venerdì 12 novembre 2010

IL G20: SARA' ORMAI UN G1 MASCHERATO?

In questi giorni, si tiene a Seul il consueto appuntamento del G20, cioè formato dai venti paesi più sviluppati. Questi incontri “G” seguiti da un numero che ne specifica il numero complessivo dei partecipanti, scandisce ormai periodicamente la politica internazionale, ricordandoci, se l’avessimo dimenticato, il processo di globalizzazione finanziaria, del tutto realizzatosi, economica, in stato avanzato di realizzazione, di cultura, quasi completata, di condizioni di vita, ben lungi dall’essersi attuata, ed anzi neanche iniziata.

Guardando in rete su siti che si richiamano in modo più o meno ortodosso al marxismo, vedo che prevale tuttoggi una visione che predica il conflitto, cioè l’esistenza di interessi intrinsecamente inconciliabili. Su questo aspetto, si dovrebbe discutere a lungo, e quindi qui sono costretto a tralasciarlo. Più interessante è il fatto che prevalga ancora una visione che vede l’imperialismo americano come il nemico da battere. Lasciando perdere che ciò comporta il rivalutare regimi osceni di tutto il mondo purchè conflittuali con gli USA, credo che qui il punto fondamentale sia un altro, e cioè se sia oggi ancora possibile fare coincidere un fronte capitalista egemone con un singolo paese.

Per brevità, sono costretto ad ipersemplificare. Vorrei semplicemente considerare il ruolo che ormai riveste lo stato di Israele sul piano internazionale. Credo che solo i ciechi conclamati possano non essersi accorti che ormai gli USA non esercitano alcuna influenza determinante su Israele. Il loro leader conservatore Netanyahu ormai non finge neanche più di assecondare Obama, tira dritto con la sua politica ed in particolare con gli odiosi nuovi insediamenti, chiaramente indigesti all’amministrazione USA.

Se ritorniamo indietro, e neanche tanto in verità, le cose apparivano molto differenti, Israele non si sarebbe mai opposta in maniera palese a un diktat USA. A questo punto, ci si può chiedere a quando risalga questo cambio netto di atteggiamento tra questi due paesi. Io non avrei alcun dubbio, lo collocherei al momento dell’attentato a Sharon, allora premier israeliano. Fu un gravissimo atto che andava contro entrambe le nazioni sia gli USA che Israele, se ricostruiamo il clima di politica internazionale di allora. Chi poteva colpire così platealmente senza colpa di subirne le conseguenze il gigante USA e la potenza nucleare israeliana, che detiene pur sempre uno degli eserciti più potenti del pianeta? Quale potenza poteva affrontarli senza timori? In realtà nessuna altra nazione poteva ardire tanto. Ed è qui che si può collocare l’emergere di un potere sopranazionale di straordinaria forza. Da allora, secondo me, i potenti decidono di mettere da parte le sovranità nazionali, e di agire in conto proprio, senza ovviamente disdegnare di utilizzare i poteri nazionali. Il punto di discontinuità sta nel fatto che ormai non si limitano ad influenzare i governi nazionali, ma passano direttamente ad ordinare le loro volontà.

In fondo, il dramma di Obama è proprio questo, di avere verificato come la sua azione possa muoversi soltanto nello stretto solco tracciato da altri più potenti di lui, si rende cioè conto di essere sotto ricatto. Per questo l’atteggiamento di Netanyahu durante i negoziati appare perfino derisorio rispetto ai mediatori USA, egli sa bene chi ha davvero il coltello dalla parte del manico.

In questo vorrei essere esplicito: credo che l’egemonia USA nel mondo stia calando, che tutti i valori tipici del capitalismo e che potremmo riassumere nel simbolo emblematico della “Coca Cola”, procedano separatamente dalle scelte di un singolo paese. Solo l’Europa ormai, per propria dabbenaggine e limite, considera gli USA una nazione a cui obbedire. Così, questi incontri tipo G20 diventano incontri tra replicanti che scrivono le risoluzioni sotto dettatura di un comune potere a cui sono ormai sottomessi.

1 commento:

  1. Come volevasi dimostrare, ormai è una partita a due, USA e suo codazzo (Europa inclusa) da una parte, e Cina dall'altra. Per questo ruolo della Cina, la grande finanza non si fida più dei vari "G".

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