La campagna elettorale continua stancamente. Capisco che
questo avverbio potrebbe essermi contestato, ma in verità solo un pubblico di
bocca buona può ancora trovare elementi di interesse e di novità negli indomiti politicanti che si
alternano sul palcoscenico mediale, tentando di attirare disperatamente
attenzione verso le loro persone...
Finora, un ruolo di primo piano lo hanno avuto i sondaggi
elettorali, mai a mia memoria così numerosi e frequenti. D’altra parte, è
ragionevole manifestare una certa curiosità per questo tipo di informazioni, se
si mostra interesse per le elezioni, è inevitabile che questo tipo di interesse
investa anche le previsioni ottenute con metodi più o meno scientifici.
Da qualche giorno, la legge impedisce che questo tipo di
informazioni vengano ancora diffuse a livello mediale, il che non impedisce
ovviamente che esse vengano comunque raccolte, magari per essere acquisiti e
sfruttati dagli stessi partiti: noi comunque non li conosceremo.
Il quadro degli ultimi dati disponibili sembrano tuttavia
abbastanza chiari. L’alleanza PD-SEL, pur in significativa flessione, rimane
saldamente in testa, pronta ad acquisire il 55% dei seggi che il porcellum le
assegna. Segue l’alleanza PDL-Lega che, pur in crescita di consensi, risulta
ancora lontana dai primi. Terza lista in ordine di consensi decrescenti risulta
il M5S, in testa seppur di poco rispetto alla coalizione di centro, mentre ad
oggi Rivoluzione civile sembra non avere difficoltà a vedersi rappresentata
almeno alla Camera.
La mia impressione è che la situazione si sia ormai già
abbastanza assestata e che non dovremmo aspettarci sorprese importanti nelle
due settimane che ci separano dal voto, a meno naturalmente di avvenimenti clamorosi che possano influenzare significativamente l'iopinione pubblica. Non credo che il centrosinistra abbia
il tempo di perdere la maggioranza relativa che tuttora mantiene fermamente, né
mi aspetto clamorose rimonte tali da permettere sorpassi, per cui l’ordine in
cui questi ultimi sondaggi collocano le differenti coalizioni dovrebbe a mio
parere rimanere inalterato.
La questione critica come si sa è al Senato dove le norme
elettorali rendono pressoché impossibile ogni previsione sensata sulla
distribuzione dei seggi anche in presenza di percentuali di voto nazionali
esattamente note. Tuttora il centrosinistra può sperare di avere la maggioranza
con i suoi soli eletti, come è anche possibile che gli occorrano i seggi del
centro. Un’ulteriore possibilità è quella che richiederebbe l’inclusione del
PDL nella maggioranza riproducendo la situazione del vecchio parlamento.
Personalmente, non mi sono molto appassionato su queste
questioni, visto che sono convinto che tra risultati elettorali e la politica
che il nuovo parlamento esprimerà, ci stanno di mezzo tante variabili molto
influenti. In particolare, l’esperienza del governo Monti/Napolitano ci da’
evidenza lampante del fatto che fuori dai nostri confini si giocano molte
partite che potranno influenzare le maggioranze e le loro concrete politiche
anche in modo prevalente rispetto alla volontà degli elettori. Non vale richiamare
il tema dell’emergenza, ciò che conta è chi decide che esiste un’emergenza che
richiede lo stato di eccezione, e decide contestualmente quali sino i
provvedimenti atti a farci uscire dall’emergenza, qualcuno potrà nella sua
ingenuità credere che questi due aspetti siano automatici, per me invece non
possono essere espunti, tirati fuori dall’insieme del dibattito politico.
Passiamo ora a qualche considerazione di merito.
Il dato in fondo più significativo risulta il flop
indiscutibile del centro. Casini sembra pagare fortemente la sua scelta a
favore di Monti che, pur cannibalizzando l’UDC fino a ridurne i consensi a meno
della metà, non è in grado di aumentare in misura sufficiente la forza
dell’intera coalizione che rischia di ricoprire il solito ruolo marginale a
livello parlamentare. Così, uno si dovrebbe chiedere se abbia un senso da parte
di Casini distruggere il proprio partito senza aumentare la propria capacità di
incidenza. Qui, c’è stato un errore di fondo decisivo nel sottovalutare le
capacità di recupero di Berlusconi.
