mercoledì 2 ottobre 2013

COSA PENSA MIELI (O NAPOLITANO?)

Ho appena sentito Paolo Mieli, il cui punto di vista, come noto, chissà perchè sembra coincidere con quello di Napolitano. Ora ho capito, Napolitano ha lavorato per marginalizzare il M5S ed anche Renzi, come parte del PD che rischia di non controllare. Berlusconi che nel disegno originale faceva parte dell'accordo, visto che ha fatto il monello, viene a sua volta marginalizzato. Mieli, ma anche Sorgi, gente che parla sulla base di informazioni, non come semplice opinione, escludono entrambi che si costituiscano gruppi parlamentari separati, e dobbiamo credere loro. E la cosa così diviene chiara e davvero abile. 
Napolitano tenta di tirarsi nella maggioranza l'intero PDL, seppure sotto la leadership ben più morbida di Alfano, e contemporaneamente il PD viene ricompattato sotto la leadership di Letta che tanti (in testa la Finocchiaro) pretendono ne esca come vincitore,e quindi che Renzi pazienti fino alla prossima legislatura. Geniale, lo ammetto, anche se tremendo. Tuttavia, è un giochino molto rischioso, visto che già Cicchitto sembra procedere per la sua strada, e non credo proprio che Renzi morderà il freno aspettando che Letta faccia il suo comodo.

3 commenti:

  1. Mi trovo perfettamente d'accordo con te. Anche se a me, per la verità, appaiono più come scheggie impazzite che cercano di stabilizzarsi per l'eterno gioco del non perdere la cadrega. D'altra parte, ritengo che Berlusconi, oltre ad essere un perfetto machiavelli stile arcoriano, abbia provato sia una grande paura di sconfitta elettorale, dimostrando la sua sprezzante mancanza di rispetto verso i suoi servi sia una grande eccitazione nel voler ancora una volta spiazzare tutti con i suoi coup de téathre, Alla fine, ciò che è venuto fuori è il nulla della loro pseudo-politica per il paese, in perfetto accordo con le direttive eurocentriche alle quali obbedire, se no salta il banco. Da parte del popolino ebet, nulla di più che un lontano fastidio di mosca.

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    1. Non so se hai sentito Quagliarello, che è vicinissimo a Napolitano. Se egli dice che non esce dal PDL, ciò può significare soltanto che Napolitano non si contenta di ridimensionare Berlusconi, ma che gli vuole sfilare l'intero (o quasi) PDL dalle mani. Alfano e Quagliarello restano nel PDL perchè Napolitano, e non certo Berlusconi, li ha convinti.
      Non è detto che il gioco riesca, ma ha una sua plausibilità seppure sia certo rischioso. Il ragionamento sarebbe che Alfano non ha bisogno della maggioranza del partito per comandare, perchè con i suoi fedelissimi rende il voto del resto del PDL superfluo, ininfluente.
      Tuttavia, la maggiornaza del partito conterà pure qualcosa, non è che un gruppo di parlamentari possono fare ciò che Napolitano comanda senza tenere conto delle decisioni eventualmente assunte dalla maggioranza del PDL.
      Con questa mossa, si rende evidentemente più difficile per Renzi sfiudciare Letta, m anche qui, non mancheranno certo occasioni più o meno giustificate per criticare il governo fino a chiederne il superamento.
      D'altra parte, difendere la cadrega non è certo in conflitto con l'obbedire al potente di turno, anzi è un modo di garantirsela.

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    2. Il confine sottile che separa queste due identità "partitiche" è molto più pragmatico che ideologico, anche si i "vincenti", vedi Lupi, si affannano a ripetere che in fondo è l'Italia tutta ad avere vinto. Napolitano, pace all'anima sua, è un vecchiardo al quale prima o dopo l'età porrà un freno inibitorio delle sue facoltà mentali. Ma c'è sempre l'opzione delle premesse alle quali hanno giurato i signori delle larghe intese: riforma della legge elettorale in primis e nuova presidenza della repubblica poi. Su questo primo nodo si può attaccarli, anche se non mu pare che le opposizioni abbiano la forza per farlo. Forse il cartello che sostiene Renzi potrebbe creare qualche diversivo. Ma la palla resta in stallo finché il popolo pensante non deciderà di muoversi e di smuoverli.

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