domenica 10 febbraio 2013

LE ELEZIONI COME CE LE CONSEGNANO GLI ULTIMI SONDAGGI

La campagna elettorale continua stancamente. Capisco che questo avverbio potrebbe essermi contestato, ma in verità solo un pubblico di bocca buona può ancora trovare elementi di interesse  e di novità negli indomiti politicanti che si alternano sul palcoscenico mediale, tentando di attirare disperatamente attenzione verso le loro persone...
Finora, un ruolo di primo piano lo hanno avuto i sondaggi elettorali, mai a mia memoria così numerosi e frequenti. D’altra parte, è ragionevole manifestare una certa curiosità per questo tipo di informazioni, se si mostra interesse per le elezioni, è inevitabile che questo tipo di interesse investa anche le previsioni ottenute con metodi più o meno scientifici.
Da qualche giorno, la legge impedisce che questo tipo di informazioni vengano ancora diffuse a livello mediale, il che non impedisce ovviamente che esse vengano comunque raccolte, magari per essere acquisiti e sfruttati dagli stessi partiti: noi comunque non li conosceremo.
Il quadro degli ultimi dati disponibili sembrano tuttavia abbastanza chiari. L’alleanza PD-SEL, pur in significativa flessione, rimane saldamente in testa, pronta ad acquisire il 55% dei seggi che il porcellum le assegna. Segue l’alleanza PDL-Lega che, pur in crescita di consensi, risulta ancora lontana dai primi. Terza lista in ordine di consensi decrescenti risulta il M5S, in testa seppur di poco rispetto alla coalizione di centro, mentre ad oggi Rivoluzione civile sembra non avere difficoltà a vedersi rappresentata almeno alla Camera.
La mia impressione è che la situazione si sia ormai già abbastanza assestata e che non dovremmo aspettarci sorprese importanti nelle due settimane che ci separano dal voto, a meno naturalmente di avvenimenti clamorosi che possano influenzare significativamente l'iopinione pubblica. Non credo che il centrosinistra abbia il tempo di perdere la maggioranza relativa che tuttora mantiene fermamente, né mi aspetto clamorose rimonte tali da permettere sorpassi, per cui l’ordine in cui questi ultimi sondaggi collocano le differenti coalizioni dovrebbe a mio parere rimanere inalterato.
La questione critica come si sa è al Senato dove le norme elettorali rendono pressoché impossibile ogni previsione sensata sulla distribuzione dei seggi anche in presenza di percentuali di voto nazionali esattamente note. Tuttora il centrosinistra può sperare di avere la maggioranza con i suoi soli eletti, come è anche possibile che gli occorrano i seggi del centro. Un’ulteriore possibilità è quella che richiederebbe l’inclusione del PDL nella maggioranza riproducendo la situazione del vecchio parlamento.
Personalmente, non mi sono molto appassionato su queste questioni, visto che sono convinto che tra risultati elettorali e la politica che il nuovo parlamento esprimerà, ci stanno di mezzo tante variabili molto influenti. In particolare, l’esperienza del governo Monti/Napolitano ci da’ evidenza lampante del fatto che fuori dai nostri confini si giocano molte partite che potranno influenzare le maggioranze e le loro concrete politiche anche in modo prevalente rispetto alla volontà degli elettori. Non vale richiamare il tema dell’emergenza, ciò che conta è chi decide che esiste un’emergenza che richiede lo stato di eccezione, e decide contestualmente quali sino i provvedimenti atti a farci uscire dall’emergenza, qualcuno potrà nella sua ingenuità credere che questi due aspetti siano automatici, per me invece non possono essere espunti, tirati fuori dall’insieme del dibattito politico.
Passiamo ora a qualche considerazione di merito.
Il dato in fondo più significativo risulta il flop indiscutibile del centro. Casini sembra pagare fortemente la sua scelta a favore di Monti che, pur cannibalizzando l’UDC fino a ridurne i consensi a meno della metà, non è in grado di aumentare in misura sufficiente la forza dell’intera coalizione che rischia di ricoprire il solito ruolo marginale a livello parlamentare. Così, uno si dovrebbe chiedere se abbia un senso da parte di Casini distruggere il proprio partito senza aumentare la propria capacità di incidenza. Qui, c’è stato un errore di fondo decisivo nel sottovalutare le capacità di recupero di Berlusconi.
Bisognerebbe qui riflettere un po’ su questa questione. La vulgata in proposito che passa quasi ovunque è l’accreditare a costui un suo bacino di voti rispetto a cui il suo unico sforzo dovrebbe consistere nello strapparli all’astensione. Costoro rappresenterebbero i famosi elettori di destra. Forse davvero in queste elezioni si può riscontrare il momento in cui la divisione destra/sinistra sta perdendo ogni residuo significato. Forse, anche da ciò deriva l’errore di casini di puntare su una formazione che potesse rimpiazzare la destra ormai considerata impresentabile di berlusconi, con una nuova destra con la faccia di Monti.
