mercoledì 10 giugno 2009

ANCORA SUL REFERENDUM

Come volevasi dimostrare: questa possibilità che si regalava a B. di fare il ducetto beccandosi per intero il premio di maggioranza, B. è il primo a non volerla, è un dono avvelenato. Motivo in più per votarlo il referendum, anche scontando il fatto che sarà tutto inutile, perché il quorum in queste condizioni non si riesce a beccare.

Anche qui sui blog si è fatta una guerra fragorosa su una cosa che risultava ovvia sin dall’inizio: che il quorum non si sarebbe raggiunto e che l’attuale maggioranza il potere che voleva prendersi, se l’è già preso, e invece tanti stanno qui timorosi per un futuro potenziale disegno reazionario, che è invece in pieno in atto. Smettiamola una buona volta di avere paura, e iniziamo a reagire. Il che, ovviamente, non è scrivere appelli o lettere a Franceschini, ma prendere l’iniziativa in prima persona.

Il mio invito al sì al referendum lo mantengo, non perché ho speranze che il quorum possa essere raggiunto, ma perché comunque un’affluenza ragionevolmente alta, sarebbe comunque un importante segnale politico contro l’intero arco delle forze di maggioranza e contro tanta parte anche dell’opposizione, come pure contro l’attuale legge elettorale.

8 commenti:

  1. Condivido, infatti andrò a votare!

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  2. Cheva, grazie della solidarietà: come vedi, non è che stia raccogliendo grandi consensi... :-d

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  3. Ho finito di leggere il tuo libro che ho divorato in una giornata data la scorrevolezza dell'eloquio e la chiarezza delle argomentazioni.
    La conclusione a cui tu pervieni mi pare tuttavia un ripudio del concetto di democrazia in funzione di una non ben chiara aristocrazia basata sulle competenze. Che genere di competende dovrà avere chi si accinge a governare una nazione? Competenze economiche, competenze politiche?(solo i laureati in scienze politiche potrebbero accedere a questa presunta oligarchia di potere?)
    Come tu giustamente affermi, la guida di una nazione pone di fronte a problemi complessi che spaziano lungo il campo della morale. Una morale ecologica o piuttosto naturalistica. Ma allora, se dobbiamo prendere come esempio il comportamento degli animali, a cosa servirà mai la cultura?
    I dettami illuministici sono secondo me lontani da essere superati, se si dà la giusta interpretazione a quelle tre famose parole portate avanti dalla rivoluzione francese:
    libertè intesa come abolizione di ogni forma di schiavitù, sia essa fisica o psicologica;
    egalitè come uguaglianza di diritti, ma anche di doveri. L'unica che tu salvi è la terza, fraternitè, la solidarietà intesa come forma di compensazione da parte dei più ricchi, o fortunati, gli aristocratici, verso i più umili o sfortunati?
    Secondo me l'uomo è un essere razionale( non si spiega altrimenti la sua evoluzione rispetto agli animali)ma anche emozionale. E' la cultura che deve saper convogliare le emozioni nella direzione più giusta e il compito di una società moderna dovrebbe essere quello di diffondere cultura, mentre invece oggi si tende all'opposto, cioè a mantenere una buona parte di elettorato ignorante da poter manipolare come meglio si crede.
    Sono d'accordo che ci si dovrebbe svincolare dalle leggi del mercato, ma il come farlo bisognerebbe delegarlo agli economisti, quelli veri, quelli che studiano le scienze economiche e la macroeconomia.
    La separazione dei poteri è un dato che non si dovrebbe toccare;il compito di garantire il rispetto dell'ethos in mano ai giudici? potrei essere d'accordo.
    Comunque il tuo libro, lungi da dare delle soluzioni risolutive, costituisce un ottimo punto di partenza per una proficua discussione sul cambiamento.

