Qualche riflessione a proposito dell'attuale conclusione della vicenda giudiziaria di Berlusconi...
Al contrario di altri, non sono scandalizzato più di tanto dalla modestia della pena comminatagli. Non si tratta infatti di indignarsi, a me non piace questo abuso dell'indignazione (se pensate che addirittura in Spagna e poi anche qui da noi, un movimento si è attribuito questo nome), che mi pare funziona bene solo come premessa, poi, contraddicetemi se non siete d'accordo, dovrebbe seguire l'azione.
Credo che tutto questo abbia a che fare con la nuova concezione della politica come opinione, direi addirittura come stato mentale, e ciò a sua volta sembra derivare da un equivoco su cosa sia la democrazia. La democrazia è diventata nella testa di tanti quel sistema in cui basta infilare nell'urna una scheda di tanto in tanto, al più votare su Sky, o se si è proprio dei fanatici di politica, partecipare a cortei rigorosamente pacifici.
La verità sta all'opposto, che il voto assume significato solo se è il frutto di un ruolo politico attivo, che non si può dare preliminarmente nessuna limitazione. Se si accetta la limitazione, ad esempio della non violenza, come un vincolo assoluto invece che come sarebbe ovvio, un semplice auspicio, si è già declassata la politica che diventa così subordinata a un vincolo che la sovrasta.
Tornando alla vicenda Berlusconi, mi pare di dovere osservare che le visite a Napolitano ed il rapporto strettissimo e personalizzato con Renzi abbiano dato i loro frutti.
La cosa che però mi pare più interessante, è che vengono fuori i problemi interni al sistema giudiziario. Innanzitutto, mi pare indiscutibile che il tipo di pena comminata, la sua lievezza risultano palesemente inadeguati rispetto al reato che gli è stato ascritto. Ciò mi pare che finisca col dare ragione a FI che afferma la natura politica del trattamento subito da Berlusconi. In altre parole, quella discriminazione che FI riconosce nella sentenza, io la riconosco nell'attribuzione della pena. Anche se si tratta di discriminazioni di senso opposto, sempre di discriminazione si tratterebbe, e nulla vieta che entrambe le discriminazioni abbiano agito. Se una volta trattamento discriminatorio vi è stato, esso non ne esclude un secondo magari di segno opposto per compensare, come talvolta capita agli arbitri di calcio che, resisi conto di avere commesso un errore, stoltamente tentano di correggerlo compiendo un'ulteriore ingiustizia, seppure di segno opposto. Il punto centrale non è il segno della discriminazione, ma la sua eventuale occorrenza.
Una seconda riflessione mi suscitano questi fatti, e cioè la apparentemente intrinseca inefficienza del sistema giudizario, quelle che dall'esterno appaiono come ingiustificabili lungaggini. Mi chiedo come sia possible che gli effetti di una sentenza pronunciata nell'ormai lontano 31 luglio 2013 non abbiano ancora esperito i loro pieni effetti. Quale regola giuridica assurda implica che la specificazione della pena avvenga a distanza di nove mesi e mezzo, e la sua esecuzione pare sarà rinviata ancora per mesi.
Dobbiamo su questo essere chiari, un sistema giudiziario così non solo non funziona, ma è come se non esistesse neanche, è una macchina impazzita che segue istruzioni iniziali che le sono state date e la cui capacità di raggiungere certi scopi non è stata più verificata. Il sistema giudiziario in Italia esiste certamente, ci sono strutture edilizie, informatiche, personale, ma si potrebbe dare ad esso un qualsiasi altro nome, ad esempio "Sistema di costruzione di percorsi giudiziari senza termine" sarebbe del tutto pertinente.
Se noi perdiamo di vista il senso delle disposizioni legislative che lo stato si da', neghiamo la stessa natura sociale dello stato, lo stato diventa come un soggetto autonomo che non serve più a soddisfare determinate esigenze della collettività, ma che invece risulta finalizzato a mantenere dei suoi propri equilibri interni completamente staccati dall'insieme dei cittadini che a quello stato appartengono.
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