Bisognerebbe qui riflettere un po’ su questa questione. La
vulgata in proposito che passa quasi ovunque è l’accreditare a costui un suo
bacino di voti rispetto a cui il suo unico sforzo dovrebbe consistere nello
strapparli all’astensione. Costoro rappresenterebbero i famosi elettori di
destra. Forse davvero in queste elezioni si può riscontrare il momento in cui
la divisione destra/sinistra sta perdendo ogni residuo significato. Forse,
anche da ciò deriva l’errore di casini di puntare su una formazione che potesse
rimpiazzare la destra ormai considerata impresentabile di berlusconi, con una
nuova destra con la faccia di Monti.
In altre parole, Casini, ma certo non solo lui, andava a
cercare qualcosa che non esiste più, un ceto moderato. Tale ceto apparentemente
si è riversato abbondantemente sul M5S, e sarebbe davvero arduo chiamarlo
moderato, come del resto non so che utilità possa seguitare ad avere l’usarlo
per leghisti e pidiellini.
Qui, la divisione sembra passare per l’atteggiamento verso
l’Europa. Dalla caduta dell’impero romano d’occidente, si può dire che gli
Italiani abbiano acquisito una tradizione ormai plurimillenaria ad essere
eterodiretti, sembrerebbe che nessuno al mondo sia così bravo in questa
disciplina quanto noi.
Tornando a tempi a noi più prossimi, si sa che esiste almeno
dal dopoguerra un partito americano, in sostanza coincidente con la DC e i suoi
alleati che certamente è sopravissuto alla caduta della DC, a cui faceva
riscontro un partito pro-URSS, almeno fino a quando essa è esistita. Nel corso
degli anni novanta, si sono tuttavia andando delineando sempre più nettamente i
contorni di un vero e proprio partito europeo. Ciampi, Prodi, Amato ne sono
certamente stati tre dei più noti protagonisti, assieme ad altri comprimari,
alcuni con un passato comunista alle spalle come lo stesso D’Alema.
Negli anni novanta ed ancora nei primissimi anni del nuovo
millennio, tale partito europeo aveva ancora l’immagine benevola della
crescente aggregazione, della difesa di un modello sui generis di welfare che
tutti ci invidiavano nel mondo, l’Europa come la sede dove riuscivano a far convivere
le esigenze di libertà e di solidarietà, quella Europa che nasceva dal modello
socialdemocratico ma che perfino i partiti popolari finivano per condividere a
parte alcune piccole differenze e scarti.
In verità, anche allora l’Europa sfruttava un’immagine
inerziale, quella che in realtà proveniva dai decenni precedenti ma che pur
essendosi già conclusa, non sembrava ancora presentare i caratteri della
discontinuità. Eppure, era proprio in quegli anni che con atti come il trattato
di Maastricht, si andava delineando un volto ben differente di Europa.
Nel lento scorrere degli anni, un gruppo di eurocrati che
comprendeva come dicevo taluni noti italiani, si è appropriata indebitamente
della spinta ideale che pur a passi graduali e lenti tendeva alla costituzione
degli Stati uniti d’europa, occupando come passo iniziale manu militare le
strutture appena costituite ed ancora malferme dell’Europa, per compiere il più
gigantesco caso di esperimento neoliberista.
In sostanza, l’onda neoliberista lanciata a suo tempo dalla
Thatcher e da Reagan, è stata assunta in pieno da questo gruppo di eurocrati
che hanno ritenuto di dovere applicarla in pieno nell’Europa continentale
strappandola alla sua tradizione di stampo essenzialmente keynesiano.
Ciò che dobbiamo capire è che questo processo ha portato non
a uno spostamento dell’Europa verso politiche economiche di segno differente,
quanto piuttosto nella distruzione di quella Europa che è stata letteralmente
rimpiazzata con una sua brutta copia, una sorta di caricatura per niente
divertente purtroppo.
Capire questo punto è essenziale, perché è ovvio che da
questa impostazione europea non si può trarre nulla di buono, che qualsiasi
processo federalista europeo passa per l’annientamento di quanto fatto da
costoro negli ultimi due decenni. Pensare che ci sia qualcosa che possa essere
contrattato in sede europea senza eliminare questo quadro complessivo in cui si
opera, non ha senso alcuno, costituisce in tutta evidenza una gigantesca presa
in giro.
