martedì 26 febbraio 2013

I TERMINI DELLA LOTTA PER L'EGEMONIA POLITICA OGGI



Dei risultati elettorali dovrò parlare ancora tanto, ci sono tanti specifici aspetti da analizzare, e già ieri sera ho scritto un primo breve commento.

Oggi, voglio però dedicare questo articolo a quello che mi pare l’aspetto di fondo, di vera rivoluzione nei comportamenti elettorali che queste votazioni appena conclusesi ci consegnano...


La chiave di lettura che io adotto è quella che riguarda la dicotomia sinistra/destra che ha dominato la politica europea sin dalla rivoluzione francese, cioè per un periodo così lungo da superare i due secoli, e a cui avevo già dedicato recentemente un breve scritto su questo stesso blog. Ciò che io sostengo è che non un più o meno famoso politologo, ma la gente nella sua maggioranza, ha deciso ormai senza tentennamenti di abbandonare questa dicotomia come criterio fondamentale per la classificazione delle politiche e per orientarsi nelle proprie scelte elettorali.

Certamente, per coloro che sono nati fino agli anni settanta, abbandonare un simile fondamentale criterio di distinzione non è una operazione agevole, e difatti non sostengo certo che tutti gli elettori abbiano davvero cambiato così radicalmente il proprio punto di vista di colpo. Dico piuttosto che, a partire da una certa generazione, questa dicotomia tende a perdere sempre più peso e significato. Insomma, penso che le nuove generazioni diano sempre meno importanza a questa categoria politica storica. Non è che di tutto questo ne debbano avere piena consapevolezza, è più un modo di sentire, di considerare gli eventi e la realtà, ma essi non credono che la storica distinzione tra una destra custode della tradizione e che difende gli interessi dei ricchi e degli imprenditori da una parte, e una sinistra che vuole innovare tutto a partire dai costumi, e dalla difesa dei ceti deboli, abbia oggi un senso.

Ricordo perfettamente cosa pensavo negli anni settanta, pur essendo acculturato, pur facendo cioè parte di quella fetta di popolazione che aveva più dimestichezza con le letture, pur essendo un regolare lettore di almeno due quotidiani, ebbene per me era ovvio che da una parte ci stavano i capitalisti ed i loro servi, e dall’altra i socialisti, i difensori delle classi deboli. Lasciatemi dire che il mondo appariva (non che lo fosse, eh, intendiamoci) molto semplice e di facile lettura. Non che non ci fossero chiare le varie sfumature che i vari socialismi manifestavano portando a molteplici divisioni interne alla sinistra, ma l’appartenenza di taluni alla sinistra o alla destra era una cosa facile da stabilire, non v’era margine per incertezze.

Dagli anni ottanta, è cambiato tutto, i liberali più destrorsi si sono alzati ed hanno rivendicato la bontà delle loro idee, mettendo rapidamente alle corde la socialdemocrazia che così tanto aveva dominato in Europa. Sono stati gli anni novanta a mostrare questa indistinguibilità tra i due schieramenti che ancora un decennio prima erano così ben distinti e contrapposti, ma ancora i socialdemocratici potevano chiamarsi così ed essere riconosciuti ancora come “i nostri” da parte della gente che fino ad allora era tenacemente schierata a destra. Oggi, quando proprio i partiti che ancora si ostinano a chiamarsi socialdemocratici e a pretendere di stare su un versante sinistro ed opposto rispetto a partiti a cui assomigliano come gocce, quando si fanno sostenitori di politiche economiche che pesano proprio sui ceti più deboli, questa distinzione viene percepita sempre più come falsa, come un modo alquanto truffaldino di sfruttare una rendita di fiducia ereditata dai propri antenati politici, che non ha più alcun riscontro nella politica di ogni giorno.

Nel corso di questi ultimi decenni da una parte matura una trasformazione di almeno una parte politica che dal punto di vista delle sue tesi economiche non possiamo che considerare di destra, che abbandona le proprie posizioni di difesa delle tradizioni e che dal punto di vista del costume sposa il nuovismo più assoluto ed acritico, dall’altra i criteri di compatibilità economica divengono senso comune, ma direi anzi dogma, fede comune da tutti condivisa, segnatamente da una sinistra che si ostina a definirsi ancora così.

Quindi riassumendo, i due criteri di distinzione all’interno della dicotomia destra/sinistra, l’uno costituito da una differente difesa delle tradizioni nel campo dei costumi sociali, l’altro da una differente visione della politica economica in particolare riguardo alla distribuzione delle risorse, tendono a sparire, nei fatti le posizioni politiche all’interno del parlamento divengono sempre meno distinguibili.

Inoltre, sorgono altre tematiche politiche che tendono a diventare sempre rilevanti, potrei citare i temi ambientali, per fare un esempio molto significativo. Il sorgere di questi nuovi temi mette nei fatti alle corde il marxismo che si trova spiazzato, costretto a volte a schierarsi con l’odiato nemico capitalista contro posizioni sprezzatamene definite pauperiste. La crisi della dicotomia destra/sinistra implica così una crisi dello stesso marxismo e della sua capacità di presa sulla società, particolarmente nelle fasce più giovani della popolazione. Non è un caso che in queste elezioni l’insuccesso della sinistra riguarda non soltanto quella parte che si è più compromessa con la destra, ma anche quella (rappresentata a vario titolo in Rivoluzione Civile) che si è invece opposta nella maniera più ferma e coerente.

