mercoledì 23 ottobre 2013

A PROPOSITO DI PANZANE PRESUNTE E DI PANZANE REALI

Mi dispiace per re Giorgio, ma non basta la sua accusa perchè certe ipotesi giornalistiche diventino automaticamente panzane. 
Caro Presidente, le piaccia o no, noi viviamo ormai in un clima di menzogne, tutti i fragili equilibri su cui poggia l'attuale quadro politico poggiano su un non detto, su una qualche forma di misterioso movimento dietro le quinte senza cui tutto ciò che sta avvenendo perde di senso. 
La data di inizio di questa fase particolarmente opaca della vita politica italiana data dal giorno in cui ben 101 grandi elettori del PD hanno impallinato Prodi. Questo è davvero l'episodio chiave, lo spartiacque che ha cambiato in maniera radicale gli equilibri politici. 
In sostanza, come si è pervenuti alla conferma di Napolitano al quirinale per un secondo mandato in maniera irrituale, visto che non v'è nella storia della repubblica nessun caso di doppio mandato presidenziale?...
Il primo passagggio è stata la bocciatura di Marini, che tuttavia non mi pare possa essere considerato un episodio opaco. Al contrario, l'opposizione a questo nome non  è stata minimamente nascosta, quella parte del PD che non l'ha votato l'ha dichiarato e motivato in maniera mi pare coerente e convincente con la mancanza di una procedura di designazione democratica all'interno del partito. Visto che questo nome era spuntato fuori dal cilindro di un accordo semiclandestino tra Pd e PDL, non vedo perchè mai i grandi elettori del PD avrebbero dovuto considerarsi vincolati a sostenere tale candidatura. 
Tutto nasce da lì. Napolitano non voleva essere riconfermato, visto che fino all'ultimo ha dichiarato che una sua rielezione sarebbe stata ridicola. Perchè mai avrebbe dovuto sbilanciarsi così tanto se davvero non fosse stato convinto di volere terminare il suo mandato presidenziale? 
L'ipotesi che si può fare è che l'opzione grandi intese fosse già stata scelta da chi conta, e certo Napolitano doveva essere uno degli elementi forti della partita, data la sua grande influenza ed autorità. Tale ipotesi richiedeva la presenza di un presidente che fosse già coinvolto in tale accordo, ed ecco che si era puntato sul nome di Marini. 
Il pronto rifiuto di tanti piddini ad assecondare un disegno preso sulle loro teste, ha messo in grave agitazione il gruppo promotore delle grandi intese, e l'agitazione è vieppiù cresciuta man mano che le successive elezioni mostravano gravi divisioni all'interno del PD. Bersani in qualche misura, malgrado il suo ruolo di segretario del PD, veniva tenuto fuori da questi conciliaboli, e ciò sembra ragionevole se si suppone che D'Alema invece era presumibilmente uno dei protagonisti di questi accordi, visto il dissenso che si andava in quei mesi manifestando tra i due, malgrado i loro trascorsi in comune, malgrado sicuramente D'Alema aveva a suo tempo svolto un ruolo chiave nella stessa ipotesi di candidatura di Bersani alla segreteria. 
La questione Bersani rimane un pezzo fondamentale del "mistero" della vita politica italiana degli ultimi mesi, ed è un peccato che egli, malgrado sia stato evidentemetne sacrificato sull'altare di questo accordo delle grandi intese, non dia un contributo che potrebbe essere fondamentale, alla ricostruzione degli eventi. 
Bersani è sostanzialmente una persona onesta, un pragmatico, uno che vuole fare, non ha la stoffa del politico inteso come lo intendiamo nel nostro paese, uno in grado di sviluppare finissime trame nell'ombra determinando così i delicatissimi equilibri da cui viene fuori una specifica maggioranza, in fondo se anche non può essersi sottratto del tutto a simili pratiche, il suo fine rimane non l'equilibrio di potere in sè, ma i fatti da attuare. Il suo essere tenuto fuori, paradossalmente perchè la sua carica avrebbe dovuto attribuirgli ben altro ruolo nella vicenda, dal cuore della trama può essere spiegato proprio con questa sua inerente disomogeneità rispetto ai politicanti nostrani. 
Fatto sta che, probabilmente allo scopo di forzare la situazione, egli sia andato a fare consacrare la candidatura di prodi nella sede propria per definire tale candidatura. La cosa coglie di sorpresa i sostenitori delle grandi intese che in quella sede fanno finta di assecondare tale candidatura. Ancora un candidato alternativo non  l'hanno, stanno ancora cercando di definirlo ma incontrano grandissime difficoltà, ma in tale frangente la cosa più urgente è impedire l'elezione di prodi, uno che le grandi intese non potrebbe mai assecondarle. 