E’ la logica stessa della contrattazione che implica
l’abbandono del processo di unificazione europea, si contratta in quanto ci si
riconosce come componente nazionale a scapito della ipotesi di unificazione. In
una coppia come in una comunità, si litiga sui rispettivi diritti quando ci si
divide, non quando ci si mette assieme. Nel momento della scelta di mettersi
assieme, ci deve sorreggere una motivazione ideale che ci fa dimenticare la
nostra singolarità, senza questo sarebbe impossibile fare cose come quella di
contrarre matrimonio.
Oggi, abbiamo un conflitto di interessi tra quelli europei e
quelli nazionali ed è tutto plausibile se non addirittura ovvio a partire dal
piano consapevole messo in atto per arrestare l’evoluzione che opportunamente
incoraggiata, avrebbe avuto molte chances di portare alla costituzione degli
stati uniti d’europa. Non si parla più di ideali, ma di interessi materiali
estremamente concreti. Così, chi dice più europa, difatti non fa che indebolire
la sovranità popolare nella propria nazione, affidando a un gruppo di eurocrati
le sorti della propria nazione.
Non si tratta, si badi, di frange minimali, si tratta di
circa l’80% del vecchio parlamento, di tutti quei partiti che hanno fatto parte
della maggioranza che ha sostenuto il governo Monti votandone innumerevoli
volte la fiducia e i singoli specifici provvedimenti.
Monti e la sua coalizione sono condannati per ovvie ragioni
ad esserne l’emblema stesso, mentre il PD ha scelto di confermare le scelte
allora fatte. Non solo, il PD ha fatto molto di più, Ha detto chiaramente che
andrà ad una coalizione con Monti anche nel caso conseguisse la maggioranza
anche al Senato. L'ha fatto con la nota immagiune del 51% da usare come si trattasse di un 49%: che ne dite di togliere al PD questi voti di cui evidentemente non sa cosa fare?
Con questi atti, il PD si è iscritto al partito europeo a pieno titolo, e del resto le numerose trasferte di Bersani in terra europea servono appunto a rafforzare i legami in quell’ambito (che nulla ha a che fare con gli specifici paesi implicati). Sarebbe invero apparso ben strano il contrario, vista la recente storia dei partitini che si sono succeduti dopo la fine del PCI, e davvero appare incomprensibile la posizione di Vendola che si allea e pretende di dividere PD e Monti, possibile che sia rimasto unico in Italia a non capire che essi fanno entrambi parte dello stesso partito europeo?
Con questi atti, il PD si è iscritto al partito europeo a pieno titolo, e del resto le numerose trasferte di Bersani in terra europea servono appunto a rafforzare i legami in quell’ambito (che nulla ha a che fare con gli specifici paesi implicati). Sarebbe invero apparso ben strano il contrario, vista la recente storia dei partitini che si sono succeduti dopo la fine del PCI, e davvero appare incomprensibile la posizione di Vendola che si allea e pretende di dividere PD e Monti, possibile che sia rimasto unico in Italia a non capire che essi fanno entrambi parte dello stesso partito europeo?
Il terzo membro della strana maggioranza, il PDL, punta a
sfilarsi almeno agli occhi distratti dei propri elettori, da questa congiura in
salsa europea. L’abilità di Berlusconi corrisponde proprio a questo, nel capire
che oggi l’opinione pubblica italiana, ma non solo italiana aggiungerei, si divide sulla base dell'atteggiamento verso la politica imposta dalla eurocrazia. Tutta l'esperienza di Grillo e del suo movimento sarebbe impensabile se si basasse soltanto sulle polemiche nostrane, come altrettanto incomprensibile sarebbe la stessa costituzione della lista di "Rivoluzione civile". Abilmente come al suo solito, Berlusconi ha in pieno sposato la strada contro l'eurocrazia, ventilando l'ipotesi dell'uscita dall'euro, utilizzando in chiave elettorale il suom insuccesso a livello europeo che gli avversari intendevano sfruttare contro di lui e rivendicandolo in pieno.
