Vorrei qui collegare le considerazioni che ho fatto nel post precedente con la politica italiana, anche in conseguenza degli ultimi sviluppi di ieri.
Dunque, per taluni, non esiste alcuna cupola di comando dell’economia nel mondo, non esiste una finanza internazionale in cui persone fisicamente individuabili, tramite un loro accordo preliminare, determinano aspetti fondamentali verso cui vada a svilupparsi la situazione economica. Bene, ma poiché la direzione, intendo dire sempre a livello internazionale, è ben tracciata, se non c’è una volontà di un gruppo organizzato, allora è determinato dal mercato. Sarebbe qui impossibile condensare le considerazioni che mi spingono a considerare impossibile che i mercati possano funzionare come gli economisti vorrebbero farci credere. Anzi, diamo pure per scontato che l’economia sia determinata esclusivamente da un mercato finanziario globale. Ammesso e però non concesso questo, rimane il fatto su cui dovremmo convenire tutti che tutti gli stati sovrani, escludendo forse la Cina che costituisce un caso a sé stante, e quindi includendo anche il governo USA di Obama, non hanno alcun reale potere economico. E’ forse un destino questo, una sorte inevitabile? Certamente no, tutto questo è piuttosto dovuto alla scelta di mettere in cima alla priorità l’economia, e stabilire quindi che la politica è solo un’ancella dell’economia.
Ora, quando si parla di economia, uno pensa che si tratti di una scienza. Tutto ciò è falso, perché l’economia è solo una disciplina finalizzata alla sviluppo, definito come la crescita del PIL. So che questa affermazione è contestabile, e difatti esistono anche economisti eterodossi. Il più eterodosso e famoso di tutti è Karl Marx, tanto eterodosso che taluni sostengono che Marx non ha sviluppato una sua economia politica, ma piuttosto una sua critica dell’economia politica, potremmo dire più filosofia che economia (nel considerare la forza-lavoro come valore d’uso e non come valore di scambio). Ancora una volta, mettiamo pure da parte la questione se possano davvero esistere economisti che non vogliano massimizzare il PIL, ammettendo che forse ne possono anche esistere. Rimane tuttavia l’evidenza che le teorie economiche in quella direzione vanno: se pure i dissidenti avessero diritto ad essere chiamati economisti, rimane il fatto che costoro sarebbero in ogni caso minoritari.
Bene, i grandi filosofi liberali, incluso Rawls, danno per scontato che l’assetto politico dovrebbe ottimizzare il benessere, misurato ancora una volta come disponibilità di merci. Poiché un po’ tutta la teoria politica liberale è costruita in maniera assiomatica, cioè pretendendo che i propri principi siano autoevidenti, non solo la direzione dell’economia, come detto va necessariamente verso lo sviluppo, ma anche la politica, almeno quella liberale, rimane sin dall’inizio, cioè nei suoi stessi principi, vincolata alle esigenze edella crescita continua. Si è decretata così la fine della politica, e ciò riguarda tutto il mondo.
Tornando ora alla scena nazionale, ciò che vediamo quotidaniamente è appunto questa commedia, i politicanti che inscenano continuamente la medesima trama, che si potrebbe riassumere dicendo che vogliono fare tutti la stessa cosa, ma vogliono essere loro a gestire questo potere puramente formale, politicanti appunto perché sono replicanti di un medesimo copione.
E’ la loro natura di politicanti, e non di politici, di gestori di decisioni altrove adottate che li portano ai comportamenti che abbiamo osservato anche ieri. Ciò che viene bandita è quindi l’assunzione di vere scelte politiche: essi sono membri di uno stesso cast, rivendicano soltanto il posto di prima donna. In queste condizioni, gli attributi non solo non sono richiesti, ma addirittura risultano dannosi. Rimane soltanto il tatticismo quotidiano, che oggi in particolare richiede la regola del cerino. Così, da una parte Fini gioca con Berlusconi a chi spegne per ultimo il cerino, dall’altra Bersani si rifiuta di elaborare una sua proposta specifica e concreta di legge elettorale “in assenza di segnali”, come ha tristemente affermato dall’Annunziata. A proposito di questa conduttrice, non si può evitare di considerare com’ella pervicacemente ritenga sempre di fare osservazioni geniali quando invece o dice banalità o altre volte assurdità. Ella comunque non demorde, si vede da miglia lontano che ritiene di essere una giornalista geniale.
Non v’è nulla da commentare, come pure Ornella mi invita a fare nell’ultimo commento al precedente post. Come andrà a finire è nello stesso tempo arcinoto e ignoto nei dettagli. Per capire dove va la situazione politica, cosa ben diversa dagli equilibrismi partitici, basta ascoltare Marchionne e leggere i provvedimenti di Tremonti, il resto come si dice adesso, è fuffa, anzi un superdistillato di fuffa.
Hai ragione, è proprio quello che temevo: fuffa, nient'altro che fuffa!
RispondiEliminaE comunque la felicità non si misura col PIL, non solo col PIL.
RispondiEliminaHai ragione Vincenzo. La crescita continua basata sulla più ampia produzione delle merci è l'assioma che regola la politica e la vita di ognuno.
RispondiEliminaciao condivido il tuo pensiero, non credo cambierà al momento nulla, grandi parole, muffa grossa sul rinnovamento
RispondiElimina^_^
Te lo ripeto Vincenzo, chi decide a livello di economia mondiale è F.M.I.
RispondiEliminaTutto il resto è salame sugli occhi di chi non vuole guardare al di la del proprio naso.
Condivido in toto il contenuto del tuo scritto, fuffa sottovuoto spinto.
Buon pomeriggio Vincenzo