Si manifesta così in maniera sempre più palese una lotta per l’egemonia, per spostare dove fa più comodo l’asse politico, nel definire quindi altri tipi di dicotomie, cosa tentata senza successo da Monti, ed invece con grande successo da Grillo. Il M5S trionfa perché cede di schianto la dicotomia destra/sinistra per motivi che ho tentato prima di tratteggiare, ma a cui mancava l’ultimo e decisivo tassello, quello che richiamavo nel precedente post, la sciagurata decisione di Napolitano di mettere assieme in nome dell’emergenza quelli che fino al giorno prima costituivano i due corni del dilemma, gli opposti schieramenti di una politica che si pretendeva bipolare. In questo modo, non solo Napolitano concede a Berlusconi quei quindici mesi di ossigeno che gli consentono di gareggiare pari a pari col centrosinistra, ma distrugge ogni parvenza residua di distinzione tra destra e sinistra, il re è finalmente nudo per tutti, la politica diventa uno strano mondo a sé costituito da un manipolo di farabutti dediti a sprechi e privilegi di ogni genere a nostre spese che fanno finta di bisticciare tra loro, ma che al momento opportuno corrono a soccorrersi l’un l’altro condividendo ogni genere di provvedimento legislativo. Con quell’atto, si è definitivamente affossato ogni criterio di classificazione che fosse basato su concetti storici ma inevitabilmente vaghi come destra e sinistra.

Osservo dai continui dibattiti che la TV ci sforna in continuazione, che i politicanti e i falsi giornalisti che li affollano sembrano gli ultimi a rendersi conto che questa dicotomia non viene più riconosciuta come tale da tantissimi elettori, tanto sono prigionieri di quel mondo separato e privilegiato che si sono creati, e quindi la loro decadenza non potrà che continuare.

Infine, constato per l’ennesima volta come l’Italia appaia come l’avanguardia all’interno delle società occidentali, manifestando per prima aspetti, innovazioni ed anche patologie che gli altri ancora non sono arrivati a sperimentare.

6 commenti:

  1. Io non li trovo così vaghi come concetti, e secondo me esistono a prescindere (d'altronde viviamo in un mondo polarizzato, a partire dal concetto di "io" e di "atri", e continuando su praticamente tutto: giorno e notte, caldo e freddo etc. Non si capisce perché in politica non debba esserci, no?).
    Sono solo classificazioni, certo, ma sono utili a dare una via: una sorta di cartello stradale puntato agli estremi. Il fatto che tanti elettori non riescano più a distinguere e a riconoscere è il vero dramma attuale, e in ciò sono responsabili quanti hanno usurpato l'appellativo "sinistra" pur operando scelte di destra (a destra han continuato a fare il loro mestiere), generando una confusione che bene non fa.
    Il Movimento cinque stelle io lo trovo di sinistra, per usare il vecchio schema, perché larga parte del suo programma, a partire dalla voglia di trasformazione della società, è un concetto di sinistra: mi spiace per loro, ma è così di fatto.
    La colpa grave della sinistra italiana è che ha smesso di fare il proprio mestiere, pur continuando a mantenere proprio l'appellativo. Il fatto è che anche l'elettorato più stupido, e noi lo siamo, dopo vent'anni ci arriva, col solito risultato di buttare via il bambino con l'acqua sporca-
    Comunque, ormai è fatta. Andrà a finire che si farà il socialismo e sarà chiamato in altro modo (ma sempre socialismo rimane, nei contenuti). Insomma, questione solo di forma e sostanza :)

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  2. Rouge, il fatto è che il mondo difficilmente pone alternative secche tra due sole possibilità, in genere le cose sono più complicate.
    Supponiamo di essere ai tempi delle crociate, allora era chiaro che la questione centrale era tra essere cristiani o essere musulmani, questa era una distinzione chiara rispetto a cui era ovvio schierarsi.
    Oggi, sarebbe stupido pretendere che uno fosse obbligato a scegliere tra queste due alternative, visto che ad esempio l'ateismo è così diffuso.
    Ecco, fino agli anni settanta era quasi inevitabile schierarsi tra l'essere marxista o antimarxista, oggi non è più così, e ciò particolarmente per un ragazzo di venti o anche trenta anni. Pensa alla complessità del dibattito a proposito dell'ILVA di Taranto, come si posero dei problemi di scelta tra esigenze di rispetto ambientale e esigenze di garanzia del posto di lavoro.
    Ma la questione è di carattere più generale, tu sei padrone di credere che l'unica alternativa al sistema attuale sia un sistema di tipo socialista, ma non puoi impedire a tanti altri di pensarla diversamente da te, e di non sentirsi granchè implicati nella ricerca di questo socialismo.
    Tornando alla cronaca dei nostri giorni, un partito che discende dalal tradizione socialista come il PD, finisce con lo sposare tutte le compatibilità che l'Europa ci detta: a chi serve sapere che si tratta di un partito di sinistra, magari ad una persona più concreta come potrebbe essere un giovane, uno che non ha la testa piena delle cose che noi più avanti negli anni abbiamo, non interessa, non trova che sia possibile distinguere il PD da Monti o dal PDL. Qui, non mi riferisco a una minore o maggiore radicalità, no, mi riferisco al fatto che sia inevitabile basare ogni forma di distinzione su un criterio economico: chi ci obbliga, chi l'ha detto, il Vangelo forse?