Nel segreto dell'urna, come si sa, ben 101 grandi elettori tutti sicuramente del PD, impallinano Prodi, e la gravità di questo episodio non può essere nascosta. Un osservatore esterno non può fare a meno di chiedersi come sia possibile non che uno sparuto numero di elettori ma un numero enorme, il 10% dell'intero corpo elettorale, abbia tramato in maniera così scoperta contro Prodi e Bersani, avendo ufficialmente approvato tale candidatura e rifiutata solo poche ore dopo nel segreto. 
Qui, i fatti di coscienza non c'entrano per niente, qui è evidente l'esistenza di un centro di potere occulto che può contare non solo sulla complicità di tanti parlamentari, ma perfino sul loro silenzio tombale, non uno dei 101 che abbia detto una singola parola in proposito. 
Il risultato di questa clamorosa bocciatura a tradimento di Prodi, piaccia o non piaccia ai suoi sostenitori, è stata la rielezione di Napolitano che nel frattempo, anch'egli lontano dalla ribalta, aveva cambiato opinione ed ora era prontissimo ad accettare la propria rielezione. 
Qui, Presidente, c'è il suo coinvolgimento oggettivo nella sporca vicenda. Non si hanno elementi che possano indicare un suo personale coinvolgimento nel tessere la trama, ma che la sua rielezione sia avvenuta a seguito di una trama opaca, questo nessuno lo potrebbe mai negare. Se i 101 non avessero votato in maniera difforme da come si erano pronunciati nella riunione, al suo posto al Qurinale si troverebbe Prodi. Qui, v'è stata una vera e propria organizzazione di persone formalmente iscritti e dirigenti del PD, che hanno costituito un vasto e potente raggruppamento che si considerava autonomo dal PD e dalle risoluzioni ufficiali. 
Purtroppo, gli eventi che sono seguiti a partire da quella data, convergono con l'indicare che la sua rielezione non rappresenta semplicemente la conferma di una particolare stima che il parlamento le riserva, ma soprattutto rappresenta invece il coronamento dell'ipotesi delle grandi intese, impresa a cui lei non dimentica quasi ogni giorno di dedicare la sua cura e direzione, impresa su cui quindi lei ha deciso di svolgere un ruolo da protagonista, mostrando che se anche, come voglio credere, lei non sia direttamente coinvolto nella costruzione dei singoli passaggi che hanno portato alla sua candidatura, difatti c'è un gruppo che ha agito consapevolmente proprio per ottenere quegli obiettivi stessi che lei una volta rieletto ha deciso senza tentennamento alcuno di portare avanti in prima persona, senza neanche porsi il dubbio se la sua posizione istituzionale sia la più adatta a svolgere un ruolo politico così esplicito e diretto. 
Riassumendo le vicende dell'elezione, lei presidente, ha usufruito di trame da parte di un gruppo che porta avanti gli identici obiettivi che porta avanti lei, senza peraltro che lei abbia mai speso una singola parola contro le sporche procedure che l'hanno oggettivamente favorito, col risultato che in una situazione così opaca, lei contribuisce a non contrastare se non addirittura ad aumentare tale opacità. 

Questo peccato originale che sta alla base della sua rielezione non può essere semplicemente rimosso, finchè almeno uno dei 101 non deciderà di spiegarci in maniera convincente cosa sia accaduto in quei momenti, qualsiasi persona raziocinante avrà il dovere prima ancora che il diritto di ipotizzare che interessi inconfessabili (visto che non vengono confessati...) siano in qualche modo collegati alla sue rielezione. 
E torniamo così alle grandi intese, a questa strategia imposta alla politica italiana anche a costo di fare vittime illustri, prima tra tutte lo stesso Bersani, ma quel che più conta, senza tenere conto che si governa a favore dell'intera nazione e dei suoi cittadini. 
A questo proposito, sfatiamo uno dei mille luoghi comuni della nostra politichetta. Affermare che si è andati a costituire un governo delle grandi intese perchè non vi era alcuna possibile ipotesi alternativa, appare del tutto immotivata. Perchè oggi si possa affermare ciò, il Presidente Napolitano avrebbe dovuto dare a Bersani la possibilità di chiedere la fiducia in parlamento, visto che questi era disposto ad esperire questo tentativo. Qualcuno potrebbe maliziosamente affermare che Napolitano non l'ha concessa, proprio perchè temesse che essa potesse avere esito positivo. Del resto, davvero non si capisce quale altra controindicazione avrebbe avuto il condurre fino in fondo tale opzione. 
