sabato 8 marzo 2014

LA VITA IN TEMPO DI PACE DI FRANCESCO PECORARO

PREMESSA.
Non sono il genere di persona interessato ai best sellers, ed in genere nutro un sospetto negativo sulle opere letterarie recenti. C'è chi ama i romanzi proprio perchè recenti, freschi di una totale contemporaneità. Ebbene, io sto dalla parte opposta, amo i classici ed anche consapevole della brevità della vita (soprattutto quando si è già raggiunta la mia età), so che devo amministrare bene le risorse anche da lettore, e i classici sono abbastanza numerosi (e magari anche meritevoli di letture ripetute) che ogni lettura di altro tipo comporta automaticamente una minore disponibilità di tempo per i miei amatissimi classici...

Leggo i classici naturalmente perchè mi piacciono, ma si dovrebbe anche spiegare in cosa consista questo piacere.
Il piacere per me sta nel riconoscere la capacità espressiva dello scrittore, nel leggere una frase davvero ben fatta, in qualche modo a partire dal riconoscere la propria incapacità di essere alla sua altezza. Questo confronto (dentro me stesso s'intende) con lo scrittore, è un aspetto essenziale nel mio atteggiamento di lettore, in quanto non riesco proprio ad andare avanti se avverto lo stimolo a correggere il testo che sto leggendo.
Tuttavia, il piacere non finisce qui, comprende anche la trama, l'essere avvinto da una storia, ma soprattuto è per me fondamentale come esperienza di vita, come contributo che l'autore mi dona, che dona alla mia vita espandendo la mia capacità di analisi della realtà.
Dostojevski rimane per me il più grande romanziere di tutti i tempi, il migliore, per la sua meravigliosa capacità di sapere coniugare la profondità delle sue riflessioni, la forma che queste assumono sulla carta, ma anche la trama che nel maestro russo è un elemento fondamentale, forse generalmente alquanto trascurato.
Per questo, esperienze importanti sono per me le letture delle opere di scrittori profondissimi come Proust, come Musil e tanti altri, ma la fatica in questi casi è maggiore perchè sostanzialmente manca la storia, si potrebbe perfino dire che si tratta di filosofia sotto differente forma.

Dopo questa lunghissima premessa, si capisce come sia stato eccezionale per un lettore come me dedicarmi di punto in bianco alla lettura di un romanzo recentissimo. Parlo di "La vita in tempo di pace" di Francesco Pecoraro, poeta ed autore di raccolte di racconti brevi, e con quest'opera per la prima volta romanziere.
L'ho fatto perchè mi era capitato di interloquire qualche volta con lui su "Nazione Indiana", quei rapidi scambi di opinione che pur nella loro brevità, ti consentono di riconoscere la mente brillante (eravamo sempre d'accordo...ehehhe). Un'eccezione quindi per me, questo accettare il rischio di sprecare il mio tempo con un'opera che non ha subito il processo di selezione che ha riguardato i classici, giustificato proprio da questa sensazione di frequentatore di blog.

Non mi sono sbagliato, questo è un grande romanzo, la lettura ha costituito per me un grande piacere, ho ritrovato grandi pensieri e grande capacità di esprimerli adeguatamente.
In verità, c'è un ulteriore elemento che mi ha coinvolto, ed è la mia età così prossima alla sua (anche se io sono un po' più giovane, sia chiaro, ehehe...). Il romanzo mi ha richiamato con vividezza certe immagini della fine degli anni cinquanta e dei primi anni sessanta come io stesso li ho vissuto. 
Si crea tra coetanei e connazionali quella comunanza di esperienze che anche nella lettura suscita questo sentimento di riconoscimento, almeno quando l'autore ha, oltre l'averle personalmente esperite, la capacità di parlare di specifiche circostanze e luoghi che hanno tuttavia un valore evocativo ben più ampio, che riguarda tutta un'epoca. 
Ed infine, e non è certo un elemento secondario, vi è tra me e l'autore una certa affinità di pensiero, probabilmente non così ampia, ma alcuni elementi decisivi di condivisione li ritrovo. 
Primo tra tutti, il giudizio concordante sul '68 non come un inizio, ma come la pietra tombale ad un periodo, e tanto per essere chiaro, tra un ante migliore, davvero positivo e promettente, e un post peggiore che ha decretato la fine di ogni forma di sinistra comunitaria, divenuta la caricatura di sè stessa attraverso lo sposare, attraverso la vena libertaria, tutti i nefasti principi liberali, una miscela assolutamente indigeribile che ha generato i mostri che ancora pretendono tanto di usare il termine sinistra da avere decretato la fine semantica del termine, sinistra come una parola senza senso alcuno. 
Fuori dall'ambito politico, la condivisione della passione per il mare, intesa in un senso radicale. Entrambi pensiamo al mare come un'esperienza totale, una full immersion, una frattura netta con la vita di ogni giorno, un rapporto molto intimo col sole e col mare in luoghi abbastanza remoti da consentire una drastica riduzione dei rapporti sociali. Tutto il contrario insomma dal modo convenzionale di considerare la vacanza a mare, come al contrario viene da tanti percepita come luogo privilegiato di socializzazione. 

