Ci siamo, puntuale come la morte l’argomento del voto utile
ricompare sulla scienza elettorale, e chi lo evoca? Indovinate un po’, compare
nelle parole di Bersani che pur premurandosi di allontanare ogni ipotesi di
desistenza, invita gli elettori a non votare per “Rivoluzione civile”, ma per
la coalizione PD-SEL...
Ora, la cosa è davvero comica, perché se una coalizione si
presenta, lo fa per raccogliere voti sulla propria lista. E lo fa sulla base di
una sua politica che intende perseguire nel prossimo parlamento. Allo stesso
modo, un elettore voterà per una certa lista perché crede in quella specifica
politica proposta, come potrebbe mai convergere verso un’altra lista? Insomma,
le decisioni in materia elettorale, dovrebbero essere cose serie e fondate su motivazioni
serie e robuste. Dovrebbe un tale elettore votare per una lista che ha più
chance di successo? Ma questo elettore come può mettere da parte le sue opzioni
politiche da un momento all’altro per favorire una certa maggioranza
parlamentare? Infatti, si tratterà di una maggioranza parlamentare che
evidentemente non è di suo gradimento (sennò, non dovrebbe essere una seconda
scelta).
Queste sono le ragioni per cui ho sempre trovato senza
fondamento l’argomento del voto utile. Stavolta però c’è una ragione in più per
considerarla del tutto senza fondamento.
Diamo uno sguardo anche fugace verso l’anno appena trascorso
e troviamo subito questa ragione in sovrappiù.
E’ vero o non è vero che il PD ha appoggiato per un anno e
più il governo Monti? Direi di sé, veniamo fuori da un periodo in cui si è
costituita una maxi-maggioranza che ha incluso PD, PDL e centristi.
E’ vero o no che il PD ha attivamente e convintamene
appoggiato questo governo e i suoi provvedimenti legislativi? Direi di sì, e
badate non si tratta di robetta, qui si parla di una riforma previdenziale che
ha spostato in avanti l’età lavorativa di ben quattro anni, di una modifica
sostanziale del famoso articolo 18 dello statuto dei lavoratori, dei vari
interventi di aumento di varie forme di tassazione.
Ciò sarebbe ancora di limitata importanza, questo governo ha
condotto il parlamento a modificare perfino la costituzione allo scopo di
introdurvi l’obbligo del pareggio di bilancio, una modifica che varrà per
sempre se non si troverà una vasta maggioranza disposta a tornare al testo
originale. Non solo, il PD ha anche condiviso la decisione di prevedere una
pesante rata di rientro dal nostro gigantesco debito pubblico. Infine, se tutto
questo non fosse bastato, Bersani si è premurato a correre per le contrade
europee e del potere europeo per tranquillizzare, noi al governo saremo
ossequiosi dei vincoli europei come e meglio dello stesso Monti.
Badate, in queste cose che ho scritto non v’è traccia di
opinioni mie personali, io riferisco fatti, soltanto fatti.
Da questi fatti io desumo che nel parlamento prossimo
venturo sparirà ogni traccia di politica economica, che dati i vincoli che
ricordavo, non sia possibile per un governo condurre una sua politica
economica.
Condizione quindi per fare tornare la politica nelle aule
parlamentari diventa la negazione di tali vincoli: o riteniamo che la scelta
delle iniziative governative sia quella di assecondare la politica neoliberista
adottata dall’europa dei banchieri e degli burocrati, o, se riteniamo che essa
debba tornare nelle mani del parlamento, allora tutti i vincoli che il governo
Monti ha imposto all’Italia, debbano essere lacerati, che quindi ci sia un
ritorno di sovranità nazionale e che ogni ipotesi di sviluppo di forme di
integrazione politica europea non possano che passare attraverso procedimenti
democratici. La retorica dell’europa è diventata stucchevole, quella che è
stata sin qui costituita non è un’europa degna ed accettabile, non è neanche
una buona base di partenza, è al contrario un modo di partire in questo
processo con il piede sbagliato, e quindi ogni sincera volontà europeista
richiede la distruzione di queste strutture di potere antidemocratico che
l’europa si è man mano date.
A me pare insomma che le scelte che si pongono agli elettori
siano drastiche, o accettare di subire i vincoli che una politica neoliberista
che ha trionfato nel mondo sviluppato ci impone, ed allora ben poco importa se
governa Monti o governa Bersani, gli spazi per scelte nazionali sono ridotti
all’osso, e dobbiamo rassegnarci al prolungamento per chissà quanto di questa
crisi con la concomitante distruzione di ogni capacità produttiva nazionale.
