Alla fine, spuntiamo sempre lì. Anche nel 2014, malgrado non sia di moda, nei fatti si ripropone la dicotomia tra patrimonio e rendita da una parte, e reddito da lavoro dall'altro.
Possiamo esprimerci nei termini più tecnici che vogliamo, possiamo parlare di monetarismo, opposto a Keynesianesimo, ma alla fine ciò che diciamo è sempre iscritto all'interno di questa dicotomia.
La Costituzione recita che la politica fiscale deve assolvere a un compito redistribuitivo, permettendo di rendere meno differenziata la distribuzione della ricchezza con strumenti fiscali. A questo scopo, l'IRPEF, l'imposta principale che si applica all'intero reddito annuale, ha aliquote progressive, in modo che il peso fiscale risulti più leggero per chi ha di meno e più pesante nei confronti dei redditi maggiori.
Poi, esistono altri strumenti, come ad esempio il sistema delle detrazioni. Tuttavia, bisogna aggiungere che i contributi assistenziali, i contributi previdenziali, l'IVA e tantissime altre aliquote sono uguali per tutti. Il quadro redistributivo può essere facilmente modellato non solo variando il profilo delle aliquote IRPEF, ma anche spostando gli introiti fiscali da un capitolo all'altro, per esempio il perseguimento dell'equilibrio dell'INPS, liberando la fiscalità generale dagli oneri corrispondenti, riduce la percentuale di redistribuzione...
Alla fine, però, all'interno del vasto settore del reddito da lavoro, una certa redistribuzione avviene, e tutto sommato non è neanche così piccola. Naturalmente, c'è chi vorrebbe che il reddito fosse calcolato per famiglia invece che per singolo contribuente, e come del resto è giusto che sia, la discussione è per sua natura interminabile e sarebbe vano ricercare la perfezione.
La cosa che piuttosto sorprende, di fronte all'ipercriticismo che si osserva sui reddti da lavoro, è il sostanziale silenzio che si osserva sui redditi da capitale, ma soprattutto sul capitale stesso, come se su questo settore la redistribuzione non dovesse operare.
Innazitutto, io trovo davvero scandaloso che i redditi da capitale vengano tassati ad aliquote fisse e basse in confronto a quanto applicato per i redditi da lavoro.
Io penso che non ci dovrebbe essere differenza. Il sistema da applicare sarebbe in effetti molto semplice. A tali redditi si applica l'aliquota IRPEF massima di default, in modo che sia chi vuole mantenere l'anonimato che chi magari risiedendo all'estero non ha obblighi fiscali verso l'Italia, paghi tale tassazione alla fonte. Gli intermediari finanziari dovrebbero cioè applicarla loro come sostituto d'imposta. In sede poi di dichiarazione annuale, chi vuole può denunciare tale reddito e richiedere la differenza tra l'aliquota massima già applicata e l'aliquota marginale che spetta a quello specifico contribuente. Perchè non si faccia, rimane per me un mistero.
Un sistema fiscale deve essere equo e semplice. Mi chiedo cosa ci sia di più equo e di più semplice del sommare tutti i tipi di reddito ed applicare poi le corrispondenti aliquote.
Questo tuttavia sarebbe solo un aspetto delll'intera faccenda. Rimane, il capitolo dei patrimoni in quanto tali, indipendentemente cioè dalla loro capacità effettiva di fornire reddito. Qui, la divaricazione tra patrimonio mobiliare ed immobiliare diventa massimo. Mentre una qualche forma di tassazione esiste per gli immobili, per quelli mobiliari non ne esiste alcuna. In verità, alle
proprietà immobiliari si applica una tassazione a sè stante che, indipendentemente
da quanto sia gravosa, ha l'indubbio svantaggio di essere uguale per
tutti, senza quindi considerazione del totale del reddito di quel
contribuente. La mia tesi è che anche per la tassazione del capitale, bisognerebbe applicare una forma di tassazione crescente al crescere dell'ammontare totale del patrimonio, proprio per seguire quanto recita la costituzione.
Tuttavia, non mi nascondo che tassare la ricchezza mobiliare in quanto tale ponga dei problemi formidabili. La prima è dovuta alla loro mobilità, in pochi secondi si può trasferire oggi vere fortune da un paese all'altro, e così i contribuenti di un certo peso sposterebebro i loro capitali dove non pagano, così che finirebbero per pagare solo i meno ricchi tra loro, quelli per cui il trasferimento sarebbe più difficoltoso se non del tutto svantaggioso. Anche nel caso che tutti i paesi applicassero una uguale disciplina fiscale, rimarrebbe l'alternativa di detenere denaro. Anche qui, si potrebbe fare qualcosa per scoprire questi tesoretti personali, ma mi rendo comunque conto delle difficoltà obiettive in questo campo (qualcuno potrebbe perfino ricorrere al materasso...).
