giovedì 13 marzo 2014

LA CAMPAGNA ELETTORALE PER LE EUROPEE E' GIA' INIZIATA

In effetti, Renzi come venditore è bravo. Egli, del resto, continua una tradizione ben consolidatasi nel passato ventennio tramite l'opera costante di Silvio Berlusconi, e quindi diciamo che il pubblico è già stato forgiato da precedenti di questo tipo.
L'operazione che ieri ha trovato un punto di snodo fondamentale con la conferenza stampa in cui è stato illustrato il programma governativo in materia economica, ha una sua capacità di successo mediatico...

Come è stato detto, ieri Renzi ha fatto partire la campagna elettorale per le europee, che sono per lui un passaggio critico. Il punto di forza di renzi è stato finora il consenso. Tutto gli è stato perdonato, le menzogne e i ritrattamenti più vergognosi, in nome del suo presunto consenso che in verità finora si è manifestato solo nelle primarie del PD. Andrebbe tuttavia ricordato che egli ha raccolto meno di due milioni di suffraggi che sono tanti in assoluto, ma pochi in relazione all'intero corpo elettorale italiano.
Insomma, il vero esame elettorale per Renzi non c'è ancora stato, e così le europee non costituiscono soltanto la periodica verifica del consenso dei vari leader coinvolti, ma nel suo caso si tratta di una specie di prova del fuoco, un test di valore fondamentale.
Così, Renzi non si può proprio permettere di fallire, e lo fa obiettivamente in elezioni molto difficili per la sua parte politica.
Innanzitutto, c'è un problema politico enorme, dovuto alla scelta di schieramento del PD a fianco senza tentennamenti dell'europa, con le ovvie implicazioni di rischiare di fare da parafulmine rispetto alle conseguenze del rigorismo europeo sulla contrazione dei redditi in Italia. L'intera area governativa sembra dare per scontato che obiettivi e ricette economiche dell'europa siano non solo opportune ma addirittura le uniche possibili, e ciò aldilà di ogni ragionevolezza, una scelta ideologica che un numero sempre crescente di cittadini mette invece in dubbio, seppure le paure su cosa potrebbe accadere con scelte differenti sembrano ancora dominanti.
Su queste tematiche, le forze di opposizione si schierano differentemente, andando dalle critiche ondivaghe di Forza Italia, al velleitarismo di prendersi l'Europa pretendendo di farne quello che piace a loro dell'area della lista Tsipras, con SEL protagonista (e codazzo di micropartiti al seguito), dalle idiozie inconcludenti del M5S che pretenderebbe di affidare le scelte a un percorso referendario, evidentemente ignorando la complessità di alcune scelte tecniche.
Infine, la Lega vuole uscire dall'euro, ma rimanere nell'unione europea, collocando l'Italia in una situazione simile al Regno Unito, che tuttavia non mi pare se la stia passando così bene (non si può scimmiottare gli USA senza esserlo, si potrebbe dire), e Fratelli d'italia sembra avere la posizione più drastica e coerente, chiedendo di uscire sia dall'euro che dall'unione europea. 
A livello mediatico, tralasciando per il momento le posizioni sostenute da piccole formazioni, la posizione inconcludente, ma critica di Forza Italia dovrebbe risultare più gradita di una  difesa ad oltranza di scelte europee che obiettivamente sono indifendibili, anche perchè ribadite costantemente, senza tenere completamente conto della realtà, in base quindi ad un punto di vista che pretende che le riforme che c'hanno portato al presente disastro economico, dovrebbero se portate a compimento miracolosamente darci non si sa cosa, visto che il problema del limite delle risorse naturali disponibili è ineludibile con qualsiasi regime economico.

Se questo problema più squisitamente politico è senza dubbio il principale, non bisogna tuttavia ignorare taluni aspetti più tecnici che potrebbero danneggiare l'esito elettorale del PD, quale il fatto che non si può sollevare l'argomento del voto utile, e le preferenze in circoscrizioni elettorali enormi che per mettono di spostare voti anche su formazioni minori, magari con l'inserimento di singoli personaggi di grande richiamo mediatico in liste altrimenti insignificanti. 

