A proposito delle prossime elezioni regionali, si ripropone la questione delle primarie. Tralasciando l’aspetto più politico sulla linea ondeggiante del PD che, dopo aver fatto delle primarie la propria bandiera, sembra restio a volerle indire a proposito delle designazioni dei candidati a governatore, è stata sollevata la questione delle designazioni di coalizione, che sembrano costituire la regola piuttosto che l’eccezione. Il meccanismo elettorale infatti, essendo di tipo maggioritario, incentiva le aggregazioni elettorali in vista del confronto tra due opposti schieramenti. Non pochi osservatori si fermano perplessi rispetto all’ipotesi di primarie di coalizione: per costoro, le primarie potrebbero tenersi solo nel caso di candidati di partito. Sarebbe allora il caso di considerare la questione da una prospettiva più ampia che consenta di collocare lo strumento delle primarie nella sua giusta dimensione.
Le primarie costituiscono un importante elemento nel contesto del mondo politico statunitense, e da lì sono state più o meno fedelmente scopiazzate dalla politica nostrana. Costituiscono in ciò uno tra i tanti dei mezzi del colonialismo culturale USA verso la nostra nazione. Tale trasferimento di usi USA avviene quasi sempre copiandone pedissequamente elementi parziali senza troppa attenzione al contesto, al confronto insomma tra la nostra situazione di partenza e quella esistente nel paese di origine. Negli USA, le primarie sono uno strumento prezioso, direi insostituibile, nel contesto di partiti “leggeri”, cioè tali da non determinare il comportamento degli eletti. Un Presidente USA, ma lo stesso potrebbe dirsi del più umile deputato, non si sognerebbe mai di fare condizionare la propria azione politica dal proprio partito, magari da una potente lobby sì, ma dal proprio partito, proprio no. Questa indipendenza dell’eletto dagli apparati di partito richiede logicamente una legittimazione popolare, costituita appunto dalle primarie. Così, la funzione di tale consultazione elettorale trova una sua logica collocazione all’interno di quel tipo di ordinamento politico-istituzionale. D’altra parte, in quel contesto non si pone neanche il problema delle coalizioni.
Passando ora alla situazione nostrana, è evidente che il contesto è totalmente cambiato: siamo in presenza di un modello di partito “pesante”, cioè per cui gli ordini di scuderia in Parlamento vanno fedelmente rispettati. Una defezione dal voto conforme ai colleghi di partito costituisce in genere scandalo, e comunque un’eccezione che attira l’attenzione degli osservatori. Logica vorrebbe che un tale tipo di partito avesse al suo interno meccanismi di decisione ferrei, che ne garantiscano la democraticità. Niente di tutto questo: un ristretto gruppo di burocrati di partito stringe un implicito patto di sangue al proprio interno, monopolizzando le decisioni di partito, senza tanto rispetto per i semplici iscritti, apparentemente d’accordo, forse perfino felici, di farsi sequestrare ogni decisione dai propri capetti. Ecco dove nasce l’attualità delle primarie, essa nasce proprio da un peccato di origine del partito a cui lo Stato non richiede alcuno specifico requisito formale nella definizione delle decisioni. I partiti, lo sappiamo bene, hanno meccanismi di decisione assolutamente non democratici,e ciò avviene apparentemente nell’indifferenza generale. Secondo me, invece, è proprio nella strutturazione dei partiti che nascono tante magagne della nostra politica, ed è il mancato intervento su questi aspetti che impedisce di cambiare la politica.
Passiamo ora all’aspetto riguardante le coalizioni. Gli osservatori che oggi si scandalizzano dell’ipotesi delle primarie di coalizione hanno già dimenticato che le primarie furono inaugurate dall’Ulivo, certamente una coalizione. La storia delle primarie è proprio tutta legata all’esistenza di coalizioni tra partiti differenti, e a me sembra anche logico. Difatti, mentre un partito democraticamente organizzato, un partito che chiaramente non c’è, avrebbe tutta l’autorità e la legittimazione nel definire le candidature, senza alcun bisogno di ulteriori consultazioni, non si vede come possa esistere una candidatura di coalizione democraticamente designata: le primarie in questo senso sarebbero l’antidoto al verticismo inevitabile di una decisione di coalizione.
Semmai, quindi, il problema esiste nella stessa esistenza di coalizioni, e tali coalizioni trovano la loro origine nel maggioritario “de noiantri”, cioè nella pretesa impossibile di basarlo sul bipolarismo piuttosto che nel bipartitismo: anche qui, scopiazziamo da altri paesi sistemi senza porre troppo attenzione a una applicazione rigorosa.
Sto seguendo con interesse le tue analisi riguardo i comportamenti del PD in occasione delle prossime regionali e, confrontandole con quanto sento altrove, mi paiono molto verosimili. In proposito stasera ad Anno zero, almeno nella prima parte,ci sono state delle simpaticissime battute. Dopo, non l'ho più seguito.
RispondiEliminaSaluti.
E poichè gli italiani sono dei gran pasticcioni provinciali, mi sa che a "noantri" non ci resta che piangere!
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