In altre parole, Casini, ma certo non solo lui, andava a cercare qualcosa che non esiste più, un ceto moderato. Tale ceto apparentemente si è riversato abbondantemente sul M5S, e sarebbe davvero arduo chiamarlo moderato, come del resto non so che utilità possa seguitare ad avere l’usarlo per leghisti e pidiellini.
Qui, la divisione sembra passare per l’atteggiamento verso l’Europa. Dalla caduta dell’impero romano d’occidente, si può dire che gli Italiani abbiano acquisito una tradizione ormai plurimillenaria ad essere eterodiretti, sembrerebbe che nessuno al mondo sia così bravo in questa disciplina quanto noi.
Tornando a tempi a noi più prossimi, si sa che esiste almeno dal dopoguerra un partito americano, in sostanza coincidente con la DC e i suoi alleati che certamente è sopravissuto alla caduta della DC, a cui faceva riscontro un partito pro-URSS, almeno fino a quando essa è esistita. Nel corso degli anni novanta, si sono tuttavia andando delineando sempre più nettamente i contorni di un vero e proprio partito europeo. Ciampi, Prodi, Amato ne sono certamente stati tre dei più noti protagonisti, assieme ad altri comprimari, alcuni con un passato comunista alle spalle come lo stesso D’Alema.
Negli anni novanta ed ancora nei primissimi anni del nuovo millennio, tale partito europeo aveva ancora l’immagine benevola della crescente aggregazione, della difesa di un modello sui generis di welfare che tutti ci invidiavano nel mondo, l’Europa come la sede dove riuscivano a far convivere le esigenze di libertà e di solidarietà, quella Europa che nasceva dal modello socialdemocratico ma che perfino i partiti popolari finivano per condividere a parte alcune piccole differenze e scarti.
In verità, anche allora l’Europa sfruttava un’immagine inerziale, quella che in realtà proveniva dai decenni precedenti ma che pur essendosi già conclusa, non sembrava ancora presentare i caratteri della discontinuità. Eppure, era proprio in quegli anni che con atti come il trattato di Maastricht, si andava delineando un volto ben differente di Europa.
Nel lento scorrere degli anni, un gruppo di eurocrati che comprendeva come dicevo taluni noti italiani, si è appropriata indebitamente della spinta ideale che pur a passi graduali e lenti tendeva alla costituzione degli Stati uniti d’europa, occupando come passo iniziale manu militare le strutture appena costituite ed ancora malferme dell’Europa, per compiere il più gigantesco caso di esperimento neoliberista.
In sostanza, l’onda neoliberista lanciata a suo tempo dalla Thatcher e da Reagan, è stata assunta in pieno da questo gruppo di eurocrati che hanno ritenuto di dovere applicarla in pieno nell’Europa continentale strappandola alla sua tradizione di stampo essenzialmente keynesiano.
Ciò che dobbiamo capire è che questo processo ha portato non a uno spostamento dell’Europa verso politiche economiche di segno differente, quanto piuttosto nella distruzione di quella Europa che è stata letteralmente rimpiazzata con una sua brutta copia, una sorta di caricatura per niente divertente purtroppo.
Capire questo punto è essenziale, perché è ovvio che da questa impostazione europea non si può trarre nulla di buono, che qualsiasi processo federalista europeo passa per l’annientamento di quanto fatto da costoro negli ultimi due decenni. Pensare che ci sia qualcosa che possa essere contrattato in sede europea senza eliminare questo quadro complessivo in cui si opera, non ha senso alcuno, costituisce in tutta evidenza una gigantesca presa in giro.
E’ la logica stessa della contrattazione che implica l’abbandono del processo di unificazione europea, si contratta in quanto ci si riconosce come componente nazionale a scapito della ipotesi di unificazione. In una coppia come in una comunità, si litiga sui rispettivi diritti quando ci si divide, non quando ci si mette assieme. Nel momento della scelta di mettersi assieme, ci deve sorreggere una motivazione ideale che ci fa dimenticare la nostra singolarità, senza questo sarebbe impossibile fare cose come quella di contrarre matrimonio.
Oggi, abbiamo un conflitto di interessi tra quelli europei e quelli nazionali ed è tutto plausibile se non addirittura ovvio a partire dal piano consapevole messo in atto per arrestare l’evoluzione che opportunamente incoraggiata, avrebbe avuto molte chances di portare alla costituzione degli stati uniti d’europa. Non si parla più di ideali, ma di interessi materiali estremamente concreti. Così, chi dice più europa, difatti non fa che indebolire la sovranità popolare nella propria nazione, affidando a un gruppo di eurocrati le sorti della propria nazione.