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  3. quindi il risultato elettorale ha a che fare con la crisi del (tuo e non solo tuo) marxismo
    ma quello si era già schiantato vent'anni fa..

    poi un sistema bipolare ha tenuto in vita la dicotomia ed è questo sistema che è stato rifiutato

    vedo che continui ad usare disinvoltamente il termine "rivoluzionario": direi che la situazione è potenzialmente esplosiva, non rivoluzionaria. meglio esplosiva che impaudata

    da

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  4. No, Dario, la dicotomia ha una importanza ed una persistenza ben più ampia del bipolarismo, non confrontiamo due categorie incommensurabili. Sarebbe come dire che l'uso di oggetti elettronici tiene in vita le teorie sull'elettromagnetismo.
    Essa addirittura precede il marxismo, visto che fu adottata al tempo della rivoluzione francese. Tuttavia, è vero che la contrapposizione del marxismo al sistema vigente, chiamato forse impropriamente capitalismo, ha costituito il combustibile più abbondante di tale dicotomia, costituiva lo schema ideale per riaffermare la contrapposizione di classe.
    E' ormai dagli anni ottanta che questo schema entra in crisi, ma certo che una categoria adottata per secoli non è che venga abbandonata improvvisamente, anzi credo che avrà un'agonia lunga ma io credo certa.
    Non capisco poi perchè parli del mio marxismo, quando io non mi considero marxista, è una forma retorica che non colgo?
    Infine, sì, sono d'accordo, mancano le condizioni soggettive perchè si possa parlare di situazione rivoluzionaria, però esplosiva forse non coglie l'aspetto della inevitabilità del cambiamento.

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    1. No, sto dicendo di non confondere la sinistra con il marxismo, nel senso del pensiero di Marx, sono due cose profondamente diffrenti che la storia ha mischiato ma che è opportuno ritornare a distinguere.

      Ho già sostenuto, lo sai, che l'opposizione destra e sinistra ha perso di significato, ma ha iniziato a perderlo da un secolo (SPD che vota i crediti di guerra nel 1915, Stalin che ripristina il populismo Grande Russo ecc) cioè da quando la sinistra si muove sullo stesso terreno -capitalistico e reazionario- degli interessi nazionali, che sono gli interessi del capitale nel ciclico processo di ri-accumulazione. La si nistra -nelle sue declinazioni stalinista,maoista o socialdemocratica- è stata, oggi possiamo dirlo con certezza, una forma di modellizzazione (cioè di adattamento) delle classi subalterne alla civiltà capitalistica.

      Più questa differenza scompare più il pensiero di Marx mi appare come qualcosa di mai sperimentato e messo alla prova dalla storia, un' ipotesi del tutto inusitata e pochissimo, e solo a tratti -cioè per nulla, compresa. Il Capitale va proprio compreso come Potenza Sociale, e abbiamo ancora molta strada da fare.
      Peraltro già Marx stesso, forse avvertito che gli esiti della modernizzazione capitalistica si sarebbero sovrapposti all' emancipazione storica della comunità umana, non mischiava mai il suo pensiero e la sua proposta "comunista" e "dialettica" con quello della "sinistra democratica e borghese", di ascendenza illuministica, che procede per antinomie.

      da

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  5. @ Vincenzo: la mia opinione è che il fatto che a un certo punto si sia predicato il superamento di tali dicotomie non significa che queste siano scomparse nei fatti. Puoi cambiargli nomi, ma nella sostanza tutto è sempre uguale: se c'è uno che sta sopra necessariamente deve esserci uno che sta sotto, ed è solo una questione puramente numerica, dove la discriminante è diventata economica (più si accumulano capitali nelle mani di pochi, minore ricchezza c'è per la maggioranza).
    Sarebbe auspicabile che la ggente ricominciasse a ragionare in termini semplici, altrimenti si hanno, come capita oggi, casi di persone che si professano a parole fedeli a principi di uguaglianza e solidarietà e poi finiscono per votare Fratelli d'Italia, o Giannino, o Monti etc.
    Insomma, partire da una domanda semplice (da che parte stai) e poi muoversi di conseguenza, accettando quanto più possibile ciò che la scelta comporta. Sennò è schizofrenia, nient'altro.
    E' per questo che il discorso grillino del né dx né sx non riuscirà mai a convincermi, significa solo che nella maggioranza di loro la confusione è pressocché totale. Non lo è nei loro leader (Grillo e Casaleggio), ma anche qui è un film già visto e rivisto. Niente di nuovo sotto il sole (e scusa per la citazione biblica:-) )-
    Ciao.

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