Alcune settimane fa, in un post ho affrontato il tema secondo me cruciale della classe dirigente in Italia, e delle responsabilità che io penso vadano ascritte ad essa, intesa quindi come totalità, nel processo di degrado in cui versa il nostro paese.
Qui riprendo il tema, sollecitato dalla vicenda USA di una grossa compagnia di assicurazione, i cui dirigenti hanno pensato bene di accaparrarsi grosse prebende, pescando dai fondi recentemente stanziati dal governo USA per il salvataggio della società.
Io credo che la crisi finanziaria scoppiata l’anno passato sia intimamente correlata col problema della selezione della classe dirigente nei paesi a sistema liberal-democratico. Credo che sia entrato in una crisi pressoché irreversibile il meccanismo di selezione mediante consenso. Prima converrebbe ricordare che il consenso è parte del generale meccanismo di mercato. Come io affido alle mie strategie di marketing e alla qualità del prodotto la sorte del detersivo che ho prodotto, così il candidato offre agli elettori sé stesso, la propria faccia, sperando che risulti più attraente della faccia del candidato avversario. Naturalmente, non è fatale che le elezioni si riducano a questo, a un processo di compravendita tra elettore e candidato. L’antidoto è costituito dal fatto che nella società convivano più visioni del mondo, cioè più ideologie. Come avrete letto nei miei precedenti post, io diffido di coloro che rifiutano un approccio ideologico perché mi pare evidente che avere un’ideologia sia inevitabile, e quindi il rifiuto delle ideologie si traduce nell’ideologia unica, condivisa da tutti, cioè nel pensiero unico, quello a cui mi pare tendiamo nelle società più sviluppate, omologate dai potenti mezzi di comunicazione di massa, TV in primis. Se un’ideologia alternativa viene esplicitamente proposta ed ostentata rispetto a quella dominante, ed in Italia ciò è avvenuto fino all’era Berlinguer, allora sono due mondi che si confrontano. Le scelte in questo caso vengono compiute in base a valori, a idee forti, non in base a simpatie ed altri fenomeni emozionali.
Il problema però si pone in maniera ancora più drammatica oggi. Quello che mi pare vada prevalendo è il modello mafioso. Detto in poche parole, questo modello si basa sulla divisione delle persone in amici e non amici. E’ un modello che sta distruggendo la nostra società, avendo una carica eversiva enorme. Lo stato di diritto si basa sull’uguaglianza dei cittadini di fronte alla legge. Così, chiunque ricopra una funzione statale, è chiamato a trattare tutte le persone coinvolte dalla sua attività in maniera uguale. Se viene meno questo principio, semplicemente non esiste più lo stato di diritto, e quindi nessuno stato.
Un effetto indotto da questi meccanismi mafiosi consiste nel fenomeno della cooptazione: se chi comanda, ha costituito una sua cerchia di amici che occupano anch’essi ruoli decisionali, l’unica maniera di essere ammessi in questi circoli esclusivi è quello della cooptazione. Ma questa, a sua volta, si basa su un processo di assimilazione: io ti coopto giudicando quanto tu sia omogeneo rispetto all’ambito a cui aspiri. E’ evidente quindi come una classe dirigente che non sia più neanche in grado di ascoltare ciò che viene dalla società, ed ascoltando soltanto attraverso il filtro preliminare della cerchia delle conoscenze (dette impropriamente amici, che per come io ritengo sacra l’amicizia, è un uso che profana il termine stesso), subisca un progressivo e inarrestabile processo di deterioramento. Dico inarrestabile perché è un meccanismo che funziona. Il meccanismo dello scambio dei favori tra potenti non è un aspetto marginale dei nostri sistemi politici, una rara forma di inquinamento di un sistema complessivamente sano. Al contrario è la forma vincente di partecipazione alla vita politica. Non solo, ma questo modello appare anche contagioso, e penso che anche Bruxelles e la UE tutta ha ormai elementi significativi di questo tipo di inquinamento. Allo stesso modo, le prebende generosissime che i dirigenti delle grandi compagnie finanziarie si autoattribuiscono è in fondo un ulteriore aspetto di questa organizzazione mafiosa, per cui il ruolo dirigente che ricopri non riveste per te un carattere di servizio, ma è solo un modo di lucrare tutto quello che puoi approfittando delle tue prerogative.
