Qualcosa di nuovo si muove nell’arena politica italiana, non si sa perché, né se l’obiettivo che alcuni si pongono sarà raggiunto, ma si tratta comunque di qualcosa di molto significativo. Prima il procuratore nazionale antimafia, poi l’ex capo dello stato Ciampi, parlano degli attentati del ’93. Anzi Ciampi racconta come ha vissuto in prima persona quei giorni, riportando particolari raccapriccianti, come la circostanza dell’isolamento telefonico niente meno che di Palazzo Chigi, il vero centro del potere statuale.
La domanda che sorge spontanea è perché Ciampi ha taciuto tanto a lungo su circostanze così gravi? Allo stesso modo, perché Grasso parla solo adesso di riscontri ottenuti dall’attività investigativa sin dal ’98. Tiro ad indovinare, forse sarebbe utile che nel ’98 c’era un governo di centrosinistra, ed era la stagione della bicamerale, cioè del disegno politico portato avanti in prima persona da D’Alema, che intendeva rafforzare Berlusconi nel centrodestra, a svantaggio di Fini. Questo fine stratega politico come ancora taluni lo considerano, giudicava Berlusconi un avversario politico debole, con cui si sarebbe sempre vinto, e l’Italia paga ancora oggi il disastro politico, sociale, economico e civile dovuto allo stesso Berlusconi per la dabbenaggine di un mediocre politico come D’Alema, che ci propone ancora oggi ipotesi suicide come il ricandidare in Calabria Loielo, o lavorare per la sostituzione di Vendola in Puglia. Insomma, i collegamenti tra comportamenti della mafia e le vicende del sorgere di “Forza Italia” non andavano sollevati, si potrebbe dedurre, quando la presenza in politica di Berlusconi veniva considerato un vantaggio da certi poteri forti. Se questa tesi fosse vera, allora la conclusione logica sarebbe che oggi questi stessi poteri forti cominciano a muoversi massicciamente per dare il colpo di grazia a Berlusconi, un premier già fortemente indebolito dai risultati delle regionali e dal peso elettorale crescente della Lega che tramite l’alleato Tremonti ha assunto con decisione il ruolo decisionale all’interno del governo. Il terremoto attorno alla protezione civile e alla famigerata cricca costituisce un attacco se non alla sua persona al suo entourage, senza cui egli non conterebbe più nulla: da seguire in particolare la posizione di Gianni Letta.
L’ultimo episodio riguardante l’Assemblea di Confindustria, col rifiuto della Marcegaglia di entrare nel governo, con la conferma che anche il corpo della Confindustria ritiene giusto tenersi ben fuori dal governo come evidenziato dal gelido silenzio seguito all’invito di Berlusconi di manifestare il consenso verso la sua proposta, e la sprezzante dichiarazione di Geronzi, uno degli uomini più potenti d’Italia, mostra che già chi conta tende a mantenersi ben distante dal premier. Siamo già al clima del “io non lo conosco”, scaricato da tanti e chiamato a firmare leggi sotto dettatura. Di questi tempi, non gliene riesce neanche una, anche l’escamotage di far sapere che avrebbe firmato il DL economico dopo Napolitano, si è risolto nella ennesima smentita. Non c’è certo da cantare vittoria, sia perché Berlusconi ha dimostrato di essere come i gatti, di avere cioè sette vite, e sia perché non sappiamo cosa ci aspetta nel dopo Berlusconi, ma lo scenario mi pare quello che vi ho illustrato.