me estremamente rilevante è che le persone con cui potrei condividere uno specifico obiettivo di lotta, come quello della difesa dei più deboli, questo stesso obiettivo risulta come inquinato dall'inizio, determinando un esito o negativo o insufficiente.
    Chissà se queste frasi chiariscono o confondono ancora di più!

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  5. @Lara
    Io dico in estrema sintesi, riportiamo il concetto di bene, io direi meglio "interesse generale", nella politica, e sostituirei l'ormai consuto connubio-diverbio libertà-uguaglianza con quello solidarietà/fratellanza da una parte, e sostenibilità dall'altra.

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  6. @Ornella
    Io non ti seguirei su tutti i tuoi obiettivi, come forse si potrebbe desumere dal complesso di quanto ho postato in questo blog, ma non approfondirò qui questi aspetti. Secondo me, direi senz'altro che tu sei di sinistra, ma appunto io non lo sono, non posso riconoscermi in una sinistra che pone ancora al centro di tutto il sistema politico l'individuo e i suoi presunti diritti. Ciò che coi miei libri voglio dimostrare è che in questa valorizzazione dell'individuo svincolato dai propri legami sociali è insito il virus che distruggerà la stessa umanità e la sua possibilità di sopravvivenza.
    Per me in fondo la distinzione realmente importante non passa più tra destra e sinistra ma tra pensiero dominante che ionfluenza destra e sinistra ed una nuova ideologia fondata sul binomio solidarietà-sosteniblità.

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  7. Scusa Vincenzo: mi chiedo dove tu veda tutto questo individualismo, se non al governo attuale del nostro Stato, dove pare soffrano tutti di grosse smanie di protagonismo.
    Fuori di lì, esiste una società, ovviamente non compatta, anzi purtroppo - alle volte - molto omogenea, una specie assai più simile ad un gregge, o ad un reparto di lobotomizzati.
    Esistono sì dei gruppi: gli animalisti, gli abortisti, gli anti-abortisti, ecc... ecc...
    Esistono tanti giovani che non trovano lavoro, per non parlare dei cinquantenni. Chi sono costoro? Individui? Società? Appartengono come individui emaginati, alla società o rimangono lì da ignorare, perché economicamente non sostenibili? Cadrebbe il binomio di cui parli solidarietà-sostenibilità, o no?
    Come vedi sono in cerca di risposte, da te in particolare, perché vorrei capire bene.
    Ciao,
    Lara

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  8. @Lara
    Ti ringrazio delle tue osservazioni che spero mi permettano di chiarire un equivoco di fondo.
    Quando io parlo di individualismo, non mi riferisco affatto a una reale valorizzazione delle individualità, ma agli aspetti formali, al fatto di pretendere che la società si sia andando costruendo a partire da interessi individuali ad essa preesistenti. Proprio nell'assumere che l'individuo sia la realtà più profonda ed originaria, e che l'ordinamento sociale sia venuto dopo, il liberalismo deve finire con l'ignorare i problemi reali dello sviluppo delle singole individualità: lo stato liberale è uno stato minimo che serve a regolare i conflitti tra delle entità che preesistono (i singoli individui) e che vengono concepite come dei punti fermi. Per i liberali, non è lo stato che forma gli individui, ma al contrario sono gli individui che interagendo tra loro producono la società. Una volta insomma assunta che la libertà è un dato originale e che lo stato ha solo il compito di preservare riducendo la propria ingerenza, il liberalismo non può confrontarsi col problema del conformismo sociale di cui anzi non può neanche concepire l'esistenza. Così se milioni di ragazzine da un giorno all'altro pretendono di indossare jeans a vita bassa, per un liberale questa non è una manifestazione di conformismo, ma la casuale coincidenza di tante decisioni individuali tutte libere.
    Non so se adesso è chiaro ciò che sostengo. Io non voglio certo sacrificare l'individuo a una sorta di collettivizzazione forzata, ma, sottolineando l'aspetto finalistico della libertà come cioè un fine da raggiungere, voglio proprio guardarmi dal conformismo e dal monopensiero dilagante. La libertà è ben lungi da essere un dato scontato, ma anzi bisogna che la società crei attivamente le condizioni per il suo effettivo manifestarsi.

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  9. ".... La libertà è ben lungi da essere un dato scontato, ma anzi bisogna che la società crei attivamente le condizioni per il suo effettivo manifestarsi."

    Questa frase è molto chiarificatrice, un giusto calcio a Rousseau ed alle sue idee un po' infantili, anche se non sempre.

    Però mi sembra di arrivare a un circolo vizioso.
    Chi o cosa può mettere in grado una società di creare le condizioni suddette? Una società (quella italiana) imbevuta di sport e televisione, con giornali servi del nostro dio in terra? Ci sono individui che riescono a non appartenere a questo monopensiero, ma sono troppo pochi, mi sembra, per definirli società.
    La società si auto-crea? Come possiamo fare per avere una società civile, non omologata?
    Ti porgo mille scuse, caro Vincenzo. Credimi, da parte mia non vuole essere polemica o "persecuzione" :) Credo lo avrai capito.
    Ho passato parte di questa domenica ad entrare, leggere, uscire, rientrare, scrivere e di nuovo leggere il tuo pensiero, il tutto perché ho una profonda stima di te.
    Non sono abituata a mettere in discussione chi la pensa in un modo diverso. Di solito lascio perdere, ma capisco che tu potresti illuminarmi.
    Lara

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  10. @Lara
    Prima, mi corre l'obbligo di riabilitare Rousseau. Come si usa dire, bisogna contestualizzarlo, ai suoi tempi era probabilmente necessario dire ciò che egli dice per superare tutti i pregiudizi del suo tempo. Non ce l'ho certo con lui, ma con chi dopo secoli di liberalismo imperante, non ne vede il fallimento, ed anzi si ostina a dire che la colpa è quella di non essere abbastanza liberali, come un medico che ha sbagliato la cura e vorrebbe imporre al cliente dosi sempre più massiccie.
    Come ho già sostenuto in altri post, io credo nel concetto di avanguardia consapevole ed organizzata. Dando per scontato che non si può vincere sul mercato elettorale per le ragioni che dicevamo, bisogna rifondare la classe dirigente mettendo in crisi i capisaldi dell'ideologia dominante. La logica delle casematte, dei luoghi di resistenza in cui creare modi differenti di convivenza come fanno vari gruppi confesso che non mi convince, perchè non si confronta col problema del potere. Non basta essere insomma alternativi nella propria testa, ma bisogna piuttosto essere classe dirigente alternativa, che è una cosa assai più complicata.

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  11. sbagliato!!! La destra non è per l'uguale libertà! prova a lasciare il mercato totalmente libero, le conseguenze? Disugualianze, ingiustizie e strapotere contrattuale degli imprenditori! Sbagli molto a dire che la destra è per la libertà, la destra è per la diversità, sia di ricchezza sia di libertà, sia di identità nazionale.
    Il bipolarismo, destra-sinistra, libertà-ugualianza è sbagliato per che il capitalismo sfrenato della destra non assicura la libertà, la assicura solo ai ricchi.

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