Per queste ragioni, la mia diagnosi è che i sistemi politici non riescono a guarire da questa malattia, che ormai è entrata nel patrimonio genetico stesso delle liberaldemocrazie, ed anche il malcostume delle compagnie finanziarie non ha alcun meccanismo oggi visibile di autoriforma. Se mi permettete la cattiveria, perfino qui nel mondo dei blogs vige una sorta di meccanismo di scambio.
La rivoluzione, innanzitutto culturale, è per queste ragioni, di estrema attualità, come l’unico modo di uscire da un processo severissimo di degrado. E purtroppo, a causa dell’apparente automatismo con cui si sviluppa la tecnologia, i tempi della rivoluzione non possono tardare, devono incidere sulla realtà prima che il mondo diventi un luogo inospitale.
NonUnaDiMeno
6 ore fa
"Quello che mi pare vada prevalendo è il modello mafioso. Detto in poche parole, questo modello si basa sulla divisione delle persone in amici e non amici. E’ un modello che sta distruggendo la nostra società, avendo una carica eversiva enorme."
RispondiEliminaGrande riflessione quella del tuo post. La parte che ho copiato qui mi pare riassuma un pò tutto.
Post molto interessante, Vincenzo.
RispondiEliminaCito queste tue parole:
"E’ evidente quindi come una classe dirigente che non sia più neanche in grado di ascoltare ciò che viene dalla società, ed ascoltando soltanto attraverso il filtro preliminare della cerchia delle conoscenze ..., subisca un progressivo e inarrestabile processo di deterioramento. Dico inarrestabile perché è un meccanismo che funziona. Il meccanismo dello scambio dei favori tra potenti non è un aspetto marginale dei nostri sistemi politici, una rara forma di inquinamento di un sistema complessivamente sano. Al contrario è la forma vincente di partecipazione alla vita politica..."
La situazione è questa anche per me che non ho la tua cultura e non è certo un fenomeno di poca importanza.
Ciao Vincenzo e grazie.
Lara
@Angelo Azzurro
RispondiEliminaSpero non vorrai dire che potevo condensare tutto in una sola frase... :-D
@Lara
RispondiEliminaEssì, ma dovremmo lavorarci per cambiare lo stato delle cose. Fammi poi sapere se riesci a leggere il mio libro. Ciao :)
@Giò
RispondiEliminaCi sono tanti fattori che concorrono. Certamente l'individualismo. Per me comunque al centro, c'è un problema culturale, legato all'illuminismo. Il discorso è lungo, ma il punto è che la nostra natura umana, che di per sè ha una sua perfezione, a contatto con la tecnologia, quindi con qualcosa che non è naturale, dimostra i suoi limiti. Esemplificando grossolanamente, se picchio un mio simile con una clava, gli farò anche male, ma probabilmente non lo uccido. Lo stesso uomo, dotato di un armamento nucleare può arrivare a distruggere il pianeta intero.
Lo sviluppo stesso della tecnologia pone il problema dell'educazione, cioè di un processo per niente spontaneo di adattamento culturale alle modifiche ambientali che l'uomo stesso ha introdotto.
Temo di non essere stato chiaro: anche a te consiglio la lettura del mio libro (consiglio disinteressato, s'intende :-D)
complimenti post che alimenta la riflessione e anche lo sdegno verso la classe politica!
RispondiEliminaBel blog!
gran bel post
RispondiEliminaVi ringrazio della vostra attenzione. Purtroppo, anche se l'analisi fosse corretta, rimane il "che fare", come recitava il libro di Lenin. Questo compito ve lo lascio a voi della generazione giovane: non dite poi che non sono generoso :-D
RispondiEliminaChi dice che è apolitico e non ha alcuna ideologia è che sta al servizio del sistema.
RispondiEliminaOttimo tuo testo.
Ciao.
Sill