Purtroppo, non c'è praticamente nessuno, neanche lo stesso Ingroia, che sia in grado di porre le questioni nella loro giusta luce, di rivendicare in pieno una politica contro l'eurocrazia, contro i vari Monti, Draghi, Barroso, Merkel, e di inchiodare lo stesso Berlusconi alle sue reponsabilità, al suo consenso a dimettersi a fine 2011, al suo appoggio continuo al governo Monti, alla politica del suo ministro Tremonti così nei fatti pronto a sottomettersi a quanto Bruxelles dettava. Forse sarebbe utile che gli italiani guardassero all'andamento in borsa diel titolo mediaset, così potrebbero subito capire quali siano state le motivazioni che hanno convinto Berlusconi a suo tempo a dimettersi, perchè nessun o svolge questo lavoro di informazione?
Di fronte al partito europeo che accusa Berlusconi per le posizioni che sostiene, ci vorrebbe qualcuno che al contrario lo accusasse non per quello che dice, ma per quello che ha fatto, per i lunghi anni di stasi economica e di politica dei tagli lineari ben prima che scoppiasse la crisi, quando Tremonti era talmente d'accordo con i suoi colleghi europei da pavoneggiarsi per il suo successo in quegli ambientini. Ricordargli come la paura di vedersi sfilata di tasca mediaset per quattro soldi tramite il continuo calo del titolo in borsa lo abbia subitaneamente convinto ad accettare la richiesta di Napolitano delle dimissioni, la sua condivisione costante di tutte le sciagurate misure assunte dal governo Monti. Oggi, Berlusconi fa la parte della verginella anti-eurocrazia, e ciò andrebbe costantemente ricordato agli elettori.
Io lo ripeto, votare oggi per PD, PDL o Monti rappresenta una scelta quasi equivalente, se si vuole lottare per una politica differente, nessuno di questi partiti andrebbe votato. Il fatto che questa verità quasi ovvia non venga da molti percepita, ci da' la misura di quanto la gravità della situazione non sia ancora percepita da tanti nostri concittadini: pazienza, se ne accorgeranno di certo dopo le elezioni, quando sarà troppo tardi.
Purtroppo, non c'è praticamente nessuno, neanche lo stesso Ingroia, che sia in grado di porre le questioni nella loro giusta luce, di rivendicare in pieno una politica contro l'eurocrazia, contro i vari Monti, Draghi, Barroso, Merkel, e di inchiodare lo stesso Berlusconi alle sue reponsabilità, al suo consenso a dimettersi a fine 2011, al suo appoggio continuo al governo Monti, alla politica del suo ministro Tremonti così nei fatti pronto a sottomettersi a quanto Bruxelles dettava. Forse sarebbe utile che gli italiani guardassero all'andamento in borsa diel titolo mediaset, così potrebbero subito capire quali siano state le motivazioni che hanno convinto Berlusconi a suo tempo a dimettersi, perchè nessun o svolge questo lavoro di informazione?
Di fronte al partito europeo che accusa Berlusconi per le posizioni che sostiene, ci vorrebbe qualcuno che al contrario lo accusasse non per quello che dice, ma per quello che ha fatto, per i lunghi anni di stasi economica e di politica dei tagli lineari ben prima che scoppiasse la crisi, quando Tremonti era talmente d'accordo con i suoi colleghi europei da pavoneggiarsi per il suo successo in quegli ambientini. Ricordargli come la paura di vedersi sfilata di tasca mediaset per quattro soldi tramite il continuo calo del titolo in borsa lo abbia subitaneamente convinto ad accettare la richiesta di Napolitano delle dimissioni, la sua condivisione costante di tutte le sciagurate misure assunte dal governo Monti. Oggi, Berlusconi fa la parte della verginella anti-eurocrazia, e ciò andrebbe costantemente ricordato agli elettori.
Io lo ripeto, votare oggi per PD, PDL o Monti rappresenta una scelta quasi equivalente, se si vuole lottare per una politica differente, nessuno di questi partiti andrebbe votato. Il fatto che questa verità quasi ovvia non venga da molti percepita, ci da' la misura di quanto la gravità della situazione non sia ancora percepita da tanti nostri concittadini: pazienza, se ne accorgeranno di certo dopo le elezioni, quando sarà troppo tardi.
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