venerdì 14 marzo 2014

SEGNALI DI MOVIMENTI E DI CONFLITTI ALL'INTERNO DEL MONDO FINANZIARIO OCCIDENTALE

Qualcosa pare che si stia muovendo all'interno degli equilibri dell'establishment finanziario mondiale.
Sappiamo che esiste all'interno dell'occidente una divisione di fatto tra la politica dominante, quella USA, abbracciata senza tentennamenti dall'UK, in una versione un po' differente dal Giappone e credo dal Canada (confesso che su questo paese so poco).
Dall'altra parte, sta il gruppo aggregatosi attorno alla Germania, sostanzialmente l'Unione Europea senza l'UK (che sembra sempre più orientata ad abbandonare del tutto la UE)...
L'elencazione dei paesi ha un suo valore informativo, anche se è sempre più chiaro che i più grossi capitalisti hanno deciso di liberarsi ormai del ruolo mediatore delle nazioni, di esercitare quindi il potere direttamente, senza dovere passare attraverso i governi nazionali. Quando si parla di globalizzazione, di fatto si parla proprio di questo passaggio, e per questo diventa sempre più importante la corrente sovranista. Una delle dicotomie di fondo dei nostri tempi è costituita proprio da quella globalismo/sovranismo. 
L'Unione europea che dall'interno appare come lo scardinamento, attraverso ad esempio la moneta unica, delle sovranità nazionali, costituisce in effetti su un piano più generale una delle difese più ferree alla cessione di tutto il potere dagli stati al capitale, proprio per un sentimento nazionale che nella maggior parte degli stati europei è ancora molto forte. Parlo di paesi come la Francia, come la Germania, come la Polonia, tanto per fare esempi molto significativi.
Ciò che rende l'Unione Europea particolarmente fragile, è proprio la duplice spinta a privilegiare al suo interno le singole nazioni, mentre dall'esterno preme il globalismo che rende troppo angusti non solo i confini nazionali, ma anche quello comunitari europei.
I partiti che in tutta Europa fanno riferimento alla lista Tsipras, non solo sbagliano a non schierarsi contro l'euro, si potrebbe ancora credere che se ne potrebbero prima o poi convincere e convergere sulla posizione antieuro, ma commettono un errore ben più grave, perchè hanno deciso di chiudere gli occhi davanti allo spirito nazionale, se non apertamente nazionalistico, che è quanto mai attule nella UE.
Si fa presto a richiamare l'ispirazione di destra dei maggiori oppositori alla moneta unica nella UE, ma così si finisce col chiudere gli occhi di fronte alla realtà di una UE in cui manca un sincero spirito europeo. Questo spirito europeo ha tra i suoi presupposti la capacità di prevalere sullo spirito nazionale, ma quando la Merkel dice che non si capisce perchè il lavoratore tedesco dovrebbe pagare per i debiti del lavoratore greco, sta proprio enunciando potremmo dire solennemente che l'europa non esiste, è una finzione dove ognuno opera a vantaggio del capitalismo di casa sua senza curarsi nel frattempo di distruggere le istituzioni democratiche delle singole nazioni che aderiscono alla UE.
I grossi capitalisti globali che hanno causato la crisi in cui ci ritroviamo a partire dal 2008 hanno dovuto trovare una qualche forma di convivenza con i "capricci tedeschi". e del resto la Germania è venuta a patti col capitalismo globale. Questo rapproto quindi si pone come un accordo di non belligeranza, ma dev'essere chiaro che i due partiti separati esistono, che quello spirito nazionale che prima richiamavo non è scomparso, permane ed influenza gli atti concreti della politica economica del  vecchio continente. 
Nel frattempo, la crisi globale si mantiene più o meno allo stesso livello, malgrado alcuni segnali di aumento del PIL in area USA ed in Giappone. Si tratat in tutta evidenza di risultati drogati da politiche economiche fortemente espansive che non possono diventare permanenti, e già il quantitative easing (QE), cioè l'immissione di liquidità aggiuntiva da parte della FED è stata già fortemente rallentata, nella speranza che quel poco di ripresa che si era manifestata sia in grado di autoalimentarsi.
C'è però un altro elemento di novità a livello di variabili macroeconomiche globali, si tratta del rallentamento nel ritmo di crescita dei paesi emergenti. Quei paesi che durante questa crisi epocale hanno mantenuto alta la produzione mondiale, i cosiddetti paesi BRICS, stanno vistosamente rallentando, alcuni addirittura regredendo. La Cina che rimane il motore principale mondiale nella produzione manifatturiera, e che più e meglio aveva resistito al rischio di rallentamento, sembra proprio ultimamente avere ceduto. 
Se ora mettiamo assieme le ricadute di quanto sta avvenendo nei paesi BRICS, aggiungendoci la crisi in Ucraina, che gli USA sembrano volere combattere con strumenti economici (l'embargo alla russia), il cerchio si va stringendo, la crisi invece che andare verso una sua risoluzione, rischia al contrario di aggravarsi. 
In queste condizioni, mi pare di vedere dei segnali di crescente scontro tra queste due frazioni dell'establishment finanziario occidentale. 
Lo vedo soprattutto dal discorso di Draghi di ieri, che sorprendentemente attacca l'Italia, e quindi Renzi che ne è il premier pro tempore, mentre sembra che la stampa finanziaria internazionale, controllata totalmente dal sistema bancario globale, abbia manifestato apprezzamento per le dichiarazioni di Renzi. Del resto, non può essere un caso se Marchionne, in genere abbastanza restio ad esporsi pubblicamente sulla politica italiana, abbia così entusiasticamente appoggiato l'azione di Renzi. 
Quindi, Draghi, che per molto tempo è sembrato occupare con una certa abilità una posizione di compromesso tra USA ed UE, ha ritenuto di doversi schierare più chiaramente, andando a sposare le posizioni più monetariste della merkel e della commissione europea (dove siede un Rehn che io sono sempre più convinto sia un emerito idiota). Del resto, anche Napolitano ha dato un forte segnale di volersi distanziare dagli USA quando ha sposato senza esitazioni l'ipotesi della costituzione di un organo di cosnultazione sulla Ucraina che la Merkel aveva proposto.
L'ipotesi quindi che l'operazione Renzi sia partita dagli USA, sembra prendere sempre più corpo e consistenza, e Friedman sembra avere svolto un ruolo ben più importante di quanto si pensasse. 

