martedì 15 gennaio 2013

COME PUO' MAI UN VOTO DANNOSO ESSERE CONSIDERATO UTILE?



Ci siamo, puntuale come la morte l’argomento del voto utile ricompare sulla scienza elettorale, e chi lo evoca? Indovinate un po’, compare nelle parole di Bersani che pur premurandosi di allontanare ogni ipotesi di desistenza, invita gli elettori a non votare per “Rivoluzione civile”, ma per la coalizione PD-SEL...


Ora, la cosa è davvero comica, perché se una coalizione si presenta, lo fa per raccogliere voti sulla propria lista. E lo fa sulla base di una sua politica che intende perseguire nel prossimo parlamento. Allo stesso modo, un elettore voterà per una certa lista perché crede in quella specifica politica proposta, come potrebbe mai convergere verso un’altra lista? Insomma, le decisioni in materia elettorale, dovrebbero essere cose serie e fondate su motivazioni serie e robuste. Dovrebbe un tale elettore votare per una lista che ha più chance di successo? Ma questo elettore come può mettere da parte le sue opzioni politiche da un momento all’altro per favorire una certa maggioranza parlamentare? Infatti, si tratterà di una maggioranza parlamentare che evidentemente non è di suo gradimento (sennò, non dovrebbe essere una seconda scelta).

Queste sono le ragioni per cui ho sempre trovato senza fondamento l’argomento del voto utile. Stavolta però c’è una ragione in più per considerarla del tutto senza fondamento.

Diamo uno sguardo anche fugace verso l’anno appena trascorso e troviamo subito questa ragione in sovrappiù.

E’ vero o non è vero che il PD ha appoggiato per un anno e più il governo Monti? Direi di sé, veniamo fuori da un periodo in cui si è costituita una maxi-maggioranza che ha incluso PD, PDL e centristi.

E’ vero o no che il PD ha attivamente e convintamene appoggiato questo governo e i suoi provvedimenti legislativi? Direi di sì, e badate non si tratta di robetta, qui si parla di una riforma previdenziale che ha spostato in avanti l’età lavorativa di ben quattro anni, di una modifica sostanziale del famoso articolo 18 dello statuto dei lavoratori, dei vari interventi di aumento di varie forme di tassazione.

Ciò sarebbe ancora di limitata importanza, questo governo ha condotto il parlamento a modificare perfino la costituzione allo scopo di introdurvi l’obbligo del pareggio di bilancio, una modifica che varrà per sempre se non si troverà una vasta maggioranza disposta a tornare al testo originale. Non solo, il PD ha anche condiviso la decisione di prevedere una pesante rata di rientro dal nostro gigantesco debito pubblico. Infine, se tutto questo non fosse bastato, Bersani si è premurato a correre per le contrade europee e del potere europeo per tranquillizzare, noi al governo saremo ossequiosi dei vincoli europei come e meglio dello stesso Monti.

Badate, in queste cose che ho scritto non v’è traccia di opinioni mie personali, io riferisco fatti, soltanto fatti.

Da questi fatti io desumo che nel parlamento prossimo venturo sparirà ogni traccia di politica economica, che dati i vincoli che ricordavo, non sia possibile per un governo condurre una sua politica economica.

Condizione quindi per fare tornare la politica nelle aule parlamentari diventa la negazione di tali vincoli: o riteniamo che la scelta delle iniziative governative sia quella di assecondare la politica neoliberista adottata dall’europa dei banchieri e degli burocrati, o, se riteniamo che essa debba tornare nelle mani del parlamento, allora tutti i vincoli che il governo Monti ha imposto all’Italia, debbano essere lacerati, che quindi ci sia un ritorno di sovranità nazionale e che ogni ipotesi di sviluppo di forme di integrazione politica europea non possano che passare attraverso procedimenti democratici. La retorica dell’europa è diventata stucchevole, quella che è stata sin qui costituita non è un’europa degna ed accettabile, non è neanche una buona base di partenza, è al contrario un modo di partire in questo processo con il piede sbagliato, e quindi ogni sincera volontà europeista richiede la distruzione di queste strutture di potere antidemocratico che l’europa si è man mano date.

A me pare insomma che le scelte che si pongono agli elettori siano drastiche, o accettare di subire i vincoli che una politica neoliberista che ha trionfato nel mondo sviluppato ci impone, ed allora ben poco importa se governa Monti o governa Bersani, gli spazi per scelte nazionali sono ridotti all’osso, e dobbiamo rassegnarci al prolungamento per chissà quanto di questa crisi con la concomitante distruzione di ogni capacità produttiva nazionale.