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  4. @Kinnie51
    Ti confesso che mi hai lasciato del tutto sbalordito, sei una lettrice eccezionale!
    In realtà, io non ho scritto un libro che abbia una conclusione vera e propria. Ho tentato di dare a ogni parte una certa autonomia. Il quadro complessivo lo vedrei più come dovuto all'accostamento delle varie parti che a una sequenza logica che dall'inizio porti alla fine.
    Tu hai deciso di soffermarti su un aspetto che certo è uno dei più importanti. Effettivamente, io credo che il dibattito politico degli ultimi secoli, sostanzialmente giocato tra i sostenitori dell'uguaglianza da una parte, e da quelli della libertà dall'altra, non mi appassiona più di tanto. Tento appunto di argomentare la genericità, l'ambiguità del termine libertà, considerandolo assolutamente inappropriato a farne il fondamento dei sistemi politici. Ci vorrebbe un concetto molto più chiaro ed univoco proprio se lo vogliamo collocare a fondamento, sennò l'ambiguità della base si propagherà all'intera struttura concettuale della teoria politica conseguente.
    D'altra parte, in qualche modo simmetricamente, trovo che l'uguaglianza, che pure sarebbe un termine molto preciso, viene usato impropriamente: nessuno, quando parla di uguaglianza, pensa davvero di volerci uguali.
    L’uguaglianza delle opportunità non ha alcuna speranza di avverarsi finché esisterà l’istituzione famiglia. La società italiana è diventata a mobilità molto bassa, ma anche gli USA, la famosa società che si vuole così mobile, in realtà tende a mantenere la stratificazione sociale acquisita alla nascita.
    Mi spiace di non essere riuscito a spiegare in che senso è importante considerare la nostra dimensione biologica. Non è per assecondarla, ma piuttosto per dominarla. Se ti chiedono come fare per andare a Milano, non chiederai a partire da dove? Per costruire un percorso che porti ad una certa meta, è assolutamente indispensabile sapere da dove si parte. Se immagino che l’uomo sia un essere razionale, mi affiderò al libero esprimersi delle nostre tendenze più spontanee. Se penso che l’uomo sia essenzialmente un essere emozionale, allora penserò a una società in cui l’educazione sia più importante, proprio allo scopo di indurre un processo di per sé niente affatto spontaneo. Insomma, la consapevolezza della nostra biologicità porta a un bisogno di cultura maggiore e non minore.
    Le soluzioni politiche che prospetto sono ovviamente quelle che di più si prestano a critiche. Non è che io comunque proponga l’abolizione dell’elezione del parlamento, ma ne voglio limitare l’influenza, a favore, da una parte di una costituzione più corposa, che includa ad esempio la legge elettorale, dall’altra di forme di democrazia diretta. Il punto mi pare è la costruzione di un potere diffuso ed anonimo, che non mi pare si possa fare coincidere con una società meritocratica: è qualcosa di più complesso.
    Questi sono i temi che tu hai sollevato nel tuo commento, ma, anche a costo di apparire presuntuoso, il mio libro affronta molti altri temi che a me pare vivano di una propria autonoma vita, ma in un quadro di coerenza complessiva.
    Ti ringrazio del giudizio positivo che ne dai, ma ti vorrei consigliare vivamente di rileggerlo, magari con maggiore calma: se io leggessi un libro di 175 pagine, molto dense di contenuto, tutto di un fiato, sono certo che me ne sarei perso di cose contenute…

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  5. E' proprio questo il punto: il punto di partenza per una nuova ideologia. A me sembra che il punto di partenza tu l'abbia collocato troppo indietro nel tempo: si, è vero che noi apparteniamo al genere animale e come tali abbiamo istinti e tendenze che ci accomunano a loro, ma è anche vero che sono passati migliaia di anni di evoluzione per cui oggi noi siamo qualcosa di ben diverso.Sono d'accordissimo con te nel negare il dualismo corpo-anima, e non sono religiosa per cui non credo allo spirito, ma alla razionalità si, almeno potenziale. Penso che tutti siamo dotati di un'intelligenza che però deve trovare un terreno fertile e adeguato per potersi sviluppare. Il compito dell'educazione, secondo me è proprio questo.
    Detto questo, passiamo al punto di partenza che secondo me va collocato proprio in quello che tu rinneghi:l'illuminismo, con la sua triade di valori che oggi ingiustamente si tende a separare ma che, secondo me, vanno considerati inscindibilmente uniti.
    E' chiaro che il concetto di libertà non va inteso in senso assoluto, ma come un valore a cui tendere, e così gli altri due.
    Detto questo, anche se non è più di moda, leggendo il tuo libro io mi ponevo il problema della tua collocazione in ambito politico (destra- sinistra, non è vero che non ha più senso questa distinzione). Io ti vedrei collocato più a destra che a sinistra, cioè più conservatore che progressista, e questo per la tendenza all'individualismo e all'accentuazione delle differenze che pure ci sono tra gli esseri umani, certo che ci sono: nessuno di noi è uguale ad un altro.
    Per quanto riguarda il concetto di potere "anonimo", mi pare che già in Italia ci siano numerosi esempi.
    Naturalmente i temi che tu tratti sono innumerevoli e se dovessi enumerarli tutti, dovrei riscrivere un altro libro. Il concetto di famiglia per esempio: secondo me non è vero che implica una rinuncia alla parità delle opportunità( appunto si parla di parità, non di uguaglianza tra i sessi).
    Concludo dicendo che queste sono state le prime impressioni che ho ricevuto alla lettura del tuo libro e che comunque seguirò il tuo consiglio di rileggerlo.