Gli sviluppi della situazione sono ovviamente incerti, anche proprio per il costituirsi in maniera così organizzata di due schieramenti (a nessuno insomma è più concessa alcuna posizione terzista), e solo i prossimi mesi ci potranno dare indicazioni su come la cosa procederà. In ogni caso, vi è un elemento di dinamismo che non va sottovalutato.

Ciò che mi sembra importante osservare è che sempre più lo sbandierare posizioni antieuro, seppure doveroso, appare insufficiente. 
Da una parte, non si capisce come la UE potrebbe reggere l'effetto dello smantellamento della moneta unica. le cose sono andate troppo avanti perchè oggi si possa semplicemente dire che si è sbagliato, scusate e ricominciamo come prima. I risentimenti saranno sempre fortissimi, ma soprattutto nel quadro internazionale mondiale, le scelte diventano tutte più drastiche, o stai da una parte o stai da un'altra, non è che puoi scegliere da te cosa fare, le cose non funzionano così. Basterebbe considerare il caso della UK, sempre rimasta fuori dall'euro, ed oggi pronta ad uscire dalla UE. Quindi, la posizone antieuro non può quanto meno prendere in considerazione l'ipotesi dell'uscita dalla UE.
D'altra parte, bisogna considerare cosa succede uscendo dalla UE. Oggi più che mai questo rischia di avvenire sotto l'ombrello protettore e con un attivo ruolo di incoraggiamento da parte dell'establishment finanziario globale che non tollera più gli ostacoli tedeschi all'aumento della liquidità (come un drogato a cui neghi la dose quotidiana). 

Così, tutti coloro che si dichiarano contro l'euro, devono contestualmente dire se il loro obiettivo è diventare un paese a misura USA o se invece intendono proteggere la ritrovata sovranità da ingerenze esterne, per salvarci dal globalismo mediante tutte quelle misure al controllo dei movimenti di capitale e delle merci che saranno necessarie.

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