L'ipotesi delle grandi intese e la stessa premiership di Enrico Letta risultano oggi non l'esito forzato di una situazione politica senza sbocchi alternativi, ma al contrario una strategia abilmente messa a punto e perseguita ad ogni costo, evitando ogni potenziale opzione alternativa, con finalità ampie quali addirittura la stessa riscrittura di ampie parti della nostra costituzione. 
Come si può allora credere alla favola che tale governo sia stato formato come soluzione estrema e subita? 
Non solo questa tesi risulta fantasiosa, ma ci sono elementi ulteriori che fanno pensare che da qualche parte sia stato stilato una specie di protocollo d'intesa, che quindi si tratti proprio di una scelta di portata generale. 
Questo richiamo continuo ad accordi non pubblici fatto da tanti membri autorevoli del PDL può naturalmente avere natura strumentale, ma quando poi i diritti rivendicati in suo nome vengono ottenuti, la tesi di accordi segreti acquista inevitabilmente verosimiglianza. 
Valga per tutti la vicenda dell'IMU. Per settimane, il PDL insisteva nel dire che l'IMU sulla prima casa andava cancellata perchè faceva parte degli accordi di governo, finchè tale cancellazione non è stata poi conseguita. Ora, un comune cittadino si chiede a quali accordi il PDL si riferisse, visto che nel discorso di insediamento di Letta, il riferimento era molto sfumato e non specificava la natura dell'intervento. Il PDL però è andato avanti per settimane insistendo su questo punto, e mai Letta o chi per lui che chiedesse al PDL a quale accordo essi facessero riferimento. Sì, Epifani dichiarò che non v'era alcun accordo, ma questo negare, di fronte all'insistenza dell'interlocutore, appare evidentemente come inadeguato. Epifani, Letta e chi altri volete voi avrebbe dovuto chiedere al PDL di specificare a cosa essi si riferissero, costringendoli così o a tacere o a chiarire. Poichè si tratta di considerazioni perfino ovvie, e nessuno di noi pensa che l'intero PD sia fatto di mentecatti, è lecito supporre che essi fossero così generici nel rintuzzare le tesi avversarie per non far venire fuori qualcosa che doveva rimanere nascosto. Fatto sta che il PDL su questo punto la spuntò. 
Analogamente, sull'interdizione di Berlusconi da senatore, si dice che la tesi di accordi segreti è una panzana, ma rimane il fatto che a distanze di svariati mesi dalla sentenza della cassazione, malgrado dichiarazioni ferme dei protagonisti, ancoa il senato stenta a pronunciarsi. 
Ultima puntata di queste vicende, ottomezzo di ieri dove due direttori di giornali se le sono dette di santa ragione.
Da una parte Padellaro che stigmatizzava l'intervento di ieri di Napolitano che apparentemente dimenticava come una figura istituzionale come la sua dovrebbe astenersi dall'attaccare così frontalmente la stampa, dall'altra menichini che lo difendeva a spada tratta. Ora questo Menichini è diventato davvero un  personaggio imbarazzante. Egli è direttore di un quotidiano fantasma, Europa, un secondo quotidiano di area PD, completamente finanziato da noi contribuenti, dal momento che le copie che vende sono davvero pochissime. Vogliamo smettere di finanziare questi giornali fantasma? A quando uno sdegnato monito di Napolitano per questo spreco di risorse pubbliche? Il rischio opposto è quello di credere che i nostri governanti facciano un uso privato dei soldi pubblici, finanziando simili personaggi, dei veri e propri parassiti, il cui mestiere non è quello di fare i giornalisti, ma di difendere a tutti i costi proprio quei governanti che li finanziano.
Ma tornando a Padellaro ed al suo giornale, costoro dovrebbero chiarirsi le idee tra loro stessi. L'impressione che deriva come episodio più recente da ciò che Travaglio ha detto nell'ultima puntata di "Servizio pubblico", è che essi facciano una vera e propria guerra a Berlusconi (tranne quando ce l'hanno davanti se qualcuno ricorda la famosa puntata prima delle elezioni), mentre ieri Padellaro sembrava occuparsi prevalentemente dell'esistenza di ipotetici accordi che potessero coinvolgere lo stesso Napolitano. Ora, qui si tratta di due cose totalmente differenti. Li preoccupa così tanto la sorte personale di Berlusconi o la prassi della politica italiana? Non si tratta di due cose assimilabili tra loro. Infatti, cosa c'entrano le preferenze sessuali della pascale con la moralità della prassi politica? Se uno pensa di combattere Berlusconi su questo terreno, secondo me, sbaglia e gli fa un favore, ma comunque si capisce l'attinenza, ma se invece un giornale pone come obiettivo la trasparenza dei comportamenti politici, allora farebbe bene a dissociarsi dall'osservazione delle camere da letto.

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