Si capisce pertanto la preoccupazione con cui Renzi guarda alle prossime scadenze elettorali di fine maggio.
Il disegno per affrontare adeguatamente questo scoglio pare abbastanza chiaro. Bisogna vendere il meglio possibile questo profilo decisionista che si è costruito, e che si capisce possa fare breccia su un elettorato sfinito dai bizantinismi ricattatori della politica italiana. 
Come è ovvio, ciò che conta non è prendere effettivamente decisioni velocemente ed irrevocabilmente, quanto piuttosto dare questa impressione: come dire, la stessa differenza che c'è tra la politica reale, e la politica spettacolo. 
Ieri, questo è apparso chiaramente. Nella stessa conferenza stampa, Renzi ha parlato di un decreto legge ieri già licenziato, e quindi operante da subito, di alcuni disegni di legge, che dovranno seguire la solita trafila parlamentare, e di alcune comunicazioni fatte da Renzi al CdM. 
Avendo messo assieme tante cose eterogenee tra loro nello stesso discorso, pronunciato nella stessa sede e nella stessa occasione, induce in chi ascolta un'ovvia confusione, finendo con l'assimilare i provvedimenti sul lavoro che hanno da subito efficacia, con quelli sulla riduzione dell'IRPEF che al contrario sono stati solo annunciati. 
Quando nei prossimi giorni si potranno vedere primi effetti sulla reintroduzione del precariato selvaggio nelle aziende, la gente sarà portata a credere che l'aumento in busta paga annunciato per maggio sia cosa fatta, mentre ancora non vi è traccia alcuna del provvedimento legislativo corrispondente. 
E d'altra parte, scegliere maggio come mese per l'applicazione iniziale del provvedimento è perfettamente funzionale all'esito elettorale collocato appunto alla fine di maggio. 
Ciò che più conta in definitiva in renzi è l'effetto annuncio. Non solo egli ha annunciato questa svolta sull'IRPEF, ma ha anche annunciato le riforme della pubblica amministrazione, quella costituzionale, quella sulla giustizia, insomma di tutto e di più e tutto velocemente da realizzare in un trimestre. La logica è chiara, una cosa detta lascia comunque traccia, e poco importa se viene poi smentita dai fatti, si potrà sempre trovare scuse più o meno credibili per giustificare ritardi e mancate realizzazioni, la traccia rimane lì indelebile (come del resto si dice delle calunnie, una volta pronunciate, non ci sarà smentita che li possa annullare, la memoria collettiva li ha registrate per sempre). 
Rimane sullo sfondo poi, il problema della copertura di queste uscite con corrispondenti riduzioni di spesa, che Renzi continua ad elencare genericamente senza specificare la varie voci in maniera quantitativa.

Eppure, anche un abilissimo venditore come lui un errore l'ha compiuto, questo insistere sulla novità della riforma elettorale, il primo prodotto che egli esibisde a prova del proprio decisionismo fattivo. 
Il fatto che egi insista così tanto sulla novità e sulla bontà della riforma, questo insomma volere strafare, questo giocarsi subito questa riforma in questa logica, rischia di danneggiarlo. 

Poichè è evidente a qualunque osservatore minimamente obiettivo che la riforma non innova rispetto al porcellum (la chiamiamo infatti porcellum 2.0), in quanto mantiene il potere di esprimere preferenze da parte del partito rispetto ai candidati che propone, in quanto mantiene la garnazia di maggioranze assolute per chi raggiunga la maggioranza relativa, questo suo difendrre, anzi sbandierare questo provvedimento come una sua splendida creatura, può risultare controproducente, accenttuandone le caratteristiche di inaffidabilità.

Nessun commento:

Posta un commento