Non si tratta, si badi, di frange minimali, si tratta di circa l’80% del vecchio parlamento, di tutti quei partiti che hanno fatto parte della maggioranza che ha sostenuto il governo Monti votandone innumerevoli volte la fiducia e i singoli specifici provvedimenti.
Monti e la sua coalizione sono condannati per ovvie ragioni ad esserne l’emblema stesso, mentre il PD ha scelto di confermare le scelte allora fatte. Non solo, il PD ha fatto molto di più, Ha detto chiaramente che andrà ad una coalizione con Monti anche nel caso conseguisse la maggioranza anche al Senato. L'ha fatto con la nota immagiune del 51% da usare come si trattasse di un 49%: che ne dite di togliere al PD questi voti di cui evidentemente non sa cosa fare? 
Con questi atti, il PD si è iscritto al partito europeo a pieno titolo, e del resto le numerose trasferte di Bersani in  terra europea servono appunto a rafforzare i legami in quell’ambito (che nulla ha a che fare con gli specifici paesi implicati). Sarebbe invero apparso ben strano il contrario, vista la recente storia dei partitini che si sono succeduti dopo la fine del PCI, e davvero appare incomprensibile la posizione di Vendola che si allea e pretende di dividere PD e Monti, possibile che sia rimasto unico in Italia a non capire che essi fanno entrambi parte dello stesso partito europeo?
Il terzo membro della strana maggioranza, il PDL, punta a sfilarsi almeno agli occhi distratti dei propri elettori, da questa congiura in salsa europea. L’abilità di Berlusconi corrisponde proprio a questo, nel capire che oggi l’opinione pubblica italiana, ma non solo italiana aggiungerei, si divide sulla base dell'atteggiamento verso la politica imposta dalla eurocrazia. Tutta l'esperienza di Grillo e del suo movimento sarebbe impensabile se si basasse soltanto sulle polemiche nostrane, come altrettanto incomprensibile sarebbe la stessa costituzione della lista di "Rivoluzione civile". Abilmente come al suo solito, Berlusconi ha in pieno sposato la strada contro l'eurocrazia, ventilando l'ipotesi dell'uscita dall'euro, utilizzando in chiave elettorale il suom insuccesso a livello europeo che gli avversari intendevano sfruttare contro di lui e rivendicandolo in pieno. 
Purtroppo, non c'è praticamente nessuno, neanche lo stesso Ingroia, che sia in grado di porre le questioni nella loro giusta luce, di rivendicare in  pieno una politica contro l'eurocrazia, contro i vari Monti, Draghi, Barroso, Merkel, e di inchiodare lo stesso Berlusconi alle sue reponsabilità, al suo consenso a dimettersi a fine 2011, al suo appoggio continuo al governo Monti, alla politica del suo ministro Tremonti così nei fatti pronto a sottomettersi a quanto Bruxelles dettava. Forse sarebbe utile che gli italiani guardassero all'andamento in borsa diel titolo mediaset, così potrebbero subito capire quali siano state le motivazioni che hanno convinto Berlusconi a suo tempo a dimettersi, perchè nessun o svolge questo lavoro di informazione?
Di fronte al partito europeo che accusa Berlusconi per le posizioni che sostiene, ci vorrebbe qualcuno che al contrario lo accusasse non per quello che dice, ma per quello che ha fatto, per i lunghi anni di stasi economica e di politica dei tagli lineari ben prima che scoppiasse la crisi, quando Tremonti era talmente d'accordo con i suoi colleghi europei da pavoneggiarsi per il suo successo in quegli ambientini. Ricordargli come la paura di vedersi sfilata di tasca mediaset per quattro soldi tramite il continuo calo del titolo in borsa lo abbia subitaneamente convinto ad accettare la richiesta di Napolitano delle dimissioni, la sua condivisione costante di tutte le sciagurate misure assunte dal governo Monti. Oggi, Berlusconi fa la parte della verginella anti-eurocrazia, e ciò andrebbe costantemente ricordato agli elettori. 
Io lo ripeto, votare oggi per PD, PDL o Monti rappresenta una scelta quasi equivalente, se si vuole lottare per una politica differente, nessuno di questi partiti andrebbe votato. Il fatto che questa verità quasi ovvia non venga da molti percepita, ci da' la misura di quanto la gravità della situazione non sia ancora percepita da tanti nostri concittadini: pazienza, se ne accorgeranno di certo dopo le elezioni, quando sarà troppo tardi.

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