L’alternativa a ciò sta soltanto nel ribaltare il tavolino
dove bari impongono le loro regole truccate, e il voto a una lista come
“Rivoluzione civile” può trovare spazio e motivazione solo a partire da questo
rifiuto complessivo e senza esitazioni di una simile politica. Dove starebbe
allora lo spazio comune tra PD e RC? Mai come in queste elezioni è fondamentale
dare rappresentanza e visibilità a una opposizione senza tentennamenti a questo
progetto le cui spese facciamo già da tanto tempo.
Pertanto, il voto non solo non è utile, ma è perfino
dannoso.
Un post interessante e ben fatto. Ne ho scritto uno anch'io su queste elezioni e sulla parte inutile della campagna elettorale (cioè su tutti gli argomenti che verranno dibattuti).
RispondiEliminaCondivido il tuo ragionamento, anche se a mio giudizio è monco. Come argomenti tu stesso, l'Europa è quella porcata antidemocratica che è e la sovranità nazionale è pressoché nulla (i trattati europei scavalcano la Costituzione): che senso ha, allora, votare una maggioranza o un opposizione (è indifferente) se nessuna delle due coalizioni dice chiaramente che le uniche cose da fare sono o riformare UE e BCE (in senso democratico la prima e fare della seconda una vera e propria banca centrale sul modello della Federal Reserve americana, per esempio), battendosi per la revisione dei trattati; oppure levare il sedere dalla bocca del vulcano prima che erutti?
Personalmente penso, scusa il paradosso, che questo voto sia assolutamente privo di danno, perché quasi del tutto inutile.
Stai attento, nei dieci punti che riassumono il programma di Rivoluzione Civile c'è la opposizione ferma e totale alla politica liberista europea. Quindi, c'è un elemento che pone questo movimento in netta contrapposizione alla dirigenza europea.
RispondiEliminaSeppure le cose potrebbero essere più esplicite, ci sono comunque le precondizioni per costruire una chiara ipotesi nella direzione che poni tu.
Bisogna essere comprensivi con questo movimento perchè si è costituito da poco ed è intrinsecamente eterogeneo. Se qualcuno cerca in esso un partito con tutto ciò che questo implica, sbaglia, per me RC è soltanto un punto di partenza, un luogo di dibattito e lotta politica, dove alcune posizioni politiche devono tentare di emergere battendone altre, e quindi implicano una certa disponibilità ad un impegno personale che vada aldilà del semplice voto.
Se tu pensi alla possibilità che una determinata scelta elettorale sia di per sè sufficiente ad imprimere una svolta così importante, credo che ti fai delel illusioni, ci vuole ben altro, il voto è soltanto uno stadio in questo complicato processo.
Caro Vincenzo, avevo letto i punti che riassumono - in maniera troppo sintetica, ahimé - il programma del movimento. Devo dire che li considero estremamente fumosi: una largamente insufficiente dichiarazioncina d'intenti e nulla più.
EliminaCiò che manca del tutto - cosa gravissima, secondo me - è un lavoro serio, lungo e faticoso per far conoscere alle masse (oddio, che parola desueta) le cause della situazione attuale. Solo da un'effettiva presa di coscienza collettiva può generarsi una rivoluzione - cruenta o incruenta - civile.
E' certo che questo movimento traccia una prima, embrionale, critica al sistema europeo contemporaneo, ma poi riprecipita in quel provincialismo che ammorba la politica, la cultura e la società nostrane. Questo processo avrebbe dovuto cominciare almeno trent'anni fa per essere maturo oggi.
Come bene dici tu, il voto è soltanto uno stadio del processo. Aggiungo io che è l'ultimo: non vedo quelli precedenti, perché non ho visto tentativi di coinvolgimento che andassero aldilà di poche, selezionate elités.
Personalmente credo che ormai si possa parlare non più di un sistema democratico, bensì di un sistema poliarchico.
Lo so, mi sgriderai aspramente ma io sono fermamente convinta che il primo passo sia quello di impedire a Berlusconi di pareggiare al Senato e condizionare ancora pesantemente la politica italiana! Spero tanto che alla fine ci sia una collaborazione tra Bersani ed Ingroia, devono fare fronte comune!
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