L’alternativa a ciò sta soltanto nel ribaltare il tavolino dove bari impongono le loro regole truccate, e il voto a una lista come “Rivoluzione civile” può trovare spazio e motivazione solo a partire da questo rifiuto complessivo e senza esitazioni di una simile politica. Dove starebbe allora lo spazio comune tra PD e RC? Mai come in queste elezioni è fondamentale dare rappresentanza e visibilità a una opposizione senza tentennamenti a questo progetto le cui spese facciamo già da tanto tempo.

Pertanto, il voto non solo non è utile, ma è perfino dannoso.

4 commenti:

  1. Un post interessante e ben fatto. Ne ho scritto uno anch'io su queste elezioni e sulla parte inutile della campagna elettorale (cioè su tutti gli argomenti che verranno dibattuti).
    Condivido il tuo ragionamento, anche se a mio giudizio è monco. Come argomenti tu stesso, l'Europa è quella porcata antidemocratica che è e la sovranità nazionale è pressoché nulla (i trattati europei scavalcano la Costituzione): che senso ha, allora, votare una maggioranza o un opposizione (è indifferente) se nessuna delle due coalizioni dice chiaramente che le uniche cose da fare sono o riformare UE e BCE (in senso democratico la prima e fare della seconda una vera e propria banca centrale sul modello della Federal Reserve americana, per esempio), battendosi per la revisione dei trattati; oppure levare il sedere dalla bocca del vulcano prima che erutti?
    Personalmente penso, scusa il paradosso, che questo voto sia assolutamente privo di danno, perché quasi del tutto inutile.

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  2. Stai attento, nei dieci punti che riassumono il programma di Rivoluzione Civile c'è la opposizione ferma e totale alla politica liberista europea. Quindi, c'è un elemento che pone questo movimento in netta contrapposizione alla dirigenza europea.
    Seppure le cose potrebbero essere più esplicite, ci sono comunque le precondizioni per costruire una chiara ipotesi nella direzione che poni tu.
    Bisogna essere comprensivi con questo movimento perchè si è costituito da poco ed è intrinsecamente eterogeneo. Se qualcuno cerca in esso un partito con tutto ciò che questo implica, sbaglia, per me RC è soltanto un punto di partenza, un luogo di dibattito e lotta politica, dove alcune posizioni politiche devono tentare di emergere battendone altre, e quindi implicano una certa disponibilità ad un impegno personale che vada aldilà del semplice voto.
    Se tu pensi alla possibilità che una determinata scelta elettorale sia di per sè sufficiente ad imprimere una svolta così importante, credo che ti fai delel illusioni, ci vuole ben altro, il voto è soltanto uno stadio in questo complicato processo.

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    1. Caro Vincenzo, avevo letto i punti che riassumono - in maniera troppo sintetica, ahimé - il programma del movimento. Devo dire che li considero estremamente fumosi: una largamente insufficiente dichiarazioncina d'intenti e nulla più.
      Ciò che manca del tutto - cosa gravissima, secondo me - è un lavoro serio, lungo e faticoso per far conoscere alle masse (oddio, che parola desueta) le cause della situazione attuale. Solo da un'effettiva presa di coscienza collettiva può generarsi una rivoluzione - cruenta o incruenta - civile.
      E' certo che questo movimento traccia una prima, embrionale, critica al sistema europeo contemporaneo, ma poi riprecipita in quel provincialismo che ammorba la politica, la cultura e la società nostrane. Questo processo avrebbe dovuto cominciare almeno trent'anni fa per essere maturo oggi.
      Come bene dici tu, il voto è soltanto uno stadio del processo. Aggiungo io che è l'ultimo: non vedo quelli precedenti, perché non ho visto tentativi di coinvolgimento che andassero aldilà di poche, selezionate elités.
      Personalmente credo che ormai si possa parlare non più di un sistema democratico, bensì di un sistema poliarchico.

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  3. Lo so, mi sgriderai aspramente ma io sono fermamente convinta che il primo passo sia quello di impedire a Berlusconi di pareggiare al Senato e condizionare ancora pesantemente la politica italiana! Spero tanto che alla fine ci sia una collaborazione tra Bersani ed Ingroia, devono fare fronte comune!

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