Questi sono i giorni delle varie totonomine. Domani partirà
il nuovo conclave che dovrebbe nominare il nuovo papa, venerdì ci sarà la
seduta inaugurabile delle nuove camere appena elette che, come primo atto,
dovranno nominare i propri presidenti. Nella settimana successiva, partiranno
le consultazioni del quirinale per definire il nuovo premier così che si
definirà il nuovo premier designato, mentre bisognerà attendere il prossimo 15
aprile perché inizino le votazioni per l’elezione del presidente della repubblica,
davvero un diluvio di nuove nomine...
Una pacchia per chi ama questo genere di scadenze, che
suscitano in tanti uan voglia quasi patologica di previsioni, di suggerimenti,
di desideri espressi, le ipotesi più disparate nei percorsi decisionali, nei
tempi, nelle modalità e negli esiti, insomma siamo proprio in pieno clima
totonomine.
C’è chi si occupa di chi sarà il nuovo papa, e si va dal
papa italiano a quello brasiliano, passando dal papa statunitense, mentre i
tanto citati cardinali africani ed asiatici sono nel frattempo svaniti nel
nulla, non più a la page, direbbero i francesi (un ottimo motivo per
riconsiderarli, direi io). Non ho competenze né notizie di alcun genere che mi
possano suggerire un particolare esito, ma non credo proprio che ci sarà un
papa italiano (il nome di Scola viene molto richiamato in questi ultimi
giorni), né credo che il brasiliano abbia buone chances, visto che è stato
indicato come candidato della curia romana, e non vedo come dopo le brusche e
polemiche dimissioni di Ratzinger, i cardinali possano dare credito alla curia
romana, ormai guardata dentro e fuori la chiesa come una congrega in odor di
mafia. Se il gesto di Ratzinger va nella direzione del rinnovamento, allora,
questo va ricercato nei continenti emergenti, forse nelle Filippine o forse in
Nigeria, a seconda che si voglia premiare l’area di crescente evangelizzazione
o quella più di frontiera, in contrasto all’islamismo in espansione.
Poi, c’è la questione riguardante la presidenza delle camere
parlamentari. Qui, i giornalisti si esercitano in disquisizioni perfino
sorprendenti. C’è per esempio chi dice che il PD sarebbe pronto a cedere le
presidenze, magari alla camera cedendola al M5S, mentre al senato andrebbe a
Monti. Ora, mentre alla camera di cessione effettiva si tratterebbe, non
capisco come al senato si possa parlare di cessione, visto che il PD qui i
numeri per esprimerla non li ha. Potrebbe al massimo sostenere la candidatura
Monti, ma sapendo bene che non basta sommare i voti di Monti ai propri per
ottenere questo risultato. Così, mi pare un’ipotesi fantasiosa, direi quasi
disperata. Escludendo che i grillini votino Monti, non vedo perché il PDL si
dovrebbe mettere da parte e votare l’odiato Monti. Insomma, il PD può anche
rinunciare a sua candidature di partito, ma ciò non basterà perché al senato si
definisca un candidato che abbia i numeri sufficienti, e quindi lì si vedrà
quale tipo di convergenze si riusciranno a creare, potremmo avere sorprese (immaginate
se M5S e PDL votassero assieme…).
Per il premier, le cose sembrano più semplici da prevedere,
l’incarico a Bersani che, non si capisce perché, scalpita per ottenere un ovvio
insuccesso. Cosa vorrà fare Napolitano dopo, non è ancora chiaro, ma temo che
ci dovremo tenere ancora per parecchio tempo Monti. Ribadisco che un governo,
in accordo col testo costituzionale, può validamente operare anche senza
fiducia da parte del parlamento, ma un esecutivo espresso da un precedente
parlamento è il meno legittimato tra quelli possibili. In ogni caso, il 15
maggio si insedierà il nuovo capo dello stato e i giochetti che Napolitano ha
fatto sin qui dovranno necessariamente cessare. Non capisco questo invocare il
gesto provvidenziale di Napolitano, abbiamo la memoria così corta da non
ricordare che è proprio Napolitano col suo governo Monti ad aver determinato
questa paralisi parlamentare, avendo fatto perdere al PD quella maggioranza che
tutti gli osservatori gli davano a seguito del fallimentare 2011 di Berlusconi,
tra tracolli elettorali e finanziari? Il vero artefice, pur se inconsapevole,
sia del successo del M5S che del tracollo economico dell’Italia, come può
essere invocato come solutore di una tale crisi, come si può pensare che chi ha
provocato i danni sia anche la persona più adatta per ripararli?
La cosa più curiosa tuttavia, rimane per me, il totoelezioni
sul nuovo capo dello stato, che costituisce non soltanto la scadenza meno
vicina tra quelle elencate, ma anche quella più complessa, per sua natura
imprevedibile, tanto che raramente il nome venuto fuori era nella rosa dei
favoriti, ma i giochini stupidini piacciono tanto a tanti, e la rete non fa eccezione.
una manna per gli allibratori mi dicono, per il resto mi sa che si possono solo incrociare le dita
RispondiEliminaMomenti di grande responsabilità
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