Ma siamo poi certi che la tassazione di questa ricchezza mobiliare sia voluta? Non direi proprio, direi tutto l'opposto, che cioè i governi di tutto il mondo sembrano impegnati a tempo pieno nel sostenere l'operazione esattamente opposta, quella insomma di fare in modo che esse siano garantite esenti da qualsiasi costo, ma che anzi si moltiplichino in maniera esponenziale.
La ricchezza mobiliare è andata crescendo sensibilmente dall'inizio degli anni '90, e questo aumento si è trasformato in una vera e propria corsa dal '98, quando il nuovo quadro normativo dell'amministrazione Clinton negli USA ha consentito agli istituti di credito di muoversi in totale libertà. Oggi, siamo in presenza di una situazione assurda, perchè nei forzieri delle banche (in verità nei circuiti telematici bancari) ci sta qualcosa come 700 mila miliardi di dollari, un numero assurdamente elevato come si capisce confrontandolo col PIL mondiale che stenta ad arrivare ai 70 mila miliardi di dollari. In altre parole, per scambiare una quantità di merce corrispondente a questa ricchezza nominale, ci vogliono circa dieci anni di commercio mondiale.
Ebbene, il problema economico, il motivo della presente gravissima crisi economica sta tutta in questa ricchezza spropositata del tutto fasulla, e della proterva insistenza dei governi mondiali a volere garantirla mentre l'unica cosa saggia da fare sarebbe quella di distruggerla.
Il meccanismo più indolore sarebbe quello di lanciare una forte inflazione a livello mondiale, per cui, invece di dovere agire sul valore nominale dei titoli, si agirebbe sul valore del denaro, abbassandone il valore, nel senso della sua capacità di acquistare merce. Se il denaro vale meno, automaticamente i titoli espressi in quella valuta saranno svalutati. In altri termini, se non si può ridurre il valore del numeratore (ricchezza mobiliare nominale), si potrebbe agire sul denominatore corrispondente al PIL mondiale che in presenza di inflazione schizzerebbe verso l'alto. Così, si potrebbe gradualmente ridurre il numero di anni di PIL mondiali necessari a raggiungere il totale di titoli circolanti.
E' sostanzialmente ciò che fece Einaudi alla fine della guerra. Per potere restituire agevolmente l'importo dei titoli di stato emessi prima della guerra, che pesavano troppo sulle esauste casse statali, lanciò un'inflazione fortissima, che di fatto ridusse quei titoli a carta straccia. lo sbilancio statale così fu fatto pagare ai risparmiatori.
Tuttavia, questa via è assai complicata, perchè stavolta siamo in presenza di creditori scafatissimi come dicono a Napoli, le stesse banche globali che hanno creato questa situazione. Se si capisce che i governi vogliono lanciare una forte inflazione, costoro correranno a fare shopping, tenteranno cioè di liberarsi di questa cartaccia destinata al macero per acquistare merce. Insomma, l'inflazione diventerebbe immediatamente esplosiva, e salterebbe l'intera economia.
In conclusione, come dicevo all'inizio, siamo alle solite, i ricconi, che non sono tanto coloro che guadagnano di più, che sono soprattutto coloro che hanno tanto di più, e la loro esigenza di mantenere la loro ricchezza inalterata costituiscono il problema, siamo ostaggio di un numero molto limitato di signori la cui ingiustificabile avidità ci costringe in questa situazione assurda: possibile che non riusciamo a liberarci da queste catene, possibile che il rapporto numerico a noi così favorevole non si traduca in vittoria? Cosa manca ancora al risveglio dell'umanità?
La risposta alla tua domanda finale potrebbe essere:
RispondiEliminasvegliarsi e smettere di sognare di diventare come loro, e provando finalmente ad essere come si è: poveri, dignitosamente poveri.
Sì, questa è la risposta giusta, ma pensare di far convivere due stili di vita così opposti, io non credo che sia possibile, saremo sempre coinvolti per mille ed una ragione. Non ci possiamo esimere dall'impegnarci almeno perchè i governi smettano di darsi tanto da fare per salvarli.
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RispondiEliminaSpero di esserci per la presentazione del libro,visto che..gioco in casa.Sarà un piacere salutarti ed ascoltarti.Leggerò meglio il tuo post.A presto
RispondiEliminaSarà un piacere reciproco. In realtà non avevo la più pallida idea che tu abitassi da queste parti. A presto.
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