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  6. pienamente d'accordo!Io infatti andrò!
    Lella

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  7. @kinnie51
    I tempi dell'evoluzione biologica son ben più lunghi. Il tempo storico, circa sei millenni al massimo, permettono di escludere una qualunque evoluzione in un lasso di tempo così breve, se paragonato al ritmo di riproduzione. Se invece parli di evoluzione culturale, quella purtroppo è proceduta in maniera disordinata nella storia dell'umanità. Io difatti credo che ci sia oggi un'involuzione culturale. Il punto è capire perchè tale involuzione si è verificata. La mia opinione è che essa è dovuta ai principi illuministici, o almeno nel modo in cui essi sono stati interpretati, che poi è ciò che realmente conta. Gli illuministi erano delle persone certo geniali e anche di buon senso, e non potremo mai esagerare nell’apprezzamento di quanto hanno fatto di bene per l’umanità. Chi non ha letto i loro scritti, sarebbe certo sorpreso di scoprire che il miscredente Voltaire riteneva una fortuna che la gente credesse all’inferno, e non peccasse per paura di finirvi dopo la morte. Essi, cioè, sapevano come non era possibile immaginare, quantomeno nel mondo in cui vivevano, che ci fosse una consapevolezza critica generalizzata dei propri diritti e dei propri doveri. Inoltre, le condizioni di vita erano davvero misere. Lo sviluppo tecnologico c’ha portato tanti vantaggi, e la stratificazione per nascita, fino ad arrivare allo stato di schiavitù, sono in gran parte state vinte.
    Quando io parlo quindi dell’illuminismo, ne parlo da uomo del ventunesimo secolo, che ha visto le conseguenze di uno sviluppo tecnologico ormai casuale perché asservito a pure logiche di profitto, che può tradursi nel rendere del tutto inospitale il nostro pianeta. Ne parlo anche nella versione estrema che ne abbiamo nella nostra società a partire dal sessantotto, con questa pretesa assurda di essere spontaneamente “giusti”, senza bisogno quindi di educarci. Ciò che io penso è che i principi dell’illuminismo siano stati espressi con la nettezza dovuta a quei tempi, ed oggi essi vanno profondamente emendati, non assunti nei termini di allora. Se vogliamo valorizzare il nostro aspetto più razionale, non possiamo nascondere sotto il tappeto la nostra emozionalità, ignorandola, e per questa via pensare di averla superata: essa sarebbe destinata a ripresentarsi per chiedere il conto.
    Tu mi collochi a destra, e io non me la prendo. Così però tu neghi appunto il punto che dicevo anche nel precedente commento, che la battaglia tra la destra, trincerata dietro i valori della libertà, e la sinistra, trincerata dietro i valori dell’uguaglianza, venga combattuta in nome di valori sostanzialmente vaghi e in definitiva inconcludenti, come mi pare la storia recente mostri. Ho dedicato anche un post alla questione della destra e della sinistra, ma non mi pare che i miei (pochi) lettori mostrino di avere dei criteri di discriminazione così univoci e chiari. Nel pensiero politico-filosofico recente, le teorie che si fronteggiano si dividono tra liberali e comunitariste. Le liberali pongono al centro della società l’individuo, quelle comunitariste al contrario pongono al centro la società nel suo complesso. Io sono un comunitarista nel senso più deciso, e questo potrebbe essere un nuovo modo di essere di sinistra.
    Mi fermo qui: come vedi, ne ho approfittato per meglio enucleare alcuni aspetti delle mie teorie. A presto!

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  8. @lella
    Grazie della visita: come vedi, sono stato un po' preso dalle considerazioni della prima lettrice che ha ritenuto di commentare sul mio blog.

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