La struttura del romanzo è anch'essa interessante, originale. Il tempo effettivo che viene descritto è brevissimo, riguarda l'arrivo all'aeroporto, l'attesa della partenza ed infine il viaggio in aereo del protagonista, tale Ivo Brandani, che funziona evidentemente come alter ego dell'autore (basti considerare la somiglianza d'età tra i due). L'autore tuttavia, separa i successivi capitoli che esplicitamente si riferiscono al tempo narrato, con capitoli fuori dall'ordine cronologico, che si riferiscono ad episodi e tempi passati del Brandani. Per un lettore come me, quelli che costituiscono il filo cronologico del romanzo, rimangono i più belli, i più stimolanti, perchè lì Pecoraro può dare libero sfogo alle sue riflessioni più compiute, con un certo carattere da consuntivo di vita. Gli altri capitoli mi sono sembrati godibili in misura differente, uno in particolare intitolato "Monsone" è stato l'unico capitolo che ho fatto fatica a finire e che in verità mi è sembrato aggiunto senza una reale motivazione interna al romanzo. Probabilmente, Pecoraro predilige i racconti brevi, e questi capitoli hanno tutti una loro completezza interna, tutti legati in fondo soltanto dal protagonista. Eppure, senza la gran parte di questi capitoli in qualche modo aggiuntivi, il romanzo sarebbe poca cosa. Essi cioè sono sì dotati di un loro grado di autonomia, ma risultano alla fine essenziali nella economia complessiva del romanzo. 

Insomma, ve ne consiglio vivamente la lettura, non è facile trovare dei libri contemporanei che ne abbiano la profondità e l'attrattiva della scrittura. Soprattutto, per certi elementi autobiografici, credo che i miei coetanei possano ritrovarsi, un elemento che come dicevo contribuisce a determinarne la godibilità. Buona lettura!

1 commento:

  1. Desideravo citare una almeno dlele riflessioni che pecoraro svolge nel suo romanzo attraverso il protagonista, proprio perchè mi ha offerto una prospettiva nuova per me, qualcosa a cui non avevo prima riflettuto.
    La riflessione di Brandani riguarda la dicotomia caos/ordine, che naturalmente qui riporto con le mie parole.
    L'uomo, la sua consapevolezza, la razionalità che la costituzione anatomica del cervello degli umani consente ed anzi detta, sarebbero un tentativo, difatti fallito, dell'essere di introdurre ordine nel reale.
    Se tutto viene dal big bang, da un'esplosione cosmica primordiale come atto di caos puro (in quanto sparpaglia attorno quanto era aggregato in uno spazio ristrettissimo (la localizzazione come elemento d'ordine), a cui segue la vita, ed all'interno del mondo vivente l'evoluzione delle specie, si potrebbe ritenere che gli umani, seppure biologicamente portatori di disordine (i viventi contribuiscono alla crescita dell'entropia totale per il fatto stesso che il loro organismo richiede una diminuzione di entropia interna a spese quindi di quella esterna), possano sopperire a ciò con la loro razionalità. Ebbene, l'individualismo consumistico a cui assistiamo a livello sociale può essere interpretata come l'inevitabile ritorno al caos, come un destino ciclico di quella parte dell'